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lunedì 27 giugno 2011

Cassazione "...Secondo la ricostruzione del fatto operata nella sentenza gravata ####################., in qualità di maresciallo capo dell'Arma dei Carabinieri,  nel corso di una discussione all'interno del proprio ufficio, in caserma, con il carabiniere scelto ####################, cui rimproverava animatamente di non aver ottemperato all'obbligo di rimanere in caserma per almeno due ore a notte, afferrava il medesimo interlocutore per il braccio destro e, sospingendolo fino alla porta di comunicazione con l'ufficio contiguo del piantone, lo spintonava con violenza contro il mobile che si trovava all'interno di quest'ultima stanza...."


REATO MILITARE - SENTENZA PENALE
Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-05-2011) 26-05-2011, n. 21228
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
1.  - Con sentenza deliberata in data 6 ottobre 2010, depositata in cancelleria il 3 novembre 2010, la Corte Militare di Appello di Roma, in  parziale riforma della sentenza 16 febbraio 2010 del Tribunale Militare  di Verona, applicate le attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p., riduceva la pena inflitta con i doppi benefici di legge a ####################., imputato  del reato di violenza contro un inferiore, alla pena di mesi otto di reclusione militare, oltre al pagamento delle spese processuali del giudizio.
1.1. - Secondo la ricostruzione del fatto operata nella sentenza gravata ####################., in qualità di maresciallo capo dell'Arma dei Carabinieri,  nel corso di una discussione all'interno del proprio ufficio, in caserma, con il carabiniere scelto ####################, cui rimproverava animatamente di non aver ottemperato all'obbligo di rimanere in caserma per almeno due ore a notte, afferrava il medesimo interlocutore per il braccio destro e, sospingendolo fino alla porta di comunicazione con l'ufficio contiguo del piantone, lo spintonava con violenza contro il mobile che si trovava all'interno di quest'ultima stanza.
1.2.  - Il giudice di merito richiamava, onde pervenire alla formulazione del  giudizio di responsabilità, il dato probatorio consistito dalle dichiarazioni dei testimoni escussi presenti al momento del fatto nella stanza del piantone, vale a dire il Maresciallo P. e l'Appuntato M..
In  sentenza veniva fatto riferimento inoltre al fatto che il carabiniere --., durante il successivo espletamento del turno di servizio di pattuglia automontata, rivelava al collega Po. di aver avuto un diverbio  con il Comandante della Stazione e di essere stato da lui spintonato contro un mobile.
Le dichiarazioni dissonanti degli altri testi, vale a dire degli operai --- impegnati ad effettuare lavori edili nei pressi dell'ufficio del Comandante e di ---., occupato a presentare una denuncia all'appuntato M. (tutti avevano dichiarato di nulla aver avvertito in quel frangente) potevano invece essere spiegate, secondo il giudicante con il fatto che gli operai ben potevano trovarsi altrove al momento del violento diverbio, in un punto cioè in cui non era stato per loro possibile sentire le grida, mentre il  L. aveva sicuramente reso testimonianza reticente.
2.  - Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore avv. ---, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione il G. chiedendone l'annullamento per i seguenti profili:
a)  con il primo motivo di impugnazione veniva rilevata la mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato e da atti processuali specificatamente indicati nel contesto del gravame, con riferimento all'art. 606 c.p.p.,  comma 1, lett. e); la decisione gravata poggiava, con motivazione illogica e contraddittoria, su una scelta di campo, quella cioè di aver voluto, da un Iato, dare ragione ai militari sottoposti al prevenuto e che nutrivano nei suoi confronti, per ragioni diverse, risentimento per passati trascorsi e, dall'altro, non attendibili le affermazioni di persone estranee all'ambiente militare, quali L., B. e N. non ritenuti credibili per il solo fatto di aver reso affermazioni non concordanti con quelle dei Carabinieri;  il giudice, in altre parole, ha riservato fede privilegiata ai militi, in quanto tali, non avendo tenuto
conto che i civili rischiavano ugualmente gravi conseguenze penali in caso di falsa testimonianza.
Parimenti censurabile è l'affermazione scritta in sentenza secondo cui il non aver escluso i Carabinieri nelle loro deposizioni la presenza dei civili doveva ritenersi segno di  genuinità delle propalazioni stesse, posto che con ciò si escludeva a priori l'eventualità che i militi avessero sostenuto una versione non veritiera quale risultato di una confluenza non concordata delle loro testimonianze;
b) con il secondo motivo di impugnazione veniva eccepita la mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato e da atti processuali specificatamente indicati nel contesto del gravame e, in particolare, l'omessa o insufficiente considerazione dei motivi addotti in sede di appello, con riferimento all'art. 606 c.p.p.,  comma 1, lett. e); veniva in particolare avversata l'affermazione contenuta in sentenza relativa al fatto che si fosse considerata l'eventualità che gli operai non si trovassero al momento del litigio nei pressi dell'ufficio del G., posto che il luogo e gli orari coincidevano con il fatto per cui è giudizio.
Non  si è poi tenuto conto del fatto che la mancata esibizione della relazione scritta da parte del B., che egli sostiene di aver redatto a seguito dell'episodio ma non inviato ai suoi superiori, non è tanto indice di non animosità del Carabiniere, come affermato dalla Corte territoriale, quanto di inaffidabilità del suo contenuto dichiarativo.
Censurabile  era inoltre l'affermazione, parimenti contenuta in sentenza, secondo cui la smentita da parte del Capitano Ba. di aver ricevuto la confidenza  del Carabiniere B. circa l'alterco avuto con il suo Comandante era giustificabile con una lacuna mnemonica dell'ufficiale, posto che il Capitano aveva reso in dibattimento una testimonianza lucida e precisa ricordando con esattezza i termini del colloquio avuto con la parte offesa senza però ricordare la denuncia invece rammentata dal B..
E'  inoltre da censurarsi l'assunto esposto in sentenza secondo cui il L. avrebbe reso falsa testimonianza per il fatto che, quantomeno, non aveva  riferito delle grida che lo stesso G. aveva ammesso per contro di aver fatto, posto che non solo il ricorrente non ha indicato l'orario in cui tale circostanza si era verificata, ma ha anche escluso che fosse avvenuta in presenza del L., di cui peraltro il giudice non ha chiarito le ragioni della pretesa falsa testimonianza;
c) con il terzo motivo di impugnazione veniva eccepita l'inosservanza ed erronea applicazione di norme processuali (art. 603 c.p.p.)  nonchè mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato e da dati processuali specificatamente indicati nel contesto dell'appello, con riferimento all'art. 606 c.p.p.,  comma 1, lett. c) ed e); veniva ribadito che, in sede di appello, era stata avanzata richiesta di rinnovazione parziale dell'istruttoria dibattimentale per il confronto tra il L., il P. e il M., esperimento che, in un primo momento, era stato accolto dal Tribunale di Verona, ma che poi non si era potuto concretizzare solo per la mancata comparizione  dei due militi.
Sul punto la Corte territoriale non ha fornito adeguata motivazione circa il mancato rinnovo dell'incombente istruttorio.Motivi della decisione
3. - Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.
3.1  - Le argomentazioni espresse dal giudice di merito, sia in primo che in  secondo grado, devono ritenersi congrue e logiche sottraendosi per questo a qualsivoglia censura difensiva esposta in gravame.
Deve  per vero rilevarsi che la scelta di fondare la responsabilità del prevenuto sulla testimonianza dei tre militari non è il frutto di una mera valutazione acritica e imparziale delle prove dichiarative, basata sulla sola considerazione che i militari, rispetto ai civili, avrebbero un obbligo qualificato (in più) di dire la verità e discendente dalla loro professione, quanto dal fatto che tali propalazioni sono perfettamente concordi tra loro per essere i militari stati presenti al momento del fatto, mentre tra i testi "discordanti" il giudice rammenta essere stato solo il L. presente al fatto in quanto gli operai dovevano recarsi anche fuori dalla caserma per la esecuzione di lavori manutentivi.
