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mercoledì 16 ottobre 2024

ageei.eu - Misure patrimoniali preventive, Corte di Strasburgo condanna l’Italia del Governo Conte. LA SENTENZA

 

MARTEDÌ 15 OTTOBRE 2024 10.46.06

ageei.eu - Misure patrimoniali preventive, Corte di Strasburgo condanna l’Italia del Governo Conte. LA SENTENZA

La Corte di Strasburgo condanna l'Italia: le misure di prevenzione patrimoniali introdotte sotto il ministro Bonafede del Governo Conte violano i diritti umani. A dirlo è la Cedu con una sentenza.

E' stata pubblicata

La Corte Ue, non rivenendo alcuna base giuridica prevedibile per l'imposizione delle misure preventive poste dall'allora ministro Bonafede, ha riscontrato una violazione nei confronti del ricorrente da parte delle autorità italiane dell'art. 2 Prot. n.4 alla CEDU, condannando l'Italia a pagare al ricorrente 7mila euro in risarcimento dei danni non pecuniari.

L’intero sistema delle misure di prevenzione patrimoniali era sul banco degli imputati a Strasburgo già da alcuni mesi dopo che la Corte Europea dei Diritti Umani (Cedu) aveva chiesto al governo italiano di spiegare come queste pratiche fossero compatibili con i diritti umani fondamentali fissati dalla Convenzione europea.

A fine novembre il governo italiano aveva inviato alla Cedu le proprie memorie per rispondere alle contestazioni.

Qui di seguito AGEEI pubblica la sentenza della Cedu in formato PDF e a seguito in formato testuale:

Nel caso Gangemi contro Italia,

La Corte europea dei diritti dell'uomo (Prima Sezione), riunita in Comitato composto da:

Péter Paczolay, Presidente,
Gilberto Felici,
Raffaele Sabato, giudici,
e Liv Tigerstedt, cancelliere aggiunto della sezione,

visto quanto segue:

il ricorso (n. 59233/17) contro la Repubblica italiana presentato alla Corte ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”) l'8 agosto 2017 da un cittadino italiano, il signor Sergio Gangemi (“il ricorrente”), nato nel 1974, residente ad Aprilia e rappresentato dall'avvocato L. Giudetti, che esercita la professione a Latina;

la decisione di notificare il ricorso al Governo italiano (“il Governo”), rappresentato dal suo agente L. D'Ascia;

le osservazioni delle parti;

Dopo aver deliberato in privato il 5 settembre 2024,

pronuncia la seguente

OGGETTO DEL CASO

1. Il ricorso verte sulla questione se la base giuridica per l'imposizione al ricorrente della misura della sorveglianza speciale di polizia e dell'obbligo di soggiorno - in particolare l'articolo 1, paragrafo 1, lettere a) e b), del decreto n. 159 del 6 settembre 2011 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, “decreto n. 159”) - sia stata applicata. 159 del 6 settembre 2011 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, “Decreto n. 159/2011”) - fosse sufficientemente fondata. 159/2011") - era sufficientemente chiaro e prevedibile, ai sensi dell'articolo 2 del Protocollo n. 4 alla Convenzione.

2. Il 5 marzo 2013 il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Latina ha richiesto al ricorrente di essere sottoposto, per un periodo di tre anni, alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di polizia e all'obbligo di soggiorno nel Comune di Aprilia.

3. Il 29 maggio 2014 il Tribunale di Latina ha dichiarato il ricorrente socialmente pericoloso ai sensi dell'art. 1 § 1 (a) e (b) del Decreto n. 159/2011 (pericolosità generica o “pericolosità ordinaria”) in quanto persona che, sulla base di elementi di fatto, può essere considerata un delinquente abituale e che vive abitualmente dei proventi di reato. Ha quindi concesso la misura preventiva richiesta dal pubblico ministero e ha imposto al ricorrente i seguenti obblighi per un periodo di tre anni: trovare un lavoro stabile; condurre una vita onesta e rispettosa della legge e non dare adito a sospetti; non allontanarsi dal proprio domicilio senza averne dato notizia all'autorità di polizia incaricata della sua sorveglianza; presentarsi all'autorità di polizia incaricata della sua sorveglianza il lunedì e il venerdì, tra le 16 e le 18, e ogni volta che ne venga fatta richiesta; non rientrare a casa oltre le 22.00 e non uscire di casa prima delle 7.30, se non in caso di necessità e solo dopo averne dato tempestiva comunicazione alle autorità; non detenere o portare armi; non frequentare persone con precedenti penali e sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza; risiedere nel Comune di Aprilia, situato nella Regione Lazio.

