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Cass. civ. Sez. III, 20-12-2005, n. 28232 |
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NICASTRO Gaetano - Presidente
Dott. PREDEN Roberto - Consigliere
Dott. PERCONTE LICATESE Renato - Consigliere
Dott. FEDERICO Giovanni - rel. Consigliere
Dott. CALABRESE Donato - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
-
- ricorrente -
contro
-
- intimati -
e sul 2^ ricorso n. 22607/2002 proposto da:
-
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
-
- controricorrente al ricorso incidentale -
e contro
-
- intimata -
avverso la sentenza n. 1272/2001 della Corte
d'Appello di TORINO, terza sezione civile, emessa il 08/06/2001,
depositata il 01/10/2001, R.G. 1002/2000;
udita la relazione della causa svolta nella
Pubblica udienza del 26/10/2005 dal Consigliere Dott. Giovanni
FEDERICO;
udito il P.M. in persona del Sostituto
Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso
per il rigetto di entrambi i ricorsi.
Svolgimento del processo
Il giorno 21/03/95 (omissis) subiva il furto
della propria autovettura Mercedes Benz posteggiata nel parcheggio
del Lingotto Fiere gestito dalla soc. (Lpd) ed il derubato veniva
interamente risarcito dalla propria compagnia assicuratrice, soc. (Lpd),
la quale, assumendo che il furto era imputabile al colposo
comportamento della soc. Coop. a r.l. (Lpd), che pur avendo assunto
il bene in custodia ometteva la doverosa vigilanza, la conveniva in
giudizio per la restituzione dell'importo pagato di L. 130 milioni,
a titolo di rivalsa, ex art. 1916 c.c..
Costituitasi, la soc. (Lpd) negava ogni
addebito e chiedeva di chiamare in causa la (Lpd) Ass.ni per essere
manlevata entro i limiti della polizza prodotta. Quest'ultima
società, a sua volta, si - costituiva chiedendo di essere assolta da
ogni domanda.
Con sentenza 11/11/1999 il Tribunale di
Torino, qualificato come deposito il contratto tra la soc. (Lpd) e
lo (omissis), condannava la prima al pagamento in favore della soc.
(Lpd) della somma di L. 167.032.192, oltre interessi, nonchè la soc.
(Lpd) a manlevare la (Lpd) per la somma capitale di 56 milioni.
Avverso tale decisione proponeva appello la (Lpd)
negando la qualifica di deposito al contratto concluso con lo
(omissis) e chiedendo di essere assolta da ogni domanda.
La soc. (Lpd) si costituiva aderendo
all'impostazione data dalla (Lpd) al rapporto contrattuale de quo e
proponendo appello incidentale con richiesta di essere assolta dalla
domanda proposta nei suoi confronti.
La soc. (Lpd), da parte sua, resisteva
contestando ogni motivo di doglianza ex adverso addotto.
La Corte di Appello di Torino, con sentenza
depositata il 01/10/2001, confermava l'impugnata sentenza, con le
relative statuizioni in ordine alle spese.
Avverso tale sentenza ricorre ora la soc. (Lpd),
affidandosi a due motivi e depositando anche una memoria, mentre la
soc. (Lpd) resiste al ricorso mediante controricorso, con il quale
viene svolto anche ricorso incidentale affidato a quattro motivi.
Nessuna attività difensiva risulta invece
svolta dalla soc. (Lpd).
Motivi della decisione
Va disposta in primo luogo la riunione dei
due ricorsi ex art. 335 c.p.c. in quanto proposti contro la
stessa sentenza.
Ricorso n. 19234/2002.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la
violazione degli artt. 1766 e 1571 c.c. e l'omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della
controversia, avendo la Corte di Appello erroneamente ritenuto che
nel contratto atipico di parcheggio stipulato con lo (omissis)
sussistesse a carico di essa ricorrente, quale gestore del
parcheggio, un obbligo di custodia.
Con il secondo motivo si denuncia invece la
violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e l'omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della
controversia, avendo la Corte di Appello totalmente omesso di
valutare che era mancante la prova in ordine al decisivo assunto che
il parcheggio in questione fosse custodito.
I motivi non sono fondati.
