Consiglio di Stato
Sez. VI, Sent. n. 5461 del 19 ottobre 2007
D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737, art. 18
D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737, art. 19
Si
deve considerare non affetto da illegittimità il comportamento del
Dirigente di un Compartimento, al quale apparteneva un dipendente della Polizia di Stato
sottoposto a procedimento disciplinare che, nel dare avvio al
procedimento stesso abbia dato giustificazioni della scelta di
impostarlo secondo lo schema di cui all'art. 19, D.P.R. n. 737/1981,
anziché in quello di cui all'art. 18, essendo data, la differenza fra i
due schemi procedimentali, dal fatto che solo quello disciplinato
dall'art. 19 può portare all'adozione di sanzioni più gravi. Così
agendo, infatti, il Dirigente non ha proposto l'applicazione di una
sanzione, nei confronti del dipendente, ma ha giustificato una scelta,
riguardo alla quale è competente, sull'impostazione del procedimento,
evidenziando che in base alla prima valutazione (di sua competenza), non
si poteva escludere la necessità di concludere il procedimento, ove il
dipendente fosse risultato responsabile, con una sanzione anche della
massima gravità.
Sez. VI, Sent. n. 5461 del 19-10-2007 (ud. del 19-06-2007), A.G. c. Ministero dell'Interno
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.5461/2007Reg.Dec.
N. 976 Reg.Ric.
ANNO 2007
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 976/07 proposto dal sig. @@@@@@@@ @@@@@@@@, rappresentato e difeso dagli avv.ti ..
contro
il
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui
uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è per legge domiciliato;
per l'annullamento
della sentenza n. 4261 in data 27 dicembre 2006 del Tribunale Amministrativo per il Veneto, Sezione I, resa inter partes.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della parte appellata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore per la pubblica udienza del 19 giugno 2007 il Consigliere ..
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
Con
ricorso al Tribunale Amministrativo per il Veneto il sig. @@@@@@@@
@@@@@@@@, vice sovrintendente della Polizia di Stato, impugnava il
decreto in data 21 aprile 2006 con il quale il capo della Polizia,
Direttore Generale per la Pubblica Sicurezza, aveva disposto la sua
destituzione dal servizio con decorrenza 28/4/2006 e la presupposta
deliberazione in data 28/3/2006 con la quale il Consiglio Provinciale di
Disciplina presso la Questura di Venezia aveva proposto al Capo di
Polizia di infliggere al sig. @@@@@@@@ la destituzione.
Deduceva
cinque motivi concernenti l’illegittimità degli atti del giudizio
disciplinare e cinque motivi (in parte proposti con atto d’integrazione)
riguardanti il provvedimento sanzionatorio e la relativa proposta del
Consiglio di disciplina; chiedeva quindi l’annullamento dei
provvedimenti impugnati.
Con la sentenza n. 4261 in data 27 dicembre 2006 i primi giudici hanno respinto il ricorso.
Avverso
la predetta sentenza il sig. @@@@@@@@ @@@@@@@@ propone l’appello in
epigrafe contestando gli argomenti addotti dal giudice di prime cure e
chiedendo il suo annullamento, previa sospensione.
Con ordinanza n. 1171 in data 6 marzo 2007 è stata respinta l’istanza cautelare.
Si è costituita in giudizio l’Avvocatura Generale dello Stato chiedendo il rigetto del ricorso.
Alla pubblica udienza del 19 giugno 2007 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.
Il ricorrente, dipendente della Polizia di Stato, ha impugnato, in
primo grado, il provvedimento con il quale il Capo della Polizia ha
disposto la sua destituzione dal servizio.
Essendo stato respinto il suo ricorso, propone l’appello in epigrafe.
2.
La prima argomentazione, con la quale si contesta il provvedimento
impugnato affermando che il Dirigente del Compartimento al quale
apparteneva il ricorrente nel dare avvio alla procedura avrebbe, in
violazione degli artt. 12 e 19 del D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737,
proposto la sanzione da infliggere, in tal modo travalicando i compiti a
lui affidati dalla normativa richiamata.
La censura non è condivisibile.
Il Dirigente non ha, infatti, proposto l’applicazione di un sanzione nei confronti dell’appellante.
Nel
dare avvio al procedimento egli si è, infatti, limitato a dare
giustificazione della scelta di impostarlo secondo lo schema di cui al
richiamato art. 19, in luogo di quello di cui all’art. 18.
La
differenza fra i due schemi procedimentali è data, giustappunto, dal
fatto che solo quello disciplinato dall’art. 19 può portare all’adozione
delle sanzioni più gravi.
Il
Dirigente in questione ha quindi correttamente giustificato la scelta,
riguardo alla quale è competente, sull’impostazione del procedimento,
evidenziando che in base alla prima valutazione, di sua competenza, deve
ribadirsi, non poteva essere esclusa la necessità di concludere il
procedimento, ove il dipendente fosse risultato responsabile, con una
sanzione anche della massima gravità.
3.
L’appellante sostiene che il Questore di Venezia, nel trasmettere gli
atti al Consiglio di Disciplina, ha violato il già richiamato art. 19
del D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737, non avendo formulato la propria
valutazione sulla responsabilità disciplinare dell’incolpato.
