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Arresti domiciliari: andare sul terrazzo condominiale è evasione (impropria)
Piazza Cavour rinvia per un appello-bis. Il Tribunale
aveva emesso sentenza di condanna, in secondo grado i giudici non
avevano ritenuto che la breve passeggiata in terrazza non costituisse
reato; da lì il ricorso, accolto, della Procura barese
(Sezione
sesta, sentenza n. 30983/07; depositata il 30 luglio)
Cass. pen. Sez.
VI, (ud. 08-03-2007) 30-07-2007, n. 30983
REPUBBLICA ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA
PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE ROBERTO
Giovanni - Presidente
Dott. MANNINO Saverio Felice - Consigliere
Dott. MARTELLA Ilario Salvatore - Consigliere
Dott. MILO Nicola - rel.
Consigliere
Dott. CONTI Giovanni - Consigliere
ha pronunciato la
seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE
PRESSO LA CORTE D'APPELLO DI BARI;
nel procedimento a carico di:
D.
G., nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza 12/6/2006 della Corte
d'Appello di Bari;
Visti gli atti, la sentenza denunziata e il
ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere
Dr. Nicola Milo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto
Procuratore Generale Dott. FEBBRARO G., che ha concluso per il rigetto
del ricorso;
non è comparso il difensore.
--------------------------------------------------------------------------------
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della
decisione
La Corte d'Appello di Bari, con sentenza 12/6/2006, in
riforma della sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Foggia -
Sezione di Cerignola - in data 18/2/2002, assolveva D.G. dal delitto di
cui all'art. 385 c.p., comma 3 (allontanamento in data 8/3/2000 dal
luogo di restrizione domiciliare), perchè il fatto non costituisce
reato.
Non ravvisava il giudice distrettuale nella condotta ascritta
all'imputato, sorpreso stazionare sulla terrazza condominiale
dell'edificio dov'era ubicata la sua abitazione, "un apprezzabile
distacco" da questa nè l'elemento psicologico del reato contestato,
vale a dire la "volontà... di sottrarsi all'eventuale controllo da
parte della p.g.... finalità di controllo che costituisce il nucleo
essenziale della misura alternativa...".
Ha proposto ricorso per
cassazione il Procuratore Generale presso la Corte territoriale,
deducendo l'erronea applicazione della legge penale (art. 385 c.p.), la
cui ratio ed effettiva portata erano state minimizzate.
Il ricorso è
fondato.
Osserva la Corte che, in caso di evasione cd. impropria, la
condotta tipica è individuata nell'allontanamento dal luogo in cui si
ha l'obbligo di rimanere. Ogni allontanamento abusivo ancorchè limitato
nello spazio e nel tempo integra il reato. Per "abitazione",
individuata come luogo dove rimanere agli arresti, deve intendersi
soltanto il luogo in cui la persona conduce la vita domestica e
privata, con esclusione di ogni altra appartenenza (quali cortili,
giardini, terrazze, aree condominiali in genere) che non sia parte
integrante o pertinenza esclusiva dell'abitazione medesima.
L'incriminazione della condotta del soggetto che si allontani
dall'abitazione ove sia astretto per gli arresti domiciliari trova la
sua ratio nell'esigenza di garantire il rispetto dei provvedimenti
adottati dall'autorità giudiziaria in tema di libertà personale e di
consentire in pari tempo un agevole e pronto controllo all'autorità di
polizia sulla reperibilità dell'imputato.
Detta esigenza non può
ritenersi soddisfatta se il soggetto, trovandosi agli arresti
domiciliari, se ne allontani anche per breve tempo, recandosi in luogo
diverso da quello stabilito per l'esecuzione della misura alternativa.
Non si richiede, infatti, per la integrazione del reato, un
allontanamento definitivo o la mancanza dell'animus revertendi.
Non va
sottaciuto, inoltre, che il reato è punito a titolo di dolo generico:
sono sufficienti cioè la consapevolezza dell'agente di trovarsi
legalmente in stato di arresto e la sua volontà di allontanarsi, sia
pure per breve tempo e non in via definitiva, dalla ristretta sfera
spaziale entro la quale deve osservare l'obbligo connesso al suo
status.
La configurabilità del reato, quindi, non è esclusa, come
sostenuto dalla Corte di merito, dall'assenza di "un apprezzabile
distacco dal luogo di detenzione domiciliare" o di una volontà "di
sottrarsi all'eventuale controllo da parte della p.g.".
La sentenza
impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio, per nuovo
giudizio, ad altra Sezione della Corte d'Appello di Bari, che dovrà
uniformarsi ai principi di cui innanzi.
P.Q.M.
Annulla la sentenza
impugnata e rinvia ad altra Sezione della Corte d'Appello di Bari per
nuovo giudizio.
Così deciso in Roma, il 8 marzo 2007.
