Translate

venerdì 29 marzo 2013

SANZIONI AMMINISTRATIVE E DEPENALIZZAZIONI




 
SANZIONI AMMINISTRATIVE E DEPENALIZZAZIONI
Cass. civ. Sez. lavoro, 18-11-2004, n. 21847
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAVAGNANI Erminio - Presidente
Dott. BATTIMIELLO Bruno - Consigliere
Dott. LAMORGESE Antonio - Consigliere
Dott. MINICHIELLO Florindo - Consigliere
Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
COMUNE DI PADULI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CHIANA 48 presso l'Avvocato SILVIO BOZZI, rappresentato e difeso dall'avvocato VINCENZO LA BROCCA, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, in persona del legale rappresentante pro tempore e, per quanto possa occorrere, per la DIREZIONE PROVINCIALE DEL LAVORO DI BENEVENTO, in persona del direttore pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI N. 12, rappresentati difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato ope legis;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 4789/01 del Tribunale di BENEVENTO, depositata il 16/07/01 - R.G.N. 4253/2000;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/10/04 dal Consigliere Dott. Gabriella COLETTI DE CESARE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SALZANO Francesco che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

 

Svolgimento del processo

Il Comune di Paduli propone ricorso per Cassazione avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Benevento ne ha rigettato l'opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione della Direzione provinciale del lavoro di Benevento, emessa per il pagamento di sanzione amministrativa correlata all'assunzione di personale, presso lo stesso comune, senza il tramite della Sezione circoscrizionale per l'impiego, in violazione dell'art. 8 D.P.C.M. 27 dicembre 1988.
Il ricorso è affidato a due motivi (entrambi denunciami vizi di motivazione su punti decisivi della controversia), dei quali il primo lamenta che il giudice, trascurandone il valore di atti pubblici fidefacienti, non abbia attribuito alle deliberazioni di assunzione un contenuto idoneo a fondare l'assunto dell'Amministrazione circa la sussistenza delle condizioni di legge (urgenza ed indifferibilità) per procedere all'assunzione diretta, mentre il secondo censura la sentenza per aver ritenuto la tempestività della contestazione dell'infrazione e sostiene l'eventuale configurabilità dell'errore scusabile.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, unitamente al suo organismo locale competente, identificato nella Direzione provinciale del lavoro di Benevento, già intimata con l'atto di opposizione e costituita nel giudizio a quo, resiste con controricorso.

Motivi della decisione

Preliminare esame, rispetto alle specifiche censure svolte con i singoli motivi di ricorso, richiede la questione della eventuale rilevanza, nel presente giudizio, dello ius superveniens costituito dall'art. 31, comma 22, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, secondo cui "le disposizioni previste dall'art. 27, comma 2, della legge 29 aprile 1949, n. 264 non si intendono applicabili per le esigenze dirette a sopperire, per un periodo non superiore a quindici giorni, alle necessità di erogazione di servizi pubblici essenziali da parte degli enti territoriali".
Come la Corte ha già stabilito in numerose e recenti sentenze (v.
Cass., 27 febbraio 2004 n. 4070), la norma, entrata in vigore solo dopo la proposizione del ricorso per Cassazione, esprime, tuttavia, una indubbia efficacia retroattiva, per mezzo della locuzione "non si intendono", la quale ne manifesta la chiara funzione interpretativa rispetto alla disposizione richiamata, ed in tali termini concorre all'identificazione della fattispecie dell'illecito consistente nell'assunzione di personale senza il preventivo nullaosta dell'organismo pubblico preposto alla cura del collocamento, nel senso di escluderne la configurabilità con riguardo a rapporti di lavoro costituiti in presenza delle suddette esigenze.
Nelle suindicate occasioni, la Corte ha anche chiarito che non sorgono, a proposito della suddetta efficacia, dubbi di legittimità costituzionale.
A quest'orientamento deve darsi continuità, apparendo persuasive le ragioni che lo sostengono e non ravvisandosi aspetti della questione che siano di tale gravità da esonerare la Corte dal dovere di fedeltà ai propri precedenti, sul quale si fonda, per larga parte, l'assolvimento della funzione (assegnatale dall'art. 65 dell'ordinamento giudiziario di cui al r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 e succ. modificazioni, ma di rilevanza costituzionale, essendo anche strumentale al suo espletamento il principio, sancito dall'art. 111 Cost., dell'indeclinabilità del controllo di legittimità delle sentenze) di assicurare l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge e l'unità del diritto oggettivo.
D'altra parte l'applicazione della nuova disciplina comporta accertamenti di fatto (durata dei rapporti di lavoro, natura delle mansioni affidate ai lavoratori, tipo di servizio pubblico ai cui svolgimento tali mansioni sono finalizzate ecc.), incompatibili col giudizio di legittimità, onde va dato seguito al principio giurisprudenziale per cui è necessario cassare con rinvio la decisione di merito se, per applicare lo "ius superveniens", del quale la Corte riconosca l'Immediata operatività, si impongono adempimenti istruttori intesi all'acquisizione di elementi di giudizio non necessari nel vigore della precedente disciplina, ed invece rilevanti ed idonei per quella successiva alla sentenza impugnata (v., fra le numerose altre conformi, Cass. 26 maggio 1998, n. 5224; Id., 8 febbraio 1995, n. 1435; Id., 11 febbraio 1995, n. 1516; Id, 15 febbraio 1995, n. 1651).
La cassazione della sentenza nella prospettiva propria della norma sopravvenuta comporta l'assorbimento dei motivi svolti nel presupposto dell'applicabilità della previgente disciplina, attesa la loro posizione subordinata a tale prospettiva.
Peraltro, in ipotesi di riconosciuta soggezione del caso di specie alla più volte menzionata norma sopravvenuta, provvederà lo stesso giudice di rinvio a verificare l'applicabilitàdelle ulteriori implicazioni derivanti dall'art. 39, comma 14 ter, del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, conv., con modificazioni, in legge 24 novembre 2003, n. 326, ai sensi del quale "per effetto dell'art. 31, comma 22, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, le ordinanze ingiunzione emesse, ai sensi dell'art 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689, anteriormente alla data di entrata in vigore della citata legge n. 289 del 2002, ed opposte dagli enti locali o dagli amministratori per garantire l'erogazione di servizi pubblici essenziali, concernenti le violazioni degli artt. 11, 13, 18, 19 e 27, comma 2, della legge 29 aprile 1949, n. 264, e successive modificazioni, nonchè dell'art. 8 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 dicembre 1988, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 306 del 31 dicembre 1988, si intendono revocate ed inefficaci, con l'estinzione dei relativi giudizi. Qualora questi siano stati già definiti, cessano le procedure, anche coattive, di riscossione delle sanzioni irrogate".
In conclusione la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altro giudice, che si designa nel Tribunale di Avellino, perchè proceda al nuovo esame della causa in applicazione del disposto dell'art. 31, comma 22, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte, pronunciando sul ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Avellino. Compensa le spese del giudizio di Cassazione.
Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2004.
Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2004

Nessun commento: