INFORTUNI SUL LAVORO - PREVIDENZA SOCIALE - REATO IN GENERE
Cass. pen. Sez. III, (ud. 21-05-2008) 02-07-2008, n. 26539
Cass. pen. Sez. III, (ud. 21-05-2008) 02-07-2008, n. 26539
Svolgimento del processo
OSSERVA
Con
la sentenza in epigrafe il tribunale di Brescia condannava - a seguito
di opposizione a decreto penale di condanna - L.L., imputato del reato
di cui all'art. 4, comma 5, lett. c), in relazione al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 89, lett. b),
per avere, nella qualità di Presidente del CdA e consigliere della
cooperativa "@@@@@@@@" omesso, nell'affidare i compiti ai lavoratori
indicati sul libro matricola, di tenere conto delle loro capacità in
rapporto alle loro condizioni di salute, non segnalando al medico di
lavoro competente per gli accertamenti preventivi intesi a constatare
l'assenza di controindicazioni al lavoro da assegnare gli stessi
lavoratori assunti, alla pena di Euro 1.600,00, di ammenda.
Avverso
tale decisione propone ricorso per cassazione l'imputato deducendo la
violazione di legge in relazione alla disposizione contestata ed all'art. 157 c.p..
Sostiene,
infatti, il ricorrente che la previsione normativa in esame non prevede
un obbligo specifico di segnalare al medico del lavoro i lavoratori
assunti e che tale omissione non basta per la sussistenza del reato,
dovendosi piuttosto accertare se l'affidamento dei compiti e delle
mansioni non sia stato preceduto da altre forme di verifica di
compatibilità, ad esempio attraverso accertamenti medici effettuati
dallo stesso lavoratore, non dovendosi necessariamente ricorrere al
medico del lavoro.
In ogni caso il ricorrente contesta la natura permanente del reato ed invoca la prescrizione di esso.
Motivi della decisione
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
Per quanto concerne la prima questione posta dal ricorrente osserva il Collegio che tra le innovazioni più significative del D.Lgs. n. 626 del 1994, vi è senz'altro quella di definire, nel solco già tracciato dal D.Lgs. n. 277 del 1991,
ruolo, requisiti, responsabilità, compiti e funzioni del medico
competente; figura questa già presente in precedenti testi normativi
quali del D.P.R. n. 303 del 1956, art. 33.
Il
legislatore, richiedendo che la figura del medico competente sia
individuata sulla base di specifici parametri (specializzazione in
medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e
psicotecnica, o in tossicologia industriale, o in igiene industriale, o
in fisiologia ed igiene del lavoro, o in clinica del lavoro ed altre
specializzazioni individuate, ove necessario, con decreto del Ministro
della Sanità di concerto con il Ministro dell'Università e della Ricerca
Scientifica e Tecnologica) e nel richiedere contestualmente anche una
comprovata esperienza professionale del medico designato (art. 55), ha
inteso evidentemente individuare la figura di un medico di qualificata
professionalità, in grado di diventare il collaboratore del datore di
lavoro e del responsabile del Servizio di prevenzione e protezione
aziendale.
Ed è a questa figura che il datore
di lavoro deve rapportarsi per le finalità indicate dall'art. 4, comma
5, lett. c), come si rileva dalla formulazione dell'art. 16 che, dopo
avere premesso al comma 1 che "La sorveglianza sanitaria è effettuata
nei casi previsti dalla normativa vigente", inequivocabilmente
stabilisce al comma successivo che "La sorveglianza di cui al comma 1 è
effettuata dal medico competente e comprende:
a)
accertamenti preventivi intesi a constatare l'assenza di
controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati, ai fini
della valutazione della loro idoneità alla mansione specifica;
b)
accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei
lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione
specifica".
