Nuova pagina 1
Cass. civ. Sez. III, 21-09-2007, n. 19493
REPUBBLICA ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA
CIVILE 29128/2003
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI
NANNI Luigi Francesco - Presidente
Dott. TRIFONE Francesco - rel.
Consigliere
Dott. FILADORO Camillo - Consigliere
Dott. FINOCCHIARO
Mario - Consigliere
Dott. BISOGNI Giacinto - Consigliere
ha
pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
...omissismsmvld....-.
in proprio e quale esercente la potestà genitoriale sulla figlia minore
E. R.A., F.L., B.A., F.M., F.S., elettivamente domiciliati in ROMA VIA
EUSTACHIO MANFREDI 17, presso lo studio dell'avvocato PAOLA MORESCHINI,
difesi dagli avvocati SODA ANTONIO, GIUSEPPE BURSI, giusta delega in
atti;
- ricorrenti -
contro
UNIVERSO ASSIC SPA, C.A., RAS SPA, L.C.
G.;
- intimati -
e sul 2^ ricorso n. 28864/03 proposto da:
ITALIANA
ASSICURAZIONI SPA - in persona del legale rappresentante pro-
tempore -
, C.A., elettivamente domiciliati in ROMA VIA FABIO MASSIMO 60, presso
lo studio dell'avvocato ENRICO CAROLI, che li difende, giusta delega in
atti;
- controricorrenti a ricorrenti incidentali -
e contro
R.I., R.
A., F.L., B.A., F.M., F.S., L.C., RAS;
- intimati -
e sul 3^ ricorso
n. 29128/03 proposto da:
RAS - RIUNIONE ADRIATICA DI SICURTA' SPA, in
persona dei legali rappresentanti Dr. R.E. e ing. C.F., elettivamente
domiciliata in ROMA VIA PANAMA 88, presso lo studio dell'avvocato
GIORGIO SPADAFORA, che la difende, giusta delega in atti;
- ricorrente
incidentale -
e contro
R.I., R.A., F.L., B.A., F.M., F.S., UNIVERSO
ASSIC SPA, C. A., L.C.G.;
- intimati -
avverso la sentenza n. 976/03
della Corte d'Appello di BOLOGNA, seconda sezione civile, emessa il
30/05/03, depositata l'8/08/03, R.G. 756/00;
udita la relazione della
causa svolta nella pubblica udienza del 11/07/07 dal Consigliere Dott.
Francesco TRIFONE;
udito l'Avvocato Antonio SODA; udito l'Avvocato
Enrico CAROLI;
udito l'Avvocato Giorgio SPADAFORA;
udito il P.M., in
persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. APICE Umberto, che ha
concluso per l'accoglimento del primo, secondo e quarto motivo del
ricorso principale, rigettato il terzo e assorbito il quinto; rigetto
del ricorso incidentale ITALIANA ASSICURAZIONI SPA e C.A.; accoglimento
e/o assorbimento p.q.r. del ricorso incidentale RAS SPA.
--------------------------------------------------------------------------------
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
il giorno 28 luglio 1995
F.M., mentre percorreva alla guida della sua autovettura la strada
statale in località (OMISSIS), veniva tamponata da un autotreno
condotto da L.C.G.; era spinta nella carreggiata di sinistra; in essa
era investita dall'autoarticolato proveniente in senso opposto guidato
da C.A. e, in conseguenza dell'impatto, perdeva la vita.
Il marito R.
I., i figli minori A. ed R. E. (rappresentati dal padre), i genitori B.
A. e F.L. nonchè le sorelle S. e F.M. convenivano in giudizio L.C.G., C.
A. nonchè la società Lavoro e Sicurtà spa e la società Universo spa,
compagnie assicuratrici r.c.a. dei veicoli da essi rispettivamente
condotti, per ottenerne la condanna solidale al risarcimento dei danni
conseguenti alla morte della congiunta.
Assumevano che lo scontro si
era verificato quando la vittima aveva arrestato la marcia
dell'autovettura che guidava in attesa di immettersi in un'area privata
alla sua sinistra.
Il convenuto L.C.G. ed il suo assicuratore società
Lavoro e Sicurtà spa contrastavano la domanda e chiedevano che il
sinistro fosse attribuito alla responsabilità concorrente della vittima
e di C.A..
C.A. e la società Universo spa deducevano l'assenza
assoluta di fatti imputabili ad esso convenuto, al massimo potendo
configurarsi a suo carico la responsabilità presunta di cui all'art.
2054 c.c., comma 2.
L'adito tribunale di Reggio Emilia accoglieva le
domande di risarcimento, ritenuto che la responsabilità dell'incidente
andava attribuita ai convenuti L. e C. nella misura del 45% ciascuno ed
alla vittima in ragione del 10%.
Avverso la sentenza proponevano
separate impugnazioni la società Universo spa ed C.A. nonchè la società
R.A.S. spa (quale incorporante per fusione della società Lavoro &
Sicurtà spa) e L.C.G..
In entrambi i giudizi proponevano appello
incidentale anche gli attori in primo grado.
Sulle impugnazioni,
riunite in simultaneo processo, provvedeva la Corte d'appello di
Bologna con la sentenza pubblicata il giorno 8 agosto 2003, la quale,
in riforma delle statuizioni del tribunale, stabiliva che l'incidente
era da attribuire alla colpa concorrente di L.C.G., in ragione del 90%,
e della vittima, in ragione del restante 10% e, di conseguenza,
annullava la pronuncia di condanna a carico di C.A. e della società
Universo Assicurazioni spa; in accoglimento parziale dell'appello di
Carlo L.G. e della società R.A.S. spa determinava in diversa misura le
somme dovute ad ...omissismsmvld....ed ai minori A. ed R.E.; condannava, in solido,
gli attori in primo grado unitamente a L.C.G. ed alla società R.A.S.
spa alle spese del doppio grado del giudizio a favore di C.A. e della
società Universo Assicurazione spa; condannava gli stessi attori in
primo grado a pagare alla società R.A.S. spa e a L. C.G. le spese del
giudizio d'appello.
Per quel che ancora rileva in questa sede, i
giudici d'appello consideravano che:
- sulla scorta delle tracce di
frenata dell'autoarticolato e delle risultanze della perizia dinamica
del consulente tecnico d'ufficio, l'unico addebito emerso a carico di C.
A. (quello, cioè, di procedere ad una velocità superiore di 14
chilometri orari al limite massimo consentito) non era sufficiente a
fare ritenere provato il nesso di causalità tra la suddetta infrazione
ed il decesso della vittima, dato che l'evento si era verificato per
effetto dell'avvenuto tamponamento, di intensità tale da provocare alla
vittima danni di portata devastante;
- anche se non avevano trovato
conferma le affermazioni dei convenuti in giudizio circa una irregolare
condotta di colpa della vittima, la responsabilità della stessa nella
misura del 10% era da confermare nell'ambito della responsabilità
presunta riconosciuta dal giudice di primo grado;
- in ordine alla
richiesta del danno patrimoniale connesso alla perdita delle attività
domestiche svolte dalla defunta, andavano scisse quelle relative allo
svolgimento degli ordinari lavori casalinghi dalle altre relative alla
direzione ed alla programmazione di tali attività esecutive e delle
esigenze familiari in genere, e per nessuna di esse poteva riconoscersi
un danno risarcibile ai familiari superstiti;
-il danno morale andava
calcolato in base al parametro delle cd. tabelle in uso presso il
tribunale di Bologna e tenuto conto del fatto che le certificazioni
mediche prodotte dimostravano una sofferenza particolarmente intensa
dei vari familiari della defunta.
Per la cassazione della sentenza
hanno proposto ricorso principale R.I., A. ed R.E. (la seconda
rappresentata dal padre), B.A., F.L. nonchè S. e F.M., i quali hanno
affidato l'accoglimento dell'impugnazione a cinque motivi.
Hanno
resistito con controricorso la Società Italiana Assicurazioni spa
(nella quale si è trasformata la società Universo Assicurazioni spa) e
la società Riunione Adriatica di Sicurtà spa, le quali hanno proposto
impugnazione incidentale.
L'impugnazione incidentale della società
Riunione Adriatica di Sicurtà spa si basa su due motivi.
Il ricorso
incidentale della Società Italiana Assicurazioni spa contiene due
motivi e l'esame del secondo motivo è stato subordinato
all'accoglimento del ricorso principale.
Non hanno svolto difese gli
intimati L.G. ed C. A., dovendosi per quest'ultimo rilevare che lo
stesso, pure essendo indicato come resistente nel controricorso della
Società Italiana Assicurazioni spa, non ha rilasciato in detto
controricorso al difensore Avvocato Enrico Caroli, che, peraltro, ha
autenticato la sola sottoscrizione del legale rappresentante della
società.
Le parti hanno presentato memorie.
Motivi della decisione
I
ricorsi, impugnazioni distinte della medesima sentenza, sono riuniti
(art. 335 cod. proc. civ.).
Con il primo motivo d'impugnazione -
deducendo la violazione e la falsa applicazione delle norme di cui agli
artt. 2054, 2043, 2727 e 2729 c.c. nonchè l'omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione sul punto decisivo della sentenza relativo
all'affermazione della responsabilità concorrente della vittima F.M. -
i ricorrenti principali criticano la decisione di secondo grado nella
parte in cui i giudici dell'appello hanno ritenuto di potere affermare
la responsabilità concorrente della vittima in base alla presunzione di
cui al secondo comma dell'art. 2054 c.c. pure a fronte
dell'accertamento in concreto di gravissime responsabilità a carico di
L.G. ed C.A. e della specifica modalità del sinistro consistente nel
tamponamento e nella mancata dimostrazione che esso si fosse verificato
perchè la vittima avrebbe frenato all'improvviso per eseguire
repentinamente la manovra di svolta.
Con il secondo motivo - deducendo
l'omessa, insufficiente ed illogica motivazione su un punto decisivo
della controversia - i ricorrenti principali si dolgono del fatto che
il giudice di secondo grado ha escluso la responsabilità concorrente di
C.A. per mancanza del nesso causale tra il decesso della vittima e
l'impatto dell'autovettura dalla stessa guidata con l'automezzo
condotto dal C. sopraggiungente in senso inverso.
Con il terzo motivo
- deducendo la violazione e la falsa applicazione delle norme di cui
agli artt. 2056, 1223 e 1226 c.c. nonchè l'illogica e contraddittoria
motivazione su un punto decisivo della controversia - i ricorrenti
principali lamentano che dal danno risarcibile ai congiunti il giudice
del merito aveva escluso quello relativo al fatto che erano venute meno
le attività domestiche svolte dalla vittima in seno alla famiglia e
sostengono che le argomentazioni al riguardo adottate dalla Corte
territoriale non sarebbero coerenti ai principi affermati dal giudice
di legittimità secondo cui i danni suddetti vanno ravvisati nella
perdita o nella diminuzione di quei contributi patrimoniali o di quelle
utilità economiche che il soggetto venuto meno prematuramente avrebbe
apportato.
Con il quarto mezzo d'impugnazione - deducendo la
violazione e la falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 2059,
2056, 1223 e 1226 c.c. nonchè l'illogica e contraddittoria motivazione
su un punto decisivo della controversia - i ricorrenti principali
assumono che il danno morale sarebbe stato liquidato in maniera
insufficiente in base al semplice riferimento al dato tabellare, senza
procedere alla necessaria va-lutazione personalizzata delle medesime e
senza apprezzare in modo adeguato le effettive sofferenze patite dai
danneggiati in misura particolarmente intensa, secondo quello che aveva
evidenziato la relazione di consulenza tecnica d'ufficio, ed aggiungono
che le tabelle applicate, riferite all'anno 1999, erano state variate a
far tempo dal 1 gennaio 2000, onde la Corte felsinea avrebbe dovuto o
devalutare le tabelle dell'anno 2000 alla data della sentenza di primo
grado del 20 ottobre 1999 ovvero rivalutare, alla stessa data, le
tabelle dell'anno 1999.
Con il quinto mezzo d'impugnazione - deducendo
la violazione e la falsa applicazione della norma di cui all'art. 92 c.
p.c. nonchè l'omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo
della controversia - i ricorrenti principali denunciano che la Corte
del merito avrebbe dovuto compensare le spese del giudizio nel rapporto
tra essi attori in giudizio ed il convenuto C.A..
Con il primo motivo
del ricorso incidentale (R.G.N. 29128/2003) la società Riunione
Adriatica di Sicurtà spa - deducendo la violazione e la falsa
applicazione delle norme di cui agli art. 2043 e 2054 c.c. nonchè
l'omessa, insufficiente ed illogica motivazione su un punto decisivo
della controversia - essa pure lamenta che il giudice di secondo grado
ha escluso la responsabilità concorrente di C. A. per mancanza del
nesso causale tra il decesso della vittima e l'impatto dell'autovettura
dalla stessa guidata con l'automezzo condotto dal C. sopraggiungente in
senso inverso e sostiene che, contrariamente a quello che aveva
affermato il giudice del merito, il C. avrebbe avuto tutto il tempo per
arrestarsi ed evitare l'impatto con l'autovettura, non avrebbe fatto
tutto il possibile per evitare lo scontro ed avrebbe contribuito
eziologicamente all'evento di danno del decesso della vittima.
Con il
secondo motivo del ricorso incidentale, la società Riunione Adriatica
di Sicurtà spa - deducendo la violazione e la falsa applicazione delle
norme di cui agli artt. 112 e 336 c.p.c. in riferimento all'art. 360 c.
p.c., nn. 3 e 4 - denuncia che il giudice di secondo grado aveva omesso
di provvedere sulla sua domanda di restituzione di restituzione della
differenza tra quanto essa aveva corrisposto in esecuzione della
sentenza di primo grado e quanto era stato liquidato in appello.
Con
il terzo motivo del ricorso incidentale, la società Riunione Adriatica
di Sicurtà spa - deducendo la violazione e la falsa applicazione delle
norme di cui agli artt. 1124 e 1917 c.c. nonchè l'omessa pronuncia, in
riferimento all'art. 112 c.p.c., su un punto decisivo della causa -
denuncia che il giudice d'appello non aveva pronunciato in ordine alla
sua espressa richiesta di riduzione, nei limiti del massimale di
polizza, del danno liquidato a suo carico.
Con il primo motivo del
ricorso incidentale (R.G.N. 28864/2003) la Società Italiana
Assicurazioni spa denuncia l'omessa pronuncia del giudice dell'appello
sulla sua istanza di restituzione di quanto corrisposto in esecuzione
della sentenza del tribunale.
Con il secondo motivo del ricorso
incidentale, il cui esame la Società Italiana Assicurazioni spa ha
subordinato all'accoglimento dell'impugnazione per cassazione proposta
nei suoi confronti e di C.A., la stessa ricorrente incidentale denuncia
il vizio di motivazione della sentenza relativamente alla valutazione
del danno economico.
Il secondo motivo del ricorso principale ed il
primo motivo del ricorso incidentale (R.G.N. 29128/2003) della società
Riunione Adriatica di Sicurtà spa (che vanno esaminati preliminarmente
e congiuntamente, in quanto riflettono la medesima censura relativa
all'esclusione della responsabilità di C.A. e della sua compagnia di
assicurazione r.c.a.) non possono essere accolti.
Al di là del
riferimento al vizio di violazione di legge - insussistente perchè non
è errata in diritto l'affermazione che l'esclusione del nesso di
causalità tra la condotta e l'evento di danno esclude la responsabilità
dell'agente (art. 2043 c.c.) - la comune censura, che concerne
sostanzialmente il solo vizio di motivazione, sotto tale profilo è
inammissibile, giacchè essa, sul punto relativo all'accertamento del
giudice del merito secondo cui l'impatto tra l'autoarticolato condotto
da C.A. ed il decesso della vittima non sussiste rapporto di diretta
causalità, non evidenzia vizi logici nè interne contraddittorietà, ma
sollecita in questa sede di legittimità il riesame delle risultanze
istruttorie al fine di farne derivare una conclusione diversa da quella
cui è pervenuto il giudice del merito con motivazione non illogica nè
intrinsecamente contraddittoria, basata com'è sulle risultanze della
consulenza tecnica d'ufficio circa l'inevitabilità dello scontro
quand'anche il conducente avesse proceduto a velocità inferiore di
quindi chilometri a quella tenuta e circa e l'efficienza causale
esclusiva dell'avvenuto pregresso tamponamento a cagionare il decesso
della vittima data la violenza dello scontro "di portata devastante"
(pagg. 30 - 33 dell'impugnata sentenza).
Costituisce, infatti,
principio del tutto pacifico che la deduzione di un vizio di
motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione
conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il
merito dell'intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì
la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza
giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte
dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito
di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e
valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di
scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute
maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse
sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei
mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla
legge).
Nel rigetto della censura di cui ai due suddetti motivi resta
assorbito il secondo motivo del ricorso incidentale condizionato della
Società Italiana Assicurazioni spa.
Sempre in tema di ricostruzione
delle modalità del sinistro e ripartizione del grado di colpa tra i
soggetti coinvolti nello scontro dei veicoli, deve, invece, essere
accolto il primo motivo dell'impugnazione principale, con il quale i
ricorrenti denunciano il vizio di violazione di norme e di difetto di
motivazione circa il ritenuto concorso della vittima in ragione del 10%
nella verificazione del sinistro.
Il giudice del merito (pagg. 33 - 34
dell'impugnata sentenza) al riguardo ha stabilito che il primo impatto
tra l'autovettura ed il mezzo ben più pesante condotto da L.G.
consistette in un violento tamponamento; che non avevano trovato
conferma le affermazioni dei convenuti in giudizio circa una irregolare
condotta di colpa della vittima; che in tale situazione la
responsabilità della vittima nella misura del 10% era da confermare
"nell'ambito della responsabilità presunta riconosciuta dal giudice di
primo grado".
La suddetta decisione si pone in deciso contrasto con il
principio di diritto, del tutto pacifico nella giurisprudenza di questa
Corte (ex plurimis: Cass., n. 3282/2006; Cass., n. 11444/98; Cass., n.
8917/95;
Cass., n. 5672/90; Cass., n. 3343/90), secondo cui per il
disposto dell'art. 149 C.d.S., comma 1, (T.U. del D.L. 30 aprile 1992,
n. 285), allo stesso modo di quanto stabiliva l'art. 107 C.d.S.
previgente, il conducente di un veicolo deve essere in grado di
garantire in ogni caso l'arresto tempestivo del mezzo, evitando
collisioni con il veicolo che precede, per cui l'avvenuta collisione
pone a carico del conducente medesimo una presunzione de facto di
inosservanza della distanza di sicurezza, con la conseguenza che, non
potendosi applicare la presunzione di pari colpa di cui all'art. 2054 c.
c., comma 2, egli resta gravato dall'onere di dare la prova
liberatoria, dimostrando che il mancato tempestivo arresto
dell'automezzo e la conseguente collisione sono stati determinati da
cause in tutto o in parte a lui non imputabili.