Depositato in
Cancelleria il 30 luglio 2007
Piazza Cavour rinvia per un appello-bis. Il Tribunale
aveva emesso sentenza di condanna, in secondo grado i giudici non
avevano ritenuto che la breve passeggiata in terrazza non costituisse
reato; da lì il ricorso, accolto, della Procura barese
(Sezione
sesta, sentenza n. 30983/07; depositata il 30 luglio)
Cass. pen. Sez.
VI, (ud. 08-03-2007) 30-07-2007, n. 30983
REPUBBLICA ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA
PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE ROBERTO
Giovanni - Presidente
Dott. MANNINO Saverio Felice - Consigliere
Dott. MARTELLA Ilario Salvatore - Consigliere
Dott. MILO Nicola - rel.
Consigliere
Dott. CONTI Giovanni - Consigliere
ha pronunciato la
seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE
PRESSO LA CORTE D'APPELLO DI BARI;
nel procedimento a carico di:
D.
G., nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza 12/6/2006 della Corte
d'Appello di Bari;
Visti gli atti, la sentenza denunziata e il
ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere
Dr. Nicola Milo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto
Procuratore Generale Dott. FEBBRARO G., che ha concluso per il rigetto
del ricorso;
non è comparso il difensore.
--------------------------------------------------------------------------------
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della
decisione
La Corte d'Appello di Bari, con sentenza 12/6/2006, in
riforma della sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Foggia -
Sezione di Cerignola - in data 18/2/2002, assolveva D.G. dal delitto di
cui all'art. 385 c.p., comma 3 (allontanamento in data 8/3/2000 dal
luogo di restrizione domiciliare), perchè il fatto non costituisce
reato.
Non ravvisava il giudice distrettuale nella condotta ascritta
all'imputato, sorpreso stazionare sulla terrazza condominiale
dell'edificio dov'era ubicata la sua abitazione, "un apprezzabile
distacco" da questa nè l'elemento psicologico del reato contestato,
vale a dire la "volontà... di sottrarsi all'eventuale controllo da
parte della p.g.... finalità di controllo che costituisce il nucleo
essenziale della misura alternativa...".
Ha proposto ricorso per
cassazione il Procuratore Generale presso la Corte territoriale,
deducendo l'erronea applicazione della legge penale (art. 385 c.p.), la
cui ratio ed effettiva portata erano state minimizzate.
Il ricorso è
fondato.
Osserva la Corte che, in caso di evasione cd. impropria, la
condotta tipica è individuata nell'allontanamento dal luogo in cui si
ha l'obbligo di rimanere. Ogni allontanamento abusivo ancorchè limitato
nello spazio e nel tempo integra il reato. Per "abitazione",
individuata come luogo dove rimanere agli arresti, deve intendersi
soltanto il luogo in cui la persona conduce la vita domestica e
privata, con esclusione di ogni altra appartenenza (quali cortili,
giardini, terrazze, aree condominiali in genere) che non sia parte
integrante o pertinenza esclusiva dell'abitazione medesima.
L'incriminazione della condotta del soggetto che si allontani
dall'abitazione ove sia astretto per gli arresti domiciliari trova la
sua ratio nell'esigenza di garantire il rispetto dei provvedimenti
adottati dall'autorità giudiziaria in tema di libertà personale e di
consentire in pari tempo un agevole e pronto controllo all'autorità di
polizia sulla reperibilità dell'imputato.
Detta esigenza non può
ritenersi soddisfatta se il soggetto, trovandosi agli arresti
domiciliari, se ne allontani anche per breve tempo, recandosi in luogo
diverso da quello stabilito per l'esecuzione della misura alternativa.
Non si richiede, infatti, per la integrazione del reato, un
allontanamento definitivo o la mancanza dell'animus revertendi.
Non va
sottaciuto, inoltre, che il reato è punito a titolo di dolo generico:
sono sufficienti cioè la consapevolezza dell'agente di trovarsi
legalmente in stato di arresto e la sua volontà di allontanarsi, sia
pure per breve tempo e non in via definitiva, dalla ristretta sfera
spaziale entro la quale deve osservare l'obbligo connesso al suo
status.
La configurabilità del reato, quindi, non è esclusa, come
sostenuto dalla Corte di merito, dall'assenza di "un apprezzabile
distacco dal luogo di detenzione domiciliare" o di una volontà "di
sottrarsi all'eventuale controllo da parte della p.g.".
La sentenza
impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio, per nuovo
giudizio, ad altra Sezione della Corte d'Appello di Bari, che dovrà
uniformarsi ai principi di cui innanzi.
P.Q.M.
Annulla la sentenza
impugnata e rinvia ad altra Sezione della Corte d'Appello di Bari per
nuovo giudizio.
Così deciso in Roma, il 8 marzo 2007.
Depositato in
Cancelleria il 30 luglio 2007
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