Translate
mercoledì 10 luglio 2019
N. 167 ORDINANZA 21 maggio - 9 luglio 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Responsabilita' amministrativa - Risarcimento del danno all'immagine della pubblica amministrazione in conseguenza di reati commessi da pubblici dipendenti - Delimitazione dell'ambito applicativo dell'azione proponibile dalle procure regionali della Corte dei conti. - Decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonche' proroga di termini) - convertito, con modificazioni, nella legge 3 agosto 2009, n. 102 - art. 17, comma 30-ter, come modificato dall'art. 1, comma 1, lettera c), numero 1), del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103 (Disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009), convertito, con modificazioni, nella legge 3 ottobre 2009, n. 141. - (GU n.28 del 10-7-2019 )
N. 167 ORDINANZA 21 maggio - 9 luglio 2019
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
Responsabilita' amministrativa - Risarcimento del danno all'immagine
della pubblica amministrazione in conseguenza di reati commessi da
pubblici dipendenti - Delimitazione dell'ambito applicativo
dell'azione proponibile dalle procure regionali della Corte dei
conti.
- Decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi,
nonche' proroga di termini) - convertito, con modificazioni, nella
legge 3 agosto 2009, n. 102 - art. 17, comma 30-ter, come
modificato dall'art. 1, comma 1, lettera c), numero 1), del
decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103 (Disposizioni correttive del
decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009), convertito, con
modificazioni, nella legge 3 ottobre 2009, n. 141.
-
(GU n.28 del 10-7-2019 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,
Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de
PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA,
Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca
ANTONINI,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 17, comma
30-ter, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti
anticrisi, nonche' proroga di termini), convertito, con
modificazioni, nella legge 3 agosto 2009, n. 102, come modificato
dall'art. 1, comma 1, lettera c), numero 1), del decreto-legge 3
agosto 2009, n. 103, (Disposizioni correttive del decreto-legge
anticrisi n. 78 del 2009), convertito, con modificazioni, nella legge
3 ottobre 2009, n. 141, promosso dalla Corte dei conti, sezione
giurisdizionale per la Regione Liguria, nel procedimento vertente tra
il Procuratore regionale della Corte dei conti per la Liguria e L. B.
ed altri con ordinanza dell'8 agosto 2018, iscritta al n. 175 del
registro ordinanze 2018 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell'anno 2018.
Visti l'atto di costituzione di L. B. e altri, nonche' l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 21 maggio 2019 il Giudice
relatore Augusto Antonio Barbera;
uditi l'avvocato Alba Giordano per L. B. e altri e l'avvocato
dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei
ministri.
Ritenuto che con ordinanza dell'8 agosto 2018 la Corte dei conti,
sezione giurisdizionale per la Regione Liguria, ha sollevato
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 17, comma 30-ter,
del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi,
nonche' proroga di termini), convertito, con modificazioni, nella
legge 3 agosto 2009, n. 102, come modificato dall'art. 1, comma 1,
lettera c), numero 1), del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103
(Disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009),
convertito, con modificazioni, nella legge 3 ottobre 2009, n. 141,
per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione;
che la Procura contabile aveva evocato in giudizio quattro
appartenenti alla Polizia di Stato, ritenuti responsabili dalla Corte
d'appello di Genova, fra l'altro, «del reato continuato di falsita'
ideologica commesso dal pubblico ufficiale in atti pubblici», per
aver - durante una manifestazione svoltasi a Genova nel luglio del
2001, in occasione del vertice dei Capi di Stato e di Governo
denominato "G8" - operato intenzionalmente l'arresto di alcuni
manifestanti al di fuori dei presupposti di legge, affermando
falsamente nel relativo verbale e nelle successive relazioni di
servizio di averli sorpresi mentre ponevano in essere condotte
violente e pericolose per l'incolumita' pubblica;
che, in particolare, divenuta definitiva la condanna in seguito
al rigetto del ricorso per cassazione proposto dagli imputati, la
Procura contabile aveva chiesto la condanna dei predetti al
risarcimento del danno all'immagine subito dalla Polizia di Stato,
determinato equitativamente in euro 200.000,00;
che la norma impugnata prevede che le procure regionali della
Corte dei conti possono esercitare l'azione per il risarcimento del
danno all'immagine nei soli casi e modi previsti dall'art. 7 della
legge 27 marzo 2001, n. 97 (Norme sul rapporto tra procedimento
penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale
nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche);
che tale ultima disposizione, a sua volta, delimita l'ambito
applicativo dell'azione risarcitoria al solo caso di sentenza
irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti dei dipendenti di
amministrazioni, enti pubblici o enti a prevalente partecipazione
pubblica per i delitti contro la pubblica amministrazione previsti
nel Capo I del Titolo II del Libro II del codice penale;
che, con riguardo alla rilevanza, il rimettente premette di aver
gia' sollevato questione di legittimita' costituzionale della norma
indicata «nella parte in cui escludeva l'esercizio dell'azione del
P.M. contabile per il risarcimento del danno all'immagine conseguente
a reati commessi da pubblici dipendenti nell'esercizio delle loro
funzioni, diversi da quelli contro la P.A. di cui al Capo I del
Titolo II del Libro II del codice penale», e che tuttavia questa
Corte, con ordinanza n. 145 del 2017, osservato che dopo l'ordinanza
di rimessione la norma impugnata era stata abrogata, limitatamente al
primo periodo, dall'art. 4, comma 1, lettera h), dell'all. 3 al
decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174 (Codice di giustizia
contabile, adottato ai sensi dell'articolo 20 della legge 7 agosto
2015, n. 124), e che l'art. 4, comma 1, lettera g), dello stesso all.