Non può essere
accolto, invece, il terzo motivo dell'impugnazione principale, con cui
i ricorrenti - deducendo la violazione e la falsa applicazione delle
norme di cui agli art. 2056, 1223 e 1226 c.c. nonchè l'illogica e
contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia -
sostengono che dal danno risarcibile ai congiunti il giudice del merito
non avrebbe dovuto escludere il pregiudizio patrimoniale derivato ai
congiunti dal fatto che erano venute meno le attività domestiche svolte
dalla vittima in seno alla famiglia.
Anche per tale censura si tratta,
piuttosto che di violazione di legge, di preteso vizio di motivazione,
giacchè la Corte territoriale (pagg. 36 - 37 della sentenza d'appello)
non ha negato in tesi la risarcibilità del danno patrimoniale derivante
dal venir meno dell'attività domestica della donna nell'ambito della
famiglia, ma ha evidenziato, piuttosto, che nel caso concreto un danno
siffatto non era ravvisabile.
In proposito, il giudice di merito ha
ritenuto che la vittima godeva con il marito di un reddito medio alto,
che le consentiva di evitare i lavori domestici avvalendosi di
collaborazione domestica, onde, riconosciuto ai superstiti il danno
connesso al mancato introito del reddito della vittima, tale
risarcimento veniva a coprire le spese di una collaborazione domestica.
Ha precisato, inoltre, lo stesso giudice che, quanto alla attività
della vittima di direzione, gestione e programmazione della vita
familiare, detta attività non integrava le funzioni specifiche connesse
allo status di moglie e madre, cui altri in assenza della vittima non
avrebbero potuto provvedere, sicchè sotto tale profilo la fungibilità
delle predette mansioni escludeva l'ipotizzabilità di un danno
patrimoniale.
Entrambe le argomentazioni sono logiche e pertinenti,
per cui anche la censura del terzo motivo si sostanzia in una mera
quaestio facti, inammissibile nel giudizio di legittimità.
In ordine
al quarto motivo dell'impugnazione principale, relativo a pretesa
insoddisfacente liquidazione del danno morale perchè essa sarebbe stata
effettuata con riferimento al dato tabellare, senza la necessaria
valutazione personalizzata e senza che fossero state apprezzate
adeguatamente le effettive sofferenze patite dai danneggiati, osserva
questa Corte che trattasi di doglianza infondata.
L'indirizzo pacifico
della giurisprudenza di legittimità (Cass., n. 11039/2006; Cass., n.
14645/2003; Cass., n. 484/2003) è nel senso che la liquidazione
equitativa del danno morale può essere legittimamente effettuata dal
giudice sulla base di criteri standardizzati e predeterminati,
assumendo come parametro il valore medio per punto calcolato sulla
media dei precedenti in virtù delle cd. "tabelle" presso l'ufficio
giudiziario, purchè il risultato, in tal modo raggiunto, venga poi
"personalizzato", tenendo conto della particolarità del caso concreto e
della reale entità del danno, ciò ad evitare che possa giungersi a
liquidazioni puramente simboliche o irrisorie.
Orbene, nella specie,
il calcolo in base alle tabelle in uso presso il tribunale di Bologna è
stato opportunamente contemperato con la valutazione, in concreto, del
dato personale, poichè, anche se in motivazione concisa (pagg. 38 - 39
dell'impugnata sentenza), la Corte territoriale ha esposto le ragioni
per le quali non potevano essere applicati i suddetti parametri nel
massimo, considerata la reale entità della sofferenza patita dai
familiari, secondo le risultanze delle certificazioni mediche agli
atti.
La censura, perciò, mira anch'essa non ad evidenziare cadute
motivazionali, ma a richieder a questo giudice l'inammissibile riesame
delle fonti di prova.
