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lunedì 26 agosto 2024

Consiglio di Stato 2024-"La sanzione è stata disposta in conseguenza dell’accertato reiterato acquisto ed uso da parte del militare di sostanze stupefacenti: tale condotta è stata ritenuta contraria ai doveri d’ufficio perché lesiva dei doveri di rettitudine e moralità che devono caratterizzare la condotta di un appartenente all’Arma dei Carabinieri e tale da determinare la perdita del vincolo di fiducia. 2. Avverso tale atto è stato proposto il ricorso all’odierno esame in cui, con articolate censure, è dedotta la illegittimità dell’atto impugnato per profili di violazione di legge ed eccesso di potere. 2.1 Il ricorrente deduce, nel primo motivo di ricorso, che il provvedimento impugnato dovrebbe considerarsi inefficace in quanto comunicato all’interessato oltre il termine perentorio stabilito dalla legge che disciplina lo specifico procedimento. "

 

Pubblicato il 12/08/2024

N. 07085/2024REG.PROV.COLL.

N. 00442/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 442 del 2024, proposto da -OMISSIS-

contro

il Ministero della difesa, in persona del Ministro pro tempore, e il Comando generale dell’Arma dei carabinieri, in persona del Comandante generale pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, preso i cui uffici sono domiciliati ope legis in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la OMISSIS, sezione sesta, n. -OMISSIS- resa tra le parti.



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa e del Comando generale dell’Arma dei carabinieri;

visti tutti gli atti della causa;

relatore, nell’udienza pubblica del giorno 25 giugno 2024, il consigliere Francesco Frigida e udito per il ricorrente l’avvocato Emanuele Bove;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. Il signor -OMISSIS- – all’epoca dei fatti di causa appuntato scelto dell’Arma dei carabinieri in servizio presso il xx, compagnia comando e servizi, in qualità di addetto alla “squadra trasporti” – ha proposto il ricorso n. -OMISSIS- dinanzi al T.a.r. di Napoli per l’annullamento della determinazione del Ministero della difesa, direzione generale per il personale militare, prot. n. M_D GMIL REG2019 0254596 dell’8 aprile 2019, notificatagli il 17 aprile 2017, recante nei suoi confronti la sanzione della perdita di grado a causa dell’accertato reiterato acquisto ed uso di sostanze stupefacenti da parte dell’interessato.

1.1. Il Ministero della difesa e il Comando generale dell’Arma dei carabinieri si sono costituiti nel giudizio di primo grado.

2. Con l’impugnata sentenza n. -OMISSIS- il T.a.r. di Napoli, sezione sesta, ha respinto il ricorso e ha compensato tra le parti le spese di lite.

