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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.505/2006Reg.Dec.
N. 641 Reg.Ric.
ANNO 1998
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul
ricorso in appello n. 641/98, proposto dal Ministero dell’Interno, in
persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, presso la quale è legalmente domiciliato in Roma,
alla via dei Portoghesi, n. 12;
contro
(omissis),
rappresentato e difeso dagli Avv.ti Lorenzo Calcagno e Maria Teresa
Barbantini, presso quest’ultima elettivamente domiciliato in Roma, alla
Piazza di Trevi, n. 86, appellante incidentale;
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria 30 agosto 1997, n. 345;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione dell’appellato e l’appello incidentale dallo stesso spiegato;
Relatore, alla pubblica udienza del 21 giugno 2005, il Consigliere Francesco Caringella
Udito l’Avv. dello Stato Galluzzo;
Ritenuta
la sussistenza dei presupposti di legge per l’emissione di sentenza in
forma semplificata giusta il disposto dell’articolo 26 della legge n.
1034/1971;
Rilevato
che la vertenza trae origine dal ricorso proposto dal sig. (omissis)
(omissis), ex agente della Polizia di Stato, avverso il provvedimento
con il quale l’amministrazione ha respinto la domanda dal medesimo
proposta per la riammissione in servizio ravvisando un causa ostativa
nel tempo trascorso dalla cessazione dal servizio;
Reputato
condivisibile l’assunto centrale posto a sostegno della sentenza
appellata secondo cui il tempo trascorso, pari a circa quattro anni e
mezzo, non risulta nella specie tale da comprovare ex se, senza adeguata
enunciazione dei parametri di riferimento e dei criteri valutativi in
relazione al caso concreto, il venir meno del possesso della
preparazione necessaria ai fini dello svolgimento dei compiti d’istituto
con sufficiente professionalità;
che
l’accento posto nel provvedimento impugnato sulla necessità di continuo
addestramento del personale, se non bilanciato da adeguati correttivi
che tengano conto della situazione concreta, porta alla preclusione
sistematica della riammissione in servizio, con conseguente
vanificazione della normativa regolatrice della materia, anche in caso
di cessazione dal servizio per periodi limitati;
che,
in definitiva, nella specie difetta il necessario bilanciamento della
suddetta esigenza di garantire l’addestramento del personale in servizio
con l’interesse pubblico a giovarsi della professionalità maturata nel
precedente periodo servizio dall’interessato, anche alla luce della
possibilità di recuperare le lacune sopravvenute con un periodo di
aggiornamento di certo più beve rispetto a quello necessario in caso di
nuova assunzione;
Reputato
che in definitiva l’appello dell’amministrazione deve essere respinto
con conseguente improcedibilità dell’appello incidentale;
che le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate nella misura in dispositivo fissata,
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) -
definitivamente pronunciando, respinge l’appello principale e dichiara
l’improcedibilità dell’appello incidentale.
Condanna
il Ministero appellante al pagamento delle spese del giudizio di
appello che si liquidano nella misura di euro 2.000 (duemila).
Così
deciso in Roma, addì 21 giugno 2005, dal Consiglio di Stato in s.g.
(Sez. VI) riunito in camera di consiglio con l'intervento dei seguenti
Magistrati:
Giorgio GIOVANNINI Presidente
Sabino LUCE Consigliere
Luigi MARUOTTI Consigliere
Carmine VOLPE Consigliere
Francesco CARINGELLA Consigliere Est.
Presidente
GIORGIO GIOVANNINI
Consigliere Segretario
FRANCESCO CARINGELLA ANNAMARIA RICCI
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il....09/02/2006
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
MARIA RITA OLIVA
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)
Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa
al Ministero..............................................................................................
a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642
Il Direttore della Segreteria
N.R.G. 641/1998
FF
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.509/2006Reg.Dec.
N. 5096 Reg.Ric.
ANNO 2000
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul
ricorso in appello proposto da MINISTERO DELL’INTERNO rappresentato e
difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliato per legge
presso i suoi uffici in Roma alla via dei Portoghesi n. 12;
contro
(omissis),
rappresentato e difeso dall’avv. Parlamenti Paolo ed elettivamente
domiciliato presso il suo studio in Roma via Rodolfo Lanciani n. 10;
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione I ter - n. 4007 del 1999;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’appellato;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla camera di consiglio dell’8 novembre 2005 relatore il Consigliere Giancarlo Montedoro.
Udito l’avv. dello Stato Vessichelli;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O
Il
ricorrente in primo grado (omissis), in servizio presso il
Commissariato di P.S. di Portici, in data 15 ottobre 1996 veniva fermato
per un controllo nei pressi del carcere di Spoleto dove si era recato a
prelevare il cognato, ivi recluso, che doveva fruire di un permesso
premio da trascorrere in famiglia a San Giorgio a Cremano.
Tale
episodio determinava l’avvio di un procedimento disciplinare a carico
del ricorrente, conclusosi con un provvedimento di sospensione dal
servizio, irrogato per violazione dell’art. 6 n. 1 in relazione
all’art.4 n. 3 del d.p.r. n. 737/1981 (che censura come illecito
disciplinare il fatto dell’agente o funzionario che gravemente e/o
reiteratamente e/o abitualmente “mantiene relazioni con persone che non
godono di pubblica estimazione o … non confacenti al proprio stato”).
A
siffatto provvedimento, impugnato dall’interessato con ricorso n. 16842
del 1997 , poi accolto con sentenza del Tar Lazio n. 1381/1999, si
aggiungeva il provvedimento impugnato nel presente processo, recante il
trasferimento del ricorrente , ai sensi dell’art. 55 del d.p.r. n.
335/1982, dalla sede di servizio del Commissariato di P.S. di Portici
alla Questura di Campobasso, nonché di tutti gli altri atti precedenti,
correlati e comunque connessi.
Il
provvedimento era stato adottato su richiesta del Questore di Napoli,
dal Capo della Polizia, ed era motivato per incompatibilità ambientale
dall’attuale sede di servizio nonché dalla Provincia di Napoli.
Avverso quest’ultimo provvedimento il ricorrente deduce i seguenti motivi di diritto:
1)
Violazione di legge ( l. n. 241/1990 ) ed eccesso di potere per omessa
valutazione di elementi rilevanti prodotti dall’istante.
L’amministrazione,
alla quale il (omissis), dopo l’avvio del procedimento che lo
riguardava, aveva prodotto le proprie documentate controdeduzioni, non
ha dato conto, nell’adottare il provvedimento impugnato, di aver
valutato quanto rappresentato dall’interessato motivando in ordine alle
ragioni per le quali le deduzioni stesse dovevano essere disattese.
2)
Eccesso di potere per omesse e parziali valutazioni di elementi
rilevanti e vizi di motivazione , quanto alla sussistenza
dell’incompatibilità, essendo fondato l’atto impugnato, adottato su
richiesta del Questore, su una motivazione viziata ed anomala, che è in
sostanza una condanna del tutto personale del Questore stesso nei
confronti dell’assistente di P.S. ricorrente.
3)
Eccesso di potere per vizio assoluto di motivazione sull’ambito
territoriale della pretesa incompatibilità, non emergendo alcun elemento
nell’atto impugnato, diretto ad allontanare il ricorrente dall’attuale
sede di servizio nonché dalla Provincia di Napoli, che giustifichi
“incompatibilità più ampie dal punto di vista territoriale”.
4)
Eccesso di potere per sviamento, essendo irrazionale ed in contrasto
col principio di organizzazione ex art. 97 Cost. l’uso del trasferimento
per incompatibilità al diverso fine di completare gli organici ed
essendo comunque fondato detto trasferimento non tanto su motivi di
compatibilità ambientale, quanto piuttosto su ragioni di tipo punitivo.
L’amministrazione ha controdedotto concludendo per il rigetto del gravame.
Il Tar ha accolto il ricorso con la sentenza impugnata.
Appella l’amministrazione.
Resiste il ricorrente.
D I R I T T O
L’appello è fondato.
La
sentenza ha ritenuto che l’amministrazione non abbia considerato
adeguatamente il legame familiare tra il ricorrente ed il cognato
ergastolano, legame rilevante, anche ai fini del trasferimento per
incompatibilità ambientale, alla luce delle norme costituzionali che
tutelano i valori della solidarietà familiare ed indicano che le pene
devono tendere alla rieducazione del condannato, anche per gravi delitti
come quello commesso dal congiunto del ricorrente.
