SICUREZZA PUBBLICA - STRANIERI
Cass. civ. Sez. I, 20-12-2007, n. 26822
Cass. civ. Sez. I, 20-12-2007, n. 26822
Svolgimento del processo
Con
decreto del 10.10.2001 la Commissione Centrale per il Riconoscimento
dello Status di Rifugiato negò al richiedente G.S., cittadino turco
appartenente alla etnia curda, il richiesto riconoscimento e lo
straniero propose ricorso innanzi al Tribunale di Livorno che, con
sentenza 9.7.2002, annullò il diniego e riconobbe lo status invocato. La
sentenza venne appellata dal Ministero, dal Questore di Livorno e dalla
Commissione Centrale e l'adita Corte di Firenze, costituitosi lo
straniero, disattese le eccezioni pregiudiziali di incompetenza e di
carenza di giurisdizione sollevate dall'appellante (la prima per la
preclusione di cui all'art. 38 c.p.c.), accolse nel merito l'appello e rigettò la domanda di G.S..
Affermò
la Corte in motivazione che il Tribunale aveva fatto indebito ricorso
al fatto notorio sulle persecuzioni dei curdi in Turchia e che aveva
creduto - apoditticamente - alla versione data dal G.S. con riguardo
alla propria storia personale di perseguitato.
Per
la cassazione di tale sentenza G.S. ha proposto ricorso notificandolo
al Ministero ed alla Commissione presso l'Avvocatura Distrettuale dello
Stato. Il Collegio, alla fissata udienza del 20.3.2007, ha rilevato la
nullità della notificazione disponendone il rinnovo presso l'Avvocatura
Generale dello Stato. A tal incombente ha tempestivamente provveduto il
ricorrente con notifica in data 21.5.2007. L'intimato Ministero non ha
espletato difese. Nel ricorso viene censurata come assunta in violazione
di legge ed affetta da totale carenza di motivazione la valutazione
della Corte, in apodittico dissenso da quella formulata dal primo
Giudice, per la quale sarebbe inconsistente l'ausilio del fatto notorio e
mancante la prova indiziaria fornita dall'esponente in ordine alla sua
specifica posizione di perseguitato. In sostanza il percorso logico
valutativo seguito dal Tribunale di Livorno sarebbe stato dalla Corte di
Firenze ribaltato sommariamente e senza farsi carico di esprimere
ragioni motivate di dissenso.
Motivi della decisione
Ad avviso del Collegio il ricorso espone argomentazioni critiche che non meritano condivisione di sorta.
Al
di là della presenza, nel corpo della motivazione del decreto della
Corte di merito, di argomentazioni ultronee e di valutazioni
inconferenti, deve considerarsi esatta la duplice considerazione,
contenuta nel decreto stesso, per la quale da un canto il ricorso al
"notorio" non può sostituire la ricerca di un sostegno probatorio
adeguato alla prospettazione attorea relativa alla persecuzione di una
intera minoranza etnica da parte di uno Stato extraeuropeo e, dall'altro
canto, la persecuzione rilevante ai fini del riconoscimento dello
status è quella che specificamente può coinvolgere il singolo
richiedente.
E si tratta di considerazioni del
tutto in linea con i principi espressi da questa Corte in ripetute
pronunzie (Cass. 25028.05 - 18353.06 - 18941.06 - 19930.07 - cfr. anche
16417.07) alla stregua delle quali deve essere ribadito che la
situazione persecutoria rilevante ai fini in disamina è quella di chi,
per l'appartenenza ad etnia, associazione, credo politico o religioso
ovvero in ragione delle proprie tendenze o stili di vita rischi
verosimilmente, nel paese di origine o provenienza, specifiche misure
sanzionatorio (penali, amministrative, materiali) a carico della sua
integrità fisica o libertà personale.
La
valutazione demandata quindi al Giudice del merito, adito in opposizione
al diniego frapposto alla domanda dalla competente Commissione, si deve
fondare sulla verifica della ricorrenza di entrambi i dati oggettivi
(attinta anche in via di ragionamenti inferenziali), quello afferente la
condizione socio politica normativa del Paese di provenienza e quella
relativa alla singola posizione del richiedente (esposto a rischio
concreto di sanzioni), senza poter ricavare sillogisticamente ed
automaticamente dalla prima la seconda (non ogni appartenente ad una
minoranza discriminata essendo automaticamente un perseguitato). La
Corte di merito ha negato tanto la ragionevole prova della concreta
generale situazione discriminatoria dei curdi in Turchia (non ritenendo
satisfattivo il ricorso a indeterminate fonti di stampa) quanto la
correlazione della situazione generale alla posizione del G.S.
(affermando essere solo asserite la sua appartenenza alla etnia in
questione e il pericolo quoad vitam che ne deriverebbe).
A
contrastare tali valutazioni, che appaiono affatto conformi ai principi
posti da questa Corte, il ricorso non adduce con piena, necessaria,
autosufficienza, i dati documentali o deduttivi specificamente
sottoposti al Tribunale e da detto Ufficio apprezzati e riproposti alla
Corte, e che non avrebbero dovuto indurre a diverso opinamento ma si
duole della decisione assunta con proposizione generiche valutative che
nè deducono gli elementi fondanti della generale persecuzione in atto nè
tampoco delineano i concreti pericoli ai quali G.S. si sarebbe esposto
permanendo in Turchia. Il ricorso va dunque respinto, senza provvedere
sulle spese, in difetto di difese degli intimati.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 novembre 2007.
Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2007
Nessun commento:
Posta un commento