E ciò, naturalmente, fermo
restando, che la presenza del medico competente nell'azienda (e, di
conseguenza, la sua partecipazione alla valutazione dei rischi) è
obbligatoria a termini di legge solo nei casi in cui sussista l'obbligo
della sorveglianza sanitaria, circostanza questa non contestata nella
specie.
Il sistema normativo si completa con
la previsione secondo la quale il medico competente, qualora esprima un
giudizio di inidoneità alla mansione specifica, parziale o totale,
temporanea o permanente, ne deve informare per iscritto il datore di
lavoro e il lavoratore.
E' chiaro, dunque,
l'intento del legislatore di anticipare la tutela del lavoratore stesso
sanzionando con l'art. 89, lett. b) l'inadempimento dell'obbligo
indipendentemente dalla idoneità effettiva del lavoratore a rivestire la
mansione specifica o a svolgere la tipologia dei compiti assegnatigli.
E
dunque, nei casi in cui è richiesta, la funzione del medico competente
non può essere altrimenti surrogata ed a nulla rileva l'effettiva
inidoneità del lavoratore allo svolgimento dei compiti assegnatigli.
Rimane allora da affrontare il secondo aspetto sollevato dal ricorrente, vale a dire quello della natura del reato.
Ancora
una volta il Collegio ritiene di dovere dissentire dalla prospettazione
dell'imputato che sostiene la natura istantanea del reato. E ciò in
quanto, l'interesse dello Stato alla effettiva assunzione delle misure
di salvaguardia della salute del lavoratore non è limitato alla fase che
precede l'assegnazione dei compiti ma perdura per l'intero rapporto.
Ed,
infatti, l'art. 89 lett. b) nel prevedere la pena dell'arresto da due a
quattro mesi o dell'ammenda da L. un milione a L. cinque milioni si
limita a richiamare tra le altre la violazione dell'art. 4, comma 5,
lett. c).
Quest'ultima disposizione (art. 4,
comma 5, lett. c) contempla senza limitazione temporale alcuna l'obbligo
per il datore di lavoro di affidare i compiti ai lavoratori tenendo
conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla
loro salute e alla sicurezza.
Inoltre essa va
evidentemente coordinata con quella dell'art. 16 che ai fini della
valutazione della idoneità alla mansione specifica dei lavoratori
prevede che la sorveglianza sanitaria si eserciti non solo mediante
accertamenti preventivi intesi a constatare l'assenza, di
controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati (art. 16
comma 2, lett. a), ma anche attraverso gli "accertamenti periodici per
controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio
di idoneità alla mansione specifica" (art. 16, comma 2, lett. c).
Recita,
infatti, l'art. 16 - Contenuto della sorveglianza sanitaria 1. La
sorveglianza sanitaria è effettuata nei casi previsti dalla normativa
vigente.
2. La sorveglianza di cui al comma 1 è effettuata dal medico competente e comprende:
a)
accertamenti preventivi intesi a constatare l'assenza di
controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati, ai fini
della valutazione della loro idoneità alla mansione specifica;
b)
accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei
lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica.
3.
Gli accertamenti di cui al comma 2 comprendono esami cimici e biologici
e indagini diagnostiche mirati al rischio, ritenuti necessari dal
medico competente.
Appare evidente, pertanto,
che la sorveglianza sanitaria non è circoscritta alla fase che precede
l'assegnazione alle mansioni del dipendente.
Si
deve, pertanto, necessariamente concludere, a parere del Collegio, per
la natura permanente del reato perdurando l'obbligo della sorveglianza
sanitaria anche nel corso dello svolgimento delle mansioni e, quindi, la
condotta lesiva dell'interesse protetto sino a quando il datore di
lavoro non ottemperi all'obbligo di procedere agli indicati
accertamenti.
Il reato, dunque, non può essere
ritenuto prescritto, come correttamente affermato dal giudice di merito
all'epoca della decisione impugnata e nemmeno alla data odierna.
Il ricorso va dunque rigettato ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 21 maggio 2008.
Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2008
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