4. Su ricorso del ricorrente, il provvedimento è stato confermato il 23 febbraio 2016 dalla Corte d'Appello di Roma.

5. Con sentenza n. 31091 del 6 marzo 2017, che ha dichiarato inammissibile il ricorso del ricorrente per motivi di diritto, il provvedimento è stato confermato dalla Corte di Cassazione ed è diventato definitivo.

6. Facendo leva sull'articolo 2 del Protocollo n. 4 alla Convenzione, il ricorrente ha lamentato l'asserita mancanza di chiarezza e prevedibilità della base giuridica con riferimento ai soggetti cui era applicabile la sorveglianza speciale di polizia, in quanto misura di prevenzione, e l'asserito contenuto vago e indeterminato degli obblighi impostigli, tra cui l'ordine di soggiorno obbligatorio.

 

LA VALUTAZIONE DEL TRIBUNALE

LE OBIEZIONI PRELIMINARI DEL GOVERNO

A - Non esaurimento delle vie di ricorso interne

7. Il Governo ha eccepito l'irricevibilità del ricorso per mancato esaurimento delle vie di ricorso interne.

8. Hanno osservato che il ricorso del ricorrente in punto di diritto era stato dichiarato irricevibile dalla Corte di Cassazione e, in ogni caso, che il ricorrente non aveva lamentato la mancanza di prevedibilità degli obblighi impostigli nel suo ricorso in punto di diritto.

9. Il ricorrente ha osservato che non avrebbe potuto presentare davanti alla Corte di Cassazione la doglianza sollevata nel presente caso.

10. La Corte ribadisce che le vie di ricorso interne non sono esaurite quando un ricorso non viene accettato per l'esame a causa di un errore procedurale del ricorrente. Tuttavia, il mancato esaurimento delle vie di ricorso interne non può essere imputato a un ricorrente se, nonostante il mancato rispetto delle forme prescritte dalla legge, l'autorità competente ha comunque esaminato il merito del ricorso. L'articolo 35 § 1 sarà rispettato quando una corte d'appello esamina il merito di una richiesta anche se la ritiene inammissibile (si veda Asanovic c. Montenegro, no. 52415/18, § 51, 20 maggio 2021, con ulteriori riferimenti).

11. Nel caso di specie, la Corte osserva che la Corte di cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso per motivi di diritto del ricorrente, in quanto l'asserita mancanza di motivazione della sentenza d'appello non costituisce motivo di ricorso per motivi di diritto nei casi riguardanti le misure di prevenzione. Tuttavia, ha esaminato il reclamo del ricorrente e ha osservato che la Corte d'appello aveva motivato sufficientemente le condizioni per dichiarare il ricorrente socialmente pericoloso. La Corte di Cassazione ha anche espressamente esaminato di propria iniziativa il reclamo sollevato nel presente caso. In particolare, ha citato la giurisprudenza della Corte costituzionale e ha osservato che le disposizioni in questione non contengono una chiara indicazione delle circostanze di fatto in grado di giustificare una dichiarazione di pericolosità sociale, lasciando così un ampio margine di discrezionalità al giudice. Ha quindi esaminato la questione relativa alla prevedibilità della base giuridica e all'ambito di discrezionalità conferito alle autorità nazionali.

12. Per quanto riguarda l'obiezione del Governo secondo cui il ricorrente non avrebbe sollevato la doglianza relativa alla presunta mancanza di prevedibilità degli obblighi impostigli, la Corte osserva che la Corte di Cassazione non avrebbe avuto il potere di rimediare alla violazione lamentata dal ricorrente, poiché essa derivava direttamente dalla legge.