Il giudice, a ben vedere, fa dunque leva sul fatto che le testimonianze diacroniche non si ponevano tutte sullo stesso piano, posto che i due operai, pur lavorando stabilmente dalle parti dell'ufficio del Comandante, ben avrebbero potuto in quel preciso frangente trovarsi altrove e dunque nelle condizioni di non aver sentito nulla per impossibilità fisica di ascoltare.
In altre parole la Corte di Appello  distingue sì, in via sistematica, la posizione dei testi "civili" da quelli militari, ma per il solo fatto "materiale" che non tutti erano testi oculari, bensì solo uno di essi, vale a dire il L., che ha reso affermazioni, come ha sottolineato la Corte di appello, persino in contrasto con le dichiarazioni dell'imputato e dunque si era rivelata non attendibile di per sè, a prescindere dal suo contrasto con le altre testimonianze.
3.1.1. - A questa considerazione, il giudice di merito ne aggiunge altre: non solo quella che i militi testimoni sono anche Carabinieri,  sicchè l'onere di dire la verità è per loro quanto meno più significativa (per dovere di istituto prima che per altre considerazioni) a parità di conseguenze penali (con i civili) cui avrebbero potuto andare incontro nel caso di falsa testimonianza, ma anche il fatto che il carabiniere B. si fosse confidato nella immediatezza dell'episodio con il collega Po. di quanto accadutogli, carabiniere -. che è rimasto estraneo all'accaduto e che dunque si sottrae a quella logica difensiva secondo cui tutti i carabinieri denuncianti hanno sostenuto il falso per aver nutrito motivi di acrimonia nei confronti del Comandante.
Non  solo, ma la testimonianza del --. è particolarmente rilevante, come evidenzia lo stesso giudice di merito, perchè contraddice la versione dei fatti fornita dall'imputato là ove quest'ultimo nega, tra le altre cose, di aver fatto rientrare la pattuglia automontata (composta dalla parte lesa e dallo stesso -.) prima del tempo in quanto doveva comunicare al B. gli esiti del colloquio avuto con il proprio superiore.
Infine  la Corte fa riferimento alla circostanza che è stato lo stesso G. ad aver ammesso l'alterazione dei toni della propria voce al momento della discussione sicchè se anche i due operai potevano non aver sentito (perchè come si è visto potevano essere altrove o potevano non aver sentito per i rumori della strada o per altro) ciò non poteva invece essere sfuggito al L. che si trovava con il P. e il M. proprio nella stanza attigua a quella del comandante e ciò a prescindere dalla non rilevante motivazione che poteva aver spinto il testimone a riferire circostanze non vere.
3.1.2 - Priva di pregio è inoltre la censura della sentenza nella parte in cui valuta come genuine le propalazioni dei Carabinieri per il fatto che gli stessi non abbiano escluso la presenza di civili.
Trattasi  per vero di una valutazione di merito, atteso peraltro che appare ben poco configurabile una convergenza di accuse su fatti non veri da parte di soggetti non d'accordo tra loro, visto che le tre testimonianze sono pressochè sovrapponibili.
Piuttosto va sottolineato che se è vero che i militi non potevano non riferire della presenza (all'interno e fuori della caserma) di civili, posto che trattavasi di una circostanza che sarebbe comunque emersa nel corso dell'istruttoria (se non altro per le dichiarazioni che sarebbero state rese dal Comandante in propria difesa) il giudice del merito evidenzia il fatto che i militi hanno fatto chiaro e immediato riferimento ai civili come soggetti che comunque avrebbero potuto riferire i medesimi fatti da loro vissuti confidando, nel non escluderli, nella conferma della versione da loro propugnata.
3.2 - Anche il secondo motivo di gravame è privo di pregio e va rigettato.
