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CAUSE DI NON PUNIBILITA'
Cass. pen. Sez. V, (ud. 03-06-2008) 28-10-2008, n. 40249
Cass. pen. Sez. V, (ud. 03-06-2008) 28-10-2008, n. 40249
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con
sentenza del 15.5.2007 la corte d'appello di Milano, in riforma della
sentenza assolutoria del tribunale di Lecco in data 9.11.2004,
dichiarava B.C., D.S.D. ed A. F. colpevoli i primi due (A) del reato di
cui agli artt. 110 e 81 cpv. c.p., art. 617 c.p., commi 1 e 3, art. 617 bis c.p., commi 1 e 2, art. 623 bis c.p. ed il terzo (B) del reato di cui all'art. 110 c.p., art. 617 c.p.,
commi 1 e 3, art. 623 bis c.p. e, ritenuta la continuazione e concesse a
tutti gli imputati le attenuanti generiche prevalenti sulle contestate
aggravanti, condannava il B. ed il D.S. alla pena di anni uno e mesi tre
di reclusione per ciascuno e l' A. alla pena di mesi sei di reclusione.
Al
B., direttore responsabile del giornale interattivo "(OMISSIS)", e al
D.S., dipendente dello stesso giornale, era stato contestato, in
concorso tra loro, di avere installato apparati e strumenti al fine di
intercettare comunicazioni o conversazioni telefoniche tra altre persone
e di avere, mediante tali apparati, fraudolentemente, preso cognizione
delle comunicazioni e delle conversazioni tra le centrali operative
delle Forze di Polizia e le pattuglie mobili sul territorio; mentre all'
A., collaboratore del predetto giornale interattivo e corrispondente
esterno del quotidiano "(OMISSIS)" era stato contestato di avere, in
concorso con il D.S., mediante un apparato radioricetrasmittente a
modulazione di frequenza munito di antenna ed un apparato radioricevente
anch'esso munito di antenna, fraudolentemente, preso cognizione delle
comunicazioni e delle conversazioni tra la centrale operativa del
comando compagnia carabinieri di (OMISSIS) e le pattuglie mobili sul
territorio.
Avverso la summenzionata sentenza
della corte d'appello di Milano gli imputati proponevano, mediante il
comune difensore, ricorso per cassazione.
Essi chiedevano l'annullamento della sentenza impugnata, deducendo:
1)
Inosservanza ed erronea applicazione di legge con riferimento alla
ritenuta sussistenza dei reati contestati. Le comunicazioni tra la
centrale operativa e le pattuglie delle forze dell'ordine non sarebbero
connotate da segretezza, essendo diffuse "in chiaro" per aria attraverso
onde elettromagnetiche, per cui esse non sarebbero tutelate
costituzionalmente e penalmente. La segretezza, peraltro, costruirebbe
requisito implicito del perfezionamento dei reati contestati.
2)
e 3) Inosservanza ed erronea applicazione di legge, nonchè mancanza,
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con
riferimento alla affermazione della responsabilità degli imputati. La
corte d'appello non avrebbe dimostrato la effettiva sussistenza dei
fatti contestati, la loro realizzazione da parte di ciascun imputato e
la ricorrenza del dolo.
4) Inosservanza ed
erronea applicazione di legge e carenza di motivazione con riferimento
al mancato riconoscimento dell'esimente del diritto di cronaca.
Il ricorso deve essere rigettato.
Il primo motivo non è fondato.
Il
problema posto con tale motivo è stato già affrontato da questa Corte
Suprema, la quale ha chiarito che integra gli estremi del reato di cui
all'art. 617 bis c.p. l'installazione di un apparecchio radioricevente
idoneo ad intercettare le trasmissioni della centrale operativa delle
forze dell'ordine (Cass. Pen. Sez. 5, 15.1.2008, n. 5299, Rv. 239115;
Cass. Pen. Sez. 5, 6.5.2004, n. 25488, Rv. 228895).
Conseguentemente, ricorre, nella specie, anche il contestato reato di cui all'art. 617 c.p., commi 1 e 3.
Anche il secondo ed il terzo motivo sono privi di fondamento.
La
realizzazione dei reati in questione da parte degli imputati è
dimostrata dal sequestro di apparati ricetrasmittenti, idonei a captare
le comunicazioni della centrale operativa dei carabinieri, all'interno
dell'autovettura con cui il D.S. e l' A. si stavano portando sul luogo
di un intervento dei carabinieri e nei locali del giornale "(OMISSIS)"
diretto dal B.. La sentenza impugnata evidenzia che gli imputati "non
negavano che gli strumenti sequestrati venivano utilizzati per
l'attività giornalistica" e che il dolo era desunto "dalla tipologia
dell'apparecchiatura illegittimamente installata, descritta dai testi
come idonea ad impedire o intercettare conversazioni su frequenze
riservate al Ministero della Difesa e in particolare utilizzate dal
comando provinciale dei carabinieri." Il quarto motivo è parimenti
infondato.
Il dedotto esercizio del diritto di
cronaca, sussistendone i presupposti, può scriminare il reato di
diffamazione, ma non i reati contestati.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in solido della spese del procedimento.
Così deciso in Roma, nella pubblica udienza, il 3 giugno 2008.
Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2008
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