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martedì 2 aprile 2013

Il parcheggio a pagamento risarcisce l'assicurazione in caso di furto




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Cass. civ. Sez. III, 20-12-2005, n. 28232
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NICASTRO Gaetano - Presidente
Dott. PREDEN Roberto - Consigliere
Dott. PERCONTE LICATESE Renato - Consigliere
Dott. FEDERICO Giovanni - rel. Consigliere
Dott. CALABRESE Donato - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
-
- ricorrente -
contro
-
- intimati -
e sul 2^ ricorso n. 22607/2002 proposto da:
-
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
-
- controricorrente al ricorso incidentale -
e contro
-
- intimata -
avverso la sentenza n. 1272/2001 della Corte d'Appello di TORINO, terza sezione civile, emessa il 08/06/2001, depositata il 01/10/2001, R.G. 1002/2000;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 26/10/2005 dal Consigliere Dott. Giovanni FEDERICO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

Svolgimento del processo

Il giorno 21/03/95 (omissis) subiva il furto della propria autovettura Mercedes Benz posteggiata nel parcheggio del Lingotto Fiere gestito dalla soc. (Lpd) ed il derubato veniva interamente risarcito dalla propria compagnia assicuratrice, soc. (Lpd), la quale, assumendo che il furto era imputabile al colposo comportamento della soc. Coop. a r.l. (Lpd), che pur avendo assunto il bene in custodia ometteva la doverosa vigilanza, la conveniva in giudizio per la restituzione dell'importo pagato di L. 130 milioni, a titolo di rivalsa, ex art. 1916 c.c..
Costituitasi, la soc. (Lpd) negava ogni addebito e chiedeva di chiamare in causa la (Lpd) Ass.ni per essere manlevata entro i limiti della polizza prodotta. Quest'ultima società, a sua volta, si - costituiva chiedendo di essere assolta da ogni domanda.
Con sentenza 11/11/1999 il Tribunale di Torino, qualificato come deposito il contratto tra la soc. (Lpd) e lo (omissis), condannava la prima al pagamento in favore della soc. (Lpd) della somma di L. 167.032.192, oltre interessi, nonchè la soc. (Lpd) a manlevare la (Lpd) per la somma capitale di 56 milioni.
Avverso tale decisione proponeva appello la (Lpd) negando la qualifica di deposito al contratto concluso con lo (omissis) e chiedendo di essere assolta da ogni domanda.
La soc. (Lpd) si costituiva aderendo all'impostazione data dalla (Lpd) al rapporto contrattuale de quo e proponendo appello incidentale con richiesta di essere assolta dalla domanda proposta nei suoi confronti.
La soc. (Lpd), da parte sua, resisteva contestando ogni motivo di doglianza ex adverso addotto.
La Corte di Appello di Torino, con sentenza depositata il 01/10/2001, confermava l'impugnata sentenza, con le relative statuizioni in ordine alle spese.
Avverso tale sentenza ricorre ora la soc. (Lpd), affidandosi a due motivi e depositando anche una memoria, mentre la soc. (Lpd) resiste al ricorso mediante controricorso, con il quale viene svolto anche ricorso incidentale affidato a quattro motivi.
Nessuna attività difensiva risulta invece svolta dalla soc. (Lpd).

