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venerdì 28 giugno 2013

Cassazione: Amianto, più pensione solo oltre i limiti




 
Corte di Cassazione Civile - Sezione Lavoro - Sentenza n. 12866/2007
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE - SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
……………………omissis………………………
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
INPS - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PREDEN SERGIO, giusta delega in atti;
contro
N.M., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE GIULIO CESARE 95, presso lo studio dell’avvocato CUTELLÈ PANCRAZIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato AGLIOTI ORNELLA, giusta delega in atti;
avverso la sentenza n. 779/04 della Corte d’Appello di FIRENZE, depositata il 01/07/04 - R.G.N. 1295/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/03/07 dal Consigliere Dott. Maura LA TERZA;
udito l’Avvocato CUTELLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
Con sentenza del primo luglio 2004 la Corte d’appello di Firenze, riformando parzialmente la statuizione emessa dal Tribunale di Pisa, accoglieva la domanda di N.M. contro l’INPS, intesa ad ottenere la rivalutazione dei contributi relativi al periodo di esposizione all’amianto ai sensi della legge n. 257del 1992, articolo 13, comma 8 [1]. La Corte territoriale, che determinava il periodo di esposizione dal 2 luglio 1973 al 30 novembre 1984, negava in via generale la necessità del superamento di una determinata soglia di esposizione per il diritto al beneficio, rilevava tuttavia in fatto, che pacificamente il N. aveva lavorato presso la Centrale ENEL di Larderello quale operatore elettrico; che l’atto di indirizzo del Ministero del lavoro del 8 marzo 2001 riconosceva che in detta Centrale vi era stato amianto, mentre il rischio non poteva considerarsi prolungato oltre il termine del 30 novembre 1984. La mancanza della necessità di una determinata soglia di esposizione era confermata dal fatto che questa era stata introdotta solo dalla legislazione successiva, non applicabile ratione temporis.
Avverso detta sentenza l’INPS propone ricorso affidato ad un unico complesso motivo. Il lavoratore resiste con controricorso.
Motivi della decisione
Va preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività, dal momento che la sentenza è stata pubblicata il primo luglio 2004 ed il ricorso è stato notificato a mezzo posta il primo luglio 2005, tale è infatti la data di consegna all’ufficiale giudiziario, che va presa in considerazione e non già la data in cui la medesima è prevenuta al destinatario in forza delle sentenze della Corte Costituzionale nn. 477 del 2002 e 28 del 2004 (cfr. da ultimo Cass. n. 2261 del 02/02/2007).
Con l’unico motivo di ricorso l’INPS denunzia violazione e falsa applicazione della legge n 257 del 1992, articolo 13, comma 8 [1], del DLgs. n. 277del 1991, articoli 24 e 31 [2], del DL n. 269 del 2003, articolo 47, convertito in legge n. 326 del 2003, dell’articolo 2697 del Codice civile [3], degli articoli 115 e 116 delCodice di procedura civile [4] e difetto di motivazione, per avere riconosciuto il beneficio richiesto anche in assenza di prova della esposizione superiore alla soglia di 100 fibre litro. Si assume altresì che l’Atto di indirizzo ministeriale non sarebbe sufficiente, da solo, a conferire il diritto alla maggiorazione contributiva.
Il ricorso merita accoglimento.
1. È stato infatti più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, tra le tante Cassazione n. 4913 del 3 aprile 2001, che il disposto della legge n. 257 del1992, articolo 13, comma 8 [1] va interpretato nel senso che il beneficio pensionistico ivi previsto va attribuito unicamente agli addetti a lavorazioni che presentano valori di rischio per esposizione a polveri d’amianto superiori a quelli consentiti dal DLgs n. 277 del 1991, articoli 24 e 31 [2]; quindi nell’esame della fondatezza della relativa domanda, il giudice di merito deve accertare - nel rispetto dei criteri di ripartizione dell’onere probatorio - se l’assicurato, dopo aver provato la specifica lavorazione praticata e l’ambiente dove ha svolto per più di dieci anni (periodo in cui vanno valutate anche le pause "fisiologiche", quali riposi, ferie e festività) detta lavorazione, abbia anche dimostrato che tale ambiente ha presentato una concreta esposizione al rischio alle polveri di amianto con valori limite superiori a quelli indicati nel DLgs n. 277 del 1991.
2. Quanto alla legge sopravvenuta, è stato già affermato (Cass. n. 21862del 18 novembre 2004 [5]) che "In tema di benefici previdenziali in favore dei lavoratori esposti all’amianto, la legge 24 dicembre 2003, n. 350,articolo 3, comma 132 [6], che - con riferimento alla nuova disciplina introdotta del DL 30 settembre 2003, n. 269, articolo 47, comma 1, (convertito con modificazioni nella legge 24 novembre 2003, n. 326) - ha fatto salva l’applicabilità della precedente disciplina, di cui alla legge 27 marzo 1992,n. 257, articolo 13 [1], per i lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 abbiano già maturato il diritto ai benefici previdenziali in base a tale ultima disposizione, o abbiano avanzato domanda di riconoscimento all’INAIL od ottenuto sentenze favorevoli per cause avviate entro la medesima data, va interpretato nel senso che: a) per maturazione del diritto deve intendersi la maturazione del diritto a pensione; b) tra coloro che non hanno ancora maturato il diritto a pensione, la salvezza concerne esclusivamente gli assicurati che, alla data indicata, abbiano avviato un procedimento amministrativo o giudiziario per l’accertamento del diritto alla rivalutazione contributiva".
La nuova disciplina non è quindi applicabile alla presente causa, rientrando essa nei casi per i quali il legislatore ha espressamente fatto salva la regolamentazione precedente di cui alla citata legge 257, dal momento che il procedimento per ottenere il beneficio era già iniziato ed era in corso alla data del primo ottobre 2003. La disposizione si spiega considerando che in tali evenienze - essendo già terminato, ovvero ancora in corso il procedimento (talvolta molto difficile e complesso) per l’accertamento dei requisiti prescritti in precedenza - si rivelerebbe oltremodo gravoso ed antieconomico imporre che la verifica del diritto si svolga alla luce della normativa sopravvenuta.
3. Detta nuova disciplina - ancorché non operante nella fattispecie per cui è causa che resta regolata dalla legge precedente (legge n. 257 del 1992,articolo 13, comma 8 [1]) - vale però a confermare che anche quest’ultima imponeva, per la concessione del beneficio, il superamento di una certa soglia di esposizione all’amianto. Sarebbe infatti del tutto irragionevole e contrario al principio costituzionale di uguaglianza ipotizzare che, mentre con la nuove regole il beneficio spetta solo nei casi di superamento della soglia, viceversa, secondo quelle anteriori, questa non venisse affatto prevista, e fosse sufficiente qualunque grado di esposizione. Si tratta infatti pur sempre, in entrambi i casi, di esposizioni che risalgono a periodi lontani nel tempo, di talché non vi è motivo di trattare diversamente fattispecie uguali. Diversamente opinando si dovrebbe ipotizzare che si sia inteso applicare discipline diverse a casi del tutto uguali, ossia esposizione per lungo periodo alla sostanza nociva, ponendo come discrimine tra l’una e l’altra l’elemento del tutto estrinseco e casuale come l’epoca di richiesta del beneficio, il che sarebbe contrario ai principi costituzionali di ragionevolezza e di uguaglianza.
4. Quanto agli atti di indirizzo del Ministero del lavoro, da cui la Corte territoriale desume la prova del superamento della soglia di esposizione prescritta, la censura è parimenti fondata, perché questi atti di indirizzo non possono essere utilizzati direttamente come prova della esposizione qualificata, esprimendo solo criteri generali e astratti, ai quali l’INAIL dovrà poi conformarsi per l’accertamento in concreto, ossia nei singoli casi, della misura e della durata della esposizione (dovendosi logicamente escludere che negli atti di indirizzo ministeriali possano rinvenirsi indicazioni sulla vita lavorativa dei singoli interessati). La esistenza delle condizioni per il diritto al beneficio (durata e misura della esposizione) può dunque essere comprovata non già dall’atto di indirizzo, ma dalla certificazione INAIL.
Lo dimostrano le seguenti disposizioni intervenute in materia:
4.1 Con la legge 31 luglio 2002, n. 179, articolo 18, comma 8 si menzionano per la prima volta le certificazioni INAIL, disponendosi che: "Le certificazioni rilasciate o che saranno rilasciate dall’INAIL sulla base degli atti di indirizzo emanati sulla materia dal Ministero del lavoro antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge sono valide ai fini del conseguimento dei benefici previdenziali previsti dalla legge 27 marzo 1992, n. 257, articolo 13, comma8 e successive modifiche." Quindi si conferisce la possibilità di fondare il diritto alla maggiorazione per cui è causa alle certificazioni INAIL, e cioè sia a quelle già rilasciate prima, sia a quelle rilasciate dopo l’entrata in vigore della legge, purché emanate sulla base degli atti di indirizzo del Ministero, che devono invece essere antecedenti alla legge.
4.2 La legge 27 dicembre 2002, n. 289, articolo 39, comma 3, autorizza il trasferimento all’INPS per gli anni 2003, 2004 e 2005, di fondi "per i maggiori oneri derivanti dalla legge 31 luglio 2002, n. 179, articolo 18, comma 8 recante la regolarizzazione degli atti di indirizzo, emanati nel corso dell’anno 2000 dal Ministero del lavoro in materia di benefici previdenziali per i lavoratori esposti all’amianto".
4.3 Ancora la legge 24 novembre 2003, n. 326, articolo 47, comma 4 prevede che "La sussistenza e la durata dell’esposizione all’amianto di cui al comma 3 sono accertate e certificate dell’INAIL". Parimenti il DM 27 ottobre 2004, articolo 3, comma 1, emanato in forza della già citata legge n. 269 del 2003, articolo 47, comma 6 (che demanda ad un decreto del Ministero del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, la definizione delle modalità di attuazione) prevede che "La sussistenza e la durata dell’esposizione all’amianto sono accertate e certificate dall’ INAIL".
5. Devesi quindi concludere che il legislatore - di fronte al nutrito contenzioso e alle difficoltà di accertamento, in sede giudiziale, sulla effettiva consistenza della esposizione all’amianto nelle varie realtà aziendali, spesso dismesse e quindi non più verificabili - ha conferito pieno valore alla certificazione dell’ INAIL concernente, per ciascun lavoratore, il grado di esposizione e la sua durata, rilasciata sulla base degli atti di indirizzo del Ministero del lavoro, come mezzo di prova ai fini del beneficio per cui è causa.
Quindi appare sufficiente l’esistenza della certificazione INAIL per fondare il diritto alla maggiorazione contributiva, avendo il legislatore delegato, all’ente di previdenza professionalmente attrezzato, i necessari accertamenti tecnici sul superamento della soglia di esposizione e sulla relativa durata, da effettuare peraltro necessariamente attraverso i criteri generali dettati in sede ministeriale, liberando così la fase giudiziale da verifiche lunghe e complicate. Va precisato che la certificazione INAIL non costituisce prova esclusiva della esposizione qualificata, persistendo ovviamente la possibilità che questa venga dimostrata in giudizio attraverso gli ordinari mezzi di prova.
6. La sentenza impugnata - che non si è attenuta al principio sopra indicato, avendo, in diritto, escluso la necessità del superamento della soglia di esposizione ed non avendo poi, in fatto, individuato elementi atti a dimostrare comunque detto superamento - va quindi cassata, con rinvio ad altro Giudice, che si designa nella medesima Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, la quale si conformerà al principio affermato al punto 1. La medesima Corte provvedere anche per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Firenze.
Così deciso in Roma, il 8 marzo 2007. Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2007
1] Legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto).Art. 13. Trattamento straordinario di integrazione salariale e pensionamento anticipato
(nel testo modificato dall’articolo 1, comma 1, e dall’articolo 1-bis, del DL 5 giugno 1993, n. 169, convertito, con modificazioni, in legge 4 agosto 1993, n. 271 e dall’articolo 4, DL 1 ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, in legge 28 novembre 1996, n. 608, ndr).1. Ai lavoratori occupati in imprese che utilizzano ovvero estraggono amianto, impegnate in processi di ristrutturazione e riconversione produttiva, è concesso il trattamento straordinario di integrazione salariale secondo la normativa vigente anche se il requisito occupazionale sia pari a quindici unità per effetto di decremento di organico dovuto al pensionamento anticipato.
2. Con effetto fino a settecentotrenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge i lavoratori occupati nelle imprese di cui al comma 1, anche se in corso di dismissione o sottoposte a procedure fallimentari, e che possano far valere nell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti almeno trenta anni di anzianità assicurativa e contributiva agli effetti delle disposizioni previste dall’articolo 22, primo comma, lettere a) e b), della legge 30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni, hanno facoltà di richiedere la concessione di un trattamento di pensione secondo la disciplina di cui al medesimo articolo 22 della legge 30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni, con una maggiorazione dell’anzianità assicurativa e contributiva pari al periodo necessario per la maturazione del requisito dei trentacinque anni prescritto dalle disposizioni soprarichiamate, in ogni caso non superiore al periodo compreso tra la data di risoluzione del rapporto e quella del compimento di sessanta anni, se uomini, o cinquantacinque anni se donne.
3. Il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentito il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, individua i criteri per la selezione delle imprese di cui al comma 1 e determina, entro il limite di seicento unità, il numero massimo di pensionamenti anticipati.
4. Le imprese, singolarmente o per gruppo di appartenenza, rientranti nei criteri di cui al comma 3, che intendano avvalersi delle disposizioni del presente articolo, presentano programmi di ristrutturazione e riorganizzazione e dichiarano l’esistenza e l’entità delle eccedenze strutturali di manodopera, richiedendone l’accertamento da parte del CIPE unitamente alla sussistenza dei requisiti di cui al comma 2.
5. La facoltà di pensionamento anticipato può essere esercitata da un numero di lavoratori non superiore a quello delle eccedenze accertate dal CIPE. I lavoratori interessati sono tenuti a presentare all’impresa di appartenenza domanda irrevocabile per l’esercizio della facoltà di cui al comma 2 del presente articolo, entro trenta giorni dalla comunicazione all’impresa stessa o al gruppo di imprese degli accertamenti del CIPE, ovvero entro trenta giorni dalla maturazione dei trenta anni di anzianità di cui al medesimo comma 2, se posteriore. L’impresa entro dieci giorni dalla scadenza del termine trasmette all’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) le domande dei lavoratori, in deroga all’articolo 22, primo comma, lettera c), della legge 30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni. Nel caso in cui il numero dei lavoratori che esercitano la facoltà di pensionamento anticipato sia superiore a quello delle eccedenze accertate, l’impresa opera una selezione in base alle esigenze di ristrutturazione e riorganizzazione. Il rapporto di lavoro dei dipendenti le cui domande sono trasmesse all’INPS si estingue nell’ultimo giorno del mese in cui l’impresa effettua la trasmissione.
6. Per i lavoratori delle miniere o delle cave di amianto il numero di settimane coperto da contribuzione obbligatoria relativa ai periodi di prestazione lavorativa ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche è moltiplicato per il coefficiente di 1,5.
7. Ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche per i lavoratori che abbiano contratto malattie professionali a causa dell’esposizione all’amianto documentate dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), il numero di settimane coperto da contribuzione obbligatoria relativa a periodi di prestazione lavorativa per il periodo di provata esposizione all’amianto è moltiplicato per il coefficiente di 1,5.
8. Per i lavoratori che siano stati esposti all’amianto per un periodo superiore a dieci anni, l’intero periodo lavorativo soggetto all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall’esposizione all’amianto, gestita dall’INAIL, è moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente di 1,5.
9. Ai dipendenti delle miniere o delle cave di amianto o delle imprese di cui al comma 1, anche se in corso di dismissione o sottoposte a procedure fallimentari o fallite, che possano far valere i medesimi requisiti di età e anzianità contributiva previsti dal comma 2 presso l’Istituto nazionale di previdenza per i dirigenti di aziende industriali (INPDAI), è dovuto, dall’Istituto medesimo, a domanda e a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello della risoluzione del rapporto di lavoro, l’assegno di cui all’articolo 17 della legge 23 aprile 1981, n. 155. L’anzianità contributiva dei dirigenti ai quali è corrisposto il predetto assegno è aumentata di un periodo pari a quello compreso tra la data di risoluzione del rapporto di lavoro e quella del compimento di sessanta anni, se uomini, e cinquantacinque anni se donne.
10. La gestione di cui all’articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, corrisponde al Fondo pensioni lavoratori dipendenti per ciascun mese di anticipazione della pensione una somma pari all’importo risultante dall’applicazione dell’aliquota contributiva in vigore per il Fondo medesimo sull’ultima retribuzione annua percepita da ciascun lavoratore interessato, ragguagliata a mese, nonché una somma pari all’importo mensile della pensione anticipata, ivi compresa la tredicesima mensilità. L’impresa, entro trenta giorni dalla richiesta da parte dell’INPS, è tenuta a corrispondere a favore della gestione di cui all’articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, per ciascun dipendente che abbia usufruito del pensionamento anticipato, un contributo pari al trenta per cento degli oneri complessivi di cui al presente comma, con facoltà di optare per il pagamento del contributo stesso, con addebito di interessi nella misura del dieci per cento in ragione d’anno, in un numero di rate mensili, di pari importo, non superiore a quello dei mesi di anticipazione della pensione.
11. Nei territori di cui all’articolo 1 del testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, e successive modificazioni, nonché nelle zone industriali in declino, individuate dalla decisione della Commissione delle Comunità europee del 21 marzo 1989 (89/288/CEE), ai sensi del regolamento CEE n. 2052/88 del Consiglio, del 24 giugno 1988, il contributo di cui al comma 10 del presente articolo è ridotto al venti per cento. La medesima percentuale ridotta si applica altresì nei confronti delle imprese assoggettate alle procedure concorsuali di cui alle disposizioni approvate con regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, e al decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile 1979, n. 95, e successive modificazioni e integrazioni, e al relativo pagamento si applica l’articolo 111, primo comma, n. 1), delle disposizioni approvate con il citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
12. All’onere derivante dall’attuazione del presente articolo, pari a lire 6 miliardi per il 1992, lire 60 miliardi per il 1993 e lire 44 miliardi per il 1994, si provvede mediante corrispondente riduzione degli stanziamenti iscritti, ai fini del bilancio triennale 1992-1994, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l’anno 1992, all’uopo parzialmente utilizzando, per il 1992, l’accantonamento "Finanziamento di un piano di pensionamenti anticipati" e, per il 1993 e il 1994, l’accantonamento "Interventi in aree di crisi occupazionale".
13. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le conseguenti variazioni di bilancio.







[2] DLgs. 15 agosto 1991, n. 277 (Attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell’articolo 7 della legge 30 luglio 1990, n. 212).
Art. 24. Valutazione del rischio.
1. In tutte le attività lavorative di cui all’articolo 22 il datore di lavoro effettua una valutazione del rischio dovuto alla polvere proveniente dall’amianto e dai materiali contenenti amianto, al fine di stabilire le misure preventive e protettive da attuare. Si applica l’articolo 11, comma 6.
2. Detta valutazione tende, in particolare, ad accertare l’inquinamento ambientale prodotto dalla polvere proveniente dall’amianto o dai materiali contenenti amianto, individuando i punti di emissione di dette polveri ed i punti a maggior rischio delle aree lavorative, e comprende una determinazione dell’esposizione personale dei lavoratori alla polvere di amianto.
3. Se l’esposizione personale dei lavoratori alla polvere di amianto, espressa come numero di fibre per centimetro cubo in rapporto ad un periodo di riferimento di otto ore, supera 0,1 fibre per centimetro cubo, il datore di lavoro attua le disposizioni degli articoli 25, comma 1, 26, comma 2, 27, comma 2, 28, comma 2, 30 e 35. Tuttavia nel caso di attività che comportano l’impiego di amianto come materia prima gli articoli 25 e 30 sono in ogni caso applicabili.
4. Nel caso di attività a carattere saltuario e qualora l’amianto sia costituito da crisotilo, la determinazione dell’esposizione personale dei lavoratori alla polvere di amianto è sostituita dalla determinazione della dose cumulata in rapporto ad un periodo di riferimento di otto ore, su un periodo di quaranta ore, misurata o calcolata ai sensi del comma 3.
5. Se detta dose supera 0,5 giorni-fibra per centimetro cubo, il datore di lavoro attua le disposizioni degli articoli 25 comma 1, 26, comma 2, 27, comma 2, 28, comma 2, 30 e 35.
6. La valutazione di cui al comma 2 può prescindere dall’effettuazione di misurazioni strumentali nelle attività per le quali, a motivo delle caratteristiche delle lavorazioni effettuate o della natura e del tipo dei materiali trattati, si può fondatamente ritenere che l’esposizione dei lavoratori non supera i valori di cui ai commi precedenti. Per tale valutazione è possibile fare riferimento a dati ricavati da attività della medesima natura svolte in condizioni analoghe.
7. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione ogni qualvolta si verifichino nelle lavorazioni delle modifiche che possono comportare un mutamento significativo dell’esposizione dei lavoratori alla polvere proveniente dall’amianto o dai materiali contenenti amianto e, comunque, trascorsi tre anni dall’ultima valutazione effettuata.
8. Nuove valutazioni sono inoltre effettuate ogni qualvolta l’organo di vigilanza lo disponga, con provvedimento motivato.
9. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti sono consultati prima dell’effettuazione della valutazione di cui al presente articolo e sono informati dei risultati riportati su un apposito registro da tenere a loro disposizione.

Art. 31. Superamento dei valori limite di esposizione.
1. I valori limite di esposizione alla polvere di amianto nell’aria, espressi come media ponderata in funzione del tempo su un periodo di riferimento di otto ore, sono:
a) 0,6 fibre per centimetro cubo per il crisotilo;
b) 0,2 fibre per centimetro cubo per tutte le altre varietà di amianto, sia isolate sia in miscela, ivi comprese le miscele contenenti crisotilo.
2. ……………..abrogato…………...
3. Nel caso di lavorazioni che possono comportare sensibili variazioni della concentrazione della polvere di amianto nell’aria, tale concentrazione non deve in ogni caso superare il quintuplo dei valori di cui ai commi precedenti per misure effettuate su un periodo di 15 minuti.
4. Se si verifica un superamento dei valori limite di esposizione di cui ai commi precedenti, il datore di lavoro identifica e rimuove la causa dell’evento adottando quanto prima misure appropriate.
5. Il lavoro può proseguire nella zona interessata solo se sono state prese le misure adeguate per la protezione dei lavoratori interessati e dell’ambiente. Se le misure di cui al comma 4 non possono essere adottate immediatamente per motivi tecnici, il lavoro può proseguire nella zona interessata soltanto se sono state adottate tutte le misure per la protezione dei lavoratori addetti e dell’ambiente, tenuto conto del parere del medico competente.