2.1. In particolare, il collegio di primo grado ha sintetizzato i fatti di causa come segue: «1. Il ricorrente è un Appuntato scelto dei Carabinieri in servizio presso il xxxxx - Compagnia Comando e Servizi, quale addetto alla “Squadra Trasporti”. Con il ricorso in esame, egli impugna il provvedimento dell’8 aprile 2019 con cui è stata disposta nei suoi confronti la perdita di grado per rimozione per motivi disciplinari ai sensi degli articoli 861, comma primo, lettera d) e 867, comma sesto, del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66 e, per l’effetto, è stata disposta la cessazione del militare “dal servizio permanente” e la iscrizione dello stesso “d’ufficio nel ruolo dei militari di truppa dell’Esercito Italiano, senza alcun grado, ai sensi degli articoli 923, comma primo, lettera i) e 861, comma quarto, del richiamato Decreto Legislativo n. 66/2010”. La sanzione è stata disposta in conseguenza dell’accertato reiterato acquisto ed uso da parte del militare di sostanze stupefacenti: tale condotta è stata ritenuta contraria ai doveri d’ufficio perché lesiva dei doveri di rettitudine e moralità che devono caratterizzare la condotta di un appartenente all’Arma dei Carabinieri e tale da determinare la perdita del vincolo di fiducia. 2. Avverso tale atto è stato proposto il ricorso all’odierno esame in cui, con articolate censure, è dedotta la illegittimità dell’atto impugnato per profili di violazione di legge ed eccesso di potere. 2.1 Il ricorrente deduce, nel primo motivo di ricorso, che il provvedimento impugnato dovrebbe considerarsi inefficace in quanto comunicato all’interessato oltre il termine perentorio stabilito dalla legge che disciplina lo specifico procedimento. Secondo la prospettiva del ricorrente, il termine di 90 giorni, previsto per la conclusione del procedimento sanzionatorio e decorrente dall’ultimo atto di procedura, andrebbe inteso come termine entro il quale il provvedimento deve anche essere notificato o comunque comunicato all’interessato. Nel caso in esame la seduta della commissione di disciplina si svolgeva in data 9 gennaio 2019. La avversata determinazione del Direttore Generale della Direzione Generale per il personale militare del Ministero della Difesa, n. prot. M_D GMIL REG2019 0254596 veniva notificata al ricorrente il giorno 17 aprile 2019. Nessun ulteriore atto veniva notificato al ricorrente tra le suddette date. In tal modo, rileva il ricorrente, tra l’ultimo atto della procedura, la seduta della commissione di disciplina, e la notifica del decreto ministeriale, avvenuta in data 17.4.2019, sarebbero trascorsi ben 98 giorni, in violazione dell’art. 1392 del D.Lgs. 66/2010 il quale dispone che “In ogni caso, il procedimento disciplinare si estingue se sono decorsi novanta giorni dall’ultimo atto di procedura senza che nessuna ulteriore attività è stata compiuta”. 2.2 Con il secondo motivo di ricorso, è dedotta la violazione dell’art. 1370, V comma, lett. a), del D. lgs. 66/2010, rilevandosi che il procedimento sanzionatorio avrebbe dovuto essere sospeso durante il periodo in cui il militare è stato in astensione dal servizio per malattia. In particolare, il ricorrente veniva riconosciuto “ammalato” dalla Infermeria presidiaria del 10° Reggimento Carabinieri “OMISSIS” sino al 4.11.2018, con provvedimento n. prot. 60/305-19 del 6.9.2018. Successivamente, egli veniva dichiarato non idoneo al servizio d’istituto per 120 giorni a far data dal 25.1.2019. Nonostante l’infermità del ricorrente, l’amministrazione non aveva disposto il rinvio del procedimento, come avrebbe dovuto ai sensi dell’art. 1370, comma 5, del d. lgs. 66 del 2010. 2.3 Con il terzo motivo di ricorso, è dedotta la violazione degli articoli 1355 del D.Lgs. 66/2010 e 3 della L. 241/90 in quanto la determinazione di irrogare al militare la più grave delle sanzioni non sarebbe supportata da una adeguata motivazione e risulterebbe anche sproporzionata alla luce di specifiche circostanze che non sarebbero state adeguatamente valutate in sede disciplinare. Rileva in tali sensi il ricorrente che, ai fini della commisurazione della sanzione, l’amministrazione non avrebbe tenuto conto del comportamento collaborativo del militare che portava a conoscenza egli stesso ai suoi colleghi, con funzioni di P.G., fatti che lo riguardavano nonché della circostanza che al momento della sua escussione non veniva trovato in possesso di sostanza stupefacente. In particolare, avrebbe dovuto essere oggetto di particolare attenzione da parte dell’amministrazione la peculiare vicenda familiare del militare e lo stato psicologico di profonda prostrazione che lo avrebbe indotto a fare uso di stupefacenti, comunque leggeri».

2.2. Tale ricostruzione dei fatti di causa non risulta specificamente contestata dalle parti costituite, sicché, in ossequio al principio di non contestazione recato all’art. 64, comma 2, del codice del processo amministrativo, deve considerarsi idonea alla prova dei fatti oggetto di giudizio.

