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martedì 7 maggio 2013

TAR: Favoreggiamento della prostituzione: l'assoluzione non esclude la destituzione ispettore di polizia




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     REPUBBLICA ITALIANA
     In nome del popolo italiano
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio - Sezione Prima Ter - ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 15284/2001, proposto da ...OMISSIS.... ...OMISSIS.... ...OMISSIS...., rappresentato e difeso inizialmente dall’avv. Filippo Maria Airaudo e poi dall’avv. Francesco Saulle, presso lo studio del secondo elettivamente domiciliato in Roma, Viale delle Medaglie d’Oro n. 157;
contro
il Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato; 
per l'annullamento
del decreto di destituzione 6 agosto 2001 del Capo della Polizia;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti depositati dall’Amministrazione;
Vista l’ordinanza 24 gennaio 2002 n. 617, di rigetto della domanda di sospensiva;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Udito alla pubblica udienza dell’8 marzo 2007 il magistrato relatore Luigi Tosti e uditi altresì  l’avv. Saulle per il ricorrente e l’avvocato dello Stato Varrone;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue;
FATTO
Con ricorso depositato in data 22 dicembre 2001 il Sig. ...OMISSIS...., già ispettore della Polizia di Stato, chiede l’annullamento del decreto 6 agosto 2001, con il quale il Capo della Polizia gli ha inflitto la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio a decorrere dal 16 novembre 1997, su proposta del Consiglio provinciale di disciplina presso la Questura di Catania.
Premette in fatto il ricorrente di essere stato coinvolto con altre persone in una vicenda giudiziaria che si è conclusa, nei suoi confronti, con sentenza del Tribunale di Rimini di assoluzione dal reato di favoreggiamento della prostituzione.
Il conseguente procedimento disciplinare veniva avviato con atto di contestazione di addebiti del 12 marzo 2001, e concluso con l’avversato decreto espulsivo, del quale si chiede l’annullamento per i seguenti motivi:
Violazione e falsa applicazione dell’art. 19 del D.P.R. 25 ottobre 1981 n. 737. Eccesso di potere per violazione del diritto di difesa.
L’atto di contestazione degli addebiti è viziato per genericità ed indeterminatezza, in quanto descrittivo dei fatti esaminati dal giudice penale senza tenere conto del proscioglimento del dipendente.
Eccesso di potere per contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, riferita ad eventi non contestati in modo specifico.
Violazione e falsa applicazione dell’art. 653 C.P.P.  Eccesso di potere per contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
La sanzione, in violazione del principio enunciato dall’articolo 653 CPP, è stata determinata dall’addebito di presunte colpe (sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione) ritenute insussistenti nella sede penale.
Eccesso di potere per travisamento ed errata interpretazione del fatto (in relazione all’addebito di avere commissionato e seguito i lavori di ristrutturazione di un immobile di proprietà della moglie da adibire ad attività illecite).
Violazione dell’art. 653 C.P.P Violazione dell’art. 3 della Costituzione. Difetto assoluto di istruttoria. Ingiustizia manifesta.
In presenza di sentenza penale di assoluzione l’Amministrazione doveva svolgere propri, autonomi accertamenti sui fatti addebitati.
Violazione e falsa applicazione degli artt. da 1 a 7 del D.P.R. 26 ottobre 1981 n. 737, Difetto di correlazione tra addebiti e sanzione. Violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione. Eccesso di potere per abnormità dell’iter istruttorio. Difetto assoluto di motivazione.
Il funzionario istruttore, nell’atto di contestazione, ha illegittimamente preannunciato la sanzione da infliggere. Nel successivo iter del procedimento l’Amministrazione ha sostanzialmente  stravolto i contenuti di una sentenza di assoluzione, dalla quale non emergeva alcun elemento di colpevolezza.
Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 ultimo comma del D.P.R. n. 737. in quanto il decreto espulsivo è stato notificato oltre il termine di legge.
Alla Camera di Consiglio del 24 gennaio 2002 questa Sezione respingeva la domanda di sospensiva; il relativo appello è stato respinto (IV Sezione n. 2430/2002).
