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venerdì 28 giugno 2013

Cassazione: Violenza fuori dagli stadi: scattano le misure cautelari per i tifosi colti dalle telecamere in disordini contro la polizia Confermata la legittimità dell'arresto differito quando tale "rinvio" è dovuto unicamente a motivi di sicurezza e di ordine pubblico. Nessun dubbio di legittimità costituzionale




Nuova pagina 1




Cass. pen. Sez. VI, (ud. 18-04-2007) 04-
05-2007, n. 17178


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli
Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AGRO' Antonio S. - Presidente

Dott.
MILO Nicola - Consigliere

Dott. ROTUNDO Vincenzo - Consigliere

Dott.
PAOLONI Giacomo - Consigliere

Dott. DI CASOLA Carlo - Consigliere

ha
pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

...omissisvld...,
nato a (OMISSIS);

avverso l'ordinanza emessa il 24.05.2006 dal G.I.P.
del Tribunale di Taranto, che convalidava il suo arresto in flagranza
differita ai sensi della L. n. 401 del 1989, art. 8, comma 1 ter;

esaminati gli atti, il ricorso e il provvedimento censurato;

udita in
camera di consiglio la relazione svolta dal consigliere Dott. Giacomo
Paoloni;

lette le richieste scritte del Procuratore Generale (sost. P.
G. Dott. Aurelio Galasso), che ha concluso per l'annullamento con
rinvio dell'ordinanza impugnata.


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Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della
decisione
1. Nel pomeriggio di domenica 21.5.2006 si svolgeva, presso
lo stadio Valerio di Melfi, l'incontro del campionato nazionale di
calcio della serie C2 tra le squadre del Melfi e del Taranto, valevole
per la qualificazione/promozione alla serie superiore (cd. play off).

Nell'intervallo tra il primo e il secondo tempo (essendo in vantaggio
la squadra del Melfi) si verificavano ripetuti episodi di aggressione
nei confronti delle forze dell'ordine da parte di tifosi del Taranto
volti ad opporsi ai controlli operati nei loro confronti (giunti a
Melfi in numero notevolmente superiore rispetto alle disponibilità di
biglietti di ingresso allo stadio loro riservati). Episodi
verificatisi, per altro, già nelle ore precedenti la partita durante le
fasi delle operazioni di cd. prefiltraggio dei tifosi ospiti
nell'accesso all'area dello stadio curate da agenti del Commissariato
PS di Melfi e della Questura di Potenza. Eventi che avevano determinato
una difficile e allarmante situazione di ordine pubblico, sfociata poi
apertamente in scontri con le forze dell'ordine in concomitanza della
partita di calcio. Tra gli innumerevoli episodi di violenza nei
confronti delle forze di polizia si inscrive anche l'episodio nel cui
contesto è stato arrestato ai sensi della L. n. 401 del 1989, art. 8,
comma 1 ter (come successivamente modificato dal D.L. n. 28 del 2003
convertito in L. n. 88 del 2003): nel piazzale retrostante il settore
dello stadio loro riservato alcuni tifosi tarantini danneggiano
gravemente con corpi contundenti di varia natura un automezzo Land
Rover del Commissariato PS di Melfi.

Sulla scorta delle
identificazioni rese possibili anche dalle videoregistrazioni
dell'episodio la P.G. esegue l'arresto cd. differito di alcuni autori
del fatto di danneggiamento, tra i quali il D., tratto in arresto la
notte successiva in Taranto (ore 00,25 del 23.5.2006).

Il 24.5.2006 il
g.i.p. del Tribunale di Taranto convalidava, siccome legittimamente
operato, l'arresto del D. e dichiarava la propria incompetenza
territoriale in favore del g.i.p. del Tribunale di Melfi, luogo di
consumazione del reato di danneggiamento aggravato ascritto al D., cui
applicava - ai sensi dell'art. 27 c.p.p. e art. 291 c.p.p., comma 2 -
la misura cautelare degli arresti domiciliari. Misura che il competente
g.i.p. del Tribunale di Melfi sostituiva con quella dell'obbligo di
presentazione alla p.g. e che il Tribunale del riesame di Potenza
(ordinanza 27.6.2006) definitivamente caducava, annullando il
provvedimento impositivo.

2. Avverso l'indicata ordinanza di convalida
dell'arresto emessa il 24.5.2006 ricorre per cassazione (art. 391 c.p.
p., comma 4) personalmente il D., deducendo violazione o erronea
applicazione della legge processuale penale in riferimento ai
presupposti legittimanti la misura pre-cautelare della p.g. adottata
nei suoi confronti ai sensi della L. n. 401 del 1989, art. 8, comma 1
ter e succ. mod in relazione all'art. 391 c.p.p.. L'arresto, sostiene
il ricorrente, è stato eseguito fuori dei casi consentiti dalla legge e
la relativa ordinanza di convalida deve essere annullata per tale
causa.

Giova preliminarmente chiarire che, vertendosi in tema di
dedotto error in procedendo, questo giudice di legittimità non può non
accedere - nei limiti della verifica della congruità formale e
sostanziale dell'impugnata convalida dell'arresto ed ai fini di detta
verifica - agli atti processuali costituenti presupposto storico-
documentale e funzionale del provvedimento 24.5.2006 del g.i.p. del
Tribunale di Taranto. Tanto premesso, può passarsi alla disamina dei
motivi di censura enunciati dal ricorrente.

3. Sostiene, in primo
luogo, il ricorrente che nella motivazione dell'ordinanza di convalida
il g.i.p. menziona esplicitamente "i fotogrammi acquisiti e il filmato
prodotto" quali elementi documentali asseveranti L. n. 401 del 1989, ex
art. 8, comma 1 ter la sua inequivoca identificazione quale (co)autore
dei fatti criminosi, presupposto per l'esecuzione (ammissibilità)
dell'arresto ritardato o in stato di differita flagranza. Senonchè,
posto che nè il g.i.p. nè l'indagato hanno avuto possibilità di
visionare previamente tali fotogrammi o riprese filmate, è un fatto che
comunque tali documenti prodotti dalla polizia giudiziaria e richiamati
nello stesso verbale di arresto del 23.5.2006 ("identificazione del
soggetto fondata su documentazione video-fotografica...") non
ritraggono in alcun caso l'indagato avvocato D., deve concludersi che -
per quel che concerne la sua specifica posizione processuale - tal
genere di documentazione deve considerarsi inesistente o soltanto
presunto. A tal fine il ricorrente, che comunque ammette di essere
stato già identificato presso lo stadio di Melfi dagli operanti,
esibendo loro il proprio tesserino di avvocato (per ragioni che
asserisce estranee all'episodio di danneggiamento), con memoria
integrativa ex art. 611 c.p.p. depositata il 13.4.2007 ha prodotto
copia delle ordinanze dei giudici del riesame, di Taranto prima e di
Potenza poi, investiti delle ordinanze applicative di misure cautelari
a suo carico (arresti domiciliari prima ed obbligo di presentazione
alla p.g. poi), le quali - pronunciandosi sul quadro indiziario - hanno
formulato valutazioni logicamente estensibili ai presupposti di
legittimità del suo arresto e della susseguente convalida dello stesso.
Il Tribunale del riesame di Taranto (ordinanza 5.6.2006) ha dichiarato
l'inefficacia della misura degli arresti domiciliari applicata dal g.i.
p. di Taranto (per altro temporanea perchè emessa ai sensi dell'art. 27
c.p.p.) per la mancata trasmissione ad esso giudice del riesame di
tutti gli atti inerenti l'arresto degli indagati (tra cui il D.) e, in
particolare, dei fotogrammi e dei filmati asseritamente ritraenti i
medesimi arrestati. Da ciò il ricorrente trae conferma dell'assenza di
videoriprese o immagini fotografiche che lo riprendano nell'atto di
partecipare all'episodio criminoso contestatogli. Il Tribunale del
riesame di Potenza (ordinanza 27.6.2006) ha annullato l'ordinanza
applicativa dell'obbligo di presentazione alla p.g. emessa dal g.i.p.
del Tribunale di Melfi nei confronti del D., valutando non gravi gli
indizi di reità profilantisi nei suoi confronti, vuoi perchè
l'annotazione o relazione di servizio 22.5.2006 del sovrintendente di p.
s. G. A. (sulla quale altresì si fonda il differito arresto
dell'indagato) sarebbe contrastata da una deposizione testimoniale
assunta ex artt. 391 bis e ss. c.p.p. dalla difesa del D., vuoi perchè
tra le immagini (fotografie e fotogrammi estrapolati da videoriprese
eseguite dalla p.g.) trasmesse al Tribunale non risulta presente
(effigiato) il D. nell'atto di commettere reati o gesti di violenza.

Sostiene, in secondo luogo, il ricorrente che la carenza del primo
presupposto legittimante l'arresto ritardato a norma della L. n. 401
del 1989, art. 8, comma 1 ter, rappresentato da una inequivoca
documentazione video fotografica, non può giudicarsi elisa o stemperata
dal secondo presupposto tipizzato dalla norma processuale e costituito
da "altri elementi oggettivi", dai quali emerga univocamente il fatto
reato e la partecipazione allo stesso del soggetto arrestato fuori
della situazione di flagranza. A siffatti elementi "oggettivi" non
potrebbero mai essere assimilati, ad avviso del ricorrente, nè la
comunicazione (informativa) della notizia di reato, nè la citata
annotazione di servizio, atti - è il caso di sottolineare - anch'essi
richiamati dall'impugnata ordinanza di convalida dell'arresto. A tale
omologazione osterebbe la ratio della disposizione speciale sulla
flagranza ritardata o differita desumibile dai lavori preparatori della
novella legislativa del 2003 (D.L. n. 28 del 2003 e L. n. 88 del 2003),
alla cui stregua andrebbero escluse dal novero degli "altri elementi
oggettivi" le testimonianze, quali dovrebbero appunto reputarsi le
relazioni di servizio degli agenti operanti. Ne discende, allora, che
la convalida dell'arresto, difettando entrambi i presupposti
legittimanti l'esecuzione ritardata della misura precautelare, è
affetta da radicale nullità.

In via subordinata il ricorrente, in
terzo ed ultimo luogo, eccepisce l'incostituzionalità (id est la non
infondatezza della relativa questione) della L. n. 401 del 1989, art.
8, comma 1 ter per palese contrasto con l'art. 13 Cost.. Questione già
proposta allo stesso convalidante g.i.p. del Tribunale di Taranto, ma
da questi sbrigativamente liquidata - a dire del ricorrente - con
formula di stile ("...la questione di incostituzionalità sollevata dal
difensore appare manifestamente infondata, perchè la libertà delle
persone è adeguatamente tutelata con gli strumenti previsti dalla
legge... "). A parere del ricorrente una lettura costituzionalmente
orientata della L. n. 401 del 1989, art. 8, comma 1 ter non potrebbe
non rilevare lo stridente contrasto con i principi garantistici fissati
dall'art. 13 Cost., comma 3, che attribuisce alla polizia giudiziaria
la possibilità di adottare interventi privativi della libertà dei
cittadini soltanto in situazioni eccezionali di necessità ed urgenza
tassativamente previste dalla legge, allorchè si tenga conto
dell'insussistenza del requisito dell'urgenza a fronte di un arresto
reso possibile a distanza di tempo dalla consumazione del presunto
reato (cioè fuori dei casi di flagranza o quasi flagranza
normativamente disciplinati).

Il ricorso non è assistito da
fondamento.

4. Le censure sollevate dal ricorrente sono il frutto di
una impropria valutazione della duplicità dei presupposti normativi che
scandiscono l'arresto extra-flagrante disciplinato dalla L. n. 401 del
1989, art. 8, comma 1 ter (riprese video fotografiche, altri elementi
oggettivi).