13. Ne consegue che l'eccezione di non esaurimento del Governo sotto questi aspetti deve essere respinta.

14. Il Governo ha inoltre sostenuto che, a seguito della sentenza della Corte nella causa De Tommaso c. Italia ([GC], n. 43395/09, 23 febbraio 2017), e della successiva sentenza della Corte Costituzionale n. 24 del 27 febbraio 2019, il ricorrente avrebbe potuto presentare un'istanza di revoca della misura, ai sensi dell'articolo 28 del Decreto n. 159/2011. A loro avviso, la disponibilità e l'efficacia di tale rimedio erano dimostrate dalla giurisprudenza interna (cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 33641 del 13 ottobre 2020).

15. La ricorrente ha risposto che la domanda di revoca ai sensi dell'articolo 28 del Decreto n. 159/2011 poteva essere presentata per le misure di prevenzione patrimoniale (confisca) ma non per la misura della sorveglianza speciale di polizia, che era in gioco nel caso di specie.

16. La Corte ribadisce che la valutazione dell'esaurimento delle vie di ricorso interne viene normalmente effettuata con riferimento alla data di presentazione del ricorso alla Corte (si veda J.I. c. Croazia, n. 35898/16, § 60, 8 settembre 2022). Lo sviluppo e la disponibilità di un rimedio che si dice esista, compresi la sua portata e la sua applicazione, devono essere chiaramente definiti e confermati o integrati dalla prassi o dalla giurisprudenza (si veda, mutatis mutandis, McFarlane c. Irlanda [GC], no. 31333/06, § 120, 10 settembre 2010).

17. Nel caso di specie, la Corte osserva che il ricorso è stato presentato l'8 agosto 2017. Per contro, la sentenza della Corte di cassazione, che ha osservato che il rimedio della revoca era disponibile per quanto riguarda le doglianze relative alla presunta mancanza di prevedibilità della base giuridica delle misure di prevenzione sulla base della sentenza 24/2019 della Corte costituzionale, è stata adottata il 13 ottobre 2020. Pertanto, non ci si poteva aspettare che il ricorrente utilizzasse questo rimedio.

18. Inoltre, la Corte non ravvisa alcuna circostanza eccezionale che giustifichi un'eccezione alla regola generale e imponga al ricorrente di avvalersi del nuovo rimedio interno (si vedano, a contrario, Fakhretdinov e altri c. Russia (dec.), nn. 26716/09 e altri 2, §§ 30-34, 23 settembre 2010, e Beshiri e altri c. Albania (dec.), nn. 29026/06 e altri 11, § 194, 17 marzo 2020).

19. Alla luce di quanto sopra, anche l'eccezione di non esaurimento del Governo a questo riguardo deve essere respinta.

B - Stato della vittima

20. Il Governo ha sostenuto che il ricorrente non aveva lo status di vittima, in quanto la misura gli era stata imposta ai sensi di entrambe le lettere (a) e (b) dell'articolo 1 § 1 del Decreto n. 159/2011. 159/2011. Di conseguenza, l'ipotetica constatazione della mancanza di prevedibilità della prima disposizione non inciderebbe sulla validità della misura, che si basava anche sulla seconda, poiché, secondo il Governo, la lettera (b) non sarebbe priva di prevedibilità.

21. La ricorrente ha contestato questo argomento.

22. La Corte osserva che nella causa De Tommaso (sopra citata, §§ 117-18) non ha fatto alcuna distinzione tra le lettere (a) e (b) dell'articolo 1 § 1 del Decreto n. 159/2011, che sono state entrambe ritenute prive di chiarezza e prevedibilità ai sensi della Convenzione.

23. Ne consegue che l'obiezione del Governo deve essere respinta.

C - Conclusioni sulla ricevibilità

24. La Corte osserva che il ricorso non è manifestamente infondato ai sensi dell'articolo 35 § 3 (a) della Convenzione o irricevibile per altri motivi. Deve pertanto essere dichiarato ricevibile.