3.2.1  - Le considerazioni fatte valere in gravame si risolvono in una mera rilettura del dato probatorio e comunque espresse come mere congetture.
Il  giudice per vero evidenzia che non vi può essere certezza che i due operai, nel momento preciso del litigio (che come implicitamente fatto valere dal giudice di merito avrà preso pochi minuti) si trovassero esattamente nelle condizioni di potersi avvedere dell'alterco scoppiato all'interno della caserma.
In altri termini, come implicitamente fa valere il giudicante, non può dedursi dal fatto che gli operai fossero intenti a lavorare all'esterno, nei pressi dell'ufficio, che gli stessi, per ciò solo, si fossero trovati anche nella condizione ottimale per poter sentire distintamente il litigio potendo infatti essere stati posizionati in quell'istante in un punto diverso dell'edificio, occupati magari in altre incombenze, ovvero in condizioni di non poter sentire agevolmente (per rumori provenienti dalla strada, per una radio accesa...).
Peraltro  è appena il caso di osservare che alcuna verifica è stata svolta, in fatto, relativamente all'udibilità in concreto dall'esterno di una discussione animata svoltasi all'interno della caserma.
3.2.2.  - Privo altresì di pregio è l'assunto difensivo secondo cui la mancanza  di esibizione della relazione scritta da parte della parte lesa sia ragione di inaffidabilità del contegno dichiarativo della parte lesa, posto che trattasi di illazione che non tiene conto di quanto argomentato dal giudice che ha menzionato il fatto che il B. era stato consigliato, dai suoi superiori, di soprassedere all'episodio increscioso e di aver pazienza in vista del suo prossimo trasferimento; inoltre la parte lesa, una volta incardinato il processo, non ha esitato  a ribadire la propria versione dei fatti dimostrando così, come evidenziato dal giudice territoriale, tutta la fermezza del suo proposito di far emergere la verità. 3.2.3. - Anche la critica rivolta alla valutazione della prova dichiarativa del Ba. si profila qui inammissibile dal momento che non tiene conto della circostanza che
l'ufficiale, come fatto valere dal giudice di merito, non ha escluso che  il B., durante uno dei servizi di controllo su strada, gli abbia comunque riferito del clima negativo venutosi a creare presso la Stazione di (OMISSIS) e che l'ufficiale non abbia formlizzato la notizia  per non averlo fatto, per primo, il B. (che dunque perseverava nella sua intenzione di non procedere contro il G., così come aveva fatto non inoltrando la sua relazione scritta) essendo imminente, come dianzi rammentato, il suo trasferimento poi intervenuto a breve.
3.2.4  - Parimenti manifestamente infondata è la censura che attiene alla mancata causale da parte del giudicante circa la falsa testimonianza del  L. perchè attiene ad una rivisitazione dei dati probatori già ampiamente scrutinati dal giudice.
Le ragioni specifiche della condotta tenuta dal teste sono qui non rilevanti dovendo essere semmai oggetto di futura disamina nell'ambito dell'instaurando giudizio di merito a suo carico.
Inoltre,  il contesto delle grida rivolte al B. è lo stesso riferito dai testi che ricordano la presenza del L. nella stanza tant'è che, se è vero che quest'ultimo non era presente nella stanza del Comandante quando quest'ultimo inveiva contro la parte lesa, è anche certo che, per contro, si trovava nella stanza del piantone insieme a P. e allo stesso M. (il quale era posizione proprio di fronte al L.) e che ebbe a sentire  le voci concitate.
3.3 - Il terzo motivo di ricorso è altresì infondato.
3.3.1  - Va osservato che la completezza e la piena affidabilità logica dei risultati del ragionamento probatorio seguito dalla Corte territoriale giustificano la decisione contraria alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale sul rilievo che, nel giudizio di appello, essa costituisce un istituto eccezionale fondato sulla presunzione che l'indagine istruttoria sia stata esauriente con le acquisizioni del dibattimento di primo grado, sicchè il potere del giudice di disporre la  rinnovazione è subordinato alla rigorosa condizione che egli ritenga, contro la predetta presunzione, di non essere in grado di decidere allo stato degli atti (Cass., Sez. Un., 24 gennaio 1996, Panigoni; Sez. 1^, 11 novembre 1999, Puccinelli ed altro).