6. Per verificare l’efficacia delle misure di cui al comma 4, il datore di lavoro procede ad una nuova misurazione della concentrazione delle fibre di amianto nell’aria non appena sia ragionevole ritenere ultimata la deposizione dei quantitativi anomali di fibre preesistenti agli interventi medesimi.
7. In ogni caso, se l’esposizione dei lavoratori interessati non può venire ridotta con altri mezzi e si rende necessario l’uso dei mezzi individuali di protezione, tale uso non può essere permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, è limitata al minimo strettamente necessario.
8. L’organo di vigilanza è informato tempestivamente e comunque non oltre cinque giorni delle rilevazioni effettuate e delle misure adottate o che si intendono adottare. Trascorsi novanta giorni dall’accertamento del superamento dei valori di cui ai commi 1, 2 e 3, il lavoro può proseguire nella zona interessata soltanto se l’esposizione dei lavoratori risulta nuovamente inferiore ai suddetti valori limite.
9. Il datore di lavoro informa al più presto i lavoratori interessati ed i loro rappresentanti dell’evento e delle cause dello stesso e li consulta sulle misure che intende adottare, anche ai sensi del comma 5; in casi di particolare urgenza, che richiedono interventi immediati, li informa al più presto delle misure già adottate.







[3] Codice civile
Art. 2697. Onere della prova.
Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento.
Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda.







[4] Codice di procedura civile
Art. 115. Disponibilità delle prove.
Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero.
Può tuttavia, senza bisogno di prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza.

Art. 116. Valutazione delle prove.
Il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti.
Il giudice può desumere argomenti di prova dalle risposte che le parti gli danno a norma dell’articolo seguente, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni che egli ha ordinate e, in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo.







[5] Corte di Cassazione Civile - Sezione Lavoro - Sentenza n. 21862/2004
In tema di benefici previdenziali in favore dei lavoratori esposti all’amianto, l’articolo 3, comma 132, della legge 24 dicembre 2003 n. 350, che - con riferimento alla nuova disciplina introdotta dall’articolo 47, comma 1, del decreto legge 30 settembre 2003 n. 269 (convertito con modificazioni nella legge 24 novembre 2003 n. 326)- ha fatto salva l’applicabilità della precedente disciplina, di cui all’articolo 13 della legge 27 marzo 1992 n. 257, per i lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 abbiano già maturato il diritto ai benefici previdenziali in base a tale ultima disposizione, o abbiano avanzato domanda di riconoscimento all’I.N.A.I.L. od ottenuto sentenze favorevoli per cause avviate entro la medesima data, va interpretato nel senso che: a) per maturazione del diritto deve intendersi la maturazione del diritto a pensione; b) tra coloro che non hanno ancora maturato il diritto a pensione, la salvezza concerne esclusivamente gli assicurati che, alla data indicata, abbiano avviato un procedimento amministrativo o giudiziario per l’accertamento del diritto alla rivalutazione contributiva.







[6] Legge 24 dicembre 2003 n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato).
Art. 3. Disposizioni in materia di oneri sociali e di personale e per il funzionamento di amministrazioni ed enti pubblici.
132. In favore dei lavoratori che abbiano già maturato, alla data del 2 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, sono fatte salve le disposizioni previgenti alla medesima data del 2 ottobre 2003. La disposizione di cui al primo periodo si applica anche a coloro che hanno avanzato domanda di riconoscimento all’INAIL o che ottengono sentenze favorevoli per cause avviate entro la stessa data. Restano valide le certificazioni già rilasciate dall’INAIL. All’onere relativo all’applicazione del presente comma e del comma 133, valutato in 25 milioni di euro per l’anno 2004, 97 milioni di euro per l’anno 2005 e 182 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2006, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.


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