2.3. Il T.a.r. ha poi così motivato la propria statuizione: «Il primo motivo non è fondato. L’ultimo atto del procedimento, rappresentato dagli esiti della commissione di disciplina, è del 9 gennaio 2019. Il provvedimento con cui è stata irrogata la sanzione è dell’8 aprile 2019, dunque esso è stato adottato entro i 90 giorni previsti dalla legge. Né può valere la deduzione del ricorrente volta a sostenere l’inefficacia dell’atto impugnato perché notificato in data successiva al novantesimo giorno. Una tale circostanza di fatto non ha recato alcun pregiudizio all’interessato dal momento che l’effetto della sanzione si è prodotto nel momento in cui la determinazione dell’amministrazione è pervenuta nella sfera di conoscenza del militare (…) Non è fondato il secondo motivo di ricorso. L’art. 1370, 5 comma, del d.lgs. 66 del 2010 dispone che l’incolpato può chiedere un differimento dello svolgimento del procedimento disciplinare per motivi di salute. Il ricorrente, tuttavia, non ha fornito prova di aver chiesto tale differimento ed anzi risulta che egli si sia adeguatamente difeso in ogni stadio della procedura in tal modo accettando lo svolgimento del procedimento sanzionatorio (…) Gli ulteriori motivi possono essere esaminati congiuntamente, data la loro connessione. Essi sono infondati. I fatti per i quali il ricorrente è stato sottoposto a procedimento disciplinare risultano con precisione descritti negli atti dell’inchiesta e nel provvedimento con il quale è stata applicata la sanzione disciplinare. In specie, il carabiniere – circostanza dallo stesso non smentita - in almeno dieci occasioni ha acquistato da spacciatori sostanze stupefacenti allo scopo di usarle individualmente o insieme alla sua convivente. L’amministrazione ha ritenuto che tale condotta, consistente in frequenti contatti con spacciatori, non fosse compatibile con i doveri d’ufficio ed in particolare con l’impegno, assunto dal militare con il giuramento, a contrastare fenomeni criminosi tra i quali, appunto, anche i reati in materia di stupefacenti. Di qui il giudizio sulla necessità di applicare la sanzione disciplinare della perdita di grado. Il giudizio sulla sanzionabilità disciplinare del comportamento rientra nella discrezionalità dell’Amministrazione e non può essere sindacato – come da consolidata giurisprudenza – se non per evidenti ragioni di contraddittorietà, illogicità e travisamento dei fatti e, quanto alla misura, per evidente sproporzione tra i fatti contestati e la sanzione inflitta, profili che non si ravvisano nella specie (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 16 aprile 2015, n. 1968; sez. III, 5 giugno 2015, n. 2791; sez. VI, 20 aprile 2017, n. 1858; sez. IV, 18 settembre 2018, n. 5451). Peraltro l’Amministrazione non è tenuta a motivare ulteriormente le ragioni della sanzione inflitta, anche perché, come più volte affermato dalla giurisprudenza amministrativa, la perdita del grado è sanzione unica e indivisibile, non essendo suscettibile di essere regolata tra un minimo e un massimo entro i quali all’Amministrazione spetti di esercitare il potere sanzionatorio (Cons. Stato, sez. IV, 8 marzo 2017, n. 1086; sez. IV, 8 febbraio 2018); nel contempo il giudizio disciplinare non riguarda la “gravità” di un’ipotesi tipica (e quindi un giudizio quantitativo di disvalore) ma piuttosto il collegamento tra il fatto imputato e gli obblighi assunti dal militare con il giuramento ovvero con le finalità del Corpo (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 2415 del 21 aprile 2009; 10 luglio 2007 n. 3887, 31 gennaio 2006, n. 339; 11 ottobre 2005, n. 5622). Infine, è da escludere anche la fondatezza della doglianza con la quale il ricorrente ha lamentato la sproporzione della sanzione inflitta rispetto agli addebiti che gli sono stati mossi. In generale, quanto ai profili della adeguatezza della sanzione e della sua proporzionalità, va richiamata la giurisprudenza secondo cui il relativo principio consiste in un canone legale di raffronto che, anche dopo la sua espressa codificazione a livello comunitario (art. 5, ultimo comma, del Trattato C.E., e ora art. 5, comma 4, del Trattato U.E.), non consente di per sé di sindacare il merito dell’azione amministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 20 ottobre 2016, n. 4381). Di conseguenza, il principio di proporzionalità dell’azione amministrativa, ed il suo corollario in campo disciplinare, rappresentato dal c.d. gradualismo, vieta al giudice amministrativo di sostituirsi alle valutazioni discrezionali compiute dall’autorità disciplinare, soggette solo a sindacato ab externo, qualora trasmodino nell’abnormità, o evidenzino profili di eccesso di potere (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. II, 21 dicembre 2020; sez. IV, 27 luglio 2020, n. 4761; id., 28 ottobre2019, n. 7335, 22 marzo 2017, n. 1302; 2 novembre 2017, n. 5053; Sez. III, 31 maggio 2019, n. 3652). Nella fattispecie all’esame, tuttavia, l’impugnata sanzione non appare arbitraria, né illogica, in quanto – ricondotto il perimetro del sindacato giurisdizionale nei limiti della “non manifesta sproporzionalità” – irrogata in ragione di reiterate condotte gravemente contrarie alle finalità e al prestigio del Corpo di appartenenza».

3. Con ricorso ritualmente notificato e depositato – rispettivamente in data 28 dicembre 2023 e in data 17 gennaio 2024 – il signor -OMISSIS- ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza, articolando quattro motivi.

4. Il Ministero della difesa e il Comando generale dell’Arma dei carabinieri si sono costituiti in giudizio.

5. In vista dell’udienza di discussione il ricorrente ha depositato memoria con cui ha ulteriormente illustrato le proprie tesi e insistito sulle proprie posizioni.

6. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 25 giugno 2024.

7. L’appello è infondato e deve essere respinto alla stregua delle seguenti considerazioni.

8. Tramite il primo motivo d’impugnazione l’appellante ha lamentato: «Erroneità della sentenza per non aver accolto il primo motivo di gravame di cui al ricorso di primo grado: Violazione di legge, in relazione all’art. 1392 D.Lgs. 66/2010, all’art. 120 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, e all’art. 21 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, per essersi il procedimento disciplinare concluso - con la notifica dell’atto all’interessato - quando era ormai perenta l’azione disciplinare per il decorso del termine di legge».

8.1. Tale censura è infondata.

Al riguardo si osserva che, per un costante orientamento giurisprudenziale, a cui il Collegio aderisce non rinvenendo regioni per discostarsene, «Il provvedimento di rimozione con perdita del grado si perfeziona alla data della sua adozione, mentre è efficace nei confronti dell’interessato dalla data in cui gli viene notificato. La verifica del rispetto del termine di legge previsto per la conclusione del procedimento disciplinare va quindi effettuata con riferimento alla data di adozione del suddetto provvedimento, non con riguardo alla data della notifica; quest’ultima rileva sotto il profilo della produzione degli effetti per il destinatario, ma non di quello della tempestività dell’azione amministrativa (cfr. e plurimis, Cons. Stato, sez. II, 27 gennaio 2021, n. 825; id. sez. IV, 28 marzo 2019, n. 2050, 13 giugno 2013, n. 3279 e 2 novembre 2012, n. 5582)» (Consiglio di Stato, sezione II, sentenza 21 aprile 2021, n. 3223; in tal senso cfr., ex aliis, Consiglio di Stato, sezione II, sentenza 5 settembre 2023, n. 8168).

Va peraltro evidenziato che nel caso di specie è inconferente la questione della dedotta applicazione nell’ambito dell’ordinamento militare del carattere recettizio degli atti lesivi, giacché la norma asseritamente violata è il comma 4 dell’art. 1392 del decreto legislativo n. 66/2010, dove si prevede che «In ogni caso, il procedimento disciplinare si estingue se sono decorsi novanta giorni dall’ultimo atto di procedura senza che nessuna ulteriore attività è stata compiuta», sicché non è neanche astrattamente predicabile un problema di effetti della scissione temporale tra adozione e notificazione della sanzione, in quanto rileva, per espressa e univoca dizione legislativa, il compimento nel termine di novanta giorni di una qualsivoglia “ulteriore attività” procedimentale da parte dell’amministrazione, tra cui rientra senz’altro l’adozione di un provvedimento amministrativo, il che assorbe ogni ulteriore considerazione sul punto.

9. Mediante la seconda doglianza l’interessato ha dedotto: «Erroneità della sentenza per non aver accolto il secondo motivo di gravame di cui al ricorso di primo grado: Violazione di legge, nella specie dell’art. 1370, V comma, lett. a), del Decreto legislativo del 15/03/2010 - N. 66. Mancata sospensione obbligatoria del procedimento disciplinare per ragione di salute».

9.1. Siffatto motivo è infondato, in quanto, se è vero che l’art. 1370, comma 5, del decreto legislativo n. 66/2010 prevede che «Il militare inquisito può chiedere il differimento dello svolgimento del procedimento disciplinare solo se sussiste un effettivo legittimo impedimento», anche inerente a «ragioni di salute», certificate e «da rendere impossibile la partecipazione al procedimento disciplinare», è altrettanto vero che non vi è prova che l’interessato abbia chiesto un simile differimento, essendosi peraltro difeso in ogni stadio del procedimento disciplinare, per tal via dimostrando di non essere affetto dall’impedimento totale previsto dalla norma che solo giustifica il rinvio, il che esclude qualsivoglia vulnus al diritto di difesa.

Né l’amministrazione doveva – e neanche poteva – differire il procedimento d’ufficio, conoscendo le patologie dell’interessato, in quanto il su richiamato comma 5 prevede espressamente la necessità a tal fine di una richiesta del militare inquisito.

10. Attraverso il terzo motivo di gravame l’appellante ha lamentato: «Erroneità della sentenza per non aver accolto il terzo motivo di gravame di cui al ricorso di primo grado: Violazione e falsa applicazione dell’art. 1355 D.Lgs 66/2010. Violazione di legge in specie dell’art. 3 L.241/90 per grave carenza di motivazione del provvedimento. Eccesso di potere per difetto di motivazione e d'istruttoria, genericità, contraddittorietà e illogicità della motivazione, travisamento dei fatti, illogicità, contraddittorietà e sviamento dell’azione amministrativa, contrasto con i precedenti, violazione dei principi d’imparzialità, ragionevolezza e buon andamento dell’azione amministrativa nonché del principio del giusto procedimento. Violazione principio legittimo affidamento. Eccesso di potere per violazione dei principi di proporzionalità, eguaglianza ed adeguatezza».

10.1. Anche la suddetta doglianza è infondata.

In proposito si osserva che le contestazioni sono state puntualmente descritte dall’inquirente e il provvedimento finale è totalmente esaustivo sotto il profilo motivazionale sia in fatto sia in diritto, anche mediante pertinenti richiami a precedenti atti del procedimento ai sensi dell’art. 3, comma 3, della legge n. 241/1990.

Posta l’assenza di violazioni normative da parte dell’amministrazione, va evidenziato che il sindacato del giudice amministrativo sull’ambito di discrezionalità tecnica dell’amministrazione, in punto di congruità e proporzionalità della sanzione, può essere esercitato soltanto in presenza di indici sintomatici dell’eccesso di potere quali l’illogicità, la contraddittorietà, l’irragionevolezza, il travisamento dei fatti e l’abnormità. Pertanto «il provvedimento disciplinare sfugge a un pieno sindacato del Giudice amministrativo, il quale non può sostituire le proprie valutazioni a quelle operate dall’Amministrazione, salvo che queste ultime siano inficiate da travisamento dei fatti, evidente sproporzionalità o qualora il convincimento non risulti formato sulla base di un processo logico e coerente ovvero sia viziato da palese irrazionalità» (Consiglio di Stato, sezione II, sentenza 7 marzo 2024, n. 2250; cfr. in tal senso, ex aliis, Consiglio di Stato, sezione II, sentenze 20 novembre 2023, n. 9908 e 21 marzo 2022, n. 2001).

Ciò posto, la sanzione della perdita del grado per consumo personale di droga (che peraltro nel caso di specie ha avuto ad oggetto l’acclarato e pacifico consumo reiterato, in almeno dieci circostanze, di droga di tipo “hashish”) è congruamente motivata con riferimento a tale circostanza e al suo evidente attrito con i compiti che un militare è chiamato a svolgere; per altro verso, tale provvedimento non risulta affetto da eccesso di potere per illogicità e/o irragionevolezza, in considerazione della delicatezza e specificità delle funzioni svolte da un appartenente all’Arma dei carabinieri. Il carabiniere, invero, oltre a rivestire lo status di militare e a svolgere attività di polizia militare, è anche fisiologicamente adibito all’espletamento di attività di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza, cosicché, essendo a più stretto contatto con i cittadini, ha un più intenso obbligo di rettitudine comportamentale fuori dal servizio rispetto ad altri militari, come sancito dal regolamento generale per l’Arma dei carabinieri, dove all’art. 422 si prevede che «L’importanza e la delicatezza degli speciali compiti devoluti all’Arma richiedono che tutti gli appartenenti all’Istituzione osservino speciali doveri, che si aggiungono a quelli comuni a ciascun militare» e all’art. 423, comma 1, che «Il militare dell’Arma di ogni grado deve tenere anche nella vita privata condotta seria e decorosa» (cfr. Consiglio di Stato, sezione II, sentenza 25 gennaio 2023, n. 873).

