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giovedì 22 maggio 2014

Consiglio di Stato: Il procedimento disciplinare del poliziotto va sospeso fino alla definizione del giudizio penale? Sara l'Adunanza plenaria a rispondere. Il massimo Consesso dovrà stabilire se l'articolo 11 del Dpr 737/81 abbraccia anche la fase dello svolgimento delle indagini preliminari



Nuova pagina 1
(Sezione sesta, ordinanza n. 5196/08; depositata il 16 ottobre)

 
N. 5196/08







 
N. 5001/08
Reg.Dec.
N. 552-1266 Reg.Ric.
ANNO   2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE e ORDINANZA
sui ricorsi riuniti in appello nn. 552/2003–1266/2003, proposti rispettivamente:
1) ric. n. 552/2003 da @@@@@@@@ @@@@@@@@, rappresentato e difeso dagli Avv. ...
contro
MINISTERO DELL'INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato con domicilio in Roma via dei Portoghesi n. 12;
2) ric. n. 1266/2003 dal MINISTERO DELL'INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato con domicilio eletto in Roma via dei Portoghesi n. 12;
contro
@@@@@@@@ @@@@@@@@, rappresentato e difeso dagli Avv. ...
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria sede di Genova Sez. II n. 1280/2001.
     Visti i ricorsi con i relativi allegati;
     Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;
     Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
     Visti gli atti tutti della causa;
     Alla pubblica udienza del 30/05/2008 relatore il Consigliere .
     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
     Con la sentenza appellata, indicata in epigrafe, in parziale accoglimento del ricorso proposto dal commissario di Polizia, dottor @@@@@@@@ @@@@@@@@, è stato annullata la sanzione disciplinare della deplorazione inflitta al ricorrente, con decreto del Capo della Polizia, in data 7 luglio 1999, mentre è stata respinta la domanda di risarcimento avanzata dallo stesso dottor @@@@@@@@ per i danni affermati derivanti dal provvedimento illegittimo.
     Il giudice di primo grado, riportato il fatto contestato (il dottor @@@@@@@@, in un momento d’ira, letto il rapporto informativo relativo all’anno 1998, ritenutone il contenuto ingiusto, distruggeva il documento contenente tale rapporto, dandogli fuoco con l’accendino),  giudicate infondate tutte le altre censure sollevate, ha annullato il provvedimento sanzionatorio ritenendo sussistente, fra i vizi dedotti, la sola denunciata violazione dell’art 11 d.P.R. 25 ottobre 1981. Il T.A.R., ha quindi respinto la domanda di risarcimento dei danni  Avverso tale decisione propongono appello entrambe le parti; il dottor @@@@@@@@ impugna  il capo contenente la reiezione della domanda di risarcimento danni, l’Amministrazione il capo della sentenza  di annullamento del provvedimento per violazione dell’art.11. Entrambe le parti chiedono con l’accoglimento dell’appello rispettivamente da ciascuna proposto il rigetto del gravame avversario; la parte privata  eccepisce preliminarmente l’inammissibilità dell’appello avversario in quanto non proposto in via incidentale, pur essendo stato notificato dopo che all’Amministrazione era stato  notificato l’appello dello stesso @@@@@@@@.
DIRITTO
     Riuniti i due appelli in quanto proposti avverso la stessa sentenza, ritenuta infondata l’eccezione di inammissibilità dell’appello dell’Amministrazione, in quanto appello avente ad oggetto una autonoma doglianza comunque proposto nel rispetto del termine ordinario (da ultimo: CdS, sez. IV 18 dicembre 2006, n. 7606), le questioni da esaminare attengono alla sussistenza della violazione della norma di cui all’art. 11 d.P.R. 25 ottobre 1981, n.737. E’ preliminare l’esame della prima questione. Il richiamato  articolo 11 facente parte del decreto legislativo “Decreto del Presidente della Repubblica 25 ottobre 1981, n. 737 (in Gazz. Uff., 14 dicembre, n. 342). - Sanzioni disciplinari per il personale dell'Amministrazione di pubblica sicurezza e regolamentazione dei relativi procedimenti”, recante titolo “Procedimento disciplinare connesso con procedimento penale” così dispone:
     “Quando l’appartenente ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza viene sottoposto, per gli stessi fatti, a procedimento disciplinare ed a procedimento penale, il primo deve essere sospeso fino alla definizione del procedimento penale con sentenza passata in giudicato.”
