Translate

martedì 7 maggio 2013

Cassazione: Oltre alla persona offesa ci può essere anche l'animale offeso







Cass. pen. Sez. III, (ud. 12-05-2006) 12-10-2006, n. 34095

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MAIO Guido - Presidente

Dott. ONORATO Pierluigi - est. Consigliere

Dott. TERESI Alfredo - Consigliere

Dott. GENTILE Mario - Consigliere

Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.R., nata a (OMISSIS), quale presidente dell'ANPA, sezione Alba Langhe Roero;

avverso il provvedimento reso l'11/02/2005 dal G.I.P. del Tribunale di Alba;

Visto il provvedimento denunciato e il ricorso;

Udita la relazione svolta in Camera di consiglio dal Consigliere Dott. Pierluigi Onorato;

Letta la requisitoria del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale CESQUI Elisabetta, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.

Osserva:
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. Su denuncia dell'Associazione Nazionale per la Protezione degli Animali (ANPA), sezione di Alba Langhe Roero, il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Alba apriva un procedimento penale in ordine al reato di maltrattamento di animali di cui all'art. 727 c.p., che però - su istanza conforme dello stesso P.M. - si concludeva con l'archiviazione.

In data 05/05/2004 la stessa ANPA, in persona del suo presidente sezionale C.R., formulava istanza di riapertura delle indagini indicando come fatto nuovo meritevole di investigazioni il decesso di un cane meticcio in circostanze non chiare.

Il Pubblico Ministero riteneva che non fossero necessarie ulteriori indagini, in particolare perchè la circostanza che il cane fosse stato portato a passeggio malgrado la malattia da cui era affetto non poteva configurare quel contributo doloso o colposo al decesso richiesto dalla norma per integrare la fattispecie di cui all'art. 727 c.p. vecchio testo).

Per conseguenza, anzichè richiedere la riapertura delle indagini ex art. 414 c.p.p., formulava nuova istanza di archiviazione, posto che la segreteria dell'ufficio, ricevuta l'istanza del 05/05/2004, l'aveva iscritta nel registro di cui all'art. 335 c.p.p., come nuova notizia di reato.

Riteneva inoltre il P.M. di non dover dare avviso alla presidente C. ex art. 408 c.p.p., comma 2, ancorchè questa avesse formalmente domandato di essere avvisata della richiesta di archiviazione, sia perchè l'istanza del 05/05/2004 in realtà era - appunto - finalizzata solo alla riapertura delle indagini ex art. 414 c.p., sia perchè l'ente di protezione degli animali non poteva qualificarsi come persona offesa dal reato e non era neppure legittimata a costituirsi parte civile.

Il G.I.P. del Tribunale, con provvedimento dell'11/01/2005, condividendo integralmente la argomentazioni del P.M., disponeva l'archiviazione del procedimento.

2 - Il difensore della C., nella suddetta qualità, ha proposto ricorso per Cassazione, chiedendo l'annui lamento del provvedimento per violazione dell'art. 408 c.p.p., comma 2..

Sostiene che trattasi di un provvedimento abnorme, perchè non ha rispettato il diritto della persona offesa di essere avvisata della richiesta di archiviazione a norma di legge.

Precisa che in base alla giurisprudenza corrente l'ANPA, anche indipendentemente dall'applicazione dell'art. 91 c.p.p., doveva essere considerata parte offesa, in quanto statutariamente portatrice di interessi lesi dal reato previsto dall'ari 726 c.p..

3 - Il Procuratore Generale in sede ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

Nella sua requisitoria scritta osserva che il provvedimento impugnato non era in realtà un decreto di archiviazione e quindi si sottraeva alla disciplina prevista dagli artt. 408 e 410 c.p.p.. Infatti gli adempimenti amministrativi (nella specie, l'iscrizione di un nuovo procedimento penale) non possono modificare il contenuto giurisdizionale degli atti (nella specie l'istanza di riapertura delle indagini), con la conseguenza che la richiesta di archiviazione formulata dal P.M. in ragione di quella nuova registrazione equivaleva in realtà alla decisione di non accogliere la sollecitazione a formulare richiesta di riapertura delle indagini, che a lui solo spettava ex art. 414 c.p.p..

4 - Con memoria depositata in cancelleria il 13/03/2006 ai sensi dell'art. 121 c.p.p., il difensore di N.E., indagato nel procedimento de qua, argomenta ulteriormente per l'inammissibilità del ricorso.

Sostiene che, per il principio di tassatività delle impugnazioni, se è possibile ricorrere contro il provvedimento di archiviazione ex art. 406 c.p.p., comma 6, non è possibile impugnare il diniego di riapertura delle indagini dopo la precedente archiviazione. Spetta solo al Pubblico Ministero, anche dietro sollecitazione dell'interessato, formulare al G.I.P. richiesta per la riapertura delle indagini.

Con un secondo motivo sostiene che non è possibile riesaminare in sede di legittimità la valutazione negativa che il Giudice di merito ha operato circa i concreti presupposti di applicazione dell'art. 91 c.p.p., relativamente all'ente esponenziale di interessi collettivi.

