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mercoledì 10 luglio 2019

N. 167 ORDINANZA 21 maggio - 9 luglio 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Responsabilita' amministrativa - Risarcimento del danno all'immagine della pubblica amministrazione in conseguenza di reati commessi da pubblici dipendenti - Delimitazione dell'ambito applicativo dell'azione proponibile dalle procure regionali della Corte dei conti. - Decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonche' proroga di termini) - convertito, con modificazioni, nella legge 3 agosto 2009, n. 102 - art. 17, comma 30-ter, come modificato dall'art. 1, comma 1, lettera c), numero 1), del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103 (Disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009), convertito, con modificazioni, nella legge 3 ottobre 2009, n. 141. - (GU n.28 del 10-7-2019 )



N. 167 ORDINANZA 21 maggio - 9 luglio 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Responsabilita' amministrativa - Risarcimento del danno  all'immagine
  della pubblica amministrazione in conseguenza di reati commessi  da
  pubblici  dipendenti  -   Delimitazione   dell'ambito   applicativo
  dell'azione proponibile dalle procure  regionali  della  Corte  dei
  conti.
- Decreto-legge 1°  luglio  2009,  n.  78  (Provvedimenti  anticrisi,
  nonche' proroga di termini) - convertito, con modificazioni,  nella
  legge 3  agosto  2009,  n.  102  -  art.  17,  comma  30-ter,  come
  modificato dall'art.  1,  comma  1,  lettera  c),  numero  1),  del
  decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103  (Disposizioni  correttive  del
  decreto-legge  anticrisi  n.  78   del   2009),   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 3 ottobre 2009, n. 141.

(GU n.28 del 10-7-2019 )
 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI,
     
    ha pronunciato la seguente

                              ORDINANZA

    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  17,  comma
30-ter, del  decreto-legge  1°  luglio  2009,  n.  78  (Provvedimenti
anticrisi,   nonche'   proroga   di   termini),    convertito,    con
modificazioni, nella legge 3 agosto 2009,  n.  102,  come  modificato
dall'art. 1, comma 1, lettera c),  numero  1),  del  decreto-legge  3
agosto 2009,  n.  103,  (Disposizioni  correttive  del  decreto-legge
anticrisi n. 78 del 2009), convertito, con modificazioni, nella legge
3 ottobre 2009, n. 141,  promosso  dalla  Corte  dei  conti,  sezione
giurisdizionale per la Regione Liguria, nel procedimento vertente tra
il Procuratore regionale della Corte dei conti per la Liguria e L. B.
ed altri con ordinanza dell'8 agosto 2018, iscritta  al  n.  175  del
registro ordinanze 2018 e pubblicate nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell'anno 2018.
    Visti l'atto di costituzione di L. B. e altri, nonche' l'atto  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    udito  nell'udienza  pubblica  del  21  maggio  2019  il  Giudice
relatore Augusto Antonio Barbera;
    uditi l'avvocato Alba Giordano per L. B.  e  altri  e  l'avvocato
dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio  dei
ministri.