     Il giudice di primo grado,  premesso che per lo stesso fatto, a seguito delle indagini preliminari svolte dalla competente Procura della Repubblica, in relazione ai delitti di cui agli articoli  476 e 490 c. p, il G.I.P aveva  pronunciato decreto di archiviazione in data 15 maggio 2000, successivamente, quindi alla conclusione del procedimento disciplinare (il provvedimento sanzionatorio  fu adottato il 7 luglio 1999), ha giudicato che la norma di cui al riportato articolo fosse stata violata, in quanto il procedimento disciplinare era stato avviato e concluso contemporaneamente al parallelo procedimento disciplinare. La pronuncia appellata si fonda sul presupposto che l’espressione procedimento penale “secondo il costante orientamento della dottrina processualpenalistica ed alla luce delle norme dettate dal codice di procedura penale, abbraccia anche lo svolgimento delle indagini preliminari”. La Amministrazione appellante, argomentatamente, sostiene in contrario, “che l’art. 11 debba essere interpretato nel senso che presupposto ostativo alla prosecuzione ovvero alla attivazione del procedimento disciplinare, sia l’esercizio dell’azione penale, con la relativa assunzione della qualità di imputato, da parte del soggetto al quale è attribuito il reato, ciò anche in armonia con quanto previsto dal [l’…………….] art. 117 del D.P.R. n.3/1957”.
     Ciascuna delle parti fa riferimento a decisioni del Consiglio di Stato a sostegno della propria tesi.
     Il Consiglio si è espresso nel senso della comprensione della fase delle indagini preliminari nell’espressione procedimento penale, con la decisione della IV sezione  n. 878/2007 a proposito della norma di cui all’art 91, primo comma d.P.R: n. 3/1957 (“secondo un ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale (C. Stato, IV, 8.9.1995, n. 660), al fine della adozione di un provvedimento di sospensione facoltativa, ex 91 comma 1 t.u.imp.civ.St. (d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3), è richiesta la sottoposizione a procedimento penale del pubblico dipendente (e non anche l'acquisizione della qualità d'imputato, che corrisponde con il processo), procedimento che coincide con la fase delle indagini preliminari ed, in particolare, inizia con l'acquisizione della "notitia criminis" (art. 330 c.p.p.) e con la conseguente immediata iscrizione dell'indagato nell'apposito registro tenuto presso l'ufficio del p.m”), con le decisioni n. 5421/2005 e n.115/2007 entrambe della VI sezione specificamente sull’interpretazione dell’articolo in esame (ad es. così la decisione 5421: “la nozione di "procedimento penale" recepita dall'art. 11 del d.P.R. n. 737/1981 non va ristretta alle soli fasi processuali in cui si determina l'ascrizione della "notitia criminis" ad un soggetto determinato (inizio dell'azione penale in senso formale), ma è comprensivo anche delle precedenti attività istruttorie e di indagine in base alle quale può pervenirsi o all' istanza di archiviazione o alla formale richiesta di rinvio a giudizio per il prosieguo dell'accusa.
     L'art. 11 del d.P.R. n. 737/1981 enuclea, invero, una norma di garanzia chiamata ad operare in raccordo con l'art. 653 c.p.p. che, nel testo vigente all'epoca di adozione degli atti di cui è controversia, attribuiva alla sentenza penale di assoluzione efficacia di giudicato nel giudizio di responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all'accertamento che il fatto non sussiste e che l'imputato non lo ha commesso. Non ha senso quindi distinguere, agli effetti dell'applicazione dell'art. 11 del d.P.R. n. 737/1981, all'interno del processo penale le fasi procedimentali di istruttoria ed indagine indirizzate verso un soggetto determinato rispetto al momento di inizio formale dell'azione penale, poiché in entrambe casi ricorre l' "eadem ratio" sottesa all'art. 11, che è quella di prevenire antinomie fra gli esiti del procedimento penale e di quello disciplinare e di consentire all'inquisito di avvalersi della pronunzia assolutoria a discarico dell'addebito di trasgressione del codice disciplinare”). Si è anche espressa in tal senso la decisione della VI sezione n. 3488/08.
     Si sono pronunciate per la tesi contraria le  decisioni n.780 /1998 e 1573/1999 della IV sezione, nonché, pronunciando specificamente sull’interpretazione del riportato articolo 11, le decisioni n.2005/7095 e n.3069/2006 della VI sezione. Anche se tratta il diverso tema della decorrenza del termine di decadenza annuale per la proposizione dell’azione disciplinare nei confronti del magistrato, escludendo, ai fini dell’applicazione degli articoli 28 e 29 della legge sulle Guarentigie ( R. D. L.vo n. 511/1946), in dichiarato dissenso con la sentenza delle sezioni unite della Corte di cassazione n. 7406 dell’8 agosto 1997, l’equiparazione fra sentenze di proscioglimento e archiviazione, va fatto riferimento alla decisione del Consiglio di Stato, IV sezione, n. 3161 del 26 maggio 2006, a sostegno della tesi contraria alla sospensione del procedimento disciplinare nella fase delle indagini, preliminari (“La giurisprudenza amministrativa - approfondendo le implicazioni connesse al sistema dei rapporti tra il procedimento disciplinare e quello penale delineato dagli artt. 91 e segg. del T.U. n. 3 del 1957 - si è infatti ormai consolidata nel ritenere che l'esistenza di un procedimento penale al quale l'incolpato sia sottoposto va valutata in base ai criteri formali divisati dal nuovo codice di procedura, con la conseguenza che di azione penale in senso proprio non può parlarsi con riferimento alla fase preprocessuale delle indagini preliminari.
