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lunedì 26 agosto 2024

Consiglio di Stato 2024-"Gli odierni appellanti (tutti appartenenti al Corpo della Polizia Penitenziaria) prestano servizio presso il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria del Lazio. Gli stessi presentavano in data 5 febbraio 2013 istanza, chiedendo il riconoscimento del proprio diritto a percepire l’indennità per i servizi esterni, ai sensi degli artt. 9 d.p.r. n. 395/1995 e 8 d.p.r. n. 170/2007 per aver svolto attività non occasionale di controllo e vigilanza sui detenuti ammessi, ai sensi dell’art. 21 dell’ordinamento penitenziario, al lavoro esterno (attività di pulizia della struttura)."

 


Pubblicato il 16/07/2024

N. 06400/2024REG.PROV.COLL.


N. 07749/2022 REG.RIC.




REPUBBLICA ITALIANA


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Consiglio di Stato


in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


sul ricorso numero di registro generale 7749 del 2022, proposto da:

omissis

contro


Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma


della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Prima Quater, n. 02631/2022, resa tra le parti;



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;


Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;


Visti tutti gli atti della causa;


Vista l’istanza di passaggio in decisione del difensore degli appellanti;


Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 luglio 2024 il Cons. Francesco Cocomile;


Per le parti nessun difensore è presente;


Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:



FATTO e DIRITTO


1. - Gli odierni appellanti (tutti appartenenti al Corpo della Polizia Penitenziaria) prestano servizio presso il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria del Lazio.


Gli stessi presentavano in data 5 febbraio 2013 istanza, chiedendo il riconoscimento del proprio diritto a percepire l’indennità per i servizi esterni, ai sensi degli artt. 9 d.p.r. n. 395/1995 e 8 d.p.r. n. 170/2007 per aver svolto attività non occasionale di controllo e vigilanza sui detenuti ammessi, ai sensi dell’art. 21 dell’ordinamento penitenziario, al lavoro esterno (attività di pulizia della struttura).


Gli stessi proponevano ricorso dinanzi al T.A.R. Lazio, invocando l’accertamento e la declaratoria del proprio diritto alla corresponsione dell’indennità per i servizi esterni, a decorrere dal 5 febbraio 2008, ovvero da quella diversa data di decorrenza ritenuta di giustizia e, conseguentemente, per la condanna dell’Amministrazione alla corresponsione delle somme dovute a titolo di indennità, oltre ad interessi legali e rivalutazione monetaria.


2. - L’adito T.A.R., nella resistenza dell’intimata Amministrazione, con la sentenza segnata in epigrafe, respingeva il ricorso.


3. - Con rituale atto di appello gli interessati chiedevano la riforma della predetta sentenza, lamentandone l’erroneità alla stregua dei seguenti motivi di gravame:


«Violazione di legge con riferimento alla normativa in materia di riconoscimento del diritto alla indennità per servizi esterni, di cui all’art. 9 del D.P.R. 395/95 e dell’art. 9 D.P.R. 164/2002; violazione o falsa applicazione dell’art. 64 del codice del processo amministrativo (c.p.a. - d.lgs. n. 104 del 2010, come successivamente modificato ed integrato); difetto di istruttoria».


Gli appellanti chiedevano, inoltre, la produzione della documentazione in possesso della medesima Amministrazione, circa la presenza o meno di detenuti nella sede di lavoro, e delle disposizioni emesse per la sorveglianza degli stessi.


4. - Resisteva al gravame il Ministero della Giustizia, chiedendone il rigetto.


5. - All’udienza pubblica del 9 luglio 2024 la causa passava in decisione.


6. - L’appello è infondato secondo quanto di seguito osservato, potendosi pertanto prescindere dalla disamina della eccezione di inammissibilità del ricorso collettivo e della eccezione di prescrizione.


Preliminarmente, va evidenziato che l’indennità per servizi esterni, introdotta dall’art. 12 d.p.r. n. 147/1990 in favore del personale della Polizia di Stato, è attribuita al personale impiegato nei servizi esterni, ivi compresi quelli di vigilanza esterna agli istituti di pena, organizzati in turni sulla base di ordini formali di servizio.


Successivamente, l’attribuzione della suddetta indennità è stata estesa, a decorrere dal 1° novembre 1995, dall’art. 9, comma 1, d.p.r. n. 395/1995, al personale del Corpo Forestale dello Stato e dal successivo comma 2 “anche al personale del Corpo di polizia penitenziaria impiegato in servizi organizzati in turni, sulla base di ordini formali di servizio, presso le sezioni o i reparti e, comunque, in altri ambienti in cui siano presenti detenuti o internati”.


La ratio dell’emolumento per cui è causa va individuata - come correttamente rilevato dal T.A.R. nella sentenza appellata (cfr. par. 2 - pag. 8) - nella finalità di compensare il personale che opera regolarmente in condizioni di particolare disagio, consistenti nell’esposizione agli agenti atmosferici e ai rischi aggiuntivi normalmente connessi alla prestazione del servizio in ambienti esterni (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I Quater, 7 marzo 2022, n. 2624 con argomentazioni che questo Collegio ritiene di condividere).


Con riferimento al personale del Corpo di Polizia Penitenziaria, il presupposto dell’indennità è stato esteso altresì alle attività svolte presso “sezioni, reparti e, comunque, ambienti in cui siano presenti detenuti o internati” (art. 9, comma 2, d.p.r. n. n. 395/1995).


Il riconoscimento dell’indennità in esame ricomprende tutti i servizi espletati all’interno della cinta muraria, che delimita istituzionalmente lo spazio destinato alla custodia dei detenuti, ovvero in ambienti in cui siano presenti detenuti o internati.


La genericità della locuzione utilizzata (“ambienti in cui siano presenti detenuti o internati”) non richiede che, ai fini del riconoscimento del beneficio economico, la presenza dei detenuti nei locali sia stabile e permanente.


Ne consegue che in astratto tutte le mansioni espletate dagli appellanti all’interno del muro di cinta o in altri ambienti legittimano l’attribuzione dell’indennità per servizi esterni purché, ovviamente, sussistano gli ulteriori presupposti a tal fine richiesti dalla normativa vigente, ivi compreso quello dell’espletamento del servizio in esame per almeno tre ore consecutive (cfr. art. 9 d.p.r. n. 164/2002).


Tuttavia, nel caso di specie, oltre alla carenza di allegazioni a sostegno della domanda come rilevato dal primo Giudice, è dirimente la circostanza che nessuna allegazione viene formulata in relazione alle condizioni minime di fatto per riconoscere l’indennità per servizi esterni.


Infatti, non vengono dedotte dagli interessati: - le mansioni assegnate nel corso degli anni a ciascuno degli stessi istanti; - se si sia trattato di attività di controllo e di vigilanza di detenuti e internati; - se ciò si avvenuto all’interno o all’esterno dell’Istituto penitenziario ovvero se essi siano stati impiegati presso altri enti e strutture di terzi, in attività di tutela, scorta, traduzione, vigilanza, lotta alla criminalità; - le date e gli orari di svolgimento, riferimento quest’ultimo imprescindibile ove si voglia calcolare l’importo del credito reclamato (il che richiede, tra l’altro, anche la puntuale identificazione delle singole posizioni giuridiche).


Sul punto rileva questo Giudice che tale carenza non può ascriversi ad alcuna “asimmetria” probatoria, dal momento che i ricorrenti fanno valere un proprio diritto soggettivo, sicché su di essi incombe il relativo onere probatorio.


È evidente che in astratto il beneficio in parola è finalizzato a compensare il personale di Polizia Penitenziaria che presta la propria attività lavorativa in contesti che presentino un legame costante e apprezzabile con l’esecuzione delle misure restrittive della libertà personale.


Il quadro normativo sopra riportato conduce ad affermare che la ratio dell’istituto per cui è causa consiste - come detto - nel compensare il disagio connesso al contatto con i detenuti o alla prestazione del servizio in ambienti esterni agli uffici, o con esposizione agli agenti atmosferici.


Depongono inequivocabilmente in questa direzione la disposizione di cui all’art. 9, comma 2, d.p.r. n. 395/1995, che menziona la prestazione del servizio presso le sezioni, i reparti ed in altri ambienti in cui siano presenti detenuti o internati, nonché l’art. 11, comma 1, d.p.r. n. 254/1999 ove si fa riferimento alla prestazione del servizio all’esterno degli Uffici o presso enti e strutture di terzi.


In difetto di queste condizioni, viene a mancare la finalità propria dell’indennità de qua.


In base alla normativa descritta ai fini della corresponsione dell’indennità il contatto con i detenuti è imprescindibile. Diversamente opinando, si vanificherebbe del tutto la ratio dell’istituto, dilatandone indebitamente la portata.


Tale contatto, poi, ancorché provvisorio, deve essere “normale”, vale a dire deve corrispondere ad una attività che il detenuto normalmente può svolgere all’interno dell’ambiente in questione.


Nel caso di specie, la presenza di personale in regime detentivo, stando alla risposta della Amministrazione all’istanza di accesso degli interessati del 17 ottobre 2023, era limitata alla figura di pochi detenuti lavoratori per il servizio di pulizia dei locali (dal 2009 al 2017 solo due persone; dal 2018 al 2023 quattro persone, attualmente ridotte a tre).


Inoltre, l’Amministrazione nella stessa nota dell’8 novembre 2023 rilevava che i soggetti ammessi al servizio di pulizia presso il Provveditorato di via San Francesco di Sales si presentano senza scorta in quanto ammessi al programma di trattamento approvato dal magistrato di sorveglianza, con la conseguenza che nessun appartenente al Corpo di Polizia Penitenziaria in servizio presso quella sede era incaricato della vigilanza dei lavoranti.


Da ciò si desume chiaramente che gli odierni appellanti non svolgevano alcun servizio “esterno” rispondente alla ratio dell’istituto de quo, non essendo preposti alla sorveglianza di detto personale ammesso al lavoro esterno (appunto senza scorta) ai sensi dell’art. 21 dell’ordinamento penitenziario.


Si trattava e si tratta, dunque, di una presenza esigua, limitata da alcune ore della giornata e dovuta ad un’attività che non è istituzionalmente svolta dal solo personale detentivo.


Qualora, infatti, l’Amministrazione avesse deciso di appaltare il servizio ad una ditta di pulizia esterna (cosa che era certamente in sua facoltà) sarebbe venuta meno anche l’unica occasione di contatto tra il personale in servizio e la popolazione dei detenuti.


7. - In conclusione, dalle argomentazioni in precedenza esposte discende la reiezione dell’appello. La citata nota dell’Amministrazione dell’8 novembre 2023 consente inoltre di definire il presente giudizio senza necessità di provvedere sulla richiesta istruttoria di acquisizione di documentazione formulata dagli interessati nell’atto di appello e nella memoria del 18 giugno 2024.


8. - In considerazione della peculiarità della presente controversia sussistono giuste ragioni di equità per compensare le spese di lite.


P.Q.M.


il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.


Spese compensate.


Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.


Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2024 con l’intervento dei magistrati:


Dario Simeoli, Presidente FF


Giovanni Sabbato, Consigliere


Francesco Frigida, Consigliere


Maria Stella Boscarino, Consigliere


Francesco Cocomile, Consigliere, Estensore


 

 

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

Francesco Cocomile Dario Simeoli

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO

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