3 aveva abrogato l'art. 7 della legge n. 97 del 2001, aveva ritenuto
che tali sopravvenute modifiche avessero determinato una profonda
trasformazione del quadro normativo di riferimento, realizzate con
modalita' tale da influire sul contenuto e sulla prospettazione delle
censure, e percio' restituito gli atti al giudice a quo;
che, posta tale premessa, il rimettente ritiene di dover
riproporre la medesima questione gia' sollevata, poiche' il giudizio
principale e' stato introdotto anteriormente all'entrata in vigore
della nuova disciplina dell'azione risarcitoria, restando cosi'
soggetto alla normativa previgente;
che, pertanto, la questione sarebbe rilevante perche' in
applicazione della disposizione impugnata la domanda di risarcimento
del danno all'immagine dovrebbe essere dichiarata improponibile,
cosi' come eccepito da tutti i convenuti;
che, per quanto attiene alla non manifesta infondatezza, si
assume in primo luogo la violazione dell'art. 3 Cost. per
l'irragionevolezza intrinseca della norma impugnata, che in via
generale restringe l'ambito oggettivo dei presupposti per l'azione
risarcitoria, limitandolo ai soli delitti dei pubblici ufficiali
contro la pubblica amministrazione ed escludendolo per altre condotte
delittuose di rilevante disvalore, quale quella contemplata nel
giudizio principale; la coerenza interna di tale scelta legislativa
sarebbe infatti incrinata dalla successiva introduzione di singole
disposizioni che consentono l'esercizio dell'azione in presenza di
fatti di reato meno gravi o anche di fatti non costituenti reato,
quali, in particolare:
- l'art. 55-quinquies, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo
2001 n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche), inserito dall'art. 69,
comma 1, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione
della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della
produttivita' del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle
pubbliche amministrazioni), ove e' stabilito che il lavoratore
dipendente di una pubblica amministrazione, il quale attesta
falsamente la propria presenza in servizio, mediante l'alterazione
dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalita'
fraudolente, ovvero giustifica l'assenza dal servizio mediante una
certificazione medica falsa o falsamente attestante uno stato di
malattia, e' obbligato a risarcire «il danno patrimoniale [...]
nonche' il danno all'immagine subiti dall'amministrazione»;
- l'art. 1, comma 12, della legge 6 novembre 2012, n. 190
(Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e
dell'illegalita' nella pubblica amministrazione), a mente del quale
in caso di commissione, all'interno dell'amministrazione, di un reato
di corruzione accertato con sentenza passata in giudicato, il
responsabile individuato ai sensi del comma 7 risponde anche del
danno all'immagine della pubblica amministrazione;
- l'art. 46, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n.
33 (Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso
civico e gli obblighi di pubblicita', trasparenza e diffusione di
informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni), nel testo
modificato dall'art. 37, comma 1, lettera b), del decreto legislativo
25 maggio 2016, n. 97 (Revisione e semplificazione delle disposizioni
in materia di prevenzione della corruzione, pubblicita' e
trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del
decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell'articolo 7
della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione
delle amministrazioni pubbliche), secondo cui «[l]'inadempimento
degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente e il
rifiuto, il differimento e la limitazione dell'accesso civico», nei
casi previsti, possono costituire «eventuale causa di responsabilita'
per danno all'immagine dell'amministrazione»;
che, in secondo luogo, la norma censurata si porrebbe in
contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., poiche', pur se ispirata alla
ratio di non ampliare le ipotesi di responsabilita' dei pubblici
dipendenti onde evitare «un rallentamento nell'efficacia e
tempestivita' dell'azione amministrativa dei pubblici poteri, per
effetto dello stato diffuso di preoccupazione che potrebbe ingenerare
in coloro ai quali, in definitiva, e' demandato l'esercizio
dell'attivita' amministrativa» (sentenza n. 355 del 2010), avrebbe
operato un erroneo bilanciamento degli interessi in gioco,
sacrificando in misura sproporzionata il diritto all'immagine
dell'amministrazione ed introducendo una limitazione eccedente
rispetto allo scopo avuto di mira e non necessaria, ove si consideri
l'esistenza di altre misure dirette a restringere la responsabilita'
dei dipendenti;
che e' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che le questioni sollevate vengano dichiarate
inammissibili o infondate;
che, in particolare, l'Avvocatura generale ha evidenziato che le
censure formulate dal rimettente sono le stesse gia' sottoposte, in
piu' occasioni, allo scrutinio di questa Corte e giudicate non
fondate, non sussistendo, per il resto, elementi nuovi dei quali si
renda necessaria la valutazione;
che si sono inoltre costituiti in giudizio L. B., A. C. e S. V.,
convenuti nel giudizio principale, i quali hanno dedotto
l'infondatezza della questione, rilevando che la scelta del
legislatore di circoscrivere l'area del danno risarcibile non e'
manifestamente irragionevole, cosi' come gia' affermato da questa
Corte con numerose pronunzie.
Considerato che la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per
la Regione Liguria, con ordinanza dell'8 agosto 2018, ha sollevato
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 17, comma 30-ter,
del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi,
nonche' proroga di termini), convertito, con modificazioni, nella
legge 3 agosto 2009, n. 102, come modificato dall'art. 1, comma 1,
lettera c), numero 1), del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103
(Disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009),
convertito, con modificazioni, nella legge 3 ottobre 2009, n. 141,
per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione;
che il rimettente ha non implausibilmente ritenuto la questione
rilevante, osservando che il giudizio principale, introdotto prima
dell'entrata in vigore del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174
(Codice di giustizia contabile, adottato ai sensi dell'articolo 20
della legge 7 agosto 2015, n. 124), non risente delle modifiche
introdotte da quest'ultimo alla disciplina del risarcimento del danno
all'immagine della pubblica amministrazione, e la proponibilita'
della relativa azione va dunque valutata alla stregua della
disciplina previgente;
che la questione e' manifestamente infondata;
che la norma censurata prevede che le procure regionali della
Corte dei conti esercitino l'azione per il risarcimento del danno
all'immagine nei soli casi e modi previsti dall'art. 7 della legge 27
marzo 2001, n. 97 (Norme sul rapporto tra procedimento penale e
procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei
confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche);
che il richiamato art. 7 della legge n. 97 del 2001, a sua volta,
fa riferimento, ai fini della delimitazione dell'ambito applicativo
dell'azione risarcitoria, alle sentenze irrevocabili di condanna
pronunciate, nei confronti dei dipendenti di amministrazioni o di
enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica,
per i delitti contro la pubblica amministrazione previsti dal Capo I
del Titolo II del Libro II del codice penale;
che, con una prima censura, si assume la violazione dell'art. 3
Cost., in quanto sarebbe irragionevole escludere la responsabilita'
nelle ipotesi in cui il pubblico dipendente commetta gravi reati
estranei al novero indicato dalla norma impugnata, avuto riguardo al
fatto che, in epoca successiva, sono state introdotte singole
disposizioni che consentono l'esercizio dell'azione in presenza di
fatti di reato meno gravi o anche di fatti non costituenti reato;
che, con una seconda censura, si assume poi la violazione degli
artt. 3 e 97 Cost., in quanto la norma impugnata, nel restringere
l'ambito della responsabilita' in questione per non appesantire
l'azione amministrativa dei pubblici poteri, avrebbe operato un
erroneo bilanciamento degli interessi in gioco, sacrificando in
misura sproporzionata il diritto all'immagine dell'amministrazione e
introducendo una limitazione eccedente rispetto allo scopo e non
necessaria, tenuto conto dell'esistenza di altre misure dirette a
restringere la responsabilita' dei dipendenti;
che, con riguardo all'ambito oggettivo di applicazione della
norma in esame, questa Corte, con la sentenza n. 355 del 2010
(successivamente confermata dalle ordinanze n. 219, 221 e 286 del
2011), ha affermato anzitutto che rientra «nella discrezionalita' del
legislatore, con il solo limite della non manifesta irragionevolezza
e arbitrarieta' della scelta, conformare le fattispecie di
responsabilita' amministrativa, valutando le esigenze cui si ritiene
di dover fare fronte»;
che la stessa decisione ha conseguentemente ritenuto non
manifestamente irragionevole la scelta del legislatore di consentire
il risarcimento «soltanto in presenza di condotte illecite, che
integrino gli estremi di specifiche fattispecie delittuose, volte a
tutelare, tra l'altro, proprio il buon andamento, l'imparzialita' e
lo stesso prestigio dell'amministrazione»;
che la finalita' della norma impugnata e' dunque quella di dare
coerenza alla disciplina del danno all'immagine all'interno di un
complessivo disegno legislativo volto a ridurre i casi di
responsabilita' amministrativa, «all'evidente scopo di consentire un
esercizio dell'attivita' di amministrazione della cosa pubblica,
oltre che piu' efficace ed efficiente, il piu' possibile scevro da
appesantimenti, ritenuti dal legislatore eccessivamente onerosi, per
chi e' chiamato, appunto, a porla in essere» (sentenza n. 355 del
2010);
che tale scelta non esclude la ragionevolezza
dell'identificazione, all'interno di tale disegno, di ulteriori e
specifiche ipotesi di responsabilita', che si giustificano in ragione
della loro specialita';
che i principi cosi' sintetizzati non sono posti in discussione
dalle censure formulate, che non sottopongono a questa Corte