Nell'accoglimento del primo motivo
dell'impugnazione principale resta assorbito l'esame del quinto mezzo
di doglianza, relativo alla condanna alle spese, in virtù del principio
della soccombenza, dei ricorrenti principali a favore di C.A. e della
sua compagnia di assicurazione, poichè la questione potrà essere
riesaminata in sede di rinvio con effetti eventualmente favorevoli per
i ricorrenti per il caso di diversa decisione sul concorso di colpa
della vittima.
Debbono essere accolti anche il secondo motivo del
ricorso incidentale, la società Riunione Adriatica di Sicurtà spa ed il
primo motivo del ricorso incidentale della Società Italiana
Assicurazioni spa, con i quali le due società denunciano l'omessa
pronuncia del giudice dell'appello sulla rispettive istanze di
restituzione di quanto corrisposto in esecuzione della sentenza del
tribunale, domande ritualmente avanzate al giudice d'appello ed alle
quali la Corte territoriale non ha dato risposta.
Resta, invece,
assorbito anche il terzo motivo del ricorso incidentale, con il quale
la società Riunione Adriatica di Sicurtà spa - deducendo la violazione
e la falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 1124 e 1917 c.c.
nonchè l'omessa pronuncia, in riferimento all'art. 112 c.p.c., su un
punto decisivo della causa - denuncia che il giudice d'appello non
aveva pronunciato in ordine alla sua espressa richiesta di riduzione,
nei limiti del massimale di polizza, del danno liquidato a suo carico.
Detta pronuncia, infatti, suppone, infatti, che si accerti prima
l'entità dei danni da liquidare dopo la risoluzione della questione in
ordine al concorso di colpa della vittima per procedere poi alla
valutazione della corrispondenza o meno del relativo importo al
massimale di polizza.
L'impugnata sentenza, pertanto, deve essere
cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio per nuovo esame alla
medesima Corte d'appello di Bologna in diversa composizione, che dovrà
provvedere in ordine alle due istanze di restituzione delle due società
di assicurazione nonchè in ordine alla questione relativa al concorso
di colpa della vittima, per la decisione della quale si atterrà al
seguente principio di diritto:
"Per il disposto dell'art. 149 C.d.S.,
comma 1, (T.U. del D.L. 30 aprile 1992, n. 285) il conducente di un
veicolo deve essere in grado di garantire in ogni caso l'arresto
tempestivo del mezzo, evitando collisioni con il veicolo che precede,
per cui l'avvenuta collisione pone a carico del conducente medesimo una
presunzione de facto di inosservanza della distanza di sicurezza, con
la conseguenza che, non potendosi applicare la presunzione di pari
colpa di cui all'art. 2054 c.c., comma 2, egli resta gravato dall'onere
di dare la prova liberatoria, dimostrando che il mancato tempestivo
arresto dell'automezzo e la conseguente collisione sono stati
determinati da cause in tutto o in parte a lui non imputabili".
Al
giudice di rinvio è rimessa anche la pronuncia sulle spese del presente
giudizio di Cassazione (art. 385 cod. proc. civ., comma 3).
P.Q.M.
La
Corte riunisce i ricorsi; accoglie il primo motivo del ricorso
principale RGN 24844/03, ne rigetta il secondo, il terzo ed il quarto e
dichiara assorbito il quinto motivo; accoglie il secondo motivo del
ricorso incidentale RGN 29128/03 della società Riunione Adriatica di
Sicurtà spa, ne rigetta il primo motivo e dichiara assorbito il terzo
motivo; accoglie il primo motivo del ricorso incidentale RGN 28864/03
della Società Italiana Assicurazioni spa e ne dichiara assorbito il
secondo; cassa l'impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e
rinvia, anche per le spese del giudizio di Cassazione, alla Corte
d'appello di Bologna in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il
11 luglio 2007.
Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2007
Nessun commento:
Posta un commento