Motivi della decisione

Va disposta in primo luogo la riunione dei due ricorsi ex art. 335 c.p.c. in quanto proposti contro la stessa sentenza.
Ricorso n. 19234/2002.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 1766 e 1571 c.c. e l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, avendo la Corte di Appello erroneamente ritenuto che nel contratto atipico di parcheggio stipulato con lo (omissis) sussistesse a carico di essa ricorrente, quale gestore del parcheggio, un obbligo di custodia.
Con il secondo motivo si denuncia invece la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, avendo la Corte di Appello totalmente omesso di valutare che era mancante la prova in ordine al decisivo assunto che il parcheggio in questione fosse custodito.
I motivi non sono fondati.
Per quanto riguarda, infatti, il primo motivo, rileva questo Collegio come la Corte di merito abbia compiutamente ed adeguatamente spiegato, con argomentazioni che si sottraggono a qualsivoglia censura di illogica e/o contraddittoria motivazione ovvero di violazione e/o falsa applicazione delle richiamate norme di diritto, le ragioni per le quali nel caso di specie, trattandosi di area privata ben delimitata nella sua estensione (costituita dallo spazio chiuso adibito a posteggio del Lingotto nella zona delle Fiere), doveva certamente ravvisarsi l'offerta di un servizio di custodia e ritenersi, quindi, concluso tra le parti - data anche la presenza di una serie di elementi integranti le caratteristiche individualizzanti tipiche del deposito (l'esistenza di uno spazio chiuso delimitato da sbarre all'entrata ed all'uscita, l'assenza di cartelli prima dell'ingresso con l'avvertenza che si trattava di parcheggio non custodito, la presenza di personale deputato non solo alla riscossione del corrispettivo, ma all'accompagnamento anche dei clienti a bordo delle rispettive autovetture per l'assegnazione del posto assegnato) - un vero e proprio contratto di deposito, anzichè quello di locazione di uno spazio, con conseguente assunzione da parte della soc. (Lpd) dell'obbligo di effettuare la custodia.
Correttamente la sentenza impugnata rileva come soltanto la presenza di un cartello con l'indicazione di "parcheggio non custodito", adeguatamente visibile prima dell'ingresso, quando cioè era ancora possibile per l'utente scegliere se concludere o meno il contratto relativo allo stazionamento dell'autovettura, avrebbe comportato la conclusione tra le parti del diverso contratto di locazione, e come non rivesta alcun carattere di decisività la circostanza che sul retro dello scontrino consegnato allo (omissis) fosse scritto "parcheggio non custodito", trattandosi di una informazione non solo in contrasto con la situazione di apparenza come sopra evidenziata, bensì fornita a contratto già concluso mediante l'accettazione, da parte dello (omissis), della proposta contrattuale di parcheggio formulata dalla soc. (Lpd) nella forma dell'offerta al pubblico (art. 1336 c.c.).
Anche sulla doglianza circa il punto relativo alla ritenuta compatibilità del corrispettivo pagato dallo (omissis) per il parcheggio (lire 6.000 per l'intera giornata) con l'offerta del servizio di custodia caratterizzante il contratto di deposito, si riscontra una logica ed adeguata risposta da parte della Corte territoriale, la quale ha infatti messo in rilievo la circostanza che tale importo era "in realtà concretamente riferibile ad alcune ore in quanto collegato alla manifestazione Expocasa svoltasi presso la Fiera del Lingotto" e, perciò, economicamente proporzionato al servizio reso, anche per le facilitazioni usualmente offerte, per la sosta delle autovetture, ai partecipanti a manifestazioni a carattere commerciale, per cui doveva escludersi che esso fosse tale da rendere evidente agli utenti, all'atto del pagamento del prezzo, l'insussistenza di un obbligo di custodia.
Quanto poi al secondo motivo di censura, rileva il Collegio che esso, sebbene impropriamente rappresentato sotto il profilo della violazione di norme processuali e quello del vizio motivazionale, attiene in realtà esclusivamente a questioni di merito, come la valuta-zione delle risultanze delle prove (la ricorrente sostiene, infatti, esplicitamente che "nessuna deposizione testimoniale, fra quelle fornite dalla (Lpd) Assicurazioni, ha confermato che il parcheggio fosse custodito"), che involge apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito e, perciò, insindacabili in sede di legittimità, salvo ovviamente il limite del contrasto con la logica e la razionalità (cfr. Cass. Civ., sez. 3, 02/04/2004, n. 6519, RV 5711778) che, nel caso di specie, è stato rispettato dalla Corte territoriale per le ragioni sopra menzionate.
Il ricorso in questione va, pertanto, rigettato.
Ricorso n. 22607/2002.