L’Amministrazione, in data 22 gennaio 2002, ha depositato un fascicolo di documenti.
Alla pubblica udienza dell’8 marzo 2007 la causa è passata in decisione.
DIRITTO
Il ricorso non è fondato.
I numerosi profili di illegittimità dedotti poggiano tutti in definitiva sulla presunta insussistenza di elementi di colpevolezza, rilevanti ai fini disciplinari, ulteriori rispetto agli addebiti dai quali il ricorrente è stato prosciolto nella sede penale.
La tesi non può essere condivisa.
Non sussiste, in primo luogo, la denunciata violazione dell’articolo 19 del D.P.R. 25 ottobre 1981 n. 737 per genericità ed indeterminatezza della contestazione di addebiti, che sarebbe stata mutuata “in maniera pressoché pedissequa” da fatti e circostanze esaminati dal giudice penale con la motivazione della sentenza assolutoria.
L’atto di contestazione appare invece attentamente ed esaurientemente redatto con l’enunciazione delle condotte rilevanti ai fini disciplinari (diretto coinvolgimento  nelle trattativa per locare la casa di proprietà della moglie a fini illeciti e nell’effettuazione dei relativi lavori di ristrutturazione; frequentazione assidua di un pregiudicato). Le deduzioni del ricorrente quindi non toccano tanto i contenuti nell’atto di contestazione, quanto piuttosto la valorizzazione dei fatti ai fini disciplinari.
Con il secondo motivo è dedotta la mancata corrispondenza delle motivazioni della sanzione espulsiva con i comportamenti contestati dal funzionario istruttore, in particolare per quanto riguarda l’avere accompagnato il suddetto pregiudicato presso una stazione di carabinieri per denunciare lo smarrimento dei passaporti di alcune nigeriane dedite alla prostituzione.
La censura non merita accoglimento, posto che l’atto di contestazione di addebiti si riferiva, tra l’altro, all’episodio della partecipazione dell’incolpato alla denuncia di smarrimento dei passaporti da parte di nigeriane al fine di ottenere indebitamente la regolarizzazione della loro presenza sul territorio italiano; il comportamento censurato quindi non rappresenta una novità rispetto alla contestazione, ma costituisce specificazione della stessa, sulla base degli approfondimenti svolti nelle fasi successive dell’inchiesta.
Neppure sussiste la violazione dell’articolo 653 C.P.P. dedotta con il terzo motivo di ricorso, in quanto la condotta addebitata al ricorrente nella sede disciplinare non tocca i profili di responsabilità penale per il quale lo stesso è stato assolto, quanto piuttosto comportamenti ritenuti decisamente incompatibili con lo status di agente dell’Ordine.
Il ricorrente non nega di avere accompagnato il Barbato presso la stazione dei carabinieri di Sant’Arcangelo di Romagna per effettuare le false denuncie; non nega di avere una assidua frequentazione con quel soggetto; di essersi interessato della ristrutturazione non autorizzata di un immobile di proprietà della moglie per adibirlo ad abitazione di straniere irregolarmente presenti in Italia e dedite ad attività immorali; di non essersi comunque attivato per impedire che la moglie convivente si astenesse dall’intrattenere rapporti di affari con pregiudicati dediti allo sfruttamento della prostituzione.
L’esame degli atti, pur nella complessità della vicenda, dimostra che i comportamenti addebitati ben possono giustificare la rimozione dalle delicate mansioni di ispettore della Polizia di Stato di un dipendente il quale (al di là del favorevole esito del processo in cui è stato coinvolto). ha comunque posto in essere contegni non compatibili con l’esercizio delle funzioni  di polizia.
Giova al riguardo rammentare la consolidata tradizione giurisprudenziale che affida alla valutazione discrezionale dell’Amministrazione il giudizio in ordine alla gravità dei fatti ed alla loro obiettiva incidenza sul prestigio dell’istituzione cui il dipendente appartiene; siffatta valutazione, se non palesemente illogica o arbitraria, non può formare oggetto di sindacato del giudice, al quale non è consentito, in sede di verifica di legittimità, di sostituire proprie considerazioni a quelle dell’Autorità amministrativa.
In realtà il ricorrente non sembra cogliere la differenza tra il giudizio  disciplinare e quello penale, e la possibilità che fatti penalmente irrilevanti abbiano invece un determinante peso sul piano amministrativo.
Non sussistono quindi i denunciati vizi di travisamento dei fatti e di violazione dell’articolo 653 C.P.P. (terzo e quarto motivo) perché le condotte poste in essere dal ...OMISSIS.... (anche se non sanzionate del giudice penale per mancanza di sicuri elementi di colpevolezza, ai sensi dell’articolo 530 secondo comma C.P.P.) hanno determinato un’evidente frattura nella fiducia dell’Amministrazione di pubblica sicurezza nei riguardi di un proprio appartenente così giustificando la scelta di porre fine al rapporto di lavoro.
Deduce poi il ricorrente che il funzionario istruttore avrebbe illegittimamente proposto, nella sua relazione, la sanzione da infiggere.
La censura è infondata in fatto, essendosi l’istruttore, nella sua relazione conclusiva, limitato ad esporre l’attività svolta; è infondata in diritto, perché la norma di garanzia, contenuta nell’articolo 12 del d.P.R. 25 ottobre 1981 n. 737, riguarda il rapporto inoltrato dal superiore gerarchico (che non deve contenere alcuna proposta in ordine alla specie ed all’entità della sanzione) e non anche l’attività del funzionario istruttore (la cui nomina presuppone che il procedimento si svolga per infliggere una sanzione più grave della deplorazione).
La giurisprudenza amministrativa ha infatti ripetutamente affermato che "nell'inchiesta disciplinare, fermo restando che l'istruttore non ha alcuna competenza in ordine al giudizio di colpevolezza che spetta invece all'Organo decidente, il criterio di separazione (delle competenze) non può essere inteso in senso assoluto, essendo specifico compito del funzionario quello di inquadrare ai fini della contestazione formale il fatto addebitato nella previsione legale ed essendo correlativamente sua facoltà quella di formulare in proposito osservazioni in sede di relazione conclusiva" (Consiglio di Stato, IV Sezione, 14 aprile 2003 n. 193 e VI Sezione 14 dicembre 2005 n. 7100).
Neppure può fondatamente ritenersi che nel caso vi sia stato un illegittimo automatismo tra giudicato penale e sanzione espulsiva, perché gli atti del procedimento mostrano che gli Organi nello stesso intervenuti hanno autonomamente valutato la compatibilità delle condotte addebitate all’incolpato con lo stato di tutore dell’ordine pubblico, tenendo conto anche delle numerose sanzioni precedentemente riportate dall’interessato.
Le censure di eccesso di potere per illogicità ed ingiustizia attengono invece al merito della scelta operata dall’Amministrazione, senza toccare la legittimità del provvedimento espulsivo; le censure stesse, in realtà, sembrano rivolte ad ottenere da questo giudice una inammissibile decisione di merito, che si sostituisca alla valutazione dell’Amministrazione.
Quanto all’ultimo motivo di ricorso è sufficiente rammentare il costante orientamento della giurisprudenza, che ravvisa nel superamento del termine di dieci giorni per la comunicazione al destinatario del decreto sanzionatorio una mera irregolarità, che non comporta alcun effetto invalidante del provvedimento (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria 27 giugno 2006 n. 10).
Il ricorso deve essere di conseguenza respinto.
Si ravvisano tuttavia giusti motivi per compensare le spese di giudizio tra le parti..
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio - Sezione  Prima Ter- respinge il  ricorso  proposto come in epigrafe da ...OMISSIS.... ...OMISSIS.... ...OMISSIS.....
Compensa interamente le spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa
Così deciso a Roma, addì 8 marzo  2007, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei Magistrati:
Luigi            TOSTI                                  Presidente estensore
Salvatore      MEZZACAPO                     Consigliere
Maria Ada     RUSSO                                Primo referendario
                                                                                 













 

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