     In altri termini, il richiamo a nozioni o istituti processualpenalistici disposto da vecchie normative deve adeguarsi alla evoluzione del rito penale, nel quale oggi la soggezione al procedimento in senso tecnico (e cioè l'acquisto della veste di imputato) non deriva dall'esperimento delle indagini preliminari né dall'iscrizione nel registro degli indagati ma dalla richiesta di rinvio a giudizio all'esito di queste formulata dal Pubblico Ministero.
     In senso opposto non vale ricordare che ai sensi dell'art. 17 disp. att. cod. proc. penale e dall'art. 1 comma 8 D.L. n. 361 del 1995 convertito in legge n. 437 del 1995 il procedimento disciplinare a carico dei magistrati è rimasto (sino alla recentissima riforma) assoggettato alle regole stabilite dal vecchio codice di procedura penale del 1930.
     Al riguardo si osserva infatti, in primo luogo, che la salvezza dei rinvii al codice abrogato contenuti nella normativa di settore concerne propriamente l'articolazione procedurale e strutturale dell'iter disciplinare a carico dei magistrati e non la qualificazione della portata di atti giurisdizionali (sentenze o decreti) del tutto esterni rispetto al procedimento, pur se di fatto rilevanti per l'avvio di questo.
     In secondo luogo, comunque non sembra convincente la tesi che predica una completa assimilazione tra decreto di archiviazione (secondo il nuovo c.p.p.) e sentenza di proscioglimento istruttorio (secondo l'abrogato codice di rito).
     Infatti, il Decreto di archiviazione - emesso al termine di un procedimento preordinato sì all'esercizio della potestà punitiva statale ma collocato in un momento antecedente all'inizio dell'azione penale - non risulta formalmente assimilabile alla vecchia sentenza di proscioglimento istruttorio.
     Tale sentenza infatti presupponeva avvenuto, mediante la formulazione precisa dell'imputazione, il superamento del limite al di là del quale l'attività d'indagine o preistruttoria del pubblico ministero sfociava nell'istruzione sommaria e quindi nel processo.
     Il decreto interviene invece quando nessuna imputazione è mai stata formulata e chiude un segmento procedimentale (e non processuale) finalizzato alla ricerca ed assicurazione delle fonti di prova e non alla formazione di questa.
     Né può ritenersi che l'informazione di garanzia prevista dall'art. 369 c.p.p. equivalga nella sostanza ad un atto di contestazione del reato: l'informativa in questione infatti mira soltanto a salvaguardare i diritti e le facoltà difensive dell'indagato e spiega dunque effetti solo nei rapporti interni tra questi ed il P.M..
     In conclusione, a giudizio del Collegio, l'atto cui si riferisce la legge sulle Guarentigie va oggi individuato nella sentenza di cui al vigente c.p.p..
     In ogni caso, anche volendo applicare in senso non nominalistico la sistematica del vecchio c.p.p., il decreto di archiviazione non è assimilabile ad una sentenza di proscioglimento”).
     Oltre a quanto emerso attraverso la giurisprudenza riportata, il Collegio rileva come possa essere utile un’interpretazione sistematica che tenga conto degli interessi da tutelare in modo da individuare la  norma  che con maggior coerenza si integri nel sistema sanzionatorio dell’Amministrazione della pubblica sicurezza e del pubblico impiego in genere. Si deve in proposito avere riguardo anche alla circostanza che la disposizione oggetto di interpretazione era relativa al precedente codice di procedura penale, in cui il processo penale si articolava nella fase degli atti preliminari all’istruzione, che poteva concludersi con l’archiviazione o con la formulazione dell’imputazione, nella fase dell’istruzione (formale o sommaria) ed eventualmente, nel dibattimento. Questa notazione può indicare l’insufficienza di una interpretazione fondata esclusivamente sul significato che le espressioni “procedimento” e “processo” hanno assunto secondo il codice di procedura penale del 1988.
