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venerdì 28 giugno 2013

Cassazione: Sì al risarcimento dell'utente per gli elettrodomestici danneggiati da uno sbalzo di corrente Disattesa la censura secondo cui il contratto di somministrazione di energia esonera l'erogatore da ogni responsabilità nell'ipotesi di salti di frequenza o di tensione per cause accidentali





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Sì al risarcimento dell'utente per gli elettrodomestici danneggiati da
uno sbalzo di corrente
Disattesa la censura secondo cui il contratto
di somministrazione di energia esonera l'erogatore da ogni
responsabilità nell'ipotesi di salti di frequenza o di tensione per
cause accidentali


Cass. civ. Sez. III, 15-05-2007, n. 11193


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto - Presidente

Dott. VARRONE Michele -
Consigliere

Dott. FILADORO Camillo - rel. Consigliere

Dott. FEDERICO
Giovanni - Consigliere

Dott. FICO Nino - Consigliere

ha pronunciato
la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

ENEL DISTRIBUZIONE S.
P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore Dr. DELLE DONNE
Antonio, elettivamente domiciliata in ROMA VIA SABOTINO 46, presso lo
studio dell'avvocato MARIA CHIARA MORABITO, difesa dall'avvocato TORINO-
RODRIGUEZ MARIO, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

L.L.,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA SPROVIERI 3, presso lo studio
dell'avvocato ANTONIO GALASSO, difeso dagli avvocati BUCCI VITTORIANO,
ANDREA DI LIZIO, giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso
la sentenza n. 428/03 del Tribunale di CHIETI, emessa il 17/06/03,
depositata il 20/06/03, R.G. 1812/02;

udita la relazione della causa
svolta nella Camera di consiglio il 02/04/07 dal Consigliere Dott.
Camillo FILADORO;

udito l'Avvocato Mario TORINO-RODRIGUEZ;

lette le
conclusioni, scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott. Antonio
MARTONE, confermate in camera di consiglio dal P.M. Dott. UCCELLA
Fulvio, che ha chiesto venga rigettato il ricorso perchè manifestamente
infondato, con le conseguenze di legge.


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Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con sentenza 17-20
giugno 2003 il Tribunale di Chieti, decidendo in grado di appello,
accoglieva la domanda di L.L., condannando l'ENEL al pagamento della
somma di Euro 2.020,23 in conseguenza di uno sbalzo di corrente
elettrica all'interno della propria abitazione, che aveva causato il
danneggiamento di vari elettrodomestici di sua proprietà, nonchè
l'irreparabile deterioramento di una certa quantità di pesce,
conservato in frigorifero.

I giudici di appello hanno osservato che
poichè l'attività svolta dall'ENEL, finalizzata alla produzione ed alla
fornitura di energia elettrica, era considerare comunque attività
pericolosa, doveva trovare applicazione la presunzione di
responsabilità prevista dalla legge.

Nel caso di specie, la società
non aveva fornito alcuna prova della addebitabilità dell'accaduto al
cosiddetto caso fortuito.

Quanto ai danni riportati dal L. a seguito
dello sbalzo di tensione nella fornitura di energia elettrica, il
Tribunale rilevava - sotto altro profilo - che era stata raggiunta
piena prova dell'esistenza e della entità di tali danni.

Avverso tale
decisione l'ENEL ha proposto ricorso per cassazione sorretto da tre
distinti motivi.

Resiste il L. con controricorso.

La Procura Generale
ha depositato conclusioni scritte ai sensi dell'art. 375 c.p.c.
chiedendo il rigetto del ricorso.

L'ENEL ha depositato memoria
difensiva.

Motivi della decisione
Con tre distinti motivi la società
ricorrente deduce:

- violazione e falsa applicazione dell'art. 330 c.p.
c., R.D. 22 gennaio 1934 n. 37, art. 82, erronea motivazione del
giudice del grado di appello su un punto decisivo della controversia.

La notifica dell'atto di impugnazione 19 novembre 2002 era stata
effettuata ad istanza del difensore della parte appellante alla
controparte personalmente, presso la cancelleria del giudice di primo
grado, luogo che costituiva ex lege domicilio del procuratore dell'ENEL
Distribuzione s.p.a. ai sensi e per gli effetti del R.D. n. 37 del
1934, art. 82.

Tale notifica doveva ritenersi del tutto inesistente,
secondo il costante insegnamento di questa Corte.

Infatti, non vi era
stata dichiarazione di residenza nè elezione di domicilio all'atto
della notifica della sentenza (mai avvenuta).

Doveva pertanto trovare
applicazione l'art. 330 c.p.c. secondo il quale l'atto di impugnazione
deve essere notificato al procuratore costituito presso la residenza
dichiarata o il domicilio eletto per il giudizio.

Il motivo appare
infondato.

Quando sia mancata, come nel caso di specie, la
notificazione della sentenza, l'atto di impugnazione deve essere
notificato, ai sensi degli articoli 330 e 170 c.p.c. presso il
procuratore domiciliatario, a meno che la parte risulti costituita
personalmente in giudizio.

Tale modalità di notifica si impone, tra
l'altro, anche allorchè il procuratore costituito, esercitando il
proprio ufficio nell'ambito di un giudizio che abbia a svolgersi al di
fuori della circoscrizione del tribunale cui egli risulti assegnato,
non abbia provveduto - come nel caso di specie - ad eleggere domicilio
nel luogo in cui ha sede l'autorità giudiziaria investita della
controversia (Cass. 25 agosto 1998 n. 842 6, 7 marzo 2001 n. 3273, 17
maggio 2002 n. 7214).

Chiaramente infondate paiono, infine, le
osservazioni della società ricorrente in ordine al fatto che in questo
caso la notifica sarebbe stata effettuata non al procuratore, ma alla
parte personalmente:

Infatti, la notificazione dell'impugnazione alla
parte presso il procuratore costituito, a norma dell'art. 330 c.p.p.,
comma 1, deve considerarsi equivalente alla notificazione al
procuratore medesimo ai sensi dell'art. 84 c.p.c., giacche il citato
art. 330 c.p.c. si limita ad identificare il luogo della notificazione,
mentre la vocatio in ius relativamente all'impugnazione ha quale
destinatario la parte personalmente.

Con il secondo motivo la
ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 132 e
118 c.p.c..

I giudici di appello hanno ritenuto che la decisione del
giudice di pace fosse del tutto priva di motivazione.

In realtà, il
primo giudice aveva preso in esame tutte le risultanze istruttorie,
sottolineando la ininfluenza delle dichiarazioni rese dai testimoni, i
quali avevano riferito solo di quanto accaduto loro (riferendo, in
particolare, di essere stati risarciti dall'ENEL o dalla compagnia di
assicurazione in un caso consimile di sbalzo di tensione verificatosi
nella fornitura di energia elettrica).

L'esposizione del ragionamento
seguito dal primo giudice era da considerare, peraltro, del tutto
logica e priva di errori giuridici.

Con il terzo motivo la ricorrente
deduce il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione
su alcuni punti decisivi della controversia.

Il contratto di
somministrazione di energia elettrica per uso domestico, sottoscritto
anche dall'utente L.L., conteneva una clausola che prevedeva
espressamente l'esonero da ogni responsabilità della società erogatrice
nelle ipotesi in cui, per cause accidentali, si fossero verificate
interruzioni o limitazioni di fornitura oppure sbalzi di frequenza o di
tensione .

I giudici di appello avevano ignorato tale argomento, che
pure era stato ritualmente dedotto, per escludere ogni responsabilità
della società appellata.

Gli stessi giudici avevano pure omesso di
richiamare la deposizione resa dal dipendente ENEL, sentito in corso di
causa, il quale aveva precisato di non avere notato alcuna anomalia
presso la cabina elettrica che distribuisce l'energia elettrica alla
abitazione del L. (essendo presente nella immediatezza dei fatti nelle
vicinanze della stessa) e di non avere ricevuto alcun appunto o
denunzia di danni da parte degli utenti serviti da tale cabina.

Anche
questi due motivi, da trattare congiuntamente in quanto connessi tra di
loro, sono del tutto infondati.

Attraverso la denuncia di vizi di
violazione di norme e di motivazione, la ricorrente tende - in effetti
- ad ottenere una diversa interpretazione delle risultanze processuali,
inammissibile in questa sede.

Dopo aver sottolineato che il primo
giudice aveva omesso di spiegare il ragionamento che lo aveva indotto a
ritenere di nessuna rilevanza gli elementi probatori già acquisiti al
processo, i giudici di appello avevano motivato la decisione di
accoglimento delle domande del L., richiamando la mancata risposta del
legale rappresentante dell'ENEL, il comportamento processuale tenuta
dalla stessa convenuta ed, infine, le dichiarazioni rese da alcuni
testimoni, che avevano riguardato il fatto specifico dal quale traeva
origine la domanda di risarcimento del danno proposta dall'utente.

I
giudici di appello hanno quindi adempiuto all'obbligo di motivazione,
rendendo una ampia e logica ricostruzione delle risultanze processuali,
giustificando il proprio convincimento sulla impossibilità di applicare
l'esimente del caso fortuito, ed hanno concluso nel senso della
responsabilità della società resistente per attività pericolosa, ai
sensi dell'art. 2050 c.c..

Sotto altro profilo, il giudice non ha
l'obbligo di esaminare tutti gli argomenti logici e giuridici
prospettati dalle parti per sostenere le loro domande ed eccezioni,
essendo sufficiente che nella motivazione sia chiaramente illustrato il
percorso logico seguito per giungere alla decisione quando sia comunque
desumibile la ragione per la quale ogni contraria prospettazione sia
stata disattesa.

Parimenti, e da ciò - sotto altro profilo - la
definitiva inammissibilità del gravame, la società ricorrente ha omesso
di indicare specificamente quali fonti di prova il giudice di appello
avrebbe omesso di esaminare, considerato che le dichiarazioni del teste
C. sono state ampiamente valutate e persino richiamate in sentenza
(pag. 8, quinto rigo; V. Cass. 7 novembre 1996 n. 9711).

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato, con la condanna della
ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate come in
dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la
ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 700,00
(settecento/00) di cui Euro 600,00 (seicento/00) per onorari di
avvocato, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in
Roma, il 2 aprile 2007.

Depositato in Cancelleria il 15 maggio 2007


 

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