Atteso  che l'esercizio di un simile potere è affidato al prudente apprezzamento del giudice di appello restando incensurabile nel giudizio  di legittimità se adeguatamente motivato (Sez. 3^, 29 luglio 1993, n. 7908, Giuffida, rv, 194487; Cass., Sez. 1^, 15 aprile 1993, Ceraso) deve  sottolinearsi che la motivazione della sentenza impugnata da conto, in modo inequivoco, delle ragioni per le quali non è stata accolta la richiesta di rinnovazione parziale, essendo stato ritenuto che gli elementi probatori disponibili risultavano completi e concludenti per la  formazione del convincimento del giudice di secondo grado (Cass., Sez. 1^, 19 marzo 2008, n. 17309, Calisti). Ed è altresì consolidato principio di questa Corte ritenere, che la mancata rinnovazione dell'istruzione dibattimentale nel giudizio d'appello può costituire violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), solo nel
caso di prove sopravvenute o scoperte dopo la sentenza di primo grado (art. 603 c.p.p.,  comma 2) (Cass., Sez. 5^, 8 maggio 2008, n. 34643, P.G. e De Carlo e altri, rv. 240995) mentre l'error in procedendo è rilevante ex art. 606 c.p.p.,  comma 1, lett. d), e configurabile soltanto quando la prova richiesta e  non ammessa, confrontata con le motivazioni addotte a sostegno della sentenza impugnata, risulti decisiva, cioè tale che, se esperita, avrebbe potuto determinare una decisione diversa; la valutazione in ordine alla decisività della prova deve essere compiuta accertando se i fatti indicati dalla parte nella relativa richiesta fossero tali da poter inficiare le argomentazioni poste a base del convincimento del giudice di merito (ex plurimis, Cass., Sez. 4^, 14 marzo 2008, n. 23505,  Di Dio, rv. 240839).
3.3.2 - Tanto premesso, deve osservarsi che l'argomentazione espressa dal giudice in relazione alla negatoria della prova si profila sufficiente e congrua per il richiamo al contesto di prova raccolto e alla motivazione di non necessarietà della richiesta integrazione probatoria.
E'  stato posto in particolare l'accento, ancorchè in modo stringato, ma non per questo meno esauriente (sul punto cfr. Sez. 4^, 2 dicembre 2009,  Sergio e altri, n. 47095, rv. 8 245996, che esprime il principio di diritto condiviso da questo Collegio secondo cui il provvedimento di rigetto della richiesta di rinnovazione istruttoria in appello può essere motivato anche implicitamente in presenza di un quadro probatorio  definito, certo e non bisognevole di approfondimenti indispensabili), non solo sul fatto che la prova addotta non costituisse di per sè un novum, non trattandosi di prova sopravvenuta o scoperta successivamente alla decisione del giudice di prime cure, bensì appartenente al contesto  probatorio già in qualche modo oggetto della sua valutazione, ma anche che non fosse decisiva, giusta la sua superfluità, nel senso che il suo accoglimento non avrebbe sortito alcun
concreto progresso nell'accertamento della verità avrebbe impedito la doverosa ottemperanza, in carenza di una effettiva esigenza accertativa, del cogente principio della ragionevole durata del processo la cui elaborazione giurisprudenziale da parte della Corte di Strasburgo, nell'interpretazione dell'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ha condotto al riconoscimento nel nostro ordinamento del relativo principio con la riforma costituzionale del 1999. 4. - Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi indicativi dell'assenza di colpa (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) alla Cassa delle Ammende.P.Q.M.
dichiara  inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) alla Cassa delle Ammende.



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