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venerdì 5 luglio 2013

Cassazione: Il datore di lavoro deve vigilare per impedire i casi di mobbing in azienda In difetto, se non ha fatto nulla per far cessare i soprusi, risponderà del danno subito dal dipendente. E si dilatano i tempi per chiedere il risarcimento: i termini decorrono da quando si è manifestato il danno e non la serie di vessazioni




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Il datore di lavoro deve vigilare per impedire i casi di mobbing in azienda
In difetto, se non ha fatto nulla per far cessare i soprusi,
risponderà del danno subito dal dipendente. E si dilatano i tempi per
chiedere il risarcimento: i termini decorrono da quando si è
manifestato il danno e non la serie di vessazioni
 (Sezione lavoro,
sentenza n. 16148/07; depositata il 20 luglio)
Cass. civ. Sez. lavoro,
20-07-2007, n. 16148


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta
dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCRIARELLI Guglielmo -
Presidente

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - Consigliere

Dott. VIDIRI
Guido - Consigliere

Dott. DI NUBILA Vincenzo - Consigliere

Dott.
D'AGOSTINO Giancarlo - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.B., elettivamente domiciliato in
ROMA VIA VALADIER 48, rappresentato e difeso dall'Avvocato RAGUSO
GIUSEPPE, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

ENEL
DISTRIBUZIONE SPA succeduta all'ENEL SPA, la quale si costituisce anche
in nome e per conto dell'ENEL SPA in persona del legale rappresentante
pro tempore, (giusta procura per atto notaio Paolo SILVESTRO in ROMA
del 23.12.99 REP. N. 60237), elettivamente domiciliate in ROMA VIA PO
25/B nello studio dell'Avvocato GENTILE GIOVANNI G., presso lo studio
PESSI & ASSOCIATI, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato
GIOVANNI GIORGIO, giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso
la sentenza n. 45/03 della Sezione distaccata di Corte d'Appello di
Lecce Sez. TARANTO, depositata il 28/04/03 - R.G.N. 58/2002;

udita la
relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/05/07 dal
Consigliere Dott. Giancarlo D'AGOSTINO;

udito l'Avvocato RAGUSO;

udito l'Avvocato GENTILE;

udito il P.M. in persona del Sostituto
Procuratore Generale Dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso per
l'accoglimento del ricorso.


--------------------------------------------------------------------------------
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con ricorso del
19.11.1996 R.B. conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Taranto
ENEL spa chiedendone la condanna al risarcimento dei danni per
inadempimento contrattuale e violazione dell'art. 2087 c.c.. Assumeva
il ricorrente, dirigente della agenzia ENEL di Martina Franca, che il
proprio datore di lavoro, benchè costantemente informato, aveva omesso
di adottare gli opportuni provvedimenti per tutelare l'esponente e la
moglie dalle continue aggressioni e minacce degli altri dipendenti
della sede di Martina Franca, iniziate alla fine degli anni 70 e
proseguite fino al novembre 1987, Per tali fatti delittuosi era stato
iniziato un procedimento penale a carico di quattro dipendenti ENEL per
i reati di furto, ingiurie, minacce e lesioni personali, concluso in
data 13 novembre 1987 con sentenza istruttoria di improcedibilità per
amnistia. Lamentava il ricorrente che il datore di lavoro, benchè a
conoscenza dei fatti suddetti, aveva altresì omesso di accogliere le
sue domande di trasferimento. Sosteneva che, in conseguenza del
comportamento negligente dell'azienda e per effetto delle continue
aggressioni e minacce, egli stesso aveva subito dapprima una grave
debilitazione psico fisica, seguita poi da un infarto, mentre la moglie
era deceduta il 16 gennaio 1992.

L'ENEL si costituiva ed eccepiva in
via preliminare la prescrizione del diritto azionato dal dipendente.
Nel merito chiedeva il rigetto della domanda. Il Tribunale rigettava la
domanda per intervenuta prescrizione decennale, visto che il diritto
del R. a far valere la responsabilità contrattuale della società poteva
essere esercitato dalla fine degli anni settanta, epoca alla quale
risalivano i primi episodi di aggressione, e che da tale data decorreva
anche il termine di prescrizione, non essendovi prova di atti
interruttivi anteriori alla proposizione della domanda giudiziale del
19.11.1996.

L'appello proposto dal R. veniva respinto dalla Corte di
Appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto. La Corte territoriale
osservava che il dipendente, per poter avanzare le sue pretese
risarcitorie, non doveva attendere la definizione del processo penale
instaurato nei confronti dei suoi aggressori, nè l'aggravamento delle
sue condizioni di salute.

Per la cassazione di tale sentenza R.B. ha
proposto ricorso sostenuto da un unico motivo. ENEL Distribuzione spa,
succeduta ad ENEL spa, resiste con controricorso. Entrambe le parti
hanno depositato memoria.

Motivi della decisione
Con l'unico motivo di
ricorso, denunciando violazione degli artt. 2087 e 2935 c.c., L. n. 300
del 1970, art. 9, nonchè vizi di motivazione, il ricorrente censura la
sentenza impugnata per aver fatto decorrere il termine di prescrizione
dell'azione di responsabilità contrattuale "dalla fine degli anni 70"
anzichè dal 13.11.1987, data della sentenza penale di proscioglimento
per amnistia degli autori di aggressioni e minacce nei suoi confronti.