argomenti e profili non considerati nei precedenti sopra richiamati;
che neppure rilevano in tal senso le ipotesi invocate dal
rimettente per evidenziare una pretesa incoerenza di sistema;
che, infatti, in ordine alla prima di esse - quella contemplata
dall'art. 55-quinquies, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo
2001 n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche), inserito dall'art. 69,
comma 1, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione
della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della
produttivita' del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle
pubbliche amministrazioni), ove e' prevista la condanna del
dipendente al risarcimento dei danni all'immagine subiti
dall'amministrazione di appartenenza in conseguenza di sue assenze
ingiustificate dal lavoro - la gia' citata sentenza n. 355 del 2010
ha affermato la possibilita' di «riconoscere l'esistenza di diritti
"propri" degli enti pubblici e conseguentemente ammettere forme
peculiari di risarcimento del danno non patrimoniale nel caso in cui
i suddetti diritti vengano violati» e che, pertanto, «[i]n questa
prospettiva, non e' manifestamente irragionevole ipotizzare
differenziazioni di tutele, che si possono attuare a livello
legislativo, anche mediante forme di protezione dell'immagine
dell'amministrazione pubblica a fronte di condotte dei dipendenti,
specificamente tipizzate, meno pregnanti rispetto a quelle assicurate
alla persona fisica»;
che analoghe considerazioni valgono per l'art. 1, comma 12, della
legge 6 novembre 2012, n. 190 (Disposizioni per la prevenzione e la
repressione della corruzione e dell'illegalita' nella pubblica
amministrazione);
che tale norma, infatti, prevede la proponibilita' dell'azione
risarcitoria nel caso in cui all'interno dell'amministrazione sia
accertato con sentenza definitiva un reato di corruzione, ovvero uno
dei reati che consentono il risarcimento del danno all'immagine ai
sensi della norma impugnata;
che il fatto che, in tale ipotesi, l'esercizio dell'azione
risarcitoria sia consentito nei confronti del dirigente di ruolo
designato quale «Responsabile della prevenzione della corruzione e
della trasparenza» (art. 1, comma 7, della l. n. 190 del 2012) non
realizza una scelta legislativa manifestamente irragionevole; i
particolari poteri e compiti attribuiti dall'ordinamento a tale
figura, infatti, giustificano un'affermazione di responsabilita'
conseguente alle relative omissioni, che hanno sostanzialmente
vanificato le misure a difesa dell'amministrazione, non impedendo la
commissione del fatto corruttivo;
che, infine, e quanto all'evocato art. 46, comma 1, del decreto
legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (Riordino della disciplina
riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di
pubblicita', trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle
pubbliche amministrazioni), nel testo modificato dall'art. 37, comma
1, lettera b), del decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97
(Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di
prevenzione della corruzione, pubblicita' e trasparenza, correttivo
della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14
marzo 2013, n. 33, ai sensi dell'articolo 7 della legge 7 agosto
2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni
pubbliche), rileva, a giustificazione dell'introduzione di
un'ulteriore ipotesi risarcitoria, la sua finalita' di rafforzamento
delle misure di trasparenza della pubblica amministrazione, volte a
coniugare l'efficienza della funzione pubblica con le garanzie di
tutela delle posizioni giuridiche dei cittadini, di cui sono
corollari i previsti obblighi di pubblicita' e l'accessibilita' ai
documenti amministrativi, le cui previsioni sono qualificate
dall'ordinamento come livello essenziale delle prestazioni erogate
dalle amministrazioni pubbliche.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 17, comma 30-ter, del
decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonche'
proroga di termini), convertito, con modificazioni, nella legge 3
agosto 2009, n. 102, come modificato dall'art. 1, comma 1, lettera
c), numero 1), del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103 (Disposizioni
correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009), convertito,
con modificazioni, nella legge 3 ottobre 2009, n. 141, sollevata, in
riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dalla Corte dei
conti, sezione giurisdizionale per la Regione Liguria, con
l'ordinanza indicata in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 maggio 2019.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Augusto Antonio BARBERA, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 9 luglio 2019.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento