(Sezione lavoro, sentenza n. 27477/08; depositata il 19 novembre) |
LAVORO (RAPPORTO)
Cass. civ. Sez. lavoro, 19-11-2008, n. 27477
Cass. civ. Sez. lavoro, 19-11-2008, n. 27477
Svolgimento del processo
Con
distinti ricorsi al Tribunale di Orvieto depositati il 17.2.2003 ed il
5.3.2003 e successivamente riuniti gli attuali intimati, dipendenti
della Provincia di Terni, esponevano che dal 1992 al 2000 avevano
osservato turni di pronta reperibilità in giorni festivi destinati al
riposo senza prestazione di attività lavorativa e che la Provincia non
aveva mai concesso loro il riposo compensativo previsto dal D.P.R. n. 333 del 1990, art. 49,
limitandosi a corrispondere l'indennità di reperibilità. Sostenevano di
aver diritto al risarcimento del danno, definito "biopsichico", per non
aver usufruito di un giorno di riposo compensativo in corrispondenza
con i giorni festivi in cui avevano prestato servizio di reperibilità.
Chiedevano pertanto la condanna della Provincia al risarcimento del
danno da commisurarsi ad una giornata di normale retribuzione o da
determinarsi in via equitativa per ogni giorno di riposo compensativo
non goduto in relazione alle giornate festive di reperibilità, che
ciascuno indicava nel suo ricorso anno per anno.
L'Amministrazione
Provinciale di Terni si costituiva e resisteva nel merito osservando
che il riposo compensativo non riduceva la prestazione oraria di 36 ore
settimanali, con la conseguenza che le ore giornaliere di lavoro (6)
andavano ridistribuite negli altri giorni della stessa settimana;
rilevava che nel periodo considerato nessuno dei ricorrenti aveva
chiesto di usufruire del riposo compensativo con diversa articolazione
dell'orario di lavoro;
escludeva comunque che i ricorrenti avessero ricevuto alcun danno dalla reperibilità festiva.
Il Tribunale di Orvieto, con sentenza depositata il 17.10.2003, rigettava i ricorsi.
I
lavoratori proponevano appello e la Corte di Appello di Perugia, con
sentenza depositata il 13.2.2006, in riforma della decisione del
Tribunale, condannava l'ente convenuto a corrispondere ai ricorrenti, a
titolo di risarcimento danni per il mancato godimento del riposo
compensativo, un compenso pari al 30% della normale retribuzione
giornaliera per ogni giorno festivo di pronta reperibilità ricadente nel
periodo dal luglio 1998 all'ottobre 2000, oltre accessori.
La
Corte territoriale osservava che il servizio di reperibilità svolto nel
giorno destinato al riposo limita, anche senza escluderlo del tutto, il
godimento del riposo, che costituisce un diritto inderogabile fissato dall'art. 36 Cost.,
con la conseguenza che i lavoratori hanno diritto ad un trattamento
economico proporzionato alla corrispondente restrizione del godimento
del riposo. Rilevava, inoltre, che anche il diritto al riposo
compensativo nel caso in cui la reperibilità ricadeva in un giorno
festivo, previsto dal D.P.R. 3 agosto 1990, n. 33, art. 49, comma 1,
doveva ritenersi inderogabile, con la conseguenza che, in mancanza, il
lavoratore aveva diritto ad una somma a titolo di indennizzo. Riteneva
quindi di dover determinare la misura del risarcimento del danno in via
equitativa liquidandolo in misura pari al 30% della normale retribuzione
giornaliera contrattuale; tale misura teneva conto sia del fatto che il
riposo festivo era stato solo compresso ma non escluso, sia del fatto
che anche in caso di reperibilità il lavoratore era tenuto ad osservare
l'orario settimanale di lavoro.
Per la
cassazione di tale sentenza l'Amministrazione Provinciale di Terni ha
proposto ricorso sostenuto da tre motivi e illustrato con memoria. I
lavoratori resistono con controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso la Provincia denuncia violazione dell'art. 36 Cost., del D.P.R. n. 333 del 1990, art. 49, comma 1, dell'art. 2109 c.c., e della L. 27 maggio 1949, n. 260, artt. 1 e 2,
nonchè omessa motivazione. Censura la sentenza impugnata laddove ha
affermato la inderogabilità ed irrinunciabilità del diritto al riposo
compensativo confondendo la nozione di riposo dopo sei giorni
consecutivi di lavoro, costituzionalmente tutelato, dal riposo nei
giorni festivi, fattispecie non sempre coincidente con la prima.
Lamenta
che la Corte non abbia tenuto conto del fatto che, secondo quanto
affermato dagli stessi lavoratori, nei giorni di reperibilità non vi era
stata alcuna prestazione lavorativa e che la reperibilità era stata
compensata con apposita indennità. Sostiene che il riposo compensativo
nel caso di reperibilità in giorno festivo si configura come diritto
disponibile subordinato a domanda del lavoratore.
Con
il secondo motivo, denunciando omessa motivazione, la Provincia censura
la sentenza impugnata per non aver considerato che l'eventuale (e non
obbligatoria) diversa articolazione delle ore lavorative del giorno di
riposo compensativo doveva essere prevista e regolata da un accordo
collettivo che nel periodo considerato dai ricorrenti non era ancora
intervenuto. Lamenta altresì la mancata ammissione di una prova
testimoniale.
Con il terzo motivo, denunciando violazione degli artt. 2087, 1223 e 2697 c.c., e violazione dell'art. 112 c.p.c.,
la ricorrente censura la sentenza impugnata per aver liquidato il danno
in via equitativa, pur non ricorrendo le condizioni di legge per una
siffatta liquidazione ed in mancanza di ogni prova da parte dei
lavoratori del preteso danno biopsichico che assumevano di aver subito.
I
primi due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per la loro
connessione, sono fondati nei limiti delle considerazioni che seguono.
E'
pacifico in fatto, per quanto concerne i lavoratori resistenti, che il
servizio di reperibilità è stato loro richiesto sempre in giorno di
domenica, che il lavoro in detto giorno festivo non è stato mai
effettivamente prestato, che la reperibilità è stata compensata con
apposita indennità e che il giorno di riposo compensativo non è stato nè
richiesto dai lavoratori nè disposto dal datore di lavoro.
Ciò
premesso in fatto, si discute se i lavoratori abbiano comunque diritto
ad un particolare ristoro per il danno definito "biopsichico"
conseguente al mancato godimento del giorno di riposo compensativo.
La
reperibilità, prevista dalla disciplina collettiva, si configura come
una prestazione strumentale e accessoria, qualitativamente diversa dalla
prestazione di lavoro e consiste nell'obbligo del lavoratore di porsi
in condizione di essere prontamente rintracciato in vista di una
eventuale prestazione lavorativa. Pertanto, non equivalendo ad una
effettiva prestazione lavorativa, il servizio di reperibilità svolto nel
giorno destinato al riposo settimanale limita soltanto, senza
escluderlo del tutto, il godimento del riposo stesso e comporta il
diritto ad un particolare trattamento economico aggiuntivo stabilito
dalla contrattazione collettiva o, in mancanza, determinato dal Giudice.
Nella specie la reperibilità è stata compensata con apposita indennità e
su di essa non vi è discussione tra le parti.
Il
diritto (ulteriore) ad un giorno di riposo compensativo in relazione al
servizio di pronta reperibilità prestato in giorno festivo senza
effettiva prestazione di lavoro, come nel caso di specie, è previsto
dalla contrattazione collettiva. Tale diritto non può trovare la sua
fonte nell'art. 36 Cost., che prevede il diritto (inderogabile)
al riposo settimanale in relazione ad attività lavorativa
effettivamente prestata e non ad altre obbligazioni derivanti dal
rapporto di lavoro; la pronta reperibilità, pur essendo una obbligazione
che trova causa nel rapporto di lavoro, non può essere equiparata alla
prestazione effettiva di attività di lavoro, poichè è di tutta evidenza
che la mera disponibilità alla eventuale prestazione incide diversamente
sulle energie psicofisiche del lavoratore rispetto al lavoro effettivo e
riceve diversa tutela dall'ordinamento.
Nella specie il diritto in esame trova la sua fonte nel D.P.R. n. 333 del 1990, art. 49,
secondo cui "qualora la pronta reperibilità cada in un giorno festivo,
spetta un riposo compensativo senza riduzione del debito orario
settimanale". In forza di tale disposizione il dipendente in servizio di
pronta reperibilità in giorno festivo, che non abbia reso prestazione
lavorativa, ha diritto ad un giorno di riposo compensativo ma non alla
riduzione dell'orario di lavoro settimanale, con la conseguenza che è
tenuto a recuperare le sei ore lavorative del giorno di riposo
ridistribuendole nell'arco della settimana.
Il
cit. art. 49, non precisa se il riposo compensativo debba essere
richiesto dal lavoratore o disposto d'ufficio dall'amministrazione, nè
chiarisce in qual modo le sei ore di lavoro debbano essere recuperate.
Solo nel marzo 2002 è intervenuto un accordo tra l'Amministrazione
provinciale e le OO.SS. per regolare tali aspetti del rapporto. Per il
periodo precedente, nel silenzio della norma, deve ritenersi conforme
all'interesse dei lavoratori una interpretazione della stessa che lasci
ciascun dipendente libero di valutare la convenienza di utilizzare il
giorno di riposo compensativo con prolungamento dell'orario di lavoro in
altri giorni della settimana. Ciò comporta di conseguenza che la
concessione del giorno di riposo compensativo nel periodo considerato
era subordinata alla richiesta del lavoratore. E' pacifico che gli
attuali resistenti non hanno mai chiesto di godere del giorno di riposo
compensativo in relazione alle reperibilità festive indicate negli atti
introduttivi. Il mancato godimento del riposo compensativo non può
dunque essere imputato all'Amministrazione.
I
lavoratori resistenti, peraltro, neppure possono sostenere di aver
subito un danno da usura psico-fisica in conseguenza del mancato
recupero. I dipendenti, infatti, nei giorni festivi da loro indicati non
hanno svolto alcuna attività lavorativa e l'eventuale godimento del
riposo compensativo non li esimeva comunque dall'obbligo di prestare 36
ore di lavoro settimanali. D'altro canto all'obbligo di mera
disponibilità ad una eventuale prestazione non può attribuirsi una
idoneità ad incidere sul tessuto psicofisico del lavoratore tale da
configurare una violazione di norme generali. Il compenso per l'obbligo
di reperibilità non seguito da effettiva attività lavorativa non può che
essere lasciato alla contrattazione collettiva, che nella vicenda in
esame non risulta esser stata disattesa.
In
definitiva i primi due motivi del ricorso devono essere accolti, mentre
il terzo deve essere dichiarato assorbito. La sentenza impugnata,
pertanto, deve essere cassata. Non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con il
rigetto delle domande introduttive. Sussistono giusti motivi, in
relazione alla particolarità della controversia ed alle contrastanti
decisioni dei Giudici di merito, per compensare interamente tra le parti
le spese dell'intero processo.
P.Q.M.
La
Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel
merito rigetta le domande introduttive. Compensa tra le parti le spese
dell'intero processo.
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2008.
Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2008
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