Pertanto non sussiste alcuna violazione dei principi di proporzionalità e gradualità della sanzione, non attenuando la gravità dell’addebito il fatto che il consumo di droga sia stato occasionale, ancorché reiterato, che sia avvenuto fuori dal servizio, che non sia stato appurato il quantitativo di sostanza stupefacente assunto, che il carabiniere non sia stato sottoposto a procedimento penale, che egli abbia collaborato fin da subito con l’amministrazione, che fosse in una fase esistenziale di disagio dovuto a una crisi familiare e che non abbia avuto in precedenza mende nella condotta. Il comportamento posto in essere, infatti, determina necessariamente frequenti contatti con spacciatori di stupefacenti, ovverosia con soggetti dediti ad attività delittuose e appartenenti ad un contesto criminale, il che è incompatibile – o comunque non è irragionevole o abnorme reputarlo incompatibile – con lo status di carabiniere, a prescindere dai compiti in concreto affidati all’interessato.

Va altresì sottolineato che la giurisprudenza amministrativa ha più volte reputato giustificata la sanzione della perdita del grado in casi come quello in scrutinio. In particolare, il consumo di droga da parte di un militare si configura quale comportamento contrario alle finalità del corpo di appartenenza e comporta di per sé l’applicazione della sanzione espulsiva, non essendo peraltro praticabile, stante la radicale gravità del comportamento sanzionato, una graduazione della sanzione (cfr., ex aliis, Consiglio di Stato, sezione IV, sentenze 11 marzo 2013, n. 1474, 24 ottobre 2012, n. 5437, 26 luglio 2012, n. 4257, 15 marzo 2012, n. 1452, e 18 novembre 2011, n. 6096).

Ne discende che il consumo – non isolato, ma reiterato, non casuale e non involontario – di stupefacenti in sé – e non necessariamente il loro consumo in un momento o in stato particolare – giustifica pienamente, laddove trattasi di assunzione della sostanza stupefacente, la legittimità della sanzione irrogata nei confronti dell’odierno appellante, essendo del tutto congrua ai principi di gradualità e ragionevolezza in relazione al comportamento tenuto del militare (contrario all’esemplarità della condotta) e in considerazione dell’appartenenza del medesimo all’Arma dei carabinieri, la quale ha, tra le sue proteiformi funzioni, anche il contrasto allo spaccio di sostanze psicotrope.

11. Con il quarto motivo l’interessato ha dedotto: «Omessa pronuncia in ordine al IV motivo di ricorso: violazione di legge ed eccesso di potere, in relazione al disposto dell’art. 1499, d.lgs. 66/2010».

Tale doglianza è infondata.

La mancata espressa pronuncia del T.a.r. su tale deduzione non inficia la legittimità della sentenza gravata, poiché si tratta di questione esterna al perimetro del procedimento sanzionatorio. Il richiamato art. 1499 del decreto legislativo n. 66/2010, infatti, prevede forme di ausilio da parte dell’amministrazione al militare tossicodipendente che sono del tutto svincolate dal procedimento disciplinare e non elidono in alcun modo la gravità dei fatti contestati, non incidendo dunque minimamente sulla legittimità del procedimento disciplinare e del suo esito.

Ad ogni modo, per completezza si osserva che la lamentata mancata attivazione delle misure di sostegno è dipesa dal fatto che il militare non risulta essersi espressamente dichiarato disponibile al trattamento (in difformità da quanto sancito dal citato art. 1499, i cui delineati programmi sono applicabili soltanto al militare «che dichiari la sua disponibilità a sottoporsi a trattamenti di recupero socio-sanitario»), né, a differenza di quanto sostenuto dall’appellante, l’amministrazione avrebbe dovuto avvertirlo, fornendogli «adeguata informazione in ordine alla possibilità di sottoporsi a trattamenti di recupero socio-sanitario», non essendo normativamente imposto un simile obbligo.

12. In conclusione l’appello va respinto

13. La particolarità della vicenda giustifica la compensazione tra le parti delle spese di lite del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 442 del 2024, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa tra le parti le spese di lite del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento U.E. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte ricorrente, manda alla segreteria di procedere all’oscuramento delle sue generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificarla.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2024 con l'intervento dei magistrati:

Giovanni Sabbato, Presidente FF

Francesco Frigida, Consigliere, Estensore

Maria Stella Boscarino, Consigliere

Francesco Cocomile, Consigliere

Valerio Valenti, Consigliere

 

 

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Francesco Frigida

Giovanni Sabbato

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO




In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

 


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