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martedì 10 giugno 2014

Cassazione: SICUREZZA PUBBLICA - STRANIERI



SICUREZZA PUBBLICA   -   STRANIERI
Cass. civ. Sez. I, 20-12-2007, n. 26822
Fatto Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo

Con decreto del 10.10.2001 la Commissione Centrale per il Riconoscimento dello Status di Rifugiato negò al richiedente G.S., cittadino turco appartenente alla etnia curda, il richiesto riconoscimento e lo straniero propose ricorso innanzi al Tribunale di Livorno che, con sentenza 9.7.2002, annullò il diniego e riconobbe lo status invocato. La sentenza venne appellata dal Ministero, dal Questore di Livorno e dalla Commissione Centrale e l'adita Corte di Firenze, costituitosi lo straniero, disattese le eccezioni pregiudiziali di incompetenza e di carenza di giurisdizione sollevate dall'appellante (la prima per la preclusione di cui all'art. 38 c.p.c.), accolse nel merito l'appello e rigettò la domanda di G.S..
Affermò la Corte in motivazione che il Tribunale aveva fatto indebito ricorso al fatto notorio sulle persecuzioni dei curdi in Turchia e che aveva creduto - apoditticamente - alla versione data dal G.S. con riguardo alla propria storia personale di perseguitato.
Per la cassazione di tale sentenza G.S. ha proposto ricorso notificandolo al Ministero ed alla Commissione presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato. Il Collegio, alla fissata udienza del 20.3.2007, ha rilevato la nullità della notificazione disponendone il rinnovo presso l'Avvocatura Generale dello Stato. A tal incombente ha tempestivamente provveduto il ricorrente con notifica in data 21.5.2007. L'intimato Ministero non ha espletato difese. Nel ricorso viene censurata come assunta in violazione di legge ed affetta da totale carenza di motivazione la valutazione della Corte, in apodittico dissenso da quella formulata dal primo Giudice, per la quale sarebbe inconsistente l'ausilio del fatto notorio e mancante la prova indiziaria fornita dall'esponente in ordine alla sua specifica posizione di perseguitato. In sostanza il percorso logico valutativo seguito dal Tribunale di Livorno sarebbe stato dalla Corte di Firenze ribaltato sommariamente e senza farsi carico di esprimere ragioni motivate di dissenso.

Motivi della decisione

Ad avviso del Collegio il ricorso espone argomentazioni critiche che non meritano condivisione di sorta.
Al di là della presenza, nel corpo della motivazione del decreto della Corte di merito, di argomentazioni ultronee e di valutazioni inconferenti, deve considerarsi esatta la duplice considerazione, contenuta nel decreto stesso, per la quale da un canto il ricorso al "notorio" non può sostituire la ricerca di un sostegno probatorio adeguato alla prospettazione attorea relativa alla persecuzione di una intera minoranza etnica da parte di uno Stato extraeuropeo e, dall'altro canto, la persecuzione rilevante ai fini del riconoscimento dello status è quella che specificamente può coinvolgere il singolo richiedente.
E si tratta di considerazioni del tutto in linea con i principi espressi da questa Corte in ripetute pronunzie (Cass. 25028.05 - 18353.06 - 18941.06 - 19930.07 - cfr. anche 16417.07) alla stregua delle quali deve essere ribadito che la situazione persecutoria rilevante ai fini in disamina è quella di chi, per l'appartenenza ad etnia, associazione, credo politico o religioso ovvero in ragione delle proprie tendenze o stili di vita rischi verosimilmente, nel paese di origine o provenienza, specifiche misure sanzionatorio (penali, amministrative, materiali) a carico della sua integrità fisica o libertà personale.
La valutazione demandata quindi al Giudice del merito, adito in opposizione al diniego frapposto alla domanda dalla competente Commissione, si deve fondare sulla verifica della ricorrenza di entrambi i dati oggettivi (attinta anche in via di ragionamenti inferenziali), quello afferente la condizione socio politica normativa del Paese di provenienza e quella relativa alla singola posizione del richiedente (esposto a rischio concreto di sanzioni), senza poter ricavare sillogisticamente ed automaticamente dalla prima la seconda (non ogni appartenente ad una minoranza discriminata essendo automaticamente un perseguitato). La Corte di merito ha negato tanto la ragionevole prova della concreta generale situazione discriminatoria dei curdi in Turchia (non ritenendo satisfattivo il ricorso a indeterminate fonti di stampa) quanto la correlazione della situazione generale alla posizione del G.S. (affermando essere solo asserite la sua appartenenza alla etnia in questione e il pericolo quoad vitam che ne deriverebbe).
A contrastare tali valutazioni, che appaiono affatto conformi ai principi posti da questa Corte, il ricorso non adduce con piena, necessaria, autosufficienza, i dati documentali o deduttivi specificamente sottoposti al Tribunale e da detto Ufficio apprezzati e riproposti alla Corte, e che non avrebbero dovuto indurre a diverso opinamento ma si duole della decisione assunta con proposizione generiche valutative che nè deducono gli elementi fondanti della generale persecuzione in atto nè tampoco delineano i concreti pericoli ai quali G.S. si sarebbe esposto permanendo in Turchia. Il ricorso va dunque respinto, senza provvedere sulle spese, in difetto di difese degli intimati.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 novembre 2007.
Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2007

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