     Sotto l’aspetto indicato elemento rilevante, a sostegno della tesi seguita dal giudice di primo grado, è quello secondo il quale tale tesi è la più idonea a “prevenire antinomie fra gli esiti del procedimento penale e di quello disciplinare e di consentire all’inquisito di avvalersi della pronunzia assolutoria a discarico dell’’addebito di trasgressione del codice disciplinare”(CdS, VI sezione, 6 ottobre 2005, n. 5421, sopra citata). Si tratta di un argomento dal quale non può  prescindersi, tenuto conto anche della sentenza  della CEDU ( ric. n. 35522/04 in data 27 luglio 2007, Stavropoulos c. Grecia) che ha giudicato che la presunzione di innocenza di cui all’art 6, secondo comma, della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali  vincoli l’autorità disciplinare alla ricostruzione del fatto operata dal giudice penale anche se in forma dubitativa in favore dell’imputato.
     Argomenti a favore della tesi opposta, sostenuta dalla parte pubblica, sono:
     1) la circostanza che la Amministrazione nella maggior parte dei casi (ove siano state applicate misure cautelari) non sa che sono in corso indagini preliminari a carico del pubblico dipendente da parte del pubblico ministero;
     2) la previsione di cui all’art. 129 norme di attuazione c.p.p. che, nella prima parte del comma 1 prevede che: “Quando esercita l’azione penale nei confronti di un impiegato dello Stato o di altro ente pubblico, il pubblico ministero informa l’autorità da cui l’impiegato dipende, dando notizia dell’imputazione”. Poichè  tale previsione ha la finalità principale di portare a conoscenza dell’Amministrazione fatti che possono avere rilievo disciplinare, consentendo così la promozione dell’azione disciplinare, la fase precedente, delle indagini preliminari dovrebbe rimanere neutra rispetto all’azione disciplinare assumendo rilievo a tali fini la formale promozione dell’azione penale (artt. 405 e 60 c.p.p.);
     3) la considerazione che la lunga durata della fase delle indagini preliminari e, poi del processo penale attenua fortemente l’efficacia dell’azione disciplinare (va considerato che il relativo procedimento disciplinare deve essere iniziato e concluso in termini ristretti), svalutando sia l’aspetto punitivo che quello preventivo.
     L’adesione a questa interpretazione obbliga l’ Amministrazione a tener conto delle eventuali, successive sentenze irrevocabili del giudice penale sullo stesso fatto, ove esse rilevino ai fini disciplinari. e ciò può essere ottenuto attraverso il procedimento di autotutela. Tale procedimento, nell’ipotesi all’esame, dovrebbe essere sottoposto ai termini del procedimento disciplinare, considerando la conoscenza legale della sentenza irrevocabile alla stregua del fatto generatore della responsabilità disciplinare.
     Alla luce delle esposte considerazioni, il Collegio, riuniti i ricorsi, ritenuta infondata l’eccezione di inammissibilità dell’appello dell’Amministrazione, ritiene di rimettere la decisione della controversia all’Adunanza plenaria, ai sensi dell’art. 45, secondo comma, r.d. 26 giugno1924 n. 1054, come sostituito dall’art. 5, l. 21 dicembre 1950, n. 1018.
P.Q.M.
     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, riuniti i ricorsi in epigrafe, respinta l’eccezione di inammissibilità dell’appello della Amministrazione, rimette la decisione della controversia alla Adunanza plenaria.
     Spese al definitivo.
     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
     Così deciso in Roma, il 30 maggio 2008 dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:.
 
Presidente est.
.

 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 
Il 16/10/2008
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
.

 
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)
 
Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa
 
al Ministero..............................................................................................
 
a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642

 
                              Il Direttore della Segreteria


    Errata corrige: a pag. 10, rigo 9, fra le parole “ove” e “siano” aggiungere “non”.

Roma 23 ottobre 2008

                                 .




DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/10/2008
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
.
 
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)
 
Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa
 
al Ministero..............................................................................................
 
a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642

 
                              Il Direttore della Segreteria


N.R.G. 552-1266/2003


FF

  

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