In tal modo, il Consiglio avrebbe deciso in mancanza di un contributo obbligatorio.
Neanche tale osservazione può essere condivisa.
Ai sensi della disposizione appena citata il questore, una volta ricevuti gli atti dal funzionario istruttore, può:
a) disporre l’archiviazione, ritenendo infondati gli addebiti;
b)
trasmettere gli atti al funzionario competente ad infliggere una
sanzione minore, qualora ritenga che il procedimento debba concludersi
in tal modo;
c)
trasmettere gli atti al consiglio di disciplina, qualora ritenga che la
vicenda debba concludersi con l’applicazione di una sanzione delle più
gravi.
Il
quadro normativo appena riassunto sostiene quanto affermato nella
sentenza appellata, in quanto la decisione del Questore di inviare gli
atti al Consiglio di Disciplina dimostra univocamente il suo parere
circa la gravità dei fatti iscritti al dipendente, essendo palesemente
incompatibile con qualsiasi altra impostazione.
Ed
invero, ritiene il collegio che la volontà delle autorità intervenute
della vicenda risulti in maniera univoca, mentre non possa essere
condivisa l’opinione dell’appellante, rivolta a comprimere la loro
espressione entro rigidi schemi formali, non imposti dalla legge.
La censura deve, pertanto, essere respinta.
4.
L’appellante contesta la sanzione inflittagli, affermando che
l’amministrazione non ha adeguatamente motivato circa la riconducibilità
del suo comportamento alla fattispecie di cui all’art. 7, secondo comma
n. 1, del D.P.R. ottobre 1981, n. 737 (atti che rivelino mancanza
dell’onore o del senso morale) in luogo di altre fattispecie,
contemplate negli articoli precedenti e quindi sanzionate meno
gravemente.
4a. L’obbligo motivazionale non può giungere fino al punto al quale lo estende l’appellante.
L’amministrazione ha certamente l’obbligo di chiarire adeguatamente le ragioni della propria decisione.
Una
volta che le ragioni dell’amministrazione emergono con la dovuta
univocità, è inutile che nel corpo del provvedimento venga esplicitata
la disamina di tutte le altre possibili soluzioni, scartate nel caso
concreto.
Nel caso di specie, le ragioni della scelta di cui si discute emergono con la dovuta chiarezza.
L’odierno
appellante più volte ha passeggiato per strade centrali ed affollate di
Venezia e Mestre vestito con abiti femminili particolarmente vistosi
per la foggia ed i colori, ed è stato riconosciuto da diversi colleghi,
che hanno segnalato il fatto ai superiori.
Si
tratta di un comportamento palesemente idoneo ad incidere sulla
reputazione del poliziotto, tale da rischiare di minare la fiducia di
cui egli gode presso la popolazione.
Inoltre,
il suddetto comportamento è in grado di incidere, ed in concreto ha
inciso, sulla credibilità dell’agente di pubblica sicurezza di fronte ai
colleghi.
L’appellante sembra negare la rilevanza di tale profilo, ma tale impostazione non è condivisibile.
L’attività
istituzionale degli agenti di pubblica sicurezza comporta momenti nei
quali la stessa vita di ciascuno è affidata alla responsabilità del
collega; è evidente che azioni che comportano un tale grado di rischio
possono essere condotte adeguatamente solo qualora vi sia un’adeguata
reciproca fiducia fra gli agenti.
L’odierno
appellante ha totalmente trascurato l’obbligo di curare la propria
credibilità personale proprio nella misura in cui questa costituisce uno
strumento per svolgere adeguatamente il proprio lavoro.
Si
aggiunga, inoltre, che l’appellato ha assunto tale comportamento per
motivi del tutto egoistici e, sostanzialmente, futili (“per assecondare
la propria natura estrosa ed anticonformista”), in tal modo confermando
la propria trascuratezza nel salvaguardare un bene prezioso per la
propria attività di poliziotto quale la credibilità presso popolazione e
colleghi.
Non
appare affatto illogica, quindi, e nemmeno immotivata la valutazione
dell’amministrazione, che ha ritenuto il comportamento dell’odierno
appellante tale da denotare mancanza di senso dell’onore.
4b. L’appellante sostiene, infine, che la sanzione inflitta è sproporzionata rispetto alla mancanza ascrittagli.
Neanche tale doglianza può essere condivisa, per quanto argomentato al punto che precede.
Occorre
solo ribadire la futilità dei motivi che hanno indotto l’appellante ad
adottare il comportamento di cui si tratta, che ampiamente connota,
aggravandola ulteriormente, la sua responsabilità.
5. L’appello deve, in conclusione, essere respinto.
In considerazione della natura della causa le spese possono essere integralmente compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge l’appello.
Compensa integralmente spese ed onorari del giudizio fra le parti costituite.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma, il 19 giugno 2007 dal Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Sesta) nella Camera di Consiglio con
l'intervento dei Signori:
,,
Presidente
,
Consigliere Segretario
,
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il...19/10/2007
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
,
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)
Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa
al Ministero..............................................................................................
a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642
Il Direttore della Segreteria
N.R.G. 976/2007
Nessun commento:
Posta un commento