La
situazione di incompatibilità ambientale non sarebbe insanabile, non
potendosi prescindere, nella valutazione della fattispecie
dall’osservanza dei principi e dei valori costituzionali prima
ricordati.
Va
rilevato che il provvedimento impugnato ha considerato in modo
specifico le osservazioni avanzate dal (omissis), dando atto di avere
esaminato “la nota n. 2.3/33 M0665 datata 13 febbraio 1997 con la quale
l’assistente ha espresso le proprie osservazioni in merito al
procedimento per il movimento d’autorità” e di avere in sostanza
valutato la situazione familiare del predetto.
Non
vi è alcun dovere dell’amministrazione di procedere ad una confutazione
analitica delle osservazioni formulate dal privato quando risulti che
l’amministrazione ne abbia tenuto conto in modo serio e specifico ed il
complesso della motivazione renda chiare le ragioni della determinazione
amministrativa.
Quanto
poi alla mancata considerazione dei valori costituzionali della tutela
della solidarietà familiare e della finalità rieducazione delle pene va
rilevato che essi vanno bilanciati, nel nostro ordinamento
costituzionale, con altri valori di pari importanza come ad esempio
quello volto ad assicurare l’imparzialità ed il buon andamento della
pubblica amministrazione nonché il principio di legalità dell’azione
amministrativa.
Va
peraltro considerato che tali ragioni possono considerarsi maggiormente
incidenti sulla potestà disciplinare della p.a. (ed hanno infatti
condotto all’annullamento del provvedimento disciplinare irrogato al
(omissis)); mentre minore incidenza sono destinate a spiegare rispetto
ad un provvedimento che trova le sue ragioni nella necessità di
assicurare la piena serenità dello svolgimento dei compiti istituzionali
dell’amministrazione e dello stesso dipendente e la credibilità della
azione amministrativa, nel delicato settore del contrasto alla
criminalità e della garanzia della sicurezza pubblica e dell’ordine
pubblico.
La
vicenda delittuosa che aveva coinvolto il cognato del ricorrente,
relativa ad un delitto di sangue nei confronti di minorenne, consumato
collettivamente, costituisce motivo sufficiente, per la sua notorietà,
in presenza di prova del legame familiare significativo e della
relazione affettiva fra il (omissis) ed il cognato, per ritenere
inopportuna la presenza del (omissis) nella sede di servizio operante
nel territorio che conservava memoria dell’atto delittuoso.
Il
rapporto di frequentazione e parentela fra un dipendente della Polizia
di Stato ed un condannato all’ergastolo per un efferato omicidio a danni
di minori, può infatti , senza dubbio, costituire motivo di scandalo e
di turbamento quando l’assistente di polizia presti servizio nella sede
di servizio avente competenza sul territorio nel quale ebbe a
verificarsi il grave fatto delittuoso.
Congrua
è la scelta di assegnare l’appellato ad una sede di servizio
appartenente a provincia limitrofa a quella in cui egli prestava
servizio, proprio al fine di minimizzare il pregiudizio inevitabilmente
connesso al trasferimento per incompatibilità.
Non
vi sono elementi poi che consentano di affermare che il provvedimento
rivesta carattere punitivo o sia motivato da decisione riconducibile a
valutazioni personali del Capo di Polizia piuttosto che a ragioni
istituzionali.
Infatti
la rilevanza della vicenda delittuosa è di per sé, nella specie,
indicativa delle ragioni istituzionali che fondano la determinazione
amministrativa impugnata, legittima e ragionevole per tutto quanto
esposto.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio.
P. Q. M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie il
ricorso in appello indicato in epigrafe e, per l’effetto, annulla la
sentenza impugnata e respinge il ricorso di primo grado .
Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma, l’8 novembre 2005 al Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con
l'intervento dei Signori:
Claudio VARRONE Presidente
Sabino LUCE Consigliere
Giuseppe ROMEO Consigliere
Rosanna DE NICTOLIS Consigliere
Giancarlo MONTEDORO Consigliere Est.
Presidente
CLAUDIO VARRONE
Consigliere Segretario
GIANCARLO MONTEDORO GLAUCO SIMONINI
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il. 09/02/2006
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
MARIA RITA OLIVA
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)
Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa
al Ministero..............................................................................................
a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642
Il Direttore della Segreteria
N.R.G. 5096/2000
FF
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