Cons. Stato Sez. IV, Sent., 30-01-2013, n. 607
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1.) Gli appellanti, già sottufficiali della Guardia di Finanza con il grado di brigadiere, a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. 12 maggio 1995, n. 199 sono stati inquadrati nel ruolo degli ispettori, con attribuzione del grado di maresciallo capo e del corrispondente trattamento economico, in forza di formali provvedimenti.
Con istanza dell'11 aprile 2003 essi (tra altri ricorrenti in primo grado che hanno, viceversa prestato acquiescenza alla sentenza gravata) hanno chiesto il riesame degli atti d'inquadramento, sostenendo la sussistenza di profili di disparità rispetto a quelli di corrispondenti "gradi" del personale della Polizia di Stato.
Con nota n. 200818/1230/2 di prot. del 10 giugno 2003 del I Reparto del Comando generale della Guardia di Finanza, l'istanza è stata respinta, richiamando l'esistenza degli atti formali d'inquadramento.
Con il ricorso in primo grado, gli interessati hanno chiesto l'annullamento del diniego di riesame e l'accertamento del diritto all'esatto inquadramento, con ogni conseguenza in ordine al trattamento giuridico-economico.
La sentenza impugnata, emessa in forma semplificata, richiamata l'esistenza di atti formali d'inquadramento, rimasti inoppugnati, e la loro natura costitutiva, con conseguente inammissibilità di domande di mero accertamento in contrasto con provvedimenti ormai definitivi, e rilevata la natura di atto meramente confermativo del diniego di riesame, ha dichiarato inammissibile il ricorso.
L'appello deduce in sintesi i seguenti motivi:
1) Illegittimità della sentenza per errore di diritto e difetto di motivazione, perché il diniego di riesame è stato impugnato tempestivamente, la richiesta di riesame riguardava anche profili retributivi e quindi posizioni di diritto soggettivo, l'impugnativa era estesa anche agli atti presupposti, e quindi ai provvedimenti d'inquadramento, il diniego era comunque carente di motivazione e di istruttoria.
2) Illegittimità della sentenza per carenza di motivazione e omessa pronuncia in merito ad alcuni motivi dedotti in primo grado, sempre in relazione alla carente motivazione del diniego, e alla genericità del richiamo ivi contenuto a decreti ministeriali e circolari, nonché in relazione all'omesso esame, da parte del giudice piemontese, della questione di legittimità costituzionale pure sollevata in ricorso (quanto agli artt. 52, 58 e 65 D.Lgs. n. 199 del 1995 in relazione agli artt. 3, 36, 76, 97 Cost.).
Costituitesi in giudizio, le Autorità appellate, con memoria difensiva depositata l'11 dicembre 2012, hanno dedotto, a loro volta, l'infondatezza dell'appello.
Con memoria depositata il 28 dicembre 2012, gli appellanti hanno insistito per l'accoglimento del gravame, evidenziando come, dalle censure svolte nel ricorso in primo grado, si evinca l'impugnativa anche dei provvedimenti d'inquadramento.
All'udienza pubblica del 29 gennaio 2013, l'appello è stato discusso e riservato per la decisione.
2.) L'appello in epigrafe è manifestamente destituito di fondamento giuridico e deve essere pertanto respinto, con la conferma della sentenza gravata.
Gli appellanti, già brigadieri della Guardia di Finanza, sono stati inquadrati, con provvedimenti formali, nel ruolo degli ispettori con il grado di marescialli capo, ai sensi dell'art. 65 del D.Lgs. 12 maggio 1995, n. 199 (recante "Attuazione dell'art. 3 della L. 6 marzo 1992, n. 216, in materia di nuovo inquadramento del personale non direttivo e non dirigente del Corpo della Guardia di finanza"), che appunto stabiliva che fosse assegnato il predetto grado ai "...sottufficiali che, alla predetta data del 1 settembre 1995 (ossia alla data di entrata in vigore del decreto delegato, come indicata nel successivo art. 81: n.d.e.), rivestono il grado di maresciallo capo e di maresciallo ordinario, nonché i brigadieri utilmente iscritti, ai fini della promozione al grado superiore, nei quadri di avanzamento, formati alla suddetta data...".
Gli interessati, anziché impugnare i rispettivi provvedimenti d'inquadramento nel termine decadenziale, hanno formulato, a distanza di tempo, una richiesta di riesame degli atti d'inquadramento, ormai inoppugnabili, ai quali l'Amministrazione non ha ritenuto di dare alcun seguito, limitandosi appunto a evidenziare la corretta assegnazione del grado e del relativo trattamento economico-retributivo come disposta dagli atti d'inquadramento.
E'evidente che il diniego di riesame, in se affatto legittimo e incensurabile, non essendo l'amministrazione tenuta a rivedere inquadramenti definitivi e inoppugnabili, costituisce atto meramente confermativo, con la connessa inammissibilità della relativa domanda d'annullamento, come rilevata dal primo giudice.
Né può ritenersi ammissibile la correlata domanda d'accertamento, in presenza di atti autoritativi, quali sono i provvedimenti di inquadramento, rimasti inoppugnati (principio sostenuto da granitica giurisprudenza: cfr. tra tante, e solo per le più recenti: Cons. Stato, Sez. III, 20 novembre 2012, n. 5881, Sez. IV, 10 agosto 2012, n. 4557, Sez. V, 29 febbraio 2012, n. 1174, Sez. VI, 15 giugno 2011, n. 3639).
Per altro verso -e anche qualora si acceda alla prospettazione degli appellanti secondo cui nella generica clausola di stile contenuta nel ricorso di primo grado (e riferita agli atti presupposti) possa individuarsi una specifica domanda d'annullamento dei provvedimenti medesimi-, non potrebbe non rilevarsi la tardività dell'impugnativa, e quindi egualmente non potrebbe darsi ingresso all'esame nel merito delle cumulative domande di annullamento e di accertamento.
Peraltro, è appena il caso di rilevare che la pretesa all'inquadramento nel grado superiore di maresciallo aiutante, fondata sul richiamo alla disciplina relativa al personale della Polizia di Stato di cui al D.Lgs. 12 maggio 1995, n. 197, è destituita di fondamento giuridico, avendo la Corte Costituzionale chiarito con la sentenza 22 luglio 2009, n. 231 che l'art. 3 della L. 6 marzo 1992, n. 216 (che reca i principi per l'esercizio della delega legislativa, attuata con i vari D.Lgs. n. 196 del 1995, D.Lgs. n. 197 del 1995 , D.Lgs. n. 198 del 1995, D.Lgs. n. 199 del 1995 , D.Lgs. n. 200 del 1995 e D.Lgs. n. 201 del 1995) non implica affatto che debba essere garantita "..un'assoluta identità di posizioni e trattamenti, ma (solo di) realizzare "una sostanziale equiordinazione di compiti e dei connessi trattamenti economici" delle diverse forze di polizia" (nella specie è stata esclusa l'illegittimità costituzionale delle disposizