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ORDINANZA N. 46
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giovanni Maria FLICK Presidente
- Francesco AMIRANTE Giudice
- Ugo DE SIERVO “
- Romano VACCARELLA “
- Alfio FINOCCHIARO “
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 204-bis, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotto dall’art. 4, comma 1-septies,
del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al
codice della strada), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma
1, della legge 1° agosto 2003, n. 214, promosso con ordinanza del 20
giugno 2005 dal Giudice di pace di Gorizia nel procedimento civile
vertente tra ...OMISSIS.... ...OMISSIS.... ed il Prefetto di Gorizia,
iscritta al n. 137 del registro ordinanza 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell’anno 2006.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 24 gennaio 2007 il Giudice relatore Franco Gallo.
Ritenuto
che il Giudice di pace di Gorizia, con ordinanza del 20 giugno 2005,
emessa nel corso di un procedimento di opposizione ad un verbale di
contestazione di violazioni del codice della strada, ha sollevato, in
riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di
legittimità costituzionale dell’art. 204-bis, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotto dall’art. 4, comma 1-septies,
del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al
codice della strada), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma
1, della legge 1° agosto 2003, n. 214, «nella parte in cui, a pena di
inammissibilità, prevede che il ricorso al giudice di pace competente
per territorio può essere proposto dal trasgressore o dagli altri
soggetti indicati nell’art. 196, qualora non sia stato effettuato il
pagamento in misura ridotta nei casi in cui è consentito»;
che,
quanto alla non manifesta infondatezza, il rimettente rileva che la
censurata disposizione, non consentendo al destinatario del verbale di
contestazione, nel caso in cui abbia effettuato il predetto pagamento in
misura ridotta, di proporre il ricorso giurisdizionale, contrasterebbe
con l’art. 3 Cost., perché determinerebbe una ingiustificata disparità
di trattamento tra detto destinatario ed i soggetti che, pur avendo
pagato la sanzione amministrativa irrogata con ordinanza-ingiunzione,
possono proporre ricorso al giudice di pace;
che infatti, sottolinea il giudice a quo,
il pagamento in misura ridotta non costituisce acquiescenza al verbale
di contestazione, perché diretto esclusivamente ad impedire che tale
verbale acquisti efficacia di titolo esecutivo;
che
la censurata disposizione violerebbe anche l’art. 24 Cost., perché
impedirebbe a chi ha effettuato il pagamento in misura ridotta di agire
in giudizio;
che, quanto alla rilevanza, il giudice a quo osserva che l’opposizione dovrebbe essere dichiarata inammissibile, ai sensi del denunciato art. 204-bis,
comma 1, del codice della strada, perché, nella specie, il ricorrente
ha effettuato il pagamento in misura ridotta della sanzione
amministrativa pecuniaria indicata nel verbale di contestazione;
che
è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha
chiesto che la questione sia dichiarata manifestamente infondata,
perché su di essa la Corte costituzionale si è già pronunciata nel senso
della non fondatezza con la sentenza n. 468 del 2005.
Considerato che il Giudice di pace di Gorizia dubita, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, della legittimità dell’art. 204-bis, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotto dall’art. 4, comma 1-septies,
del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al
codice della strada), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma
1, della legge 1° agosto 2003, n. 214, nella parte in cui prevede che il
ricorso al giudice di pace, in opposizione al verbale di contestazione
di violazione del codice della strada, non può essere proposto dal
trasgressore o dagli altri soggetti indicati nell’art. 196 dello stesso
codice, qualora sia stato effettuato, se consentito, il pagamento in
misura ridotta, e cioè pari al minimo edittale della sanzione prevista
per l’infrazione;
che, ad avviso del
rimettente, la disposizione censurata determinerebbe una ingiustificata
disparità di trattamento tra la posizione di chi, destinatario del
suddetto verbale di contestazione, paghi la sanzione in misura ridotta e
quella di chi, destinatario di un’ordinanza-ingiunzione per violazioni
del codice della strada, effettui il pagamento della sanzione pecuniaria
inflitta;
che, sottolinea il giudice di
pace, solo nel primo caso e non nel secondo il pagamento della sanzione
pecuniaria preclude la proposizione del ricorso giurisdizionale;
che,
inoltre, la medesima disposizione violerebbe l’art. 24 Cost., perché
impedirebbe di agire in giudizio a chi ha effettuato il pagamento in
misura ridotta;
che questione analoga a quella sollevata dal rimettente è stata già dichiarata non fondata da questa Corte con la sentenza n. 468 del 2005;
che
con tale pronuncia si è escluso che la censurata disposizione violi
l’art. 3 Cost., perché il pagamento in misura ridotta è un beneficio
«offerto al contravventore in funzione deflattiva dei procedimenti
contenziosi, sia amministrativi che giurisdizionali, alla pari di
analoghi istituti presenti in altre discipline processuali», con la
conseguenza che «la situazione di chi non si avvale del rimedio del
gravame per lucrare il beneficio» – consentendo alla norma di
raggiungere il suo effetto deflativo consistente nell’impedire
l’insorgere di qualsiasi contenzioso avverso il verbale di contestazione
– non può essere posta a raffronto con quella di chi, invece, «si
avvale del rimedio»;
che non può indurre
a conclusioni diverse l’osservazione del rimettente, secondo cui il
pagamento in misura ridotta non costituisce acquiescenza al verbale di
contestazione della violazione, perché tale pagamento sarebbe diretto
esclusivamente ad impedire che detto verbale acquisti efficacia di
titolo esecutivo;
che infatti, nel caso
di pagamento in misura ridotta, l’interessato manifesta proprio la
volontà di prestare acquiescenza all’accertamento della responsabilità
per le violazioni contestate (come affermato dal diritto vivente e, in
particolare, dalle sentenze della Corte di cassazione n. 3735 del 2004 e
n. 2862 del 2005) e, quindi, di non impugnare il verbale, restando
irrilevante che a ciò si sia eventualmente indotto al fine di impedire
che il verbale di contestazione acquisti efficacia di titolo esecutivo
«per una somma pari alla metà del massimo della sanzione amministrativa
edittale e per le spese del procedimento» (art. 203, comma 3, del codice
della strada);
che
diverso è il caso del pagamento a séguito di ordinanza-ingiunzione,
perché l’interessato, in quest’ultima ipotesi, ha già instaurato un
contenzioso amministrativo che riguarda proprio il verbale di
contestazione, con ciò dimostrando la volontà di non fruire del
beneficio e di accettare il rischio che tale procedimento possa
concludersi con un’ordinanza-ingiunzione di pagamento di una somma non
inferiore al doppio del minimo edittale per ogni singola violazione
contestata (art. 204, comma 1, del codice della strada);
che,
pertanto, la scelta del legislatore di attribuire l’effetto di
precludere il ricorso giurisdizionale solo al pagamento in misura
ridotta, e non anche al pagamento della sanzione inflitta con
l’ordinanza-ingiunzione, si giustifica per il fatto che la suddetta
finalità deflativa può essere compiutamente realizzata soltanto nella
prima ipotesi e non nella seconda, nella quale non è stata prestata
acquiescenza ed anzi è già stato instaurato un contenzioso;
che la medesima sentenza n. 468 del 2005
ha escluso la denunciata violazione dell’art. 24 Cost. sulla base del
rilievo che «la scelta tra pagare in misura ridotta (e cioè la somma
pari al minimo edittale della sanzione pecuniaria prevista per
l’infrazione) ed impugnare invece il verbale» costituisce il risultato
«di una libera determinazione dell’interessato, il quale non subisce
condizionamenti di sorta», in quanto, «qualora opti per l’esercizio del
diritto di azione, non per questo è destinato, necessariamente, a subire
un aggravamento della sanzione pecuniaria»;
che,
dunque, poiché il rimettente non prospetta profili diversi da quelli
già presi in esame o comunque tali da indurre questa Corte a modificare
il precedente orientamento, la questione deve essere dichiarata
manifestamente infondata.
Visti
gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9,
comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale.
Per questi motivi
La Corte costituzionale
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 204-bis, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotto dall’art. 4, comma 1-septies,
del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al
codice della strada), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma
1, della legge 1° agosto 2003, n. 214, sollevata, in riferimento agli
artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Giudice di pace di Gorizia con
l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 febbraio 2007.
F.to:
Giovanni Maria FLICK, Presidente
Franco GALLO, Redattore
Depositata in Cancelleria il 20 febbraio 2007.
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