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martedì 9 luglio 2013

Cassazione: Violazione di sigilli: non può essere motivo sufficiente per il diniego di porto d'armi Tale reato, precisano i giudici di piazza Capo di Ferro, non può giustificare un giudizio negativo circa l'abuso delle armi. Le ragioni del "no" devono valutare l'effettiva sussistenza e rilevanza dei presupposti della valutazione




REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.2589/2007
Reg.Dec.
N. 8418 Reg.Ric.
ANNO   2002
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello proposto da Ministero dell’interno in persona del Ministro pro-tempore rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato presso cui è ope legis domiciliato in Roma via dei Portoghesi 12
contro
...omissismsmvld.... ...omissismsmvld...., non costituito;
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania Sezione III n.2680  del 13 maggio 2002.
     Visto il ricorso con i relativi allegati;
     Visti gli atti tutti della causa;
     Alla pubblica udienza del 20 marzo 2007 relatore il Consigliere Luciano Barra Caracciolo.
     Udito l’avv. dello Stato Cesaroni; 
     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
     Con la sentenza in epigrafe il Tar della Campania ha accolto il ricorso  proposto da ...omissismsmvld.... ...omissismsmvld.... avverso il decreto del questore di Napoli in data 24 novembre 2000 che aveva rigettato la sua istanza per ottenere la licenza di porto di fucile da caccia.
     L’adito Tribunale premetteva che erano prive di fondamento le censure svolte con il primo ed il terzo motivo del ricorso. Il provvedimento impugnato concludeva un procedimento iniziato con la richiesta del ricorrente, rivolta ad ottenere la licenza di porto di fucile. Non v'era quindi alcun onere per l'amministrazione di avvisare l'interessato di un fatto che egli non poteva non conoscere, avendovi dato vita.
     Né avevano fondamento le censure, imperniate sulla violazione delle disposizioni, che stabiliscono i casi in cui la licenza deve essere negata, per l'esistenza di determinate condanne penali (art. 43, lett. a,b,c t.u.p.s.). Nel caso in esame, difatti, il decreto impugnato é stato emesso sul presupposto che ricorresse la diversa ipotesi, disciplinata dall'ultimo comma del citato art. 43 r.d. 18.6.1931 n.773, a norma del quale la licenza può essere ricusata, quando il richiedente non dia affidamento di non abusare dell'arma.
     Soltanto con il secondo motivo del ricorso il ricorrente, esattamente individuando la configurazione del potere posto a fondamento del decreto impugnato, ne censurava  il cattivo esercizio, assumendo che, dai fatti accertati nel caso di specie, non potesse logicamente pervenirsi ad un giudizio di non affidabilità circa l'uso dell'arma. Ed infatti, pur nei limiti di un sindacato di legittimità - che non può estendersi al merito delle valutazioni amministrative, ma deve soltanto accertarne la rispondenza a criteri logici, oltre che alla vigente normativa - il collegio rilevava una incongruenza logica fra le premesse ed il dispositivo del provvedimento. In effetti, l'unico addebito mosso al ricorrente si riduceva al reato di violazione di sigilli, e, per quanto censurabile potesse considerarsi, in tal caso, la condotta del reo, non si vedeva come essa potesse influire nel giudizio prognostico circa l'abuso dell'arma, richiesto dall'ultimo comma dell'art. 43 t.u. 18.6.1931 n.773.
     Appella l’Amministrazione deducendo che la licenza di porto d’armi può essere negata, oltre che per una serie di ipotesi quali la condanna per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, per violenza o resistenza all’autorità o per delitti contro la personalità dello Stato o contro l’ordine pubblico, anche nel caso in cui il richiedente sia stato condannato per “delitto diverso da quelli sopra menzionati” e, comunque, quando questi non dia “affidamento di non abusare delle armi” (art.43, u.c., R.D. 18 giugno 1931, n.773).
     Il Tar ha ritenuto che non ricorresse tale ultima ipotesi in relazione alla condanna inflitta al ricorrente per il reato di violazione di sigilli, ritenuto non tale da influire negativamente sul giudizio prognostico circa l’abuso delle armi.
     Ma, secondo la prevalente giurisprudenza, l’art.43 .c., attribuisce all’Autorità di p.s. “un potere generale e discrezionale di vietare la detenzione di armi e munizioni e di revocare le licenze, quando il titolare di esse sia ritenuto capace di abusarne”. Nel caso la Questura, nell’utilizzo del potere discrezionale in questione, ha evidenziato, nel diniego e nell’ambito degli atti difensivi di primo grado, come il ricorrente non sia un elemento capace di offrire le necessarie garanzie di sicurezza e affidabilità in materia di armi, ritenendo che la menzionata condanna rappresentasse “un fatto rilevante di una personalità incline a violare la legge”.
     Nessuno si è costituito per l’appellato.
DIRITTO
     L’appello è da respingere.
     Ed infatti, avuto riguardo alla stringata motivazione del provvedimento impugnato non può ritenersi che, come esattamente rilevato dal Tar, sotto il profilo logico, il reato di violazione di sigilli, unico addebito contestabile al ricorrente, possa risultare un presupposto univocamente e ragionevolmente fondante un giudizio prognostico negativo circa l’abuso delle armi ai sensi dell’art.43 del T.U di cui al R.D. 18 giugno 1931, n.773.
     L’esistenza in materia di un potere discrezionale dell’Amministrazione, infatti, non la esime dall’esternare le ragioni del proprio giudizio negativo in proposizioni dotate di sufficiente coerenza e consequenzialità logica, in particolare esternando la sussistenza e la rilevanza dei presupposti di fatto di tale valutazione in modo che appaiono adeguate e conseguenti le conclusioni assunte.
     Nulla va peraltro disposto in ordine alle spese, attesa la mancata costituzione di controparte.   
P.Q.M.
     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe, confermando la sentenza impugnata.                        
     Nulla per le spese di giudizio.
     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
     Così deciso in Roma, il 20.3.2007 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:
Claudio Varrone   Presidente
Paolo Buonvino   Consigliere
Luciano Barra Caracciolo  Consigliere Est.
Domenico Cafini   Consigliere
Roberto Chieppa   Consigliere
 
Presidente
CLAUDIO VARRONE
Consigliere       Segretario
LUCIANO BARRA CARACCIOLO   GLAUCO SIMONINI

 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 
il...22/05/2007
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
MARIA RITA OLIVA


 
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)
 
Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa
 
al Ministero..............................................................................................
 
a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642
 
                                    Il Direttore della Segreteria


N.R.G. 8418/2002


FF

 

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