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martedì 10 giugno 2014

Cassazione: Ufficiale Idraulico - Indennità: - ambito di applicabilità con quelle di polizia



Cassazione Civile
Sez. Unite, Sent. n. 11211 del 08 maggio 2008
Indennità: - ambito di applicabilità

D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 2
D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 45
L. 1 aprile 1981, n. 121, art. 43

Il personale dipendente del Ministero delle infrastrutture munito della qualifica di "ufficiale idraulico" il quale, in forza di tale qualifica, è incaricato anche di funzioni di polizia, non ha diritto all'indennità prevista dall'art. 43, terzo comma, della legge n. 121 del 1981 (indennità determinata in base alle funzioni attribuite, ai contenuti di professionalità richiesti, nonché alla responsabilità e al rischio connessi al servizio) per il personale della Polizia di Stato, giacché trattasi di indennità specificamente attribuita "ex lege" in favore di detti lavoratori in regime di diritto pubblico (art. 3 d.lgs. n. 165 del 2001) cui è riconosciuto questo particolare stato giuridico, mentre i predetti dipendenti statali lavorano in regime contrattuale e per essi il trattamento economico è stabilito esclusivamente dai contratti collettivi (artt. 2, comma 3, e 45 del medesimo d.lgs. n. 165 del 2001). (Cassa e dichiara giurisdizione, App. Bologna, 1 Agosto 2006)
Sez. Unite, Sent. n. 11211 del 08-05-2008 (ud. del 15-04-2008), Ministero per le infrastrutture c. M.C. (rv. 602897)



COMPETENZA E GIURISDIZIONE CIV.   -   IMPIEGO PUBBLICO
Cass. civ. Sez. Unite, 08-05-2008, n. 11211
Fatto Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo

1. La controversia, promossa con ricorso del 29 dicembre 2000 al Tribunale di Parma dagli attuali resistenti e ricorrenti incidentali, nonchè dagli altri lavoratori rimasti intimati, nei confronti delle amministrazioni ricorrenti principali e intimate, aveva ad oggetto l'accertamento del diritto all'inquadramento nella 7^ qualifica funzionale dall'assunzione, avvenuta, per alcuni di essi nel 1993, per lo svolgimento delle mansioni di "ufficiali idraulici" con inquadramento nella 5^ q.f., il pagamento delle differenze retributive e, in particolare, dell'indennità prevista per il personale statale con funzioni di polizia, oltre al risarcimento del danno.
2. Accolte parzialmente le domande dal Tribunale di Parma con decisione n. 221/2003, la Corte di appello di Bologna definisce l'appello principale dei Ministeri delle infrastrutture e trasporti e dell'economia e delle finanze, nonchè dell'Agenzia interregionale per il fiume Po (già Magistrato per il Po), e l'appello incidentale dei lavoratori M.C. e P.L., con le seguenti statuizioni:
a) sussistenza della giurisdizione ordinaria sulle pretese economiche relative a tutto il periodo dedotto in causa, fino alla pronuncia giudiziale, in presenza di illecito permanente imputato al datore di lavoro e protrattosi oltre il 30 giugno 1998, mentre nessun problema poteva porsi per i lavoratori appellanti incidentali assunti nel 1999;
b) conferma della decisione di primo grado nella parte in cui aveva riconosciuto esclusivamente il diritto alle differenze retributive per lo svolgimento di mansioni superiori a quelle di inquadramento, condannando al pagamento il solo Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
c) rigetto, in riforma della sentenza appellata, della pretesa relativa al pagamento dell'indennità di polizia giudiziaria, siccome prevista dal trattamento economico dei soli appartenenti alla Polizia di Stato, mentre la retribuzione dei lavoratori appellati era interamente definita dalla contrattazione collettiva applicabile al rapporto.
3. La cassazione della sentenza è domandata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dal Magistrato del Po e dall'Agenzia interregionale per il fiume Po con ricorso principale per due motivi.
Ricorso incidentale per un unico motivo propongono i lavoratori resistenti con controricorso; non svolgono attività di resistenza gli altri lavoratori intimati, nonchè il Ministero dell'economia e delle finanze e la Regione Emilia Romagna, amministrazioni cui è stato notificato il controricorso contenente ricorso incidentale. I resistenti - ricorrenti incidentali depositano memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1. Preliminarmente, la Corte riunisce i ricorsi proposti contro la stessa sentenza (art. 335 c.p.c.).
2. Con i due motivi del ricorso principale si chiede la cassazione della sentenza impugnata per difetto di giurisdizione del Giudice ordinario in base al disposto del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 45, in via principale perchè i dipendenti avevano dedotto in causa, quale fonte dei diritti rivendicati, l'illegittimità dell'inquadramento iniziale in 5^ qualifica funzionale, avvenuto in esecuzione delle clausole del bando di concorso pubblicato il 28.12.1993 (primo motivo); in via subordinata, perchè dovevano essere sottoposte al vaglio della giurisdizione amministrativa esclusiva tutte le pretese attinenti al periodo anteriore al 1 luglio 1998 (secondo motivo). Il quesito di diritto che conclude i due motivi è formulato nel senso dell'affermazione della giurisdizione amministrativa in caso di controversia che abbia ad oggetto l'inquadramento di lavoratori pubblici attuato in periodo precedente il 1 luglio 1998 e comunque in relazione alle pretese retributive concernenti lo stesso periodo.
2.1. Rilevato che la connessione tra i due motivi giustifica la formulazione di un quesito di diritto unitario (con conseguente infondatezza della deduzione dei resistenti-ricorrenti incidentali circa l'inammissibilità del primo motivo per violazione dell'art. 366 bis c.p.c.), la Corte ritiene fondata l'argomentazione, subordinata, svolta con il secondo motivo del ricorso principale, fatta eccezione per gli intimati M.C. e P. L., in tal senso dovendosi dare soluzione al quesito di diritto, con declaratoria di inammissibilità del primo motivo di ricorso per difetto di interesse.
2.2. In ordine all'inammissibilità del primo motivo del ricorso principale, si osserva che la statuizione di rigetto nel merito della pretesa dei lavoratori all'inquadramento in qualifica superiore, non impugnata dai soccombenti, determina il venir meno dell'interesse della parte vincitrice sul punto ad una pronuncia sulla giurisdizione. La giurisprudenza delle Sezioni unite della Corte enuncia il principio secondo il quale la soluzione di questioni di giurisdizione, in quanto diretta alla individuazione del Giudice munito di potere - dovere di decidere sulla domanda, è necessariamente strumentale rispetto a tale decisione, sicchè, quando sia venuto meno l'interesse delle parti ad una pronuncia sul merito della pretesa, resta precluso, per il difetto di tale requisito di ammissibilità dell'impugnazione, il motivo attinente alla giurisdizione (cfr. Cass. S.u. 13 aprile 1992, n. 4486; 9 luglio 1997, n. 6226; 6 luglio 2004, n. 12365; 23 marzo 2007, n. 7104).
2.3. In relazione ai lavoratori M.C. e P. L., mancando qualunque contestazione in ordine all'accertamento di fatto della loro assunzione solo nell'anno 1999, il secondo motivo del ricorso principale, in base alle stesse argomentazioni che ne costituiscono il fondamento, va rigettato.
2.4. Lo stesso motivo è, invece, fondato nei riguardi degli altri lavoratori assunti nel 1993.
In tema di proroga della giurisdizione amministrativa sulle controversie inerenti ai rapporti contrattuali di lavoro alle dipendenze di pubbliche amministrazioni, le Sezioni unite della Corte di cassazione, interpretando il riferimento alle "questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998", ovvero "anteriore a tale data", operato dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, (in cui è stato inserito per questa parte il D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 45) al fine di segnare il momento a partire dal quale la controversia di lavoro pubblico contrattuale non appartiene più alla giurisdizione esclusiva amministrativa, hanno rilevato che la norma utilizza una locuzione volutamente generica e atecnica, cosicchè risulta inadeguata un'opzione ermeneutica che colleghi rigidamente l'indicato discrimine temporale ad elementi come la data del compimento, da parte dell'amministrazione, dell'atto di gestione del rapporto che abbia determinato l'insorgere della questione litigiosa, oppure l'arco temporale di riferimento degli effetti di tale atto o anche il momento di insorgenza della contestazione. Viceversa, l'accento va posto sul dato storico costituito dall'avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze - così come posti a base della pretesa avanzata, in relazione alla cui giuridica rilevanza sia insorta la controversia. In altri termini, l'indagine deve avere ad oggetto la collocazione temporale dell'episodio che produce la lesione definitiva dell'interesse per la cui tutela si ricorre al Giudice, secondo il principio enunciato in modo uniforme da tutte le decisioni a partire da Cass. S.U. 26 agosto 1998, n. 8451 (tra le altre successive: Cass. S.U. 2 luglio 2004, n. 12137; 28 luglio 2004, n. 14172; 3 maggio 2005, n. 9101; 16 giugno 2005, n. 12863; 21 giugno 2005, n. 13290; 6 luglio 2005, n. 14206; 7 luglio 2005, n. 14258; 10 febbraio 2006, n. 2883).
L'applicazione della norma transitoria così interpretata comporta inevitabilmente che i crediti maturati (cioè divenuti esigibili in forza del completamento della fattispecie attributiva del diritto, indipendentemente dalla data di decorrenza, eventualmente retroattiva: cfr. Cass. S.U. 19 aprile 2007, n. 9319) in un certo arco temporale, debbano essere fatti valere dinanzi a giudici diversi, la cui competenza è ripartita in base all'epoca di maturazione di ciascuno, malgrado l'omogeneità delle fattispecie costitutive dei diritti e l'identità delle questioni di fatto e giuridiche controverse, restando, in particolare, irrilevante la data di atti meramente ricognitivi del rapporto obbligatorio.
La regola si applica alle differenze retributive in genere (Cass. S.U. 18 dicembre 2002, n. 18054; 10 febbraio 2006, n. 2883; 28 giugno 2006, n. 14846, e, con specifico riguardo alla controversia in esame, ai compensi rivendicati per lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica rivestita prima e dopo il 30 giugno 1998 (Cass. S.U. 5 giugno 2002, n. 8159; 27 gennaio 2005, n. 1622; 27 gennaio 2005, n. 1624; 20 aprile 2006, n. 9154).
La sentenza impugnata, sulla questione di giurisdizione, ha, quindi, falsamente applicato la regola, enunciata a temperamento del frazionamento delle domande con esclusivo riferimento alla nozione di illecito permanente, secondo la quale, qualora la lesione del diritto del lavoratore abbia origine da un comportamento illecito permanente del datore di lavoro (es. dequalificazione, comportamenti denunciati come mobbing), si deve fare riferimento al momento di realizzazione del fatto dannoso e, quindi, al momento della cessazione della permanenza, con la conseguenza che va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario allorchè tale cessazione sia successiva al 30 giugno 1998 (cfr.
Cass. S.U. 27 gennaio 2005, n. 1622; 25 marzo 2005, n. 6422; 19 dicembre 2005, n. 27896; 28 febbraio 2007, n. 4635; 9 marzo 2007, n. 5405). L'indirizzo giurisprudenziale richiamato, infatti, si riferisce alle pretese risarcitorie del danno da illecito (naturalmente di natura contrattuale, giacchè, per l'illecito aquiliano la competenza era ab origine del Giudice ordinario: vedi Cass. S.U. 2 luglio 2004, n. 12137), non invece alle pretese retributive avanzate nella controversia dai dipendenti, cioè crediti pecuniari maturati giorno per giorno in correlazione con la prestazione di determinate attività lavorative.
