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CASSAZIONE CIVILE - COMUNIONE E CONDOMINIO - DANNI IN MATERIA CIV. E PEN.
Cass. civ. Sez. II, 09-12-2004, n. 23071 |
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VELLA Antonio - Presidente
Dott. NAPOLETANO Giandonato - Consigliere
Dott. DE LULIO Rosario - Consigliere
Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio - Consigliere
Dott. TROMBETTA Francesca - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
(omissis),
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RUGGERO FIORE 27, presso lo
studio dell'avvocato SILVIO (omissis), che la difende, giusta delega in
atti;
- ricorrente -
contro
(omissis), (omissis);
- intimati -
avverso la sentenza n. 18853/01 del Giudice di pace di ROMA, depositata il 02/07/01;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/02/04 dal Consigliere Dott. Francesca TROMBETTA;
udito l'Avvocato (omissis) Silvio, difensore del ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARESTIA
Antonietta che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo
Con
atto di citazione, ritualmente notificato, Alessandra (omissis) ed
Andrea (omissis) convennero in giudizio davanti al G.D.P. di Roma, Maria
Luisa (omissis) perchè fosse dichiarata unica responsabile dei danni
provocati nell'appartamento di loro proprietà, adiacente a quello della
convenuta, da infiltrazioni provenienti da impianti idrici di proprietà
esclusiva della convenuta; e perchè fosse conseguentemente condannata
all'esecuzione dei lavori ed al risarcimento dei danni nella misura di
L. 1.500.000, oltre interessi, svalutazione monetaria e spese legali.
La
convenuta costituitasi, contestava la domanda, chiedendone il rigetto,
asserendo che il rapporto di contiguità degli immobili non era, di per
sè sufficiente a provare il nesso di causalità tra il fatto e l'evento,
tanto più che notoriamente, le acque da infiltrazione seguono i percorsi
più svariati.
Disposta la comparizione
personale dell'amministratore del condominio, che veniva sentito a
chiarimenti quale persona informata dei fatti, il G.D.P. con sentenza
2.7.01, dichiarava la convenuta responsabile dei danni e la condannava
al pagamento in favore delle attrici della somma di L. 750.000,
comprensiva di interessi fino alla pubblicazione della sentenza, nonchè
al pagamento delle spese del giudizio. Afferma il G.D.P. che i
chiarimenti offerti dall'Amministratore del condominio, hanno confermato
che le infiltrazioni-provenienti dall'appartamento della convenuta,
sono stati causa dei danni riportati dall'appartamento di proprietà
degli attori, per cui, visti i lavori elencati nel preventivo prodotto
per L. 1.700.000, tenuto conto dei prezzi di mercato e delle regole di
comune esperienza, appare equo, secondo il G.D.P., liquidare per il
ripristino la somma di L. 750.000 comprensiva di interessi.
Avverso tale sentenza ricorre in Cassazione la (omissis). Nessuna attività difensiva hanno svolto le appellate.
Motivi della decisione
Deduce la ricorrente a motivi di impugnazione:
1) la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto art. 2697 c.c., artt. 191, 246, 251 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c..
-
per avere il G.D.P., senza ammettere alcun mezzo istruttorio, deciso la
causa sulla base dei chiarimenti forniti dall'amministratore del
condominio, quale persona informata dei fatti, NONOSTANTE:
a) i chiarimenti non possano assurgere a rango di "prova";
b)
l'amministratore del condominio NON è un C.T.U.; nè avrebbe mai potuto
deporre come teste in quanto portatore di un interesse giuridico, che
avrebbe potuto determinare l'evocazione in giudizio del convenuto su
istanza attorca, o quale chiamato in causa.
2) la nullità della sentenza per motivazione apparente art. 132 n. 4 c.p.c., art. 360 n. 4 c.p.c; omessa - e/o insufficiente motivazione art. 360 n. 5 c.p.c..
-
per avere il G.D.P., dando rilevanza giuridica alle dichiarazioni di un
soggetto, al di fuori delle modalità di acquisizione delle prove
tipizzate dall'ordinamento, motivato solo apparentemente la decisione,
sostituendosi d'ufficio agli attori nella loro funzione probatoria,
precludendo alla convenuta la possibilità di avvalersi di prova
contraria, violando i principi costituzionali dell'uguaglianza e del
diritto di difesa nonchè i principi generali dell'ordinamento afferenti
alla difesa ed alla ritualità del contraddittorio; senza spiegare quale
fosse l'efficacia probatoria delle dichiarazioni, non asseverate da
giuramento, di una persona infermata dei fatti;
3) la violazione dell'art. 91 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.
per avere il G.D.P. condannato la convenuta al pagamento delle spese
del giudizio, nonostante la totale irritualità e/o insussistenza
dell'accertamento in ordine alla responsabilità della medesima nella
causazione dei danni. Il ricorso è inammissibile.
Occorre,
in proposito, ricordare che la difesa degli attori, con l'atto di
citazione aveva chiesto al Giudice di pace di dichiarare la convenuta
responsabile dei danni all'origine della controversia e di condannarla
all'esecuzione di lavori in conto risarcimento danni "nella misura di L.
1.500.000 o in quella minore o maggiore somma che risulterà di
giustizia, oltre gli interessi e svalutazione monetaria".
Come
questa S.C. ha avuto occasione di affermare il valore della causa, per
stabilire se la stessa debba essere decisa secondo equità (perchè non
superiore ad euro 1.032, 91) va individuato applicando le norme relative
alla competenza per valore, con la conseguenza che, se la parte, oltre
ad indicare una somma specifica non superiore ad euro 1.032, 91, abbia
anche richiesto, in via alternativa o subordinata, una somma maggiore o
minore, da determinarsi in corso di causa, il valore della causa, in
forza del principio stabilito dall'art. 14 cod. proc. Civ., si
deve presumere, in difetto di tempestiva contestazione, nei limiti della
competenza del giudice adito (sent. 20 settembre 2002 n. 13795), il che
significa che nella specie (essendo il valore da individuare in lire
5.000.000) la sentenza emessa dal giudice di pace doveva essere
impugnata con l'appello e non con il ricorso per Cassazione, che deve
essere dichiarato inammissibile.
Nessuna pronuncia sulle spese è dovuta non avendo le intimate svolto alcuna attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2004.
Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2004
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