Sostiene il ricorrente che solo dalla pronuncia della predetta sentenza
si è manifestata la responsabilità contrattuale del datore di lavoro
per aver omesso qualsiasi misura atta a salvaguardare il proprio
dipendente.

Occorre premettere che il ricorrente ha precisato dì agire
per l'accertamento dell'inadempimento contrattuale del suo datore di
lavoro e per il risarcimento dei danni da responsabilità contrattuale
ex art. 2087 c.c. (vedi pagg. 9 e segg. del ricorso).

Nel motivo di
ricorso non si fa alcun accenno ad una ipotetica responsabilità
extracontrattuale dell'ENEL per il decesso del coniuge C.A.R.. Infatti
non è configurarle una responsabilità contrattuale dell'ENEL nei
confronti di terzi estranei al rapporto di lavoro. Il problema della
decorrenza del termine di prescrizione del diritto al risarcimento va
dunque esaminato con esclusivo riferimento alla posizione del
dipendente R.B. e nessuna rilevanza può assumere, in relazione alla
domanda come sopra precisata, la data del decesso della sig.ra C.. Ciò
precisato, il ricorso è fondato nei limiti delle considerazioni che
seguono. Il ricorrente, che assume di aver subito una depressione psico
fisica ed un infarto in conseguenza delle aggressioni e minacce subite
da parte dei dipendenti dell'agenzia di Martina Franca, addebita
all'ENEL di non aver adottato ex art. 2087 c.c., tutte le misure
necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale del
dipendente.

La sentenza impugnata è condivisibile nella parte in cui
ha affermato che la prescrizione non può iniziare a decorrere dal
13.11.1987, data della sentenza di proscioglimento degli imputati per
amnistia, come vuole il ricorrente. Infatti il comportamento omissivo e
negligente dell'azienda, che secondo le allegazioni del R. nulla ha
fatto per porre fine agli episodi delittuosi in danno del dirigente
posti in essere all'interno dell'agenzia di Martina Franca ed in chiara
relazione con l'attività di dirigenza della vittima, prescinde dalla
identificazione degli autori materiali dei fatti e dalla condanna
penale dei medesimi.

La sentenza è condivisibile altresì nella parte
in cui afferma, conformemente alla costante giurisprudenza di questa
Corte, che il mero aggravamento delle condizioni di salute del
dipendente non vale a determinare lo spostamento del termine iniziale
di prescrizione (cfr. Cass. n. 23220 del 2005, Cass. n. 3498 del 2004,
Cass. n. 7937 del 2000).

La sentenza impugnata non è invece
condivisibile laddove afferma che il termine di prescrizione ex art.
2935 c.c. decorre dal momento in cui il diritto al risarcimento del
danno può esser fatto valore e quindi, nella specie, dai primi episodi
delittuosi lamentati dal R. e cioè dal 1979.

In tal modo la Corte
territoriale - che non ha svolto alcun accertamento in fatto (nè alcun
accertamento in fatto ha svolto il giudice di primo grado) limitandosi
all'esame della eccezione preliminare - non ha tenuto conto della
circostanza che il R. ha lamentato di aver subito una molteplicità di
aggressioni e minacce a partire dal 1979 e fino al novembre del 1987.
Allo stesso modo non ha tenuto conto che il comportamento negligente
dell'azienda, in relazione ai suddetti episodi di cui il dipendente
assume di aver tenuto sempre informato il datore di lavoro, si è
protratto per tutto il tempo in cui i fatti criminosi di sono ripetuti.

A fronte della allegazione da parte del ricorrente di fatti delittuosi
protratti nel tempo e della colpevole negligenza del datore di lavoro
per tutto il tempo in cui i reati sono stati commessi, ciascuno dei
quali era idoneo a fondare la richiesta di risarcimento, non è conforme
al diritto sostenere che in caso di pluralità di fatti illeciti:
protratti nel tempo il termine dì prescrizione inizia a decorrere dal
momento della commissione del primo degli episodi denunciati, poichè
anche i successivi illeciti sono potenzialmente idonei a determinare
una autonoma lesione del diritto e quindi a fondare una domanda di
risarcimento.

Neppure è conforme a diritto far decorrere la
prescrizione del diritto al risarcimento del danno dal fatto illecito
lesivo anzichè dal manifestarsi all'esterno della produzione del danno.
In tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno, sia per
responsabilità contrattuale che per responsabilità extracontrattuale,
questa Corte ha ripetutamente affermato che il termine di prescrizione
ex art. 2935 c.c., inizia a decorrere non già dal momento in cui il
fatto del terzo viene a ledere l'altrui diritto, bensì dal momento in
cui la produzione del danno si manifesta all'esterno divenendo
oggettivamente percepibile e riconoscibile (cfr. Cass. n. 12666 del
2003, Cass. n. 9927 del 2000, Cass. n. 8845 del 1995, Cass. n. 3206 del
1989, Cass. n. 4532 del 1987).

Per tutte le considerazioni sopra
svolte il ricorso, dunque, deve essere accolto. Di conseguenza la
sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altro giudice,
designato in dispositivo, che si atterrà ai principi di diritto sopra
enunciati e procederà a tutti gli accertamenti del caso che non risulta
essere stati espletati dai giudici di merito. Provvederà il giudice di
rinvio anche alla liquidazione delle spese del giudizio di Cassazione.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di
Cassazione, alla Corte di Appello di Bari.

Così deciso in Roma, il 22
maggio 2007.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2007


 

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