Nuova pagina 1
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTARELLA ORESTANO Francesco - Presidente
Dott. D'ALESSANDRO
Paolo - Consigliere
Dott. TIRELLI Francesco - Consigliere
Dott.
GENOVESE Francesco Antonio - rel. Consigliere
Dott. MARINUCCI Giuseppe
- Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto
da:
O.G., elettivamente domiciliata in Roma, Via del Banco di Santo
Spirito n. 48, presso l'Avv. D'OTTAVI Mario F., che lo rappresenta e
difende, in virtù di delega in atti, unitamente all'avv. Gianfranco
Vignola del foro di Verona;
- ricorrente -
contro
1) Amministrazione
delle Finanze, in persona del Ministro p.t.; 2) Agenzia delle Entrate;
elettivamente domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso
l'Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e difende per
legge;
- controricorrente -
avverso la sentenza della Commissione
Tributaria Regionale della Campania n. 237/03/99 del 5 gennaio 2000;
Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
17/11/2006 dal Relatore Cons. Dott. Francesco Antonio Genovese;
Udito
il P.M., in persona del Dottor FUZIO Riccardo, il quale ha concluso per
il rigetto del ricorso.
________________________________________
Fatto
Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
1. L'Ufficio II.DD. di
Verona notificava alla Signora O. G. un avviso di accertamento con il
quale determinava il reddito, ai fini applicativi dell'Irpef, per
l'anno 1987, in via sintetica, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973,
art. 38. Tale maggior reddito era determinato, secondo
l'Amministrazione fiscale, anche per il possesso di quattro automobili,
di cui una d'epoca (una Jaguar MK2 di CF 23, immatricolata nell'anno
1963).
La contribuente impugnava l'avviso di accertamento.
2. La C.T.P.
di Verona accoglieva parzialmente il ricorso e riduceva il maggior
reddito accertato nella misura del 40%, in considerazione del fatto che
delle automobili possedute una era risalente all'anno 1963 (auto
storica in base all'immatricolazione).
3. Avverso tale sentenza la
contribuente proponeva appello, sostenendo che le auto d'epoca andavano
escluse dalla determinazione sintetica del reddito delle persone
fisiche, e che al mantenimento delle altre auto avrebbe provveduto,
nella misura del 70% delle spese, il coniuge.
La C.T.R., considerate
irrilevanti le altre questioni proposte con il gravame, respingeva
anche quella relativa al possesso delle auto storiche, affermando che
il mantenimento di tali beni è sicuro indice di capacità contributiva,
atteso che esse comporterebbero, notoriamente, spese a volte anche
ingenti.
4. La signora O.G. ricorre contro la sentenza di appello con
quattro motivi. Ministero delle Finanze ed Agenzia delle Entrate
resistono con controricorso.
Motivi della decisione
1.1. Con il primo
motivo di ricorso (con il quale lamenta la violazione ed errata
interpretazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 e del D.M. 10
settembre 1992) la contribuente deduce che la Jaguar del 1963 avrebbe
natura di auto storica e andrebbe esclusa dall'accertamento sintetico
del reddito in quanto non posseduta per soddisfare le esigenze di
circolazione. Lo stesso Secit, in un suo parere, su istanza dell'Asi
(AutomobilClub Storico Italiano), avrebbe escluso le auto e moto
d'interesse storico e collezionistico, ai sensi del D.L. n. 285 del
1992, art. 60, dall'applicazione del redditometro. Queste, infatti, non
sarebbero idonee a soddisfare le esigenze della circolazione e quindi
non farebbero sorgere spese quotidiane, relative alla loro
utilizzazione. Inoltre, nella tabella allegata al D.M. 10 settembre
1992, il riferimento alle automobili andrebbe riferito solo a quelle in
circolazione effettiva.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso (con il
quale lamenta la violazione ed errata interpretazione del D.Lgs. n. 546
del 1922, artt. 72 e 32), la contribuente deduce che, in primo grado,
l'Ufficio avrebbe modificato le conclusioni già rese chiedendo, in
sostituzione dell'accoglimento del ricorso proposto dal contribuente
quanto alla inclusione dell'autovettura storica tra i beni legittimanti
la procedura di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, la sua
integrale reiezione.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso (con il quale
lamenta la violazione ed errata interpretazione del D.Lgs. n. 546 del
1922, art. 23), la contribuente deduce che, in primo grado, l'Ufficio -
con il primo atto di costituzione - avrebbe condiviso le conclusioni
della contribuente e rideterminato la sua pretesa, senza tuttavia
depositare ex novo la documentazione a suo sostegno.
1.2. Con il quarto
motivo di ricorso (con il quale lamenta la omessa motivazione) la
contribuente deduce che la sentenza non conterrebbe una motivazione
sufficiente a spiegare perchè la disciplina di cui al D.P.R. n. 600,
art. 38, potrebbe essere applicata anche alle auto storiche.
2. Il
ricorso, che è infondato, deve essere respinto.
2.1. Preliminarmente,
devono essere disattesi il secondo e terzo motivo di ricorso, che non
risultano trattati nel corso del giudizio di appello e in ordine ai
quali la ricorrente non ha adempiuto al dovere di autosufficienza che
deve contraddistinguere il ricorso in tali casi.
Come ha più volte
stabilito questa Corte (da ultimo, nella Sentenza n. 19328 del 2006),
qualora una determinata questione, che implichi un accertamento in
fatto (nella specie: accertamento di un fatto processuale verificatosi
nel giudizio di primo grado), non risulti in alcun modo trattata nella
sentenza impugnata, il ricorrente per cassazione che richiami tale
questione in sede di legittimità, per evitare una pronuncia di
inammissibilità per novità della censura, ha l'onere non solo di
allegare la già avvenuta deduzione della questione innanzi al Giudice
di appello ma, anche, di indicare in quale atto del giudizio precedente
abbia a ciò provveduto, onde dar modo alla Corte di Cassazione di
controllare la veridicità di tale asserzione.
Tale allegazione, però,
nella specie, manca sia in riferimento al secondo che al terzo motivo
di ricorso e, in applicazione di tale principio, la Corte deve
dichiarare inammissibili le relative censure contenute nel ricorso per
Cassazione.
2.2. I restanti motivi (primo e quarto) devono essere
trattati congiuntamente, in quanto tra loro strettamente connessi.
Con
essi si lamenta che nella sentenza di appello si è sostenuto che il
possesso di auto storiche da parte del contribuente costituisca indice
di capacità contributiva, ponendosi, ad opposta ratio decidendi,
rispetto a quella fatta propria dai Giudici di merito, l'esenzione dal
c.d. bollo automobilistico quale segnale di attenzione del legislatore
verso beni che non sarebbero più adeguati alle attuali, e sempre più
complesse, esigenze della vita quotidiana.
2.2.1. Come si è già detto,
il motivo è infondato.
La sentenza di merito ha motivato,
sinteticamente, ma correttamente, in base alla considerazione del fatto
notorio secondo il quale "il mantenimento di tale bene, di particolare
pregio, è sicuramente indice di capacità contributiva, in quanto ad
esso impone, notoriamente, spese a volte anche ingenti".
Orbene, la
contestazione del fatto notorio da parte della contribuente può formare
oggetto di esame in Cassazione solo entro limiti determinati.
Infatti
(Sentenza n. 18446 del 2005), se l'affermazione del Giudice di merito
circa l'esistenza di un fatto notorio può essere censurata in sede di
legittimità con il ricorso per Cassazione allorquando sia stata posta a
base della decisione in forza di una inesatta nozione del notorio, cioè
erroneamente intendendo il fatto come conosciuto da un uomo di media
cultura in un dato tempo e luogo, viceversa, allorchè si assuma che il
fatto considerato come notorio dal Giudice di merito non risponde al
vero, l'inveridicità del preteso fatto notorio può solo formare oggetto
di revocazione a norma dell'art. 395 cod. proc. civ., n. 4, ove ne
ricorrano gli estremi e non invece di ricorso per Cassazione.
Va
perciò, preliminarmente, sgombrato il terreno dalla censura di falsità
del fatto notorio posto dalla Commissione a base della sua decisione.
Quanto all'aspetto secondo cui il notorio potrebbe essere sconosciuto
dall'uomo medio, va qui fatto rilevare che non appare affatto
esorbitante dalla cultura dell'uomo medio il dato secondo cui le auto c.
d. storielle, formino oggetto di collezionismo e di particolare ricerca
fra gli appassionati di tali beni; che esiste un particolare mercato
per tali tipi di veicoli, oggetto di attenzione da parte dei suoi
consumatori, e di riflesso anche relative quotazioni rilevabili da
pubblicazioni di settore; e che, secondo l'id quod plerumque accidit,
la manutenzione di veicoli ormai da tempo fuori produzione, comportino
rilevanti costi, per tutte le necessità di manutenzione e sostituzione
dei c.d. componenti soggetti a usura.
E' per queste semplici ragioni
che tali beni, a loro modo, secondo l'apprezzamento del Giudice di
merito, incensurabile in questa sede perchè immune da vizi logici e
motivazionali, e il fatto notorio dallo stesso allegato nella
motivazione, sono stati posti a base della capacità contributiva della
contribuente, espressa in relazione al possesso di tali beni mobili
registrati.
Nè il Giudice di merito ha violato alcuna norma di legge o
di regolamento, intendendo il riferimento al possesso delle auto,
contenuto nei c.d. Redditometri, anche a quelle c.d. storiche, atteso
che alcuna precisazione o restrizione è contenuta in tali disposizione
(nè essa è stata allegata dalla ricorrente); nè ha potere decisivo
sulla soluzione del caso il diverso parere reso da un organo consultivo
dell'Amministrazione finanziaria, quale risulta essere quello del
Secit, richiamato nel ricorso, avendo il Giudice motivatamente
disatteso il ragionamento contenuto in quell'atto.
2.2.2. Infine, va
rilevato che, a proposito di altri beni (immobili) storici la Corte
costituzionale, nella sentenza 346 del 2003 (e ordinanza n. 170 del
2004) ha si escluso la violazione dei principi di ragionevolezza e di
eguaglianza nella determinazione del reddito degli immobili
riconosciuti di interesse storico o artistico ai fini delle imposte sul
reddito (che viene stabilito mediante l'applicazione della minore tra
le tariffe d'estimo previste per le abitazioni della zona censuaria
nella quale è collocato l'immobile e quando l'immobile di interesse
storico o artistico sia locato), ma è pervenuto a tale risultato poichè
andava esclusa la comparabilità della disciplina fiscale degli immobili
di interesse storico o artistico con quella degli altri immobili in
ragione del complesso dei vincoli ed obblighi gravanti per legge sulla
proprietà di tali beni nonchè della forte incidenza dei costi di
manutenzione e conservazione di essi (ma essa non ha escluso
l'opportunità di una nuova disciplina in materia che tenga conto della
evoluzione del mercato immobiliare e locativo nel frattempo
intervenuta).
Una tale esclusione dalla disciplina comune, con
riferimento alle c.d. auto storiche, tuttavia, avrebbe avuto bisogno di
una apposita normativa, quale è quella riservata agli immobili
d'interesse storico-artistico, perciò caratterizzati da uno statuto
proprietario particolare, fatto di limitazioni (quale il diritto di
prelazione) e controlli (da parte della autorità di settore, quali le
soprintendenze) da cui sono esenti (almeno fino ad oggi) le auto di
interesse storico.
Perciò, la diversità di disciplina di tali beni
risulta pienamente giustificata e impone la reiezione del ricorso, con
addebito alla ricorrente delle spese di questo giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
del giudizio di Cassazione, che liquida in Euro 1.100,00, di cui 100,00
per esborsi, 1.000,00 per onorario, oltre alle spese generali e agli
accessori, come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di
consiglio della Sezione Quinta Civile della Corte di Cassazione, dai
magistrati sopraindicati, il 17 novembre 2006.
Depositato in
Cancelleria il 22 gennaio 2007
vldmsm
Nessun commento:
Posta un commento