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Cass. pen. Sez. II, (ud. 06-10-2005) 09-11-2005, n. 40773 |
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RIZZO Aldo - Presidente
Dott. CONZATTI Alessandro - Consigliere
Dott. CASUCCI Giuliano - Consigliere
Dott. MONASTERO Francesco - Consigliere
Dott. DIOTALLEVI Giovanni - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) (omissis) N. IL 04/05/1961;
avverso DECRETO del 09/03/2005 CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONASTERO FRANCESCO;
lette/sentite le conclusioni del P.G. Dr. IZZO, che ha chiesto l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
Svolgimento del processo
Con
decreto in data 27 aprile 2000, il Tribunale di Reggio Calabria,
sezione misure di prevenzione, a seguito di proposta formulata dal
Questore di Reggio Calabria, disponeva l'aggravamento nei confronti di
(omissis), della misura della sorveglianza speciale di pubblica
sicurezza con obbligo di soggiorno fino a cinque anni, reiterando le
prescrizioni contenute nel decreto originario:
disponeva
altresì la confisca di una quota societaria e di un libretto nominativo
di deposito aperto presso l'ufficio postale di Chiodo di San Lorenzo.
Il provvedimento veniva notificato al (omissis) in data 20 giugno 2000.
In
data 26 giugno 2000 la persona sottoposta alla misura di prevenzione
proponeva appello avverso il citato provvedimento riservando ai propri
legali di fiducia, Avv. Giuseppe Cucinotta e Avv. Alfredo Gaito, la
proposizione dei motivi del ricorso.
A seguito
della citata dichiarazione di impugnazione, il Tribunale trasmetteva
gli atti alla Corte di appello che fissava per l'udienza del 30 maggio
2003 la trattazione del ricorso. L'avviso di fissazione di tale udienza
veniva notificato ai difensori dell'interessato, rispettivamente in data
5 e 6 maggio 2003.
All'udienza fissata per la
trattazione del ricorso l'Avv. Cucinotta presentava una memoria con la
quale, preliminarmente, eccepiva l'omessa notifica ai difensori
dell'avviso di deposito del decreto del tribunale e, quindi, proponeva
numerose censure sia di rito che di merito.
Con
riferimento all'eccezione dell'omessa notifica ai difensori dell'avviso
di deposito del decreto del Tribunale, la Corte territoriale rilevava,
in primo luogo, che il ricorso presentato personalmente dal (omissis)
doveva ritenersi tardivo, e, quindi, inammissibile ai sensi dell'art.
591, comma 1, lettera c) cod. proc. pen., perchè i motivi (riservati ai
difensori) erano stati presentati per la prima volta solo con la memoria
del 30 maggio 2003, dopo circa tre anni dalla presentazione del ricorso
e, quindi, ben al di là del termine di dieci giorni previsto dalla L. 27 dicembre 1956, n. 1423,
art. 4, comma 10; e, secondariamente, che "pur prescindendo
dall'effettiva notifica dell'avviso di deposito del decreto di primo
grado", ai difensori era stato comunque notificato, rispettivamente in
data 5 e 6 maggio 2003, l'avviso di fissazione dell'udienza camerale di
trattazione dell'appello proposta dal (omissis). Poichè tale avviso
doveva ritenersi atto equipollente all'avviso di deposito del decreto
del Tribunale, i termini per impugnare il decreto per i difensori
dovevano ritenersi ormai ampiamente decorsi al momento della
presentazione della memoria del 30 maggio 2003.
Avverso
tale provvedimento propone ricorso per Cassazione il difensore del
(omissis) deducendo, con un unico motivo, violazione dell'art. 606,
comma 1, lettera b), cod. proc. pen., in relazione alla L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4 comma 9.
Il
ricorrente afferma che il provvedimento in data 28 aprile 2000 con il
quale il Tribunale di Reggio Calabria aveva disposto l'aggravamento
della misura personale e la confisca di alcuni beni del preposto, era
stato notificato solo ed esclusivamente al (omissis) e non anche, come
espressamente previsto, ai difensori che lo avevano assistito in primo
grado e ciò aveva determinato la nullità del giudizio di appello.
Il
ricorrente censura altresì l'ulteriore considerazione della Corte
territoriale che, presupponendo l'equipollenza dell'avviso di deposito
del decreto (non notificato) con l'avviso di fissazione dell'udienza per
la trattazione dell'impugnazione presso il giudice del gravame, era
giunta alla conclusione che, in ogni caso, il termine di dieci giorni
sarebbe decorso rispettivamente il quindici o il sedici dello stesso
mese. Gli atti in questione, infatti, ad avviso del ricorrente, non
ammetterebbero equipollenti attesa la tassatività della previsione
normativa che stabilisce che l'avviso di deposito deve essere notificato
anche al difensore in modo autonomo rispetto all'interessato.
