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REPUBBLICA ITALIANA
N.
7045/05 REG.DEC.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 477 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione
Quinta
ANNO 1997
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Sul ricorso n.r.g. n. 477/1997 proposto dal Comune di Torino, in
persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli
avvocati Maria Antonietta Caldo, Mariamichaela Li Volti
dell’Avvocatura Comunale di Torino e dell’avv. Giuliano Berruti
ed elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio di
quest’ultimo, Via Bocca dei Leoni n. 78,
CONTRO
il sig.-
PER L'ANNULLAMENTO
Della sentenza resa dal tribunale amministrativo regionale per
il Piemonte, II^ Sezione, n. 598/96, pubblicata in data 11
novembre 1996.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del sig. (omissis)
(omissis);
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle
rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore il Consigliere Michele Corradino;
Uditi alla pubblica udienza del 21.12.2004 gli avvocati G.
Berruti e G. Romanelli per delega, quest’ultimo, dell’avvocato
G. Romanelli come da verbale d’udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
F A T T O
Con sentenza n. 598 dell’11 novembre 1996, il Tribunale
Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione II^, ha
accolto il ricorso con il quale il sig. (omissis) (omissis)
chiedeva l’annullamento della deliberazione della Giunta
Comunale di Torino n. 8343 del 26 ottobre 1993, nella parte in
cui aveva negato il diritto del ricorrente ad ottenere il
beneficio dell’equo indennizzo e del rimborso delle spese di
cura ed assegni previsti; della nota n. 11989 del 25 novembre
1993 del Comune di Torino di comunicazione dell’esito negativo
della pratica; del giudizio reso dalla commissione medico
ospedaliera dell’Ospedale Militare “A. Ribera” di Torino nella
parte in cui si afferma che l’istanza è stata presentata oltre i
termini prescritti; nonché il riconoscimento della concessione
dell’equo indennizzo nella misura e con le modalità stabilite
dalla vigente legislazione.
Avverso la predetta ha decisione proposto rituale appello il
Comune di Torino, deducendo l’erroneità della sentenza.
Si è costituito, per resistere all’appello, il sig. (omissis)
(omissis).
Con memorie depositate in vista dell'udienza le parti hanno
insistito nelle proprie conclusioni.
Alla pubblica udienza del 21.12.2004 la causa è stata chiamata e
trattenuta per la decisione, come da verbale.
D I R I T T O
1. Il Comune di Torino, mediante l’appello in esame, intende
censurare la sentenza di primo grado che ha ritenuto illegittimo
il provvedimento con cui il medesimo ente locale ha negato al
sig. (omissis) (omissis) il beneficio dell’equo indennizzo.
L’appellante osserva di non aver adottato un provvedimento
anticipatorio dell’istanza del ricorrente, volta solo ad
ottenere il riconoscimento di infermità da causa di servizio,
sostenendo che quando l’impiegato, avendo lasciato decorrere i
termini di decadenza, chiede solo detto riconoscimento con
l’intendimento successivo di domandare poi l’equo indennizzo,
l’Amministrazione può, “per saltum”, rigettare la richiesta di
quest’ultimo. Ciò sulla base del decisivo rilievo che,
contrariamente a quanto stabilito dal T.A.R., era già scaduto il
termine semestrale per la proposizione della domanda di equo
indennizzo.
La censura è infondata.
L’art. 36 del d.P.R. 03.05.1957, n. 686, stabilisce che
“l’impiegato che abbia contratto infermità per farne accertare
l’eventuale dipendenza da causa di servizio deve, entro sei mesi
dalla data in cui si è verificato l’evento dannoso, presentare
domanda scritta all’amministrazione dalla quale direttamente
dipende, indicando specificamente la natura dell’infermità, le
circostanze che vi concorsero, le cause che la produssero e, ove
possibile, le conseguenze sull’integrità fisica”. Pertanto, se
in presenza di taluni eventi connessi al servizio la loro
incidenza sull’integrità fisica è di immediata percezione da
parte del pubblico dipendente - come nei casi di traumatismo
avvenuto in servizio ed in dipendenza delle mansioni esercitate,
degli infortuni c.d. “in itinere”, delle malattie c.d.
professionali ordinariamente indotte dall’adibizione a
specifiche lavorazioni o dall’impiego in compiti notoriamente
usuranti - non sempre alla percezione dello stato di malattia e
di disagio fisico si riconnette la consapevolezza del nesso
eziologico fra l’infermità e la prestazione lavorativa resa
(cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 15 marzo 2004, n. 1310).
Tale
ultimo elemento di carattere soggettivo non è, invero,
irrilevante ai fini del decorso del termine semestrale per la
denunzia all’Amministrazione dell’evento dannoso, perché il già
riportato art. 36, primo comma, del d.P.R. n. 686/1957 pone a
carico del pubblico dipendente, in sede di presentazione della
domanda di riconoscimento della dipendenza della malattia dal
servizio, lo specifico onere di indicare “le circostanze che vi
concorsero e le cause che la produssero,” aspetti che, come in
precedenza esposto, in presenza di talune patologie, non
emergono immediatamente.
La giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di precisare che
il termine di cui all’art. 36 del d.P.R. n. 686/1957 inizia a
decorrere dal momento in cui il dipendente abbia acquisito la
consapevolezza che il danno all’integrità fisica è derivato da
fatti inerenti al servizio, non essendo sufficiente la mera
percezione dello stato di malattia, ma l’acquisita coscienza
della sua gravità e della sua possibile dipendenza da causa di
servizio; con ciò valorizzando il momento della percezione
intellettiva della malattia in connessione con le sue cause
invalidanti (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 14 aprile 1999, n. 435;
Sez. IV 20 luglio 1998, n. 1096).
Più specificamente, è consolidato il principio per cui il
termine iniziale per la presentazione della domanda di
riconoscimento va individuato con riferimento non tanto ad un
dato della realtà oggettivamente noto o conoscibile come è
l'infermità in sé considerata, quanto a un rapporto fra
l'infermità stessa e il soggetto portatore; principio che
privilegiando l'aspetto conoscitivo di quest'ultimo, rispetto al
quale vengono in evidenza la conoscenza della natura della
malattia, delle cause che vi concorsero e delle cause che la
produssero, così da fornire al dipendente la percezione, in
concreto, della gravità del male (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 23
marzo 2004, n. 1474; Cons. Stato, Sez. VI, 9 maggio 2000 n.
2678).
Applicando i su riferiti criteri è agevole rilevare che solo a
seguito dei completi accertamenti postoperatori presso la
Divisione di Cardiochirurgia dell’Ospedale Molinette di Torino
cui il sig. (omissis) si è sottoposto in data 17 ottobre 1991
quest’ultimo, anche in considerazione del miglioramento del
proprio stato di salute, ha avuto completa coscienza della
patologia da cui era afflitto, delle sue conseguenze invalidanti
e della riconducibilità eziologia al servizio reso. Ne consegue,
essendo stata l’istanza per il riconoscimento della dipendenza
dell’infermità da causa di servizio presentata in data 10 aprile
1992, il rispetto del termine di sei mesi previsto dalla
normativa.
D’altra parte, poiché le infermità possono essere conseguenza
del normale atteggiarsi della vita quotidiana, cioè di patologie
non collegabili alla prestazione del servizio, la mera
consapevolezza di essere affetto da una patologia non comporta
per il dipendente l'onere di proporre la domanda nel termine
semestrale, per un duplice ordine di ragioni. In primo luogo,
sarebbe contrario alla logica il ritenere che il dipendente,
appena abbia contratto una malattia, debba proporre la domanda
di accertamento della causa di servizio: l'Amministrazione
sarebbe esposta a una serie di domande di accertamento, basate
sulla mera insorgenza della malattia, senza alcun collegamento
con la necessaria dipendenza di quest’ultima da causa di
servizio. In secondo luogo, va considerato che il primo comma
dell'art. 36 del D.P.R. n. 686 del 1957 dispone che il termine
semestrale decorre non dalla mera conoscenza della infermità,
bensì della consapevolezza della dipendenza di essa da causa di
servizio: e ciò proprio per evitare la proliferazione di
procedimenti amministrativi palesemente infondati o basati sulla
mera verificazione di una malattia ascrivibile ad eventi della
vita quotidiana o comunque non riferibili al lavoro prestato
(cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 10 giugno 2004, n. 3720).
Tale interpretazione del citato art. 36, primo comma, consente
ad un tempo al dipendente pubblico di poter formulare domande
ponderate e non basate sulla mera comparsa di una malattia ed
all'Amministrazione di iniziare i relativi procedimenti di
accertamento solo in presenza di una serie di elementi che
evidenziano la non manifesta infondatezza della domanda.
Diversamente opinando, per qualsiasi infermità i pubblici
dipendenti avrebbero l'onere di proporre la domanda di
accertamento, per evitare successive preclusioni; il che, come
si è osservato, non gioverebbe certamente all'efficienza della
azione amministrativa (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 10 giugno
2004, cit.).
Va, infine, osservato che il giudice di primo grado ha
esattamente riscontrato anche il difetto di motivazione del
provvedimento di diniego dell’equo indennizzo, in quanto
l’Amministrazione non ha adeguatamente fornito le
giustificazioni in ordine alla rilevata tardività della domanda,
né ha in alcun modo indicato in quale momento il dipendente
avrebbe già dovuto acquisire tutti gli elementi conoscitivi
dell’infermità necessari per la proposizione dell’istanza.
2. Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso in
appello va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione V)
rigetta l’appello in epigrafe.
Condanna il Comune ricorrente al pagamento delle spese
processuali in favore del sig. (omissis) (omissis), che liquida
in euro 1.000.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma, palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato,
nella camera di consiglio del 21.12.2004 con l'intervento dei
sigg.ri
Raffaele Carboni Presidente,
Rosalia Maria Pietronilla Bellavia Consigliere,
Aniello Cerreto Consigliere,
Nicolina Pullano Consigliere,
Michele Corradino Consigliere estensore
L’ESTENSORE IL
PRESIDENTE f.f.
f.to
Michele Corradino f.to Raffaele Carboni
IL SEGRETARIO
f.to Gaetano Navarra
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13 dicembre 2005
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
p.IL DIRIGENTE
F.to Livia Patroni Griffi
FDG |
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