5 Ad avviso del collegio, il ricorso è fondato e merita accoglimento.

Non può negarsi che l'istanza presentata il 05/05/2004 dalla presidente C., nonostante sollecitasse formalmente una riapertura delle indagini già concluse con l'archiviazione, era in sostanza fondata su un "l'atto nuovo" rispetto a quelli per cui era intervenuto il Decreto di archiviazione, e cioè la morte di un cane meticcio "in circostanze non chiare".

Proprio perchè il Giudice aveva già disposto l'archiviazione delle indagini precedenti, sicuramente l'istanza non costituiva esercizio di quel potere che l'art. 410 c.p., attribuisce alla persona offesa di opporsi alla richiesta di archiviazione chiedendo la prosecuzione delle indagini.

Risponde quindi al contenuto reale della predetta istanza-denunzia sia la scelta (amministrativa) dell'ufficio del Pubblico Ministero di iscrivere la nuova notizia di reato nel registro di cui all'art. 335 c.p.p., sia la successiva scelta (giudiziaria) del sostituto procuratore della Repubblica di chiedere l'archiviazione del procedimento ex art. 408 c.p.p., anzichè di respingere la sollecitazione a richiedere la riapertura delle indagini ex art. 414 c.p.p..

Per conseguenza, però, il Pubblico Ministero doveva preventivamente notificare la richiesta di archiviazione alla C., quale presidente dell'ANPA, che aveva chiesto di essere a tal uopo avvisata, ai sensi dell'art. 408 c.p.p., comma 2. 6 - Non può infatti condividersi la tesi dello stesso P.M., poi accolta dal Giudice, secondo cui l'ente di protezione degli animali non solo non poteva costituirsi parte civile, ma neppure poteva qualificarsi come persona offesa dal reato, e quindi non era legittimato ad opporsi alla richiesta di archiviazione e a chiedere di essere preventivamente avvisato al riguardo.

In materia di legittimazione degli enti esponenziali di interessi collettivi a esercitare le facoltà processuali della persona offesa è recentemente intervenuta la L. 20 luglio 2004, n. 189, la quale - oltre a introdurre nel titolo 9 bis c.p., i delitti contro il sentimento per gli animali e a modificare la contravvenzione di cui all'art. 727 c.p. - con l'art. 7 ha stabilito che "ai sensi dell'art. 91 c.p.p., le associazioni e gli enti di cui all'art. 19 quater disp. trans., perseguono finalità di tutela degli interessi lesi dai reati previsti dalla presente legge".

L'art. 19 quater disp. trans., introdotto dall'art. 3 della stessa legge, prevede che agli enti o alle associazioni di protezione degli animali individuati con decreto del Ministro della Salute, di concerto con il Ministro dell'interno, siano affidati gli animali sequestrati o confiscati.

Infine l'art. 91 c.p.p., com'è noto - stabilisce che "gli enti e le associazioni senza scopo di lucro ai quali, anteriormente alla commissione del fatto per cui si procede, sono state riconosciute, in forza di legge, finalità di tutela degli interessi lesi dal reato, possono esercitare, in ogni stato e grado del procedimento, i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa dal reato".

Si configura quindi un sistema in cui gli enti di protezione degli animali individuati con decreto ministeriale sono considerati per legge soggetti offesi dai reati previsti dalla L. n. 189 del 2004, e cioè dai delitti contro il sentimento degli animali (artt. 544 bis - 544 quinquies c.p.) e dalla contravvenzione prevista dal nuovo art. 727 c.p..

A tutt'oggi peraltro il Decreto Ministeriale previsto dal predetto art. 19 quater non è stato ancora emanato, sicchè non è possibile identificare ex lege gli enti collettivi offesi dai reati suddetti.

7 - Ciò però non esclude che un'associazione di protezione degli animali possa essere qualificata come "persona offesa" dal reato in base ai principi generali e al disposto dell'art. 90 c.p.p., e possa per conseguenza essere legittimata a chiedere di essere avvisata della richiesta di archiviazione ai sensi dell'art. 408 c.p.p., comma 2.

Invero, se la persona offesa dal reato è - per unanime approdo di dottrina e giurisprudenza - il soggetto titolare del bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice, non può dubitarsi che un'associazione statutariamente deputata alla protezione degli animali sia portatrice degli interessi penalmente tutelati dai reati di cui agli artt. 544 bis, 544 ter, 544 quater, 544 quinquies e 727 c.p..

Si deve quindi concludere che, anche indipendentemente dall'applicazione dell'art. 91 c.p.p., un'associazione che abbia come scopo statutario la tutela degli animali è legittimata a chiedere di essere avvisata ex art. 408 c.p.p., comma 2, della richiesta di archiviazione per i suddetti reati, in quanto soggetto offeso dai reati stessi.

Ne deriva per il caso di specie la nullità dell'impugnato provvedimento di archiviazione, che essendo stato emanato senza previo avviso alla persona offesa che l'aveva richiesto, ha violato il diritto processuale di intervento della ricorrente C., nella qualità di rappresentante legale dell'ANPA, ai sensi dell'art. 127 c.p.p., comma 5, art. 409 c.p.p., comma 6, così come interpretati e modificati dalla sent. 353/1991 della Corte Costituzionale.

Gli atti vanno restituiti al Pubblico Ministero competente per l'esercizio delle facoltà spettategli secondo legge.
P.Q.M.

la Corte Suprema di Cassazione annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone la trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica di Alba.

Così deciso in Roma, il 12 maggio 2006.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2006

Nessun commento: