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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 1017/07Reg.Dec.
N. 2183 Reg.Ric.
ANNO 2006
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul
ricorso in appello n. 2183/2006 proposto dalla società AUTOSTRADE PER
L’ITALIA s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentata e difesa dall’avv. Antonio Grieco presso il quale è
elettivamente domiciliata in Roma, via Piemonte 39,
contro
il
Comune di AVELLINO, in persona del Sindaco p.t., costituitosi in
giudizio, rappresentato e difeso dall’avv. Alfredo Maggi con il quale è
elettivamente domiciliato in Roma, via Pavia 28, presso l’avv. Raffaele
Porpora,
e nei confronti
della
RIPARTIZIONE AMBIENTE e QUALITÀ, SERVIZIO ENERGIA e TUTELA AMBIENTALE
del Comune di AVELLINO, in persona del Dirigente p.t., non costituitosi
in giudizio,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sede di Napoli, Sezione VII, 20 gennaio 2006, n. 756;
visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune appellato;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti gli atti tutti di causa;
vista l’ordinanza della Sezione 4 aprile 2001, n. 1719;
relatore, alla pubblica udienza del 12 gennaio 2007, il Consigliere Paolo Buonvino;
udito l’avv. Lirosi, per delega dell’avv. Grieco, per l’appellante e l’avv. Maggi per il Comune appellato.
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
F A T T O e D I R I T T O
1)
- Con il ricorso di primo grado è stato chiesto, dall’odierna
appellante, l'annullamento della nota prot. n. 17973 del 4 maggio 2004,
con cui il Comune di Avellino – Servizio Energia – ha annullato
l’autorizzazione rilasciata il 14 gennaio 2004, prot. n. 507595/46836,
per la realizzazione di una stazione radio base presso l’area di
servizio Irpinia - Autostrada A16 - Km 44+120, carreggiata sud,
ordinando la rimozione di tutte le opere realizzate ed il ripristino
dell’originario stato dei luoghi; con il ricorso è stato anche chiesto
il risarcimento dei danni.
In
particolare, l’originaria ricorrente ed odierna appellante, come
ricordato dal TAR, aveva predisposto un progetto per la realizzazione di
una stazione radio base presso l’area di servizio Irpinia Autostrada
A16 Napoli Canosa, al fine di migliorare la qualità dei servizi di
sicurezza autostradale, assistenza al traffico e viabilità, soccorso
sanitario, assistenza meccanica e informativa all’utenza e che aveva,
pertanto, chiesto ed ottenuto, dal Comune qui appellato,
l’autorizzazione per la realizzazione della predetta stazione radio
base; tuttavia il Comune stesso, successivamente, emetteva l’atto
impugnato.
La medesima originaria ricorrente ha impugnato, quindi, tale provvedimento, avendolo ritenuto illegittimo.
Il
TAR, respinta l’eccezione, opposta dal Comune, di carenza di
legittimazione attiva in capo alla ricorrente, atteso che quest’ultima
ha chiesto l’autorizzazione assieme alla TIM e solo per errore materiale
del Comune l’autorizzazione in parola è stata rilasciata alla sola TIM,
ha ritenuto infondato il primo motivo di ricorso in quanto, nel
procedimento in questione, iniziato su richiesta della stessa
ricorrente, l’Amministrazione non era obbligata a comunicarne l’avvio ai
sensi dell’art. 7 l. n. 241/90.
Ha,
poi, ritenuto il provvedimento del Comune correttamente motivato in
riferimento alla prescrizione regolamentare (art. 2 del Regolamento
comunale per l’installazione dei dispositivi di telecomunicazione fissa,
non impugnato dalla ricorrente) in forza della quale non era consentito
istallare impianti di telefonia mobile a distanza inferiore a 50 metri
rispetto ad un parco giochi per bambini.
I
primi giudici hanno, poi, disatteso l’interpretazione proposta dalla
ricorrente, secondo cui l’antenna si sarebbe trovata a distanza
regolamentare, sia perché il cortile non sarebbe stato una pertinenza
dell’asilo nido, sia perché la norma regolamentare prescriveva il
rispetto di una distanza minima di 50 metri dal perimetro esterno degli
edifici, senza nulla precisare relativamente alle pertinenze; una tale
interpretazione, infatti, è apparsa eccessivamente formalistica e tale
da vanificare la finalità della norma (garantire una tutela minima per i
bambini che frequentano la scuola o l’asilo nido).
Per l’effetto, il TAR ha respinto il ricorso, nonché la connessa domanda risarcitoria.
2)
– Per la società appellante la sentenza sarebbe erronea in quanto
avrebbe finito per estendere anche alle pertinenze il limite di 50 metri
minimi di distanza espressamente fissato, invece, dal citato art. 2 del
predetto Regolamento comunale, con riguardo “al perimetro esterno degli
edifici” adibiti, tra l’altro, ad asili nido e scuole materne; tale
interpretazione della norma sarebbe, invero, del tutto erronea in quanto
ne giustificherebbe un’applicazione talmente estensiva da travalicare
le intenzioni stesse espresse dalla disciplina regolamentare comunale;
se questa avesse voluto comprendere nel predetto limite di distanza
anche le pertinenze degli edifici come sopra individuati, lo avrebbe
fatto fornendo, in tal senso, una precisa indicazione.
L’interpretazione
della norma offerta dal TAR (che aprirebbe la strada ad inevitabili
incertezze interpretative sia da parte dell’amministrazione che degli
amministrati chiamati ad applicarla) non sarebbe condivisibile, poi, non
solo in quanto l’estensione, non prevista dalla norma, alle aree
pertinenziali lascerebbe del tutto indeterminata la reale consistenza
del limite in parola (le pertinenze potendosi estendere ben oltre il
perimetro esterno degli edifici), ma anche in quanto, di fatto, per ciò
che specificamente attiene alla presente fattispecie, l’area
pertinenziale presa in considerazione farebbe capo al condominio in cui
si colloca l’asilo nido e non direttamente a quest’ultimo, donde,
comunque, l’erroneità del rilevamento delle distanze operato dal Comune.
Secondo
l’appellante il TAR avrebbe, poi, errato anche nel non considerare che
la disciplina regolamentare comunale si sarebbe posta in manifesta
violazione con i principi comunitari e nazionali disciplinanti la
materia, nonché in ordine al riparto di competenze tra Stato, Regioni ed
Enti locali, non essendo, in particolare, demandati a questi ultimi
compiti inerenti la fissazione dei limiti alle esposizioni
elettromagnetiche; e non sarebbe vero, inoltre, che sarebbe mancata, da
parte della deducente, l’impugnativa specifica della norma regolamentare
di cui si tratta in quanto, contrariamente a quanto rilevato dal TAR,
un’impugnativa siffatta sarebbe agevolmente rinvenibile nel ricorso di
primo grado.
L’appellante
contesta, infine, il rigetto, da parte del TAR, della censura
concernente la violazione della disciplina di cui alla legge n.
241/1990; in proposito assume, in particolare, che i primi giudici
avrebbero travisato il contenuto stesso della censura in quanto – a
parte che non sarebbe vero che si verteva in ordine a procedimento ad
iniziativa di parte – essenzialmente sarebbe stata dedotta, in primo
grado, una doglianza volta a lamentare il fatto che la brevità dei
termini entro i quali la P.A. ha provveduto ad emettere l’ordine di
sospensione dei lavori (due soli giorni dopo la comunicazione di avvio
del procedimento) avrebbe, di fatto, impedito alla stessa
amministrazione di acquisire piena conoscenza dei fatti e degli
interessi coinvolti.
3)
– Si è costituito in giudizio il Comune di Avellino che insiste per il
rigetto dell’appello e la conferma della sentenza appellata.
Con ordinanza 4 aprile 2001, n. 1719, la Sezione ha respinto l’istanza cautelare di sospensione della sentenza impugnata.
Con memorie conclusionali le parti ribadiscono i rispettivi assunti difensivi.
4) – L’appello (a parte ciò che potrebbe dirsi in merito alla tempestività dell’originario gravame) è infondato nel merito.
Quanto,
invero, alla censura volta a contestare la sentenza appellata nella
parte in cui ha ritenuto correttamente applicata, nella specie, la
predetta disciplina regolamentare, la stessa appare infondata.
La
norma regolamentare in questione così recita: “non sono comunque
autorizzabili o esercibili gli impianti posti a meno di cinquanta metri,
misurati in proiezione orizzontale dal baricentro del sistema di
antenne al perimetro esterno di edifici adibiti a: asili nido e scuole
materne….”.
Ebbene,
non solo il riferimento al perimetro esterno anzidetto va rapportato,
logicamente, anche a quegli spazi, immediatamente contigui ai detti
edifici, in cui viene pure normalmente svolta l’attività propria di
detti istituti che, altrimenti, verrebbe svuotata di ogni efficacia di
tutela di situazioni particolarmente sensibili propria della norma in
esame (della cui legittimità, per i motivi che si diranno, non è qui
dato discutere), volta ad escludere che i campi elettromagnetici
sprigionati dalle apparecchiature di cui si tratta possano investire in
modo costante i giovanissimi che svolgano all’aperto la normale attività
ludica, trattandosi di soggetti maggiormente esposti in quanto neppure
protetti dalle strutture murarie.
Quanto
al fatto che l’area pertinenziale in cui l’attività viene svolta
farebbe capo al condominio e non all’istituto educativo in questione,
si tratta di circostanza irrilevante, dal momento che ciò che rileva è
che l’istituto stesso sia legittimato a svolgere l’attività ludica
all’aperto su detta area, ad esso direttamente collegata e da esso
direttamente raggiungibile (la stessa perizia tecnica prodotta
dall’appellante a supporto dei propri assunti e depositata innanzi al
TAR il 21 dicembre 2005 parla, del resto, al riguardo, di “recinzione
delimitante la corte a servizio della ludoteca denominata Pianeta Bimbo”
confermando pienamente l’esistenza del rapporto pertinenziale diretto
anzidetto).
In
punto di fatto può anche soggiungersi, infine, stando alla stessa
perizia tecnica ora ricordata, che, dallo stralcio aerofotogrammetrico
prodotto, in scala 1/4000, è dato desumere non solo che la distanza del
contestato manufatto dalla predetta recinzione è (come affermato nella
stessa perizia), pari a mt. 24,50, ma anche – tenendo logicamente conto
della stessa scala appena indicata - che la distanza del manufatto
stesso dall’edificio in cui si colloca la ludoteca di cui si tratta è,
comunque, inferiore a mt. 50, dovendosi fare riferimento all’edificio in
cui si colloca l’asilo nido o la scuola materna e non alla parte di
edificio stesso riservato a tale istituto (parte che, del resto, nella
perizia non è neppure puntualmente individuata).
5)
– Parimenti infondata è la censura volta a contestare l’affermazione,
contenuta nella sentenza appellata, secondo cui non sarebbe stata
impugnata la norma regolamentare di cui si discute.
E,
invero, nessuna censura è stata svolta, in primo grado, avverso la
norma ora citata (solo qui contestata sia con riguardo alla disciplina
normativa di settore comunitaria che a quella interna); mentre del tutto
irrilevante è il generico richiamo (non seguito, come si ripete, da
alcuna puntuale doglianza) fatto, in ricorso, a tutti gli atti e/o
provvedimenti presupposti, connessi e consequenziali.
Per
completezza può, peraltro, anche rilevarsi, al riguardo, che la
potestà assegnata al Comune dall’art. 8, comma sesto, della legge 22
giugno 2001, n. 36, di regolamentare “il corretto insediamento
urbanistico e territoriale degli impianti e di minimizzare l’esposizione
della popolazione ai campi radioelettrici” può tradursi, a titolo
di esemplificazione, nell’introduzione, sotto il profilo urbanistico, di
regole a tutela di zone e beni di particolare pregio
paesaggistico/ambientale o storico/artistico ovvero, per ciò che
riguarda la minimizzazione dell’esposizione ai campi elettromagnetici,
nell’individuazione – come nella specie - di siti che per destinazione
d’uso e qualità degli utenti possano essere considerati sensibili alle
immissioni radioelettriche (cfr. tra le altre, la decisione della
Sezione 5 giugno 2006, n. 3332).
6) – Da rigettare, infine, è anche l’ultimo motivo d’appello.
È
vero che il Comune ha proceduto alla notificazione dell’ordine di
sospensione dei lavori solo due giorni dopo la comunicazione di avvio
del procedimento; tale determinazione costituisce, però, un
provvedimento d’urgenza volto ad impedire la prosecuzione immediata dei
lavori e la conseguente eventuale attivazione dell’impianto che –
nell’ottica comunale e giusta la locale disciplina regolamentare - si
sarebbe posto in contrasto con la citata norma sulle distanze volta a
tutelare interessi collettivi particolarmente sensibili; con la
conseguenza che correttamente il provvedimento stesso è stato emanato
nei predetti tempi brevi; ciò che rileva, peraltro, è che il
provvedimento definitivo, con il quale il procedimento – del cui avvio
era stata data rituale comunicazione – si è concluso, sia stato emanato
nel rispetto della tempistica indicata dalla disciplina sul procedimento
invocata dall’interessata; e poiché il provvedimento che ha concluso la
procedura in parola (n. 17973/3402 del 4 maggio 2004) è intervenuto
oltre un mese e mezzo dopo la comunicazione anzidetta e successivamente
all’acquisizione, da parte della P.A., dell’articolato avviso espresso
al riguardo dall’interessata medesima, nonché degli accertamenti in loco
relativi alle distanze, ne consegue la piena infondatezza della censura
in esame.
7) – Per tali motivi l’appello in epigrafe appare infondato e, per l’effetto, deve essere respinto.
Le spese del grado seguono, come di norma, la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, Sezione sesta, respinge l’appello in epigrafe.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese del grado che liquida, a favore del Comune di Avellino, nella complessiva somma di € 3.000,00(tremila/00).
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 12 gennaio 2007 con l’intervento dei sigg.ri:
Claudio VARRONE Presidente
Sabino LUCE Consigliere
Paolo BUONVINO Consigliere est.
Domenico CAFINI Consigliere
Aldo SCOLA Consigliere
Presidente
f.to Claudio Varrone
Consigliere Segretario
f.to Paolo Buonvino f.to Annamaria Ricci
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il...................03/03/2007..................
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
f.to Maria Rita Oliva
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)
Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa
al Ministero..............................................................................................
a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642
Il Direttore della Segreteria
N.R.G. 2183/2006
FF
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