Il
Procuratore generale presso questa Corte chiedeva l'annullamento con
rinvio del provvedimento impugnato nella considerazione che, dopo
l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, L. n. 1423 del 1956, art. 4, doveva essere interpretato nel senso di ritenere applicabili gli articoli 666 e 571, comma 3, cod. proc. pen.,
con conseguente legittimazione autonoma del difensore ad impugnare:
nella specie, essendo mancata la notifica dell'avviso di deposito che
non ammette equipollenti, il ricorso non poteva essere considerato
intempestivo.
In data 22 agosto 2005 venivano
presentati motivi aggiunti: deduceva il difensore che la misura di
sorveglianza speciale era stata applicata illegittimamente per l'assenza
della condizione di procedibilità costituita dall'estradizione.
La
disposizione dell'art. 14 della Convenzione di estradizione (principio
di specialità) stabilisce infatti che la persona estradata non può
essere perseguita, giudicata o arrestata nè sottoposta a qualunque altra
restrizione della libertà personale per un qualsiasi atto anteriore
alla consegna diverso da quello che ha dato luogo all'estradizione: e la
disposizione, ad avviso del ricorrente, deve trovare applicazione, alla
luce della sicura afflittività dei provvedimenti di prevenzione, anche
ai procedimenti concernenti tali misure, come recentemente riaffermato
dalla quinta sezione di questa Corte con la sentenza n. 23695 del 2005.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato e va accolto.
Risulta
infatti pacificamente dagli atti processuali, che il decreto del
Tribunale, sezione misure di prevenzione, con il quale era stato
disposto l'aggravamento fino a cinque anni della misura di sorveglianza
speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno già irrogata a
(omissis), ed era stata disposta la confisca di alcuni beni nella
disponibilità del medesimo, non era stato notificato agli Avv.ti
Giuseppe Cucinotta e Alfredo Gaito, che risultavano nominati dal
(omissis) già nel procedimento davanti al tribunale.
Il
decreto è stato, infatti, notificato solo al soggetto sottoposto alla
misura che, proponendo impugnazione nei termini, aveva riservato i
motivi ai propri legali di fiducia.
Ciò posto
in punto di fatto, e premesso che il procedimento di prevenzione ha
carattere giurisdizionale avendo ad oggetto interessi attinenti alla
libertà personale, sì che allo stesso, sono estensivamente applicabili
le garanzie previste per il processo di cognizione a tutela dei diritti
di difesa (Cass., Sez. 1^, n. 2907, 21 gennaio 1985, De Cicco), va
rilevato, in punto di diritto, che l'art. 4 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423,
stabilisce che il provvedimento del tribunale deve essere comunicato al
Procuratore della Repubblica, al Procuratore generale presso la Corte
di appello e all'interessato i quali hanno facoltà di proporre ricorso
alla Corte di appello, anche per il merito.
Già
prima dell'entrata in vigore del nuovo codice di rito la
giurisprudenza, pur nel silenzio della disposizione sul punto specifico
della autonoma legittimazione del difensore a impugnare il
provvedimento, aveva costantemente affermato che l'avviso di deposito in
cancelleria del decreto conclusivo del procedimento di prevenzione
spetta non solo al soggetto proposto per la misura ma anche al suo
difensore (Cass., Sez. 1^, n. 1743, 23 aprile 1986, Miele) e che il
termine per proporre impugnazione decorre, per l'interessato e il suo
difensore, dalle date delle rispettive notifiche del provvedimento (cfr.
ex plurimis, Cass., Sez. 1^, n. 3061, 2 novembre 1990, Cinci).
Dopo
l'entrata in vigore del nuovo codice di rito, dovendo essere utilizzato
il modello del procedimento in camera di consiglio disegnato dall'art. 127 cod. proc. pen., il rinvio operato dalla L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4, comma 5, agli artt. 636 e 637 del cod. proc. pen. deve intendersi riferito agli attuali artt. 678 e 666 cod. proc. pen.: in particolare, trattandosi di partecipazione necessaria del difensore, ex art. 666, comma 4, cod. proc. pen., trova applicazione anche l'art. 666, comma 6, cod. proc. pen.,
che prevede la comunicazione o la notificazione del provvedimento alle
parti e ai difensori che possono proporre impugnazione. (Cass., Sez. 1^,
n. 20933, 19 maggio 2003, Quartararo).
Poichè
tale notifica non ammette equipollenti, non può convenirsi con le
conclusioni della Corte di appello di Reggio Calabria che, su tale
erroneo presupposto, ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso
dell'interessato per tardiva presentazione dei motivi.
L'annullamento
del provvedimento della Corte territoriale per mancata notifica ai
difensori dell'interessato dell'avviso di deposito del decreto del
tribunale, assorbe i motivi aggiunti concernenti la ritenuta violazione
dell'art. 14 della Convenzione europea di estradizione, con riferimento
all'art. 606, comma 1, lettera b), cod. proc. pen..
P.Q.M.
annulla
il provvedimento impugnato emesso dalla Corte di appello di Reggio
Calabria, sezione misure di prevenzione, in data 9 marzo 2005, e dispone
la trasmissione degli atti al Tribunale della stessa città per quanto
di competenza.
Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2005.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2005
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