    Ritenuto che con ordinanza dell'8 agosto 2018 la Corte dei conti,
sezione  giurisdizionale  per  la  Regione  Liguria,   ha   sollevato
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 17, comma  30-ter,
del decreto-legge 1° luglio 2009,  n.  78  (Provvedimenti  anticrisi,
nonche' proroga di termini),  convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 3 agosto 2009, n. 102, come modificato dall'art.  1,  comma  1,
lettera c), numero 1),  del  decreto-legge  3  agosto  2009,  n.  103
(Disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009),
convertito, con modificazioni, nella legge 3 ottobre  2009,  n.  141,
per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione;
    che la  Procura  contabile  aveva  evocato  in  giudizio  quattro
appartenenti alla Polizia di Stato, ritenuti responsabili dalla Corte
d'appello di Genova, fra l'altro, «del reato continuato  di  falsita'
ideologica commesso dal pubblico ufficiale  in  atti  pubblici»,  per
aver - durante una manifestazione svoltasi a Genova  nel  luglio  del
2001, in occasione del  vertice  dei  Capi  di  Stato  e  di  Governo
denominato  "G8"  -  operato  intenzionalmente  l'arresto  di  alcuni
manifestanti  al  di  fuori  dei  presupposti  di  legge,  affermando
falsamente nel relativo  verbale  e  nelle  successive  relazioni  di
servizio di  averli  sorpresi  mentre  ponevano  in  essere  condotte
violente e pericolose per l'incolumita' pubblica;
    che, in particolare, divenuta definitiva la condanna  in  seguito
al rigetto del ricorso per cassazione  proposto  dagli  imputati,  la
Procura  contabile  aveva  chiesto  la  condanna  dei   predetti   al
risarcimento del danno all'immagine subito dalla  Polizia  di  Stato,
determinato equitativamente in euro 200.000,00;
    che la norma impugnata prevede che  le  procure  regionali  della
Corte dei conti possono esercitare l'azione per il  risarcimento  del
danno all'immagine nei soli casi e modi previsti  dall'art.  7  della
legge 27 marzo 2001, n.  97  (Norme  sul  rapporto  tra  procedimento
penale e procedimento disciplinare ed effetti  del  giudicato  penale
nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche);
    che tale ultima disposizione,  a  sua  volta,  delimita  l'ambito
applicativo  dell'azione  risarcitoria  al  solo  caso  di   sentenza
irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti dei dipendenti  di
amministrazioni, enti pubblici o  enti  a  prevalente  partecipazione
pubblica per i delitti contro la  pubblica  amministrazione  previsti
nel Capo I del Titolo II del Libro II del codice penale;
    che, con riguardo alla rilevanza, il rimettente premette di  aver
gia' sollevato questione di legittimita' costituzionale  della  norma
indicata «nella parte in cui escludeva  l'esercizio  dell'azione  del
P.M. contabile per il risarcimento del danno all'immagine conseguente
a reati commessi da pubblici  dipendenti  nell'esercizio  delle  loro
funzioni, diversi da quelli contro la P.A.  di  cui  al  Capo  I  del
Titolo II del Libro II del codice  penale»,  e  che  tuttavia  questa
Corte, con ordinanza n. 145 del 2017, osservato che dopo  l'ordinanza
di rimessione la norma impugnata era stata abrogata, limitatamente al
primo periodo, dall'art. 4, comma  1,  lettera  h),  dell'all.  3  al
decreto legislativo 26 agosto  2016,  n.  174  (Codice  di  giustizia
contabile, adottato ai sensi dell'articolo 20 della  legge  7  agosto
2015, n. 124), e che l'art. 4, comma 1, lettera g), dello stesso all.
3 aveva abrogato l'art. 7 della legge n. 97 del 2001, aveva  ritenuto
che tali sopravvenute modifiche  avessero  determinato  una  profonda
trasformazione del quadro normativo di  riferimento,  realizzate  con
modalita' tale da influire sul contenuto e sulla prospettazione delle
censure, e percio' restituito gli atti al giudice a quo;
    che,  posta  tale  premessa,  il  rimettente  ritiene  di   dover
riproporre la medesima questione gia' sollevata, poiche' il  giudizio
principale e' stato introdotto anteriormente  all'entrata  in  vigore
della  nuova  disciplina  dell'azione  risarcitoria,  restando  cosi'
soggetto alla normativa previgente;
    che,  pertanto,  la  questione  sarebbe  rilevante   perche'   in
applicazione della disposizione impugnata la domanda di  risarcimento
del danno  all'immagine  dovrebbe  essere  dichiarata  improponibile,
cosi' come eccepito da tutti i convenuti;
    che, per quanto  attiene  alla  non  manifesta  infondatezza,  si
assume  in  primo  luogo  la  violazione  dell'art.   3   Cost.   per
l'irragionevolezza intrinseca  della  norma  impugnata,  che  in  via
generale restringe l'ambito oggettivo dei  presupposti  per  l'azione
risarcitoria, limitandolo ai  soli  delitti  dei  pubblici  ufficiali
contro la pubblica amministrazione ed escludendolo per altre condotte
delittuose di  rilevante  disvalore,  quale  quella  contemplata  nel
giudizio principale; la coerenza interna di tale  scelta  legislativa
sarebbe infatti incrinata dalla successiva  introduzione  di  singole
disposizioni che consentono l'esercizio dell'azione  in  presenza  di
fatti di reato meno gravi o anche di  fatti  non  costituenti  reato,
quali, in particolare:
    - l'art. 55-quinquies, comma 2, del decreto legislativo 30  marzo
2001  n.  165  (Norme  generali  sull'ordinamento  del  lavoro   alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche), inserito  dall'art.  69,
comma 1, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150  (Attuazione
della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di  ottimizzazione  della
produttivita' del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle
pubbliche  amministrazioni),  ove  e'  stabilito  che  il  lavoratore
dipendente  di  una  pubblica  amministrazione,  il   quale   attesta
falsamente la propria presenza in  servizio,  mediante  l'alterazione
dei sistemi di rilevamento  della  presenza  o  con  altre  modalita'
fraudolente, ovvero giustifica l'assenza dal  servizio  mediante  una
certificazione medica falsa o  falsamente  attestante  uno  stato  di
malattia, e' obbligato  a  risarcire  «il  danno  patrimoniale  [...]
nonche' il danno all'immagine subiti dall'amministrazione»;
    - l'art. 1, comma  12,  della  legge  6  novembre  2012,  n.  190
(Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione  e
dell'illegalita' nella pubblica amministrazione), a mente  del  quale
in caso di commissione, all'interno dell'amministrazione, di un reato
di  corruzione  accertato  con  sentenza  passata  in  giudicato,  il
responsabile individuato ai sensi del  comma  7  risponde  anche  del
danno all'immagine della pubblica amministrazione;
    - l'art. 46, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo  2013,  n.
33 (Riordino della  disciplina  riguardante  il  diritto  di  accesso
civico e gli obblighi di pubblicita',  trasparenza  e  diffusione  di
informazioni da parte delle  pubbliche  amministrazioni),  nel  testo
modificato dall'art. 37, comma 1, lettera b), del decreto legislativo
25 maggio 2016, n. 97 (Revisione e semplificazione delle disposizioni
in  materia  di   prevenzione   della   corruzione,   pubblicita'   e
trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012,  n.  190  e  del
decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai  sensi  dell'articolo  7
della legge 7 agosto 2015, n. 124,  in  materia  di  riorganizzazione
delle  amministrazioni  pubbliche),  secondo  cui  «[l]'inadempimento
degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente e il
rifiuto, il differimento e la limitazione dell'accesso  civico»,  nei
casi previsti, possono costituire «eventuale causa di responsabilita'
per danno all'immagine dell'amministrazione»;
    che,  in  secondo  luogo,  la  norma  censurata  si  porrebbe  in
contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., poiche', pur se  ispirata  alla
ratio di non ampliare le  ipotesi  di  responsabilita'  dei  pubblici
dipendenti  onde   evitare   «un   rallentamento   nell'efficacia   e
tempestivita' dell'azione amministrativa  dei  pubblici  poteri,  per
effetto dello stato diffuso di preoccupazione che potrebbe ingenerare
in  coloro  ai  quali,  in  definitiva,  e'   demandato   l'esercizio
dell'attivita' amministrativa» (sentenza n. 355  del  2010),  avrebbe
operato  un  erroneo  bilanciamento   degli   interessi   in   gioco,
sacrificando  in  misura  sproporzionata  il   diritto   all'immagine
dell'amministrazione  ed  introducendo  una   limitazione   eccedente
rispetto allo scopo avuto di mira e non necessaria, ove si  consideri
l'esistenza di altre misure dirette a restringere la  responsabilita'
dei dipendenti;
    che e' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  le  questioni  sollevate  vengano  dichiarate
inammissibili o infondate;
    che, in particolare, l'Avvocatura generale ha evidenziato che  le
censure formulate dal rimettente sono le stesse gia'  sottoposte,  in
piu' occasioni, allo  scrutinio  di  questa  Corte  e  giudicate  non
fondate, non sussistendo, per il resto, elementi nuovi dei  quali  si
renda necessaria la valutazione;
    che si sono inoltre costituiti in giudizio L. B., A. C. e S.  V.,
convenuti  nel   giudizio   principale,   i   quali   hanno   dedotto
l'infondatezza  della  questione,  rilevando  che   la   scelta   del
legislatore di circoscrivere l'area  del  danno  risarcibile  non  e'
manifestamente irragionevole, cosi' come  gia'  affermato  da  questa
Corte con numerose pronunzie.
    Considerato che la Corte dei conti, sezione  giurisdizionale  per
la Regione Liguria, con ordinanza dell'8 agosto  2018,  ha  sollevato
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 17, comma  30-ter,
del decreto-legge 1° luglio 2009,  n.  78  (Provvedimenti  anticrisi,
nonche' proroga di termini),  convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 3 agosto 2009, n. 102, come modificato dall'art.  1,  comma  1,
lettera c), numero 1),  del  decreto-legge  3  agosto  2009,  n.  103
(Disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009),
convertito, con modificazioni, nella legge 3 ottobre  2009,  n.  141,
per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione;
    che il rimettente ha non implausibilmente ritenuto  la  questione
rilevante, osservando che il giudizio  principale,  introdotto  prima
dell'entrata in vigore del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174
(Codice di giustizia contabile, adottato ai  sensi  dell'articolo  20
della legge 7 agosto 2015,  n.  124),  non  risente  delle  modifiche
introdotte da quest'ultimo alla disciplina del risarcimento del danno
all'immagine della  pubblica  amministrazione,  e  la  proponibilita'
della  relativa  azione  va  dunque  valutata  alla   stregua   della
disciplina previgente;
    che la questione e' manifestamente infondata;
    che la norma censurata prevede che  le  procure  regionali  della
Corte dei conti esercitino l'azione per  il  risarcimento  del  danno
all'immagine nei soli casi e modi previsti dall'art. 7 della legge 27
marzo 2001, n. 97 (Norme  sul  rapporto  tra  procedimento  penale  e
procedimento  disciplinare  ed  effetti  del  giudicato  penale   nei
confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche);
    che il richiamato art. 7 della legge n. 97 del 2001, a sua volta,
fa riferimento, ai fini della delimitazione  dell'ambito  applicativo
dell'azione risarcitoria,  alle  sentenze  irrevocabili  di  condanna
pronunciate, nei confronti dei dipendenti  di  amministrazioni  o  di
enti pubblici ovvero di enti a  prevalente  partecipazione  pubblica,
per i delitti contro la pubblica amministrazione previsti dal Capo  I
del Titolo II del Libro II del codice penale;
    che, con una prima censura, si assume la violazione  dell'art.  3
Cost., in quanto sarebbe irragionevole escludere  la  responsabilita'
nelle ipotesi in cui il  pubblico  dipendente  commetta  gravi  reati
estranei al novero indicato dalla norma impugnata, avuto riguardo  al
fatto  che,  in  epoca  successiva,  sono  state  introdotte  singole
disposizioni che consentono l'esercizio dell'azione  in  presenza  di
fatti di reato meno gravi o anche di fatti non costituenti reato;
    che, con una seconda censura, si assume poi la  violazione  degli
artt. 3 e 97 Cost., in quanto la  norma  impugnata,  nel  restringere
l'ambito della  responsabilita'  in  questione  per  non  appesantire
l'azione amministrativa  dei  pubblici  poteri,  avrebbe  operato  un
erroneo bilanciamento  degli  interessi  in  gioco,  sacrificando  in
misura sproporzionata il diritto all'immagine dell'amministrazione  e
introducendo una limitazione eccedente  rispetto  allo  scopo  e  non
necessaria, tenuto conto dell'esistenza di  altre  misure  dirette  a
restringere la responsabilita' dei dipendenti;
    che, con riguardo  all'ambito  oggettivo  di  applicazione  della
norma in esame, questa  Corte,  con  la  sentenza  n.  355  del  2010
(successivamente confermata dalle ordinanze n. 219,  221  e  286  del
2011), ha affermato anzitutto che rientra «nella discrezionalita' del
legislatore, con il solo limite della non manifesta  irragionevolezza
e  arbitrarieta'  della  scelta,   conformare   le   fattispecie   di
responsabilita' amministrativa, valutando le esigenze cui si  ritiene
di dover fare fronte»;
    che  la  stessa  decisione  ha  conseguentemente   ritenuto   non
manifestamente irragionevole la scelta del legislatore di  consentire
il risarcimento «soltanto  in  presenza  di  condotte  illecite,  che
integrino gli estremi di specifiche fattispecie delittuose,  volte  a
tutelare, tra l'altro, proprio il buon andamento,  l'imparzialita'  e
lo stesso prestigio dell'amministrazione»;
    che la finalita' della norma impugnata e' dunque quella  di  dare
coerenza alla disciplina del danno  all'immagine  all'interno  di  un
complessivo  disegno  legislativo  volto  a   ridurre   i   casi   di
responsabilita' amministrativa, «all'evidente scopo di consentire  un
esercizio dell'attivita'  di  amministrazione  della  cosa  pubblica,
oltre che piu' efficace ed efficiente, il piu'  possibile  scevro  da
appesantimenti, ritenuti dal legislatore eccessivamente onerosi,  per
chi e' chiamato, appunto, a porla in essere»  (sentenza  n.  355  del
2010);
    che    tale    scelta    non    esclude     la     ragionevolezza
dell'identificazione, all'interno di tale  disegno,  di  ulteriori  e
specifiche ipotesi di responsabilita', che si giustificano in ragione
della loro specialita';
    che i principi cosi' sintetizzati non sono posti  in  discussione
dalle  censure  formulate,  che  non  sottopongono  a  questa   Corte
argomenti e profili non considerati nei precedenti sopra richiamati;
    che neppure  rilevano  in  tal  senso  le  ipotesi  invocate  dal
rimettente per evidenziare una pretesa incoerenza di sistema;
    che, infatti, in ordine alla prima di esse -  quella  contemplata
dall'art. 55-quinquies, comma 2, del  decreto  legislativo  30  marzo
2001  n.  165  (Norme  generali  sull'ordinamento  del  lavoro   alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche), inserito  dall'art.  69,
comma 1, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150  (Attuazione
della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di  ottimizzazione  della
produttivita' del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle
pubbliche  amministrazioni),  ove  e'  prevista   la   condanna   del
dipendente   al   risarcimento   dei   danni   all'immagine    subiti
dall'amministrazione di appartenenza in conseguenza  di  sue  assenze
ingiustificate dal lavoro - la gia' citata sentenza n. 355  del  2010
ha affermato la possibilita' di «riconoscere l'esistenza  di  diritti
"propri" degli  enti  pubblici  e  conseguentemente  ammettere  forme
peculiari di risarcimento del danno non patrimoniale nel caso in  cui
i suddetti diritti vengano violati» e  che,  pertanto,  «[i]n  questa
prospettiva,   non   e'   manifestamente   irragionevole   ipotizzare
differenziazioni  di  tutele,  che  si  possono  attuare  a   livello
legislativo,  anche  mediante  forme  di   protezione   dell'immagine
dell'amministrazione pubblica a fronte di  condotte  dei  dipendenti,
specificamente tipizzate, meno pregnanti rispetto a quelle assicurate
alla persona fisica»;
    che analoghe considerazioni valgono per l'art. 1, comma 12, della
legge 6 novembre 2012, n. 190 (Disposizioni per la prevenzione  e  la
repressione  della  corruzione  e  dell'illegalita'  nella   pubblica
amministrazione);
    che tale norma, infatti, prevede  la  proponibilita'  dell'azione
risarcitoria nel caso in  cui  all'interno  dell'amministrazione  sia
accertato con sentenza definitiva un reato di corruzione, ovvero  uno
dei reati che consentono il risarcimento del  danno  all'immagine  ai
sensi della norma impugnata;
    che il  fatto  che,  in  tale  ipotesi,  l'esercizio  dell'azione
risarcitoria sia consentito nei  confronti  del  dirigente  di  ruolo
designato quale «Responsabile della prevenzione  della  corruzione  e
della trasparenza» (art. 1, comma 7, della l. n. 190  del  2012)  non
realizza  una  scelta  legislativa  manifestamente  irragionevole;  i
particolari poteri  e  compiti  attribuiti  dall'ordinamento  a  tale
figura,  infatti,  giustificano  un'affermazione  di  responsabilita'
conseguente  alle  relative  omissioni,  che  hanno   sostanzialmente
vanificato le misure a difesa dell'amministrazione, non impedendo  la
commissione del fatto corruttivo;
    che, infine, e quanto all'evocato art. 46, comma 1,  del  decreto
legislativo  14  marzo  2013,  n.  33  (Riordino   della   disciplina
riguardante  il  diritto  di  accesso  civico  e  gli   obblighi   di
pubblicita', trasparenza e diffusione di informazioni da parte  delle
pubbliche amministrazioni), nel testo modificato dall'art. 37,  comma
1, lettera  b),  del  decreto  legislativo  25  maggio  2016,  n.  97
(Revisione  e  semplificazione  delle  disposizioni  in  materia   di
prevenzione della corruzione, pubblicita' e  trasparenza,  correttivo
della legge 6 novembre 2012, n. 190  e  del  decreto  legislativo  14
marzo 2013, n. 33, ai sensi dell'articolo  7  della  legge  7  agosto
2015, n. 124, in materia di  riorganizzazione  delle  amministrazioni
pubbliche),   rileva,   a   giustificazione   dell'introduzione    di
un'ulteriore ipotesi risarcitoria, la sua finalita' di  rafforzamento
delle misure di trasparenza della pubblica amministrazione,  volte  a
coniugare l'efficienza della funzione pubblica  con  le  garanzie  di
tutela  delle  posizioni  giuridiche  dei  cittadini,  di  cui   sono
corollari i previsti obblighi di pubblicita'  e  l'accessibilita'  ai
documenti  amministrativi,  le  cui   previsioni   sono   qualificate
dall'ordinamento come livello essenziale  delle  prestazioni  erogate
dalle amministrazioni pubbliche.
     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art.   17,   comma   30-ter,   del
decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonche'
proroga di termini), convertito, con  modificazioni,  nella  legge  3
agosto 2009, n. 102, come modificato dall'art. 1,  comma  1,  lettera
c), numero 1), del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103  (Disposizioni
correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del  2009),  convertito,
con modificazioni, nella legge 3 ottobre 2009, n. 141, sollevata,  in
riferimento agli artt. 3 e 97 della  Costituzione,  dalla  Corte  dei
conti,  sezione  giurisdizionale  per   la   Regione   Liguria,   con
l'ordinanza indicata in epigrafe.

    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 maggio 2019.

                                F.to:
                    Giorgio LATTANZI, Presidente
                 Augusto Antonio BARBERA, Redattore
                     Roberto MILANA, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 9 luglio 2019.

                   Il Direttore della Cancelleria
                        F.to: Roberto MILANA

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