Cassazione Civile, sezione Sesta, Orddinanza n. 13425 del 17/06/2011
La Corte,
La Corte,
letta la relazione del Cons. Paolo Stile;
udite le richieste del P.M., dott. Ignazio Patrone;
esaminati gli atti, osserva:
Con ricorso depositato il 28.11 05, [OMISSIS], reggente e poi titolare dell’Ufficio Postale [OMISSIS], proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Rieti con cui era stata dichiarata legittima la sanzione inflittale dalla società Poste il 20.10.03, consistente nella sospensione dal servizio e dalla retribuzione per due giorni, in conseguenza dei due addebiti contestatile (avere affisso un cartello con cui si invitava la clientela a non elargire mance al personale; per essere stata constatata una giacenza di corrispondenza nel suo ufficio di circa 120 Kg). Instauratosi il contraddittorio la Corte di Appello di Roma, con sentenza n 6932/08, in riforma della impugnata decisione di primo grado, dichiarava l’illegittimità della adottata sanzione.
Con ricorso depositato il 28.11 05, [OMISSIS], reggente e poi titolare dell’Ufficio Postale [OMISSIS], proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Rieti con cui era stata dichiarata legittima la sanzione inflittale dalla società Poste il 20.10.03, consistente nella sospensione dal servizio e dalla retribuzione per due giorni, in conseguenza dei due addebiti contestatile (avere affisso un cartello con cui si invitava la clientela a non elargire mance al personale; per essere stata constatata una giacenza di corrispondenza nel suo ufficio di circa 120 Kg). Instauratosi il contraddittorio la Corte di Appello di Roma, con sentenza n 6932/08, in riforma della impugnata decisione di primo grado, dichiarava l’illegittimità della adottata sanzione.
Per la cassazione di tale pronuncia ricorre Poste Italiane spa.
Resiste la [OMISSIS] con controricorso.
Diritto
Il ricorso di Poste Italiane spa si fonda su due motivi: 1. violazione e falsa applicazione degli artt. 51, 52 e 53 del CCNL del 2003 e degli artt. 2104 e 2106 c.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.); 2. omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 n. 5 c.p.c.). Entrambi i motivi non possono trovare accoglimento.
Diritto
Il ricorso di Poste Italiane spa si fonda su due motivi: 1. violazione e falsa applicazione degli artt. 51, 52 e 53 del CCNL del 2003 e degli artt. 2104 e 2106 c.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.); 2. omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 n. 5 c.p.c.). Entrambi i motivi non possono trovare accoglimento.
La Corte territoriale, con motivazione
priva di vizi logici, ha accertato che la [OMISSIS] nella vicenda ha
mostrato serietà ed attaccamento all’azienda, adoperandosi
preliminarmente presso il personale alle sue dipendenze al fine di
interrompere una riprovevole ed annosa abitudine, che coinvolgeva il
personale stesso, cioè quella di accertare eventuali mance dai clienti e
poi affiggendo il cartello in contestazione con la dicitura “si prega
cortesemente la gentile clientela di non lasciare compensi (mance) ai
dipendenti Poste ltaliane spa”.
1. La sentenza impugnata, quanto
all’affissione del cartello ha stabilito che se è pur vero che potrebbe
per un verso sostenersi che essa fosse idonea a determinare disagio tra
gli utenti, d’altro canto è pur vero che potrebbe aver determinato, dopo
incontestate ed esplicite disposizioni in tal senso impartite dalla
[OMISSIS] ai dipendenti ai sensi dell’art. 51 CCNL (che vieta
l’accettazione di mance da parte dei dipendenti), un senso di serietà o
quanto meno di solerte intervento da parte della titolare dell’ UP.
Pertanto, nella fattispecie in esame
-come lascia intendere il Giudice a quo – la condotta della D’ A. lungi
dal dover essere censurata per mancanza del dovere di diligenza sancito
dall’art. 2104 c.c. e del dovere di fedeltà di cui all’art. 2105 c.c., o
per violazione di norme contrattuali, doveva e deve essere considerata
idonea a salvaguardare il buon nome e l’immagine dell’azienda, atteso
che gli artt. 2104 e 1176 c.c. impongono al lavoratore di eseguire la
prestazione, anche in assenza di specifiche direttive del datore di
lavoro, come nel caso di specie, secondo la particolare qualità
dell’attività dovuta, risultante dalle mansioni e dai profili
professionali che la definiscono, e di osservare altresì tutti quei
comportamenti accessori e quelle cautele che si rendano necessari ad
assicurare una gestione professionalmente corretta. (Cass. Civ. sez.
Lav. n. 12769/2000)
Anche il secondo motivo di ricorso non
può trovare accoglimento in quanto le censure contenute in tale motivo
di ricorso appaiono attinenti a valutazioni e accertamenti fattuali,
inammissibili in questa sede. In particolare, in merito alle circostanze
che avrebbero determinato la giacenza della corrispondenza, la Corte
territoriale ha dato una motivazione convincente ed immune da vizi
logici, suffragata tra l’altro, anche in questo caso da dati probatori
documentali e testimoniali.
Non risultando nell’ iter argomentativo della Corte territoriale i denunciati vizi, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio, liquidate come da dìspositivo, seguono la soccombenza
P.Q.M.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna
la ricorrente alle spese di questo giudizio, liquidate in 30,00 oltre €
1.500,00 per onorari ed oltre spese generali, 1VA e CPA.
Depositata in Cancelleria il 17 giugno 2011
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