Con il primo motivo viene denunciata la violazione e falsa applicazione dell'art. 1336 c.c. in relazione agli artt. 1766 e 1777 c.c., avendo la Corte di appello erroneamente inquadrato in un contratto di deposito - a questo riconducibile - la fattispecie - contrattuale in concreto attuata dalle parti, per avere tralasciato di valutare l'altro elemento essenziale, accanto a quello dell'obbligo di custodia, che caratterizza il deposito, vale a dire quello relativo della riconsegna - da parte del depositario - della cosa affidatagli dal depositante.
Con il secondo motivo si denuncia invece la violazione e falsa applicazione dell'art. 1326 c.c. avendo la sentenza gravata erroneamente ritenuto concluso il contratto di parcheggio prima ancora del ritiro del biglietto, mentre solo in tale momento la soc. (Lpd) proponente poteva avere conoscenza dell'accettazione della proposta da parte del conducente che intendeva usufruire del suo servizio.
Con il terzo motivo poi si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1365 e 1367 c.c. in relazione agli artt. 3 ed 11 delle condizioni generali del contratto assicurativo, nonchè omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, avendo la Corte di appello erroneamente ritenuto come operativa la polizza assicurativa tra la soc. (Lpd) e la soc. (Lpd) sulla base di una interpretazione delle suddette norme contrattuali secondo i criteri di cui ai citati artt. 1365 e 1367 c.c., pur in presenza di un loro testo particolarmente chiaro dal punto di vista letterale.
Con il quarto motivo infine si lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 1362 c.c. in relazione all'art. 13 dell'accordo ANIA, avendo la Corte di appello erroneamente escluso che nel caso di specie ricorresse la coesistenza di una pluralità di garanzie contro lo stesso rischio.
I primi due motivi, essendo sostanzialmente connessi, vanno esaminati congiuntamente.
Entrambi sono infondati.
Osserva, infatti, il Collegio che il rilievo della ricorrente, secondo cui, richiedendo l'art. 1336 c.c. che l'offerta al pubblico debba contenere gli estremi essenziali del contratto alla cui conclusione è diretta per valere come proposta, la sentenza impugnata avrebbe tralasciato completamente di considerare l'aspetto relativo alla riconsegna della vettura, anch'essa elemento essenziale del contratto di deposito, e non avrebbe potuto quindi ritenere concluso tra le parti tale contratto in difetto di una manifestata intenzione da parte della soc. (Lpd) di occuparsi sia della custodia che della conseguente e connessa riconsegna del veicolo, non presenta alcun fondamento.
Ed invero, premesso che nel deposito, avente natura reale, la consegna della cosa è necessaria per il perfezionamento del contratto con il conseguente sorgere dell'obbligo del depositario di custodia e di restituzione della medesima, come espressamente statuisce la norma dell'art. 1766 c.c., ne consegue che custodia e riconsegna della cosa sono due aspetti inscindibili della prestazione a carico del depositario, per cui l'offerta della prestazione di custodia comporta ovviamente anche quella della riconsegna della res.
Del resto, tenuto conto che per la perfezione del contratto di deposito non è necessario il previo scambio espresso del consenso dei contraenti sui singoli elementi caratterizzanti di detto contratto, potendosi il medesimo ravvisare anche nella semplice consegna ed accettazione della cosa da parte rispettivamente del depositante e del depositario (v. Cass. Civ., sez. 3, 08/08/1997, n. 7363), deve ritenersi pacifico che l'offerta al pubblico di parcheggio, apprestata dalla soc. (Lpd) e caratterizzata in particolare dalla mancata apposizione all'esterno del parcheggio stesso di un cartello che avvertisse i terzi prima dell'ingresso che si trattava di parcheggio "non custodito", valesse come proposta, a norma dell'art. 1336 c.c., contenendo gli estremi essenziali di un contratto assimilabile, quanto meno, a quello di deposito, e che, avvenute la consegna e l'accettazione della vettura nei termini sopra indicati, si sia concluso tra le parti il suddetto contratto, essendo la riconsegna della vettura stessa organicamente riconnessa, nella struttura del contratto concluso, all'obbligo assunto dal depositario di custodia di essa.
Nè, ai fini dell'adempimento dell'obbligo del depositario di restituzione, può acquistare alcuna rilevanza il mancato apprestamento da parte sua di uno specifico apparato destinato alla riconsegna dei veicoli, in particolare di personale predisposto per tale esclusiva incombenza, dovendosi ritenere assolto a tutti gli effetti tale obbligo anche attraverso il tacito assenso del depositario al prelevamento della vettura da parte del depositante a ciò legittimato dal possesso del relativo biglietto ricevuto all'entrata del parcheggio.
Anche la doglianza relativa al punto della sentenza impugnata che avrebbe individuato il momento perfezionativo del contratto de quo non già all'atto del ritiro del biglietto e dell'ingresso effettivo nel parcheggio mediante il superamento della sbarra d'accesso, bensì nella fase immediatamente precedente, non presenta alcun fondamento.
Ed invero, la sentenza impugnata individua con assoluta correttezza tale momento nell'istante in cui lo (omissis), dopo avere preso atto della mancanza di una apposita e ben visibile avvertenza che il parcheggio fosse "non custodito", abbia manifestato tacitamente la propria accettazione dell'offerta al pubblico di parcheggio fatta dalla soc. (Lpd) introducendo la propria autovettura all'interno dell'area di parcheggio.
Tale atto materiale comporta ovviamente per la parte che ha fatto la proposta sotto forma di offerta al pubblico la piena conoscenza dell'accettazione della controparte, per cui nell'istante in questione non può che verificarsi la conclusione del contratto ex art. 1326 c.c., comma 1.
E' bene precisare che tale effetto si produce necessariamente già alla presentazione dell'utente dinanzi alla sbarra di accesso, prima ancora del ritiro del biglietto e del superamento della sbarra stessa, per cui deve ritenersi corretta la conclusione della sentenza impugnata che l'informazione scritta sul retro dello scontrino, secondo cui il parcheggio non fosse custodito, fosse stata comunque fornita a contratto già concluso.
Per quanto riguarda poi il terzo ed il quarto motivo di censura, anch'essi possono essere esaminati congiuntamente, essendo sostanzialmente connessi tra loro.
Anche tali motivi sono infondati.
Ed infatti, la sentenza impugnata ha spiegato, con argomentazioni assolutamente scevre da vizi logici od errori giuridici, le ragioni per le quali nel caso in esame non sia stata esclusa l'operatività delle clausole contrattuali di cui agli artt. 3 ed 11 del rapporto assicurativo in corso tra la soc. (Lpd) e la soc. (Lpd) Ass.ni, facendo corretto riferimento, da un lato, alla equiparazione a tutti gli effetti delle sbarre azionabili in entrata e in uscita utilizzate nel caso di specie (unitamente alla chiusura di tali sbarramenti in assenza di personale) ai congegni di chiusura dei locali elencati in maniera del tutto indicativa nella polizza assicurativa e, dall'altro, alla necessità di interpretare il condizionamento del rischio assicurato all'ingresso dei ladri per via diversa da quella ordinaria nonchè all'impiego di specifici mezzi artificiosi soltanto nel senso che debba ritenersi esclusa unicamente la copertura assicurativa della sottrazione della cosa depositata ad opera di soggetti venuti illegittimamente in possesso delle chiavi del veicolo e dei congegni di apertura dei meccanismi di chiusura.
Le stesse logiche ed adeguate argomentazioni si riscontrano nella sentenza impugnata laddove viene esclusa la operatività nel caso di specie, quanto al rapporto tra la soc. (Lpd) Ass.ni e la soc. (Lpd) Ass.ni, della norma contenuta nell'art. 13 dell'accordo ANIA, con riferimento alla asserita coesistenza di più garanzie relative allo stesso rischio.
La Corte di merito ha, infatti, correttamente evidenziato come nella fattispecie non ricorresse in realtà tale coesistenza, con conseguente limitazione della responsabilità in favore della (Lpd) Ass.ni, giacchè la situazione contenziosa che si era venuta a c(Lpd)e tra tutte le parti vedeva, da una parte, un contratto di assicurazione per il furto dell'auto acceso dallo (omissis) e, dall'altra, la surroga azionata dalla sua compagnia assicuratrice (la soc. (Lpd)), ai sensi dell'art. 1916 c.c., nei confronti del gestore del parcheggio ritenuto responsabile (la soc. (Lpd)), quest'ultima a sua volta assicurata con la soc. (Lpd) per il verificarsi di un determinato fatto dannoso direttamente da essa subito in conseguenza del furto di una autovettura assicurata custodita nel parcheggio medesimo.
E' perciò evidente che non ricorra un caso di coesistenza di più garanzie contro lo stesso rischio, in quanto in realtà ci troviamo in presenza di rischi diversi, e cioè nel primo caso si garantisce il rischio furto, mentre nel secondo caso viene garantito un rischio danno.
Deve escludersi, pertanto, che la Corte di merito sia incorsa, nell'interpretazione del contenuto della clausola contrattuale di cui al citato art. 13, nell'erronea applicazione dell'art. 1362 c.c., tanto più che è proprio quest'ultima norma a statuire che nell'interpretazione delle clausole contrattuali non ci si debba limitare al solo senso letterale delle parole.
Il ricorso in questione va pertanto rigettato.
Concorrono giusti motivi per la compensazione integrale delle spese del giudizio di Cassazione tra la soc. (Lpd) e la soc. (Lpd).

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa le spese del giudizio di Cassazione tra la soc. (Lpd) e la soc. (Lpd).
Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2005.
Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2005

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