2.5. In accoglimento del secondo motivo del ricorso principale, pertanto, la sentenza impugnata va cassata per difetto di giurisdizione del Giudice ordinario su tutte le pretese azionate in relazione ai crediti maturati fino al 30 giugno 1998. In relazione a tali pretese, va dichiarata la giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo, con gli effetti di traslatio iudicii precisati da Cass. S.U. 22 febbraio 2007, n. 4109, e nel rispetto del principio generale, affermato da C. cost. 12 marzo 2007 n. 77, secondo cui gli effetti, sostanziali e processuali, prodotti dalla domanda proposta a Giudice privo di giurisdizione si conservano, a seguito di declinatoria di giurisdizione, nel processo proseguito davanti al giudice munito di giurisdizione, atteso che l'opposto principio -non formulato espressamente in una o più disposizioni di legge, ma presupposto dall'intero sistema dei rapporti tra Giudice ordinario e Giudici speciali e tra i Giudici speciali - per cui la declinatoria della giurisdizione comporta l'esigenza di instaurare ex novo il giudizio senza che gli effetti sostanziali e processuali prodotti dalla domanda originariamente proposta si conservino nel nuovo giudizio, "deve essere espunto, come tale, dall'ordinamento". 3. L'unico motivo del ricorso incidentale censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato la pretesa relativa all'indennità di "polizia". Si denuncia violazione e falsa applicazione della L. 1 aprile 1981, n. 121, art. 43, dell'art. 12 preleggi, del R.D. 9 dicembre 1937, n. 2669, art. 96, del D.P.R. 15 ottobre 1969, art. 9, n. 1281 e del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, artt. 2 e 3, unitamente a vizio della motivazione, sostenendosi che il corretto accertamento del contenuto professionale dei compiti di "ufficiali idraulici" avrebbe comportato il riconoscimento del diritto all'indennità prevista dalle norme indicate per funzioni analoghe.
3.1. Il motivo resta assorbito nella decisione di cassazione della sentenza impugnata per difetto di giurisdizione ordinaria, limitatamente ai crediti relativi all'indennità da considerarsi maturati fino al 30 giugno 1998. 3.2. In relazione ai crediti da considerarsi maturati successivamente allo stesso titolo, il ricorso incidentale è destituito di fondamento, dovendosi dare risposta negativa al quesito di diritto così formulato: "se spetti al personale dipendente del Ministero delle infrastrutture, munito della qualifica di "ufficiale idraulico", in virtù dei compiti attribuiti a detto personale dalla legge e dai regolamenti, nonchè dallo stesso effettivamente svolti, il diritto all'indennità prevista dalla L. n. 121 del 1981, art. 43, comma 3, per lo svolgimento di funzioni di polizia". 3.3. A livello di principio generale, la giurisprudenza della Cortenon dubita che il trattamento retributivo si determina in base alla specifica disciplina che lo contempla e per le categorie di lavoratori che ne sono destinatali, dovendosi escludere ogni integrazione mediante il ricorso a regole dettate per rapporti di natura diversa, non potendosi attribuire alcun rilievo, fuori dalle ipotesi di applicazione dell'art. 36 Cost., ai livelli retributivi previsti per altri lavoratori che svolgono mansioni professionalmente analoghe, stante l'inesistenza di un diritto alla parità di trattamento in materia di lavoro (vedi Cass. 18 marzo 2004, n. 5523;
Cass. S.U. 17 maggio 1996, n. 4570 e 1 ottobre 1993, n. 9804).
3.4. Nel caso di specie, si rivendica il diritto ad un'indennità prevista dalla legge specificamente per il personale della Polizia di Stato e, quindi, con esclusivo riguardo a lavoratori in regime di diritto pubblico (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 3) cui è riconosciuto questo specifico stato giuridico; e lo si rivendica da parte di dipendenti che, ancorchè incaricati di funzioni di polizia, lavorano in regime contrattuale e per i quali il trattamento economico è stabilito esclusivamente dai contratti collettivi (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, in relazione anche alle previsioni dello stesso testo legislativo art. 2, comma 3).
4. La natura delle questioni controverse e l'esito dei giudizi di merito e di cassazione, giustifica la compensazione per l'intero delle spese dell'intero processo (art. 385 c.p.c., comma 2).

P.Q.M.

La Corte, a Sezioni unite, riunisce i ricorsi. Dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso principale e rigetta il secondo motivo dello stesso ricorso nei confronti degli intimati M.C. e P.L.; accoglie il secondo motivo del ricorso principale nei confronti dei resistenti - ricorrenti incidentali;
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto nei limiti indicati e dichiara sussistere la giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo, cui la causa è rimessa, sulle pretese concernenti il periodo di lavoro fino al 30 giugno 1998. Dichiara assorbito il ricorso incidentale nella decisione di accoglimento del secondo motivo del ricorso principale per la parte relativa ai crediti attinenti al periodo di lavoro fino al 30 giugno 1998 e lo rigetta per il resto. Compensa per l'intero le spese dei giudizi di merito e di cassazione tra le parti costituite; nulla da provvedere per le parti che non hanno svolto attività difensiva.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni unite civili, il 15 aprile 2008.
Depositato in Cancelleria il 8 maggio 2008

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