Nuova pagina 1
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.853/2006Reg.Dec.
N. 7156 Reg.Ric.
ANNO 1997
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul
ricorso in appello proposto dal Ministero dell’ Interno e dalla
Questura di Treviso, costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi
dall’ Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio per legge presso la
sede della stessa in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
il
Coordinamento per l’ Indipendenza Sindacale delle Forze di Polizia
(C.O.S.I.P.), costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso
dall’avv.to Luigi Schizzi, con domicilio per legge presso la Segreteria
della Sezione in Roma, p.za Capo di Ferro, n. 13;
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sez. II^, n. 1038/1997 del 13.06.1997;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del (C.O.S.I.P.);
Vista la memoria prodotta dalla parte convenuta a sostegno della propria difesa;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore per la pubblica udienza del 04 novembre 2005 il Consigliere Polito Bruno Rosario;
Udito l’Avvocato dello Stato Nicoli per il Ministero dell’ Interno e l’avv. Schizzi;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1).
Con la sentenza di estremi indicati in epigrafe la Sezione I^ del
T.A.R. per il Veneto respingeva il ricorso in opposizione del Ministero
dell’ Interno avverso il decreto emesso dalla Sezione II^ del T.A.R.
predetto ai sensi dell’art. 6 della legge 1990, n. 146, di annullamento –
su ricorso del Coordinamento per l’ Indipendenza Sindacale delle Forze
di Polizia (C.O.S.I.P.) – del provvedimento di trasferimento del
Sovrintendente della Polizia di Stato (omissis), dirigente sindacale,
dall’ ufficio T.L.C. sala radio, ubicato nel palazzo della Prefettura,
al centralino U.P.G. e S.P., con sede nel palazzo della Questura.
Avverso
detta sentenza ha proposto appello il Ministero dell’ Interno ed ha
dedotto motivi di violazione e falsa applicazione dell’art. 40 del
d.P.R. 08.05.1987, n. 266; di violazione dei principi in materia di
repressione della condotta antisindacale, rilevando altresì la carenza e
perplessità della motivazione.
Sostiene,
in particolare, il Ministero istante che l’atto oggetto di
contestazione non configura un vero e proprio trasferimento in senso
tecnico, trattandosi di assegnazione del sindacalista ad un’altra
sezione lavorativa dello stesso ufficio, e che in alcun modo al
provvedimento adottato, per di più di natura collettiva, può ricondursi
l’intento dell’ Amministrazione di impedire, in via surrettizia, il
libero esercizio delle libertà e delle attività sindacali.
Si
è costituito in giudizio il C.O.S.I.P. che ha contrastato nel merito i
motivi di appello e chiesto il rigetto dell’impugnativa.
2). L’appello è infondato.
L’art. 40 del d.P.R. n. 266/1987 stabilisce che “il
trasferimento di sede dei dirigenti sindacali, componenti degli organi
statutari delle organizzazioni sindacali, può essere disposto solo
previo nulla osta delle rispettive organizzazioni sindacali”.
E’
stato chiarito in giurisprudenza che la menzionata disposizione
risponde all’esigenza di tutelare il libero esercizio dell’attività
sindacale che, in concreto, può essere compresso anche mediante semplice
spostamento dalla sede di lavoro, anche se non topograficamente
apprezzabile, ovvero nel caso di invio in missione quando essa, ancorché
non integri un vero e proprio allontanamento di sede, determini lo
sradicamento del sindacalista dal contesto lavorativo in cui è svolta
l’attività associativa protetta (cfr. Cons. St., Sez. IV^, 26.05.2003,
n. 2835; 27.05.2002, n. 2892).
Nel
caso di specie, come posto in rilievo dalla resistente Associazione
sindacale, l’ordine di servizio del Questore di Treviso del 03.12.1996 –
da cui ha tratto origine il presente contenzioso nelle forme previste
dall’art. 28 della legge n. 300/1970, come integrato dall’art. 6 della
legge n. 146/1990 – ha comportato lo spostamento del dirigente sindacale
(omissis) dalla sede di lavoro presso il palazzo della Prefettura a
quella del palazzo della Questura, con attribuzione di nuove e diverse
mansioni (da addetto a compiti di radiotelegrafista, telescriventista e
operatore di cifra a quelli di centralinista) e con inserimento, quindi,
in un nuovo e diverso contesto lavorativo ed ambientale.
Si
versa a fronte di un’ipotesi di assegnazione a nuovo ufficio che non va
valutata secondo i consueti canoni interpretativi peculiari alle
ordinarie ipotesi di trasferimento di sede per ragioni di servizio o
familiari, ma nel quadro della “ratio” sottesa al menzionato
art. 40 di guarentigia della posizione del sindacalista quanto alla sede
di servizio ed alla cui valenza precettiva non si sottrae, stante
l’evidente effetto di allontanamento del (omissis) dal posto di
precedente applicazione e dal contesto lavorativo in cui era
ordinariamente inserito.
In
tale ipotesi l’ Amministrazione doveva darsi carico di acquisire il
preventivo nulla osta dell’ Associazione di appartenenza del
sindacalista interessato dalla procedura di mobilità e la violazione
della regola procedimentale dettata dall’art. 40 del d.P.R. n. 266/1987
vizia la determinazione di mutamento della sede di servizio.
2.1).
Diversamente da quanto argomentato dal Ministero appellante gli estremi
di comportamento antisindacale del datore di lavoro derivanti dalla
violazione del menzionato l’art. art. 40 non richiedono per il loro
perfezionamento anche l’elemento soggettivo intenzionale diretto a
comprimere la libertà sindacale, ma si realizzano oggettivamente in base
alla sola pretermissione del nulla osta dell’associazione sindacale cui
appartiene il dipendente trasferito (cfr. Cons. St., Sez. IV^, n. 2835
del 26.05.2003).
Si
tratta, invero, di disposizione che dà rilievo all’acquisizione del
punto di vista dell’ organizzazione sindacale, in relazione ai propri
compiti statutari, ove il movimento di sede di personale interessi un
dipendente che rivesta specifico incarico all’interno degli organi
dell’associazione e fa rifluire nella fase istruttoria del procedimento
la risoluzione in via preventiva di ogni possibile conflitto.
Per le ragioni di cui innanzi l’appello va respinto.
Le spese del giudizio possono essere compensate fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge l’appello in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.
VI - nella Camera di Consiglio del 04 novembre 2005 con l'intervento dei
Signori:
Giorgio Giovannini, Presidente
Luigi Maruotti Consigliere
Luciano Barra Caracciolo Consigliere
Giuseppe Minicone Consigliere
Bruno Rosario Polito Consigliere relatore ed estensore
Presidente
GIORGIO GIOVANNINI
Consigliere Segretario
BRUNO ROSARIO POLITO GIOVANNI CECI
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il..28/02/2006
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
MARIA RITA OLIVA
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)
Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa
al Ministero..............................................................................................
a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642
Il Direttore della Segreteria
N.R.G. 7156/1997
FF
Nessun commento:
Posta un commento