PRESUNTA VIOLAZIONE DELL'ARTICOLO 2 DEL PROTOCOLLO N. 4 DELLA CONVENZIONE

25. Per quanto riguarda la questione sottoposta nel presente caso, la Corte osserva che nella causa De Tommaso (sopra citata, § 118) la Grande Camera ha ritenuto che la legge in vigore all'epoca (sezione 1 della legge n. 1423 del 27 dicembre 1956) non indicava con sufficiente chiarezza la portata o le modalità di esercizio dell'amplissimo potere discrezionale conferito ai giudici nazionali. Pertanto, non era formulata con sufficiente precisione per fornire una protezione contro le interferenze arbitrarie e per consentire al richiedente di regolare la propria condotta e prevedere in misura sufficientemente certa l'imposizione di misure preventive. La Grande Camera ha inoltre osservato, per quanto riguarda le misure previste nelle sezioni 3 e 5 della legge n. 1423/1956, che alcune di esse erano formulate in termini molto generici e il loro contenuto era estremamente vago e indeterminato; ciò si riferiva, in particolare, alle disposizioni relative agli obblighi di “condurre una vita onesta e rispettosa della legge” e di “non dare adito a sospetti” (ibid., § 119).

26. La Corte osserva inoltre che la legge n. 1423/1956 è stata abrogata dal decreto n. 159/2011, il cui articolo 1 riproduceva la legge n. 1423/1956. 159/2011, il cui articolo 1 riproduceva la sezione 1 della prima. Inoltre, gli articoli 3 e 5 della legge n. 1423/1956 sono stati trasposti negli articoli 6 e 8 del decreto n. 159/2011. 159/2011. Di conseguenza, le disposizioni applicate nel caso in esame erano le stesse applicate nel caso De Tommaso, in cui la Grande Camera aveva riscontrato una violazione dell'articolo 2 del Protocollo n. 4 a causa della mancanza di chiarezza e prevedibilità della base giuridica della misura contestata. Inoltre, gli obblighi di “condurre una vita onesta e rispettosa della legge” e di “non dare adito a sospetti” sono stati imposti al ricorrente anche nel presente caso (si veda il paragrafo 3 sopra).

27. Dopo aver esaminato tutto il materiale che le è stato presentato, la Corte non ha riscontrato alcun fatto o argomento in grado di persuaderla a giungere a una conclusione diversa sul merito dei reclami del ricorrente.

28. In particolare, la Corte non è convinta dall'argomentazione del Governo secondo cui la base giuridica sarebbe diventata prevedibile alla luce dell'interpretazione dell'articolo 1 del Decreto n. 159/2011 data dalla Corte Costituzionale. 159/2011 data dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 24/2019. Senza approfondire la questione se tale interpretazione abbia risolto il problema della mancanza di prevedibilità della norma interna applicabile, la Corte osserva che la sentenza della Corte Costituzionale era successiva ai fatti del caso in esame e che il ricorrente aveva già scontato i tre anni di restrizioni impostegli. Pertanto, non era pertinente al caso di specie.

29. Di conseguenza, le doglianze del ricorrente rivelano una violazione dell'articolo 2 del Protocollo n. 4.

APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

30. Il ricorrente ha chiesto alla Corte di concedere una giusta soddisfazione su base equitativa.

31. Il Governo ha sostenuto che le pretese del ricorrente non erano fondate.

32. La Corte, agendo su base equitativa e tenendo conto delle circostanze e della natura della violazione, riconosce al ricorrente 7.000 euro (EUR) in relazione al danno non patrimoniale, oltre a qualsiasi imposta eventualmente esigibile.

33. Dato che il ricorrente non ha presentato alcuna richiesta di risarcimento per costi e spese, la Corte ritiene che non sia necessario riconoscergli alcuna somma a tale titolo.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,

Respinge le obiezioni preliminari del Governo;
Dichiara il ricorso ricevibile;
dichiara la violazione dell'articolo 2 del Protocollo n. 4 della Convenzione;
Dichiara
(a) che lo Stato convenuto deve versare al ricorrente, entro tre mesi, 7.000 euro (settemila euro), più le imposte eventualmente dovute, a titolo di danno non patrimoniale;

(b) che a partire dalla scadenza dei suddetti tre mesi e fino al saldo saranno dovuti interessi semplici sull'importo di cui sopra a un tasso pari al tasso di prestito marginale della Banca Centrale Europea durante il periodo di inadempienza, maggiorato di tre punti percentuali.

Fatto in inglese e notificato per iscritto il 26 settembre 2024, ai sensi dell'articolo 77, paragrafi 2 e 3, del Regolamento della Corte.

Liv Tigerstedt Péter Paczolay
Cancelliere aggiunto Presidente


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