Per quanto riguarda, infatti, il primo
motivo, rileva questo Collegio come la Corte di merito abbia
compiutamente ed adeguatamente spiegato, con argomentazioni che si
sottraggono a qualsivoglia censura di illogica e/o contraddittoria
motivazione ovvero di violazione e/o falsa applicazione delle
richiamate norme di diritto, le ragioni per le quali nel caso di
specie, trattandosi di area privata ben delimitata nella sua
estensione (costituita dallo spazio chiuso adibito a posteggio del
Lingotto nella zona delle Fiere), doveva certamente ravvisarsi
l'offerta di un servizio di custodia e ritenersi, quindi, concluso
tra le parti - data anche la presenza di una serie di elementi
integranti le caratteristiche individualizzanti tipiche del deposito
(l'esistenza di uno spazio chiuso delimitato da sbarre all'entrata
ed all'uscita, l'assenza di cartelli prima dell'ingresso con
l'avvertenza che si trattava di parcheggio non custodito, la
presenza di personale deputato non solo alla riscossione del
corrispettivo, ma all'accompagnamento anche dei clienti a bordo
delle rispettive autovetture per l'assegnazione del posto assegnato)
- un vero e proprio contratto di deposito, anzichè quello di
locazione di uno spazio, con conseguente assunzione da parte della
soc. (Lpd) dell'obbligo di effettuare la custodia.
Correttamente la sentenza impugnata rileva
come soltanto la presenza di un cartello con l'indicazione di
"parcheggio non custodito", adeguatamente visibile prima
dell'ingresso, quando cioè era ancora possibile per l'utente
scegliere se concludere o meno il contratto relativo allo
stazionamento dell'autovettura, avrebbe comportato la conclusione
tra le parti del diverso contratto di locazione, e come non rivesta
alcun carattere di decisività la circostanza che sul retro dello
scontrino consegnato allo (omissis) fosse scritto "parcheggio non
custodito", trattandosi di una informazione non solo in contrasto
con la situazione di apparenza come sopra evidenziata, bensì fornita
a contratto già concluso mediante l'accettazione, da parte dello
(omissis), della proposta contrattuale di parcheggio formulata dalla
soc. (Lpd) nella forma dell'offerta al pubblico (art. 1336 c.c.).
Anche sulla doglianza circa il punto relativo
alla ritenuta compatibilità del corrispettivo pagato dallo (omissis)
per il parcheggio (lire 6.000 per l'intera giornata) con l'offerta
del servizio di custodia caratterizzante il contratto di deposito,
si riscontra una logica ed adeguata risposta da parte della Corte
territoriale, la quale ha infatti messo in rilievo la circostanza
che tale importo era "in realtà concretamente riferibile ad alcune
ore in quanto collegato alla manifestazione Expocasa svoltasi presso
la Fiera del Lingotto" e, perciò, economicamente proporzionato al
servizio reso, anche per le facilitazioni usualmente offerte, per la
sosta delle autovetture, ai partecipanti a manifestazioni a
carattere commerciale, per cui doveva escludersi che esso fosse tale
da rendere evidente agli utenti, all'atto del pagamento del prezzo,
l'insussistenza di un obbligo di custodia.
Quanto poi al secondo motivo di censura,
rileva il Collegio che esso, sebbene impropriamente rappresentato
sotto il profilo della violazione di norme processuali e quello del
vizio motivazionale, attiene in realtà esclusivamente a questioni di
merito, come la valuta-zione delle risultanze delle prove (la
ricorrente sostiene, infatti, esplicitamente che "nessuna
deposizione testimoniale, fra quelle fornite dalla (Lpd)
Assicurazioni, ha confermato che il parcheggio fosse custodito"),
che involge apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito e,
perciò, insindacabili in sede di legittimità, salvo ovviamente il
limite del contrasto con la logica e la razionalità (cfr. Cass.
Civ., sez. 3, 02/04/2004, n. 6519, RV 5711778) che, nel caso di
specie, è stato rispettato dalla Corte territoriale per le ragioni
sopra menzionate.
Il ricorso in questione va, pertanto,
rigettato.
Ricorso n. 22607/2002.
Con il primo motivo viene denunciata la
violazione e falsa applicazione dell'art. 1336 c.c. in
relazione agli artt. 1766 e 1777 c.c., avendo la Corte di
appello erroneamente inquadrato in un contratto di deposito - a
questo riconducibile - la fattispecie - contrattuale in concreto
attuata dalle parti, per avere tralasciato di valutare l'altro
elemento essenziale, accanto a quello dell'obbligo di custodia, che
caratterizza il deposito, vale a dire quello relativo della
riconsegna - da parte del depositario - della cosa affidatagli dal
depositante.
Con il secondo motivo si denuncia invece la
violazione e falsa applicazione dell'art. 1326 c.c. avendo
la sentenza gravata erroneamente ritenuto concluso il contratto di
parcheggio prima ancora del ritiro del biglietto, mentre solo in
tale momento la soc. (Lpd) proponente poteva avere conoscenza
dell'accettazione della proposta da parte del conducente che
intendeva usufruire del suo servizio.
Con il terzo motivo poi si deduce la
violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1365 e 1367
c.c. in relazione agli artt. 3 ed 11 delle condizioni generali
del contratto assicurativo, nonchè omessa motivazione circa un punto
decisivo della controversia, avendo la Corte di appello erroneamente
ritenuto come operativa la polizza assicurativa tra la soc. (Lpd) e
la soc. (Lpd) sulla base di una interpretazione delle suddette norme
contrattuali secondo i criteri di cui ai citati artt. 1365 e
1367 c.c., pur in presenza di un loro testo particolarmente
chiaro dal punto di vista letterale.
Con il quarto motivo infine si lamenta la
violazione e falsa applicazione dell'art. 1362 c.c. in
relazione all'art. 13 dell'accordo ANIA, avendo la Corte di appello
erroneamente escluso che nel caso di specie ricorresse la
coesistenza di una pluralità di garanzie contro lo stesso rischio.
I primi due motivi, essendo sostanzialmente
connessi, vanno esaminati congiuntamente.
Entrambi sono infondati.
Osserva, infatti, il Collegio che il rilievo
della ricorrente, secondo cui, richiedendo l'art. 1336 c.c.
che l'offerta al pubblico debba contenere gli estremi essenziali del
contratto alla cui conclusione è diretta per valere come proposta,
la sentenza impugnata avrebbe tralasciato completamente di
considerare l'aspetto relativo alla riconsegna della vettura,
anch'essa elemento essenziale del contratto di deposito, e non
avrebbe potuto quindi ritenere concluso tra le parti tale contratto
in difetto di una manifestata intenzione da parte della soc. (Lpd)
di occuparsi sia della custodia che della conseguente e connessa
riconsegna del veicolo, non presenta alcun fondamento.
Ed invero, premesso che nel deposito, avente
natura reale, la consegna della cosa è necessaria per il
perfezionamento del contratto con il conseguente sorgere
dell'obbligo del depositario di custodia e di restituzione della
medesima, come espressamente statuisce la norma dell'art. 1766
c.c., ne consegue che custodia e riconsegna della cosa sono due
aspetti inscindibili della prestazione a carico del depositario, per
cui l'offerta della prestazione di custodia comporta ovviamente
anche quella della riconsegna della res.
Del resto, tenuto conto che per la perfezione
del contratto di deposito non è necessario il previo scambio
espresso del consenso dei contraenti sui singoli elementi
caratterizzanti di detto contratto, potendosi il medesimo ravvisare
anche nella semplice consegna ed accettazione della cosa da parte
rispettivamente del depositante e del depositario (v. Cass. Civ.,
sez. 3, 08/08/1997, n. 7363), deve ritenersi pacifico che l'offerta
al pubblico di parcheggio, apprestata dalla soc. (Lpd) e
caratterizzata in particolare dalla mancata apposizione all'esterno
del parcheggio stesso di un cartello che avvertisse i terzi prima
dell'ingresso che si trattava di parcheggio "non custodito", valesse
come proposta, a norma dell'art. 1336 c.c., contenendo gli
estremi essenziali di un contratto assimilabile, quanto meno, a
quello di deposito, e che, avvenute la consegna e l'accettazione
della vettura nei termini sopra indicati, si sia concluso tra le
parti il suddetto contratto, essendo la riconsegna della vettura
stessa organicamente riconnessa, nella struttura del contratto
concluso, all'obbligo assunto dal depositario di custodia di essa.
Nè, ai fini dell'adempimento dell'obbligo del
depositario di restituzione, può acquistare alcuna rilevanza il
mancato apprestamento da parte sua di uno specifico apparato
destinato alla riconsegna dei veicoli, in particolare di personale
predisposto per tale esclusiva incombenza, dovendosi ritenere
assolto a tutti gli effetti tale obbligo anche attraverso il tacito
assenso del depositario al prelevamento della vettura da parte del
depositante a ciò legittimato dal possesso del relativo biglietto
ricevuto all'entrata del parcheggio.
Anche la doglianza relativa al punto della
sentenza impugnata che avrebbe individuato il momento perfezionativo
del contratto de quo non già all'atto del ritiro del biglietto e
dell'ingresso effettivo nel parcheggio mediante il superamento della
sbarra d'accesso, bensì nella fase immediatamente precedente, non
presenta alcun fondamento.
Ed invero, la sentenza impugnata individua
con assoluta correttezza tale momento nell'istante in cui lo
(omissis), dopo avere preso atto della mancanza di una apposita e
ben visibile avvertenza che il parcheggio fosse "non custodito",
abbia manifestato tacitamente la propria accettazione dell'offerta
al pubblico di parcheggio fatta dalla soc. (Lpd) introducendo la
propria autovettura all'interno dell'area di parcheggio.
Tale atto materiale comporta ovviamente per
la parte che ha fatto la proposta sotto forma di offerta al pubblico
la piena conoscenza dell'accettazione della controparte, per cui
nell'istante in questione non può che verificarsi la conclusione del
contratto ex art. 1326 c.c., comma 1.
E' bene precisare che tale effetto si produce
necessariamente già alla presentazione dell'utente dinanzi alla
sbarra di accesso, prima ancora del ritiro del biglietto e del
superamento della sbarra stessa, per cui deve ritenersi corretta la
conclusione della sentenza impugnata che l'informazione scritta sul
retro dello scontrino, secondo cui il parcheggio non fosse
custodito, fosse stata comunque fornita a contratto già concluso.
Per quanto riguarda poi il terzo ed il quarto
motivo di censura, anch'essi possono essere esaminati
congiuntamente, essendo sostanzialmente connessi tra loro.
Anche tali motivi sono infondati.
Ed infatti, la sentenza impugnata ha
spiegato, con argomentazioni assolutamente scevre da vizi logici od
errori giuridici, le ragioni per le quali nel caso in esame non sia
stata esclusa l'operatività delle clausole contrattuali di cui agli
artt. 3 ed 11 del rapporto assicurativo in corso tra la soc. (Lpd) e
la soc. (Lpd) Ass.ni, facendo corretto riferimento, da un lato, alla
equiparazione a tutti gli effetti delle sbarre azionabili in entrata
e in uscita utilizzate nel caso di specie (unitamente alla chiusura
di tali sbarramenti in assenza di personale) ai congegni di chiusura
dei locali elencati in maniera del tutto indicativa nella polizza
assicurativa e, dall'altro, alla necessità di interpretare il
condizionamento del rischio assicurato all'ingresso dei ladri per
via diversa da quella ordinaria nonchè all'impiego di specifici
mezzi artificiosi soltanto nel senso che debba ritenersi esclusa
unicamente la copertura assicurativa della sottrazione della cosa
depositata ad opera di soggetti venuti illegittimamente in possesso
delle chiavi del veicolo e dei congegni di apertura dei meccanismi
di chiusura.
Le stesse logiche ed adeguate argomentazioni
si riscontrano nella sentenza impugnata laddove viene esclusa la
operatività nel caso di specie, quanto al rapporto tra la soc. (Lpd)
Ass.ni e la soc. (Lpd) Ass.ni, della norma contenuta nell'art. 13
dell'accordo ANIA, con riferimento alla asserita coesistenza di più
garanzie relative allo stesso rischio.
La Corte di merito ha, infatti, correttamente
evidenziato come nella fattispecie non ricorresse in realtà tale
coesistenza, con conseguente limitazione della responsabilità in
favore della (Lpd) Ass.ni, giacchè la situazione contenziosa che si
era venuta a c(Lpd)e tra tutte le parti vedeva, da una parte, un
contratto di assicurazione per il furto dell'auto acceso dallo
(omissis) e, dall'altra, la surroga azionata dalla sua compagnia
assicuratrice (la soc. (Lpd)), ai sensi dell'art. 1916 c.c.,
nei confronti del gestore del parcheggio ritenuto responsabile (la
soc. (Lpd)), quest'ultima a sua volta assicurata con la soc. (Lpd)
per il verificarsi di un determinato fatto dannoso direttamente da
essa subito in conseguenza del furto di una autovettura assicurata
custodita nel parcheggio medesimo.
E' perciò evidente che non ricorra un caso di
coesistenza di più garanzie contro lo stesso rischio, in quanto in
realtà ci troviamo in presenza di rischi diversi, e cioè nel primo
caso si garantisce il rischio furto, mentre nel secondo caso viene
garantito un rischio danno.
Deve escludersi, pertanto, che la Corte di
merito sia incorsa, nell'interpretazione del contenuto della
clausola contrattuale di cui al citato art. 13, nell'erronea
applicazione dell'art. 1362 c.c., tanto più che è proprio
quest'ultima norma a statuire che nell'interpretazione delle
clausole contrattuali non ci si debba limitare al solo senso
letterale delle parole.
Il ricorso in questione va pertanto
rigettato.
Concorrono giusti motivi per la compensazione
integrale delle spese del giudizio di Cassazione tra la soc. (Lpd) e
la soc. (Lpd).
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa le
spese del giudizio di Cassazione tra la soc. (Lpd) e la soc. (Lpd).
Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2005.
Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2005
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