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Cassazione: qualifica superiore? La mancanza del titolo di studio non esclude l'acquisibilità |
La
Sezione Lavoro della Corte di Cassazione (Sent. n. 17940/2007) ha
stabilito che "la mancanza del titolo di studio o altro requisito
analogo previsto per l'attribuzione di una qualifica superiore non
esclude l'acquisibilità della medesima, ai sensi dell’art. 2103 c.c.,
comma 1, nel caso di effettivo esercizio delle relative mansioni per il
periodo minimo prescritto".
I Giudici di Piazza Cavour hanno però precisato che "l'esercizio delle mansioni corrispondenti alla qualifica superiore conferita resta precluso qualora il titolo di studio o altro requisito analogo sia richiesto, da norme inderogabili, per lo svolgimento di determinate attività". |
Cass. civ. Sez. lavoro, 23-08-2007, n. 17940
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCIARELLI Guglielmo - Presidente
Dott. ROSELLI Federico - Consigliere
Dott. STILE Paolo - Consigliere
Dott. D'AGOSTINO Giancarlo - Consigliere
Dott. DE MATTEIS Aldo - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
RAI
RADIOTELEVISIONE ITALIANA S.P.A., in persona del legale rappresentante
pro tempore, già elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLE BOTTEGHE
OSCURE 4, presso lo studio dell'avvocato LUCISANO CLAUDIO, che lo
rappresenta e difende unitamente all'avvocato COLOMBO LUIGI, giusta
delega in atti e da ultimo d'ufficio presso la CANCELLERIA DELLA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE;
- ricorrente -
contro
P.P.,
già elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA SANTA CROCE IN
GERUSALEMME, presso lo studio dell'avvocato CATERINA GALLIZIA, che lo
rappresenta e difende, giusta delega in atti e da ultimo d'ufficio
presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1855/04 del Tribunale di MILANO, depositata il 10/02/04 R.G.N. 996/99;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/06/07 dal Consigliere Dott. Aldo DE MATTEIS;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
Con ricorso ex art. 414 c.p.c.,
depositato il 18 novembre 1999, il Sig. P.P. ha convenuto avanti al
giudice del lavoro di Milano la RAI - radiotelevisione italiana s.p.a.
chiedendo che gli fosse riconosciuto l'inquadramento come documentatore
di 3 livello dal 14 marzo 1994 al 14 marzo 1998 e quello di
documentatore di 2 livello dal 15 marzo 1998, con conseguente condanna
della società convenuta a corrispondergli le differenze retributive, da
accertarsi mediante ctu. Il giudice adito ha rigettato la domanda,
rilevando che il P. non possedeva il diploma di scuola media superiore,
requisito richiesto dalla norma del contratto collettivo per la
qualifica rivendicata.
Il Tribunale di Milano,
in accoglimento dell'appello del P., ha accertato il diritto di costui
all'inquadramento richiesto, ed ha condannato la Rai a pagargli le
differenze retributive conseguentemente dovute, con sentenza di condanna
generica in data 14 novembre 2000/10 febbraio 2004 n. 1855/2004.
Il
giudice d'appello ha rilevato che la declaratoria contrattuale
contenuta nel contratto collettivo nazionale di lavoro dipendenti RAI
indica analiticamente il contenuto e le caratteristiche della mansione
di documentatore e non ricollega semplicemente al possesso del titolo di
scuola media superiore il diritto alla relativa qualifica. Ha ricordato
la giurisprudenza di legittimità (Cass. 8767/1992) secondo cui la
mancanza del titolo di studio previsto dalla disciplina collettiva per
la attribuzione di una determinata qualifica non ne esclude
l'acquisibilità, ai sensi dell'art. 2103 c.c., comma 1, nel
caso di effettivo esercizio delle relative mansioni per il periodo
minimo prescritto, tenuto conto dell'imperatività della predetta norma.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la RAI, con due
motivi.
L'intimato si è costituito con controricorso, resistendo.
Motivi della decisione
Con il primo motivo la società ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 1362 c.c.,
rileva che la norma contrattuale definisce il documentatore come colui
il quale, in possesso di diploma di scuola media superiore, analizza
etc.; censura la sentenza impugnata per avere omesso qualsiasi indagine
circa la volontà delle parti in relazione al requisito del titolo di
studio.
Il motivo è infondato.
Il
principio di diritto posto a base della sentenza impugnata è conforme
al consolidato insegnamento di questa Corte, secondo cui "La mancanza
del titolo di studio o altro requisito analogo previsto per
l'attribuzione di una qualifica superiore non esclude l'acquisibilità
della medesima, ai sensi dell'art. 2103 c.c., comma 1, nel caso
di effettivo esercizio delle relative mansioni per il periodo minimo
prescritto, tuttavia l'esercizio delle mansioni corrispondenti alla
qualifica superiore conferita resta precluso qualora il titolo di studio
o altro requisito analogo sia richiesto, da norme inderogabili, per lo
svolgimento di determinate attività (Cass. 13 novembre 2003 n. 17158,
Cass. 14 giugno 2002 n. 8606, Cass. 21 luglio 1992 n. 8767).
Il
giudice del merito, con approfondita valutazione di fatto allo stesso
demandato, ha accertato che il P. ha svolto le mansioni corrispondenti
alla declaratoria contrattuale, la cui esperienza ha sopperito alla
mancanza del titolo accademico.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 2697 c.c.,
perchè il giudice d'appello, senza individuare i contenuti con i quali
le parti collettive avevano inteso riempire la figura del documentatore
(art. 1362 c.c.), e senza svolgere adeguata istruttoria, ha accolto la
tesi del P., nonostante che la Rai avesse contestato i fatti narrati nel
ricorso introduttivo e avesse contestato nel corso del libero
interrogatorio le circostanze riferite dallo stesso P. (art. 2697 c.c.).
Anche questo motivo non è fondato.
La
sentenza impugnata ha raggiunto le sue conclusioni sulla base di tre
valutazioni: a) le circostanze di fatto analiticamente indicate nel
ricorso introduttivo del giudizio; al riguardo ha affermato che,
contrariamente a quanto sostenuto dalla appellata nella sua memoria di
costituzione, il primo giudice aveva rilevato che gli stessi non erano
stati sostanzialmente contestati dalla società convenuta; b) le
precisazioni sulle mansioni svolte rese dal P. nel libero
interrogatorio, e sulla valutazione delle dichiarazioni rese dalla
rappresentante della Rai nel medesimo interrogatorio; c) sulla
valutazione della tesi difensiva esposta dalla Rai nella sua memoria ex art. 436 c.p.c.,
basata su due specifiche circostanze: a) l'essere la c.d. "teca calda"
un archivio ristretto e limitato assolutamente non paragonabile al c.d.
"archivio storico", b) il difetto nella specie della caratteristica del
documentatore di effettuare egli stesso la ricerca e la elaborazione dei
criteri più idonei alla identificazione e reperimento del materiale,
anche presso "fonti" esterne, posto che il P. opera su precise
istruzioni ed indicazioni di giornalisti e dei montatori sia per quanto
attiene alla ricerca del materiale richiesto, sia per la fase di
classificazione del materiale medesimo. La sentenza impugnata ha
motivato, sul rilievo sub a), che la contrattazione collettiva fa
riferimento alle "teche aziendali" senza alcuna distinzione o esclusione
e che la c.d. "teca calda" presenta pur sempre una sua importanza visti
i tre addetti (e, secondo l'appellata società, il coordinatore) nonchè
l'ambiente "incandescente" di cui all'interrogatorio della procuratrice
speciale; quanto al rilievo sub b) , che non tiene conto del predetto
interrogatorio e di quanto effettivamente dedotto nel capitolo di prova
n. 6 delle memorie.
Trattasi di valutazioni di fatto rimesse al giudice del merito, adeguatamente motivate.
Il ricorso va pertanto respinto.
Le spese processuali seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta
il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese del presente
giudizio liquidate in Euro 23,00 oltre Euro 2.000,00 per onorari di
avvocato, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A..
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro, il 5 giugno 2007.
Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2007
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