Innanzitutto i due presupposti storico-fattuali
dell'arresto ritardato sono destinati ad operare ove possibile
congiuntamente, ma anche e soprattutto con modalità alternative ed
autosufficienti, come deve univocamente evincersi dall'impiego - nella
tipizzazione normativa dell'istituto processuale - della particella
disgiuntiva "o" (documenti video fotografici o altri elementi
oggettivi). Se ne inferisce, quindi, che, qualora la fonte probatoria
della commissione del presunto reato incarnata da fotografie o
videoriprese sia insufficiente, inidonea o perfino inesistente (come
nel caso di specie si assume nel ricorso), si impone per il giudice
della convalida dell'arresto ritardato (spesso unilateralmente
qualificato in senso improprio, in dottrina e in giurisprudenza, come
arresto "videofotografico") il controllo della sussistenza
dell'ulteriore e diverso requisito offerto da "altri elementi
oggettivi" asseveranti l'individuazione dell'arrestato quale autore del
presunto o dei presunti fatti criminosi.

Occorre, allora, chiarire la
portata concettuale degli altri elementi oggettivi fondanti la sicura
attribuzione del reato al soggetto arrestato fuori flagranza. Va da sè,
sul piano logico, che la connotazione di "oggettività" di tali elementi
non possa intendersi in termini assoluti o di irreversibilità
dimostrativa, che ne resterebbe altrimenti sminuita - sino a divenire
ultronea - la valorizzazione del congiunto (se pur alternativamente
applicabile) requisito integrato dalle riprese video fotografiche.
Elemento, questo, che a sua volta - al di là dell'apparente oggettività
o neutralità del mezzo tecnico di documentazione - neppur può
semplicisticamente ritenersi dotato del crisma dell'oggettività
assoluta o comunque dell'irreversibilità dimostrativa. Evenienza che,
se è intuibile per un'immagine fotografica (che fissa un momento
statico di un determinato fatto o comportamento, lasciando solo intuire
il prima o il dopo di quel fatto o comportamento diacronicamente
decontestualizzato e che, per ciò, necessita di un filtro
interpretativo), è altrettanto plausibile per le stesse riprese
filmate, salvo che non vi sia la prova che il presunto autore del reato
sia stato costantemente seguito dalla telecamera per un ragionevole
periodo di tempo, precedente e successivo alla commissione del fatto, e
che le sequenze documentate (anch'esse da interpretare, quanto meno
nello loro connessione causale) non siano il risultato di una
estrapolazione esemplificativa, che è pur sempre il risultato di una
opzione soggettiva, consapevole o non, del videoperatore o
teleoperatore: basti pensare alla diversa significanza rappresentativa
di un evento a seconda del tipo di inquadratura, della distanza o
dell'estensione del piano di ripresa e di altre analoghe variabili solo
postumamente controllabili). In altre parole la nozione normativa o
giuridica di oggettività altro non introduce se non un coefficiente di
attendibilità o credibilità del fatto documentato, che può soltanto
dirsi essere maggiore in rapporto alla maggiore idoneità tecnica dello
strumento di documentazione utilizzato nel fotografare o filmare una
realtà naturalisticamente ricostruibile.

Se così stanno le cose, deve
convenirsi che l'assunto secondo cui l'annotazione di servizio del
sovrintendente di polizia G. e la stessa comunicazione della notizia di
reato, che integrano il verbale di arresto, non costituiscono (altri)
"elementi oggettivi" idonei e sufficienti per i fini identificativi di
cui alla L. n. 401 del 1989, art. 8, comma 1 ter è espressione di una
mera congettura del ricorrente, che prescinde dall'intrinseco valore
contenutistico degli atti in questione. E' il caso di osservare che
nell'annotazione di servizio 22.5.2006 del sovrintendente G.
(apprezzabile in questa sede, come detto, nei limiti e per i fini
conoscitivi dell'error in procedendo dedotto con il ricorso)
l'ufficiale di p.g. attesta di aver notato un folto gruppo di tifosi
tarantini capeggiati "da un giovane che aveva la mano destra offesa e
che materialmente insieme ad altre tre o quattro persone con una porta
divelta precedentemente dai bagni pubblici stava(no) rompendo il nostro
fuoristrada". Intervenuto per limitare i danni all'autoveicolo di
polizia, il sovrintendente aggiunge di aver identificato il giovane in
questione per " ...omissisvld... nato a (OMISSIS)" mediante un documento dallo
stesso esibito e dal quale risulta essere un avvocato esercente la
professione in Taranto.

Precisato che l'annotazione del G. non
sostanzia essa stessa in via diretta il verbale di arresto (che pure ad
essa annotazione fa fedele riferimento) sol perchè l'arresto viene
materialmente compiuto - sulla base di primi accertamenti svolti dalla
Questura di Potenza e dagli ufficiali di p.g. di Melfi - da funzionali
della Questura di Taranto, luogo di residenza della maggior parte dei
tifosi della squadra del Taranto identificati e arrestati ai sensi
della L. n. 401 del 1989, art. 8, comma 1 ter, è agevole formulare due
ordini di congiunti rilievi.

Da un lato il D. risulta compiutamente
individuato e generalizzato nella immediatezza dei fatti, cioè nel
corso dell'incontro di calcio Melfi-Taranto che ha fatto registrare i
descritti ripetuti scontri tra le locali forze dell'ordine e gruppi di
tifosi ionici. Il D., insomma, è identificato subito in situazione di
sicura flagranza del presunto reato di danneggiamento del fuoristrada
della polizia ed il suo arresto è operato in fase di differita
flagranza unicamente per motivi di sicurezza e di ordine pubblico,
avulsi da ogni problematica di una sua postuma identificazione come
"autore" del fatto criminoso "inequivocamente emerso" durante
l'attività di controllo e contenimento di episodi di violenza da parte
delle forze di polizia operanti presso lo stadio di calcio di Melfi.
Quanto al valore riconoscibile all'annotazione di servizio del
sovrintendente G. (il che è a dire allo stesso verbale di arresto
ritardato), non è logicamente proponibile, perchè priva di alcuno
specifico referente normativo, una sminuita apprezzabilità di un
documento redatto da un pubblico ufficiale e recante descrizione di
quanto da lui personalmente percepito e operato, registrante eventi
altresì surrogati da crismi di oggettività (in termini di tendenziale
piena attendibilità), quali l'irrefutabile individuazione del D.
mediante un documento di identità e la sua riconoscibile menomazione
fisica. Una apprezzabilità che dovrebbe incongruamente diversificarsi -
in termini di minore credibilità - rispetto a quella pacificamente
conferita al medesimo atto del pubblico ufficiale in ordinali contesti
operativi di flagranza di reato (rutti i verbali di arresto in
flagranza di reato e/o le annotazioni di servizio che li supportano
sono basati su atti dichiarativi di constatazioni e di interventi del
pubblico ufficiale operante in tutto analoghi a quello redatto dal
sovrintendente G.).

Da un altro lato non va sottaciuto, per ciò che
attiene alla completezza argomentativa dell'impugnata ordinanza di
convalida dell'arresto emessa dal g.i.p. del Tribunale di Taranto, che
il provvedimento espressamente richiama l'annotazione di servizio della
DIGOS di Potenza del 22.5.2006 "circa il riconoscimento dei soggetti
coinvolti", annotazione che altro non è che l'informativa o
comunicazione di notizia di reato, nel corpo della quale sono trasfusi
i dati conoscitivi enunciati nella relazione o annotazione di servizio
del G.. Di tal che, sebbene con formula sintetica propria di una
ordinanza di convalida dell'arresto, la motivazione del provvedimento
del g.i.p. di Taranto non può ritenersi apparente o insufficiente ai
fini valutativi che in questa sede interessano. Il g.i.p. ha
ritualmente verificato la sussistenza dei presupposti legittimanti
l'arresto differito del D. nonchè la correttezza dell'intervento
(arresto) dispiegato dagli organi di polizia giudiziaria e, dunque, ha
fondatamente convalidato l'arresto del ricorrente.

Arresto che nel
caso di specie è avvenuto al di fuori dell'immediatezza della condotta
antigiuridica, entro il termine previsto dall'art. 8, comma 1 ter, non
perchè tale lasso di maggior tempo fosse indispensabile per
l'identificazione dell'autore della condotta (come per lo più accade in
contesti di disordini avvenuti in occasioni di manifestazioni cd.
sportive), dal momento che - come si è chiarito - il D. è stato
individuato e identificato quale autore di presunti fatti illeciti
nell'immediatezza della loro consumazione (fuor di metafora, nella loro
flagrante commissione), ma soltanto per fronteggiare le indiscutibili
ragioni di sicurezza e di ordine pubblici indiscutibilmente postulate
dal succedersi dei tumulti occorsi durante la partita di calcio Melfi-
Taranto.

Ragioni di sicurezza e di ordine collettivo in cui si radica
il vero e più penetrante presupposto storico dell'istituto previsto
dalla L. n. 401 del 1989, art. 8, comma 1 ter ed alla stregua delle
quali, va aggiunto, il g.i.p. si è limitato, come era suo dovere, a
valutare le emergenze diacroniche della fase temporalmente espansa
dell'arresto del prevenuto, inferendone la corrispondenza al fumus del
prospettato delitto di danneggiamento aggravato. In proposito è perfino
superfluo osservare che l'eventuale arresto in flagranza di un tifoso o
presunto tale, nel perdurante evolversi dei disordini e delle forme di
aggressione o vandalismo che le forze dell'ordine debbono contrastare,
diviene prevedibile causa di maggiori disordini o di più aggressive e
non contenibili reazioni di violenza, tali da compromettere l'efficace
controllo della situazione a salvaguardia dell'incolumità dei cittadini
estranei alle manifestazioni di violenza e della generale sicurezza
pubblica.

5. Tali osservazioni consentono, da ultimo, di rinvenire una
adeguata negativa risposta alla fondatezza della questione di
incostituzionalità dell'art. 8, comma 1 ter prospettata dal ricorrente
(dandosene ovviamente per scontata la rilevanza ai sensi della L. 11
marzo 1953, n. 87, art. 23, comma 2, p.p.). La possibilità di
consentire alla polizia giudiziaria di esercitare il proprio potere-
dovere di arresto con metodologia temporalmente protratta, ma pur
sempre entro predefiniti e contenuti limiti ("trentasei ore dal
fatto"), corrisponde ad esigenze reali non tutelabili con strumenti
diversi.

Non ignora questo collegio giudicante le perplessità
suscitate, soprattutto in dottrina, dal meccanismo procedimentale
previsto dalla L. n. 401 del 1989, art. 8, comma 1 ter rispetto alla
tutela del fondamentale diritto di libertà personale costituzionalmente
protetto dall'art. 13 Cost.. Nè può sottacersi come non si riveli
felice la terminologia, ormai entrata in uso, di solito impiegata per
descrivere l'istituto in esame in termini di "flagranza differita" o
ritardata. La formula di sintesi esprime - è vero - le caratteristiche
tipologiche del peculiare arresto di cui si discute, ma contiene una
patente contraddizione sotto il profilo della logica giuridica. Sul
piano espressivo siffatta qualificazione dell'istituto racchiude un
evidente ossimoro, attesa l'immanente antitesi della categoria o
nozione della flagranza con quella di dilazione temporale o ritardo. Se
la flagranza presuppone l'attualità della condotta antigiuridica su cui
è fondata la condizione di urgenza (e di necessità) legittimante - a
norma dell'art. 13 Cost., comma 3 - l'eccezionale intervento
precautelare (arresto) della polizia giudiziaria, è di tutta evidenza
che la dilatazione temporale (appunto ritardata o differita) di tale
intervento potenzialmente vanifica detto requisito dell'urgenza.

Nondimeno, a ben riflettere, la peculiare disciplina del cd. arresto
differito non sembra, ad avviso di questa Corte, lesiva di specifici
dettati costituzionali e segnatamente dei principi statuiti dall'art.
13 Cost.. Invero l'eccezionalità di contesti storici di necessità ed
urgenza facoltizzanti l'arresto ritardato (nelle trentasei ore dal
fatto) ad opera della polizia giudiziaria (o "autorità di pubblica
sicurezza" come recita l'art. 13 Cost.) è espressamente richiamata
dall'art. 8, comma 1 ter ed è ragionevolmente coniugata alla comprovata
impossibilità di procedere all'arresto nell'immediatezza (in flagranza
o quasi flagranza) per comprovate "ragioni di sicurezza o incolumità
pubblica". Di tal che la tipizzata fattispecie dell'arresto ritardato
non fa velo alla tutela di primari interessi costituzionali, primo fra
tutti quello della inviolabilità della libertà personale.

Per un verso
perchè essa è ispirata alla tutela di valori parimenti assistiti da
rilevanza costituzionale, quali quelli della sicurezza e della pubblica
incolumità (non è casuale che il legislatore abbia mutuato l'endiadi
ragioni di "sicurezza o incolumità pubblica" dall'espressa lettera
dell'art. 17 Cost., comma 3).

Per altro verso la disciplina
dell'istituto assume contorni di definitezza e precisione che
giustificano, sotto l'aspetto della ragionevolezza, l'apparente deroga
ai valori costituzionali dell'art. 13 Cost.. L'arresto differito non è
il portato di mere formule di stile descrittive di generici eventi, ma
l'espressione di circostanze fattuali pur sempre di carattere
eccezionale, in ogni caso agevolmente verificabili dall'autorità
giudiziaria cui compete la convalida dell'arresto differito. La polizia
giudiziaria non è certo esentata, infatti, dall'onere di fornire all'A.
G. la dimostrazione dell'effettivo ricorrere delle condizioni di
emergenza e di salvaguardia dell'ordine pubblico che hanno impedito di
procedere all'arresto in flagranza.

Per altro verso, ancora, non può
disconoscersi che l'avere comunque la disposizione dell'art. 8, comma 1
ter ancorato a dati di semplice verificabilità, quali una
documentazione video-fotografica o altri elementi oggettivi, il
riscontro dell'individuazione/identificazione degli autori dei fatti
criminosi rende l'istituto comunque conforme ai vincoli di tassatività
dei presupposti legittimanti l'arresto precisati dall'art. art. 13
Cost..

Nè giova replicare che rimarrebbe affidato alla polizia
giudiziaria il primo vaglio (con potenziali margini di discrezionalità)
dell'anzidetto compendio probatorio fondante l'arresto differito, per
il semplice motivo che tale situazione è, nè più nè meno, la medesima
situazione che si verifica anche in tutti i casi di arresto in
flagranza, di cui l'autorità giudiziaria è chiamata a controllare i
relativi presupposti legittimanti. Ciò che in ultima analisi rileva,
allora, è la persistente tassatività di tutte le ipotesi di arresto, in
flagranza (o in quasi flagranza) o in cd. flagranza differita, e la
susseguente possibilità per il giudice di accertare l'effettiva
sussistenza delle condizioni convalidanti la facoltà di arresto della
polizia giudiziaria.

In conclusione può, dunque, considerarsi
manifestamente infondata l'eccepita questione di costituzionalità della
L. n. 401 del 1989, art. 8, comma 1 ter per la ragionevolezza, la
giustificabilità e la conformità alla Costituzione della previsione
normativa che - per effetto di contesti storici e fenomenici
eccezionali e compiutamente definiti - giustifica la possibilità di
peculiari modalità spazio- temporali per effettuare l'arresto di
persone identificate quali autori di un reato sulla base di elementi
documentali e storico- fattuali pur sempre raccolti e acquisiti fin dal
momento della oggettiva realizzazione di quel reato.

In conseguenza
della reiezione del gravame il ricorrente deve per legge essere onerato
del pagamento delle spese dell'odierno giudizio.

P.Q.M.
Rigetta il
ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 18 aprile 2007.

Depositato in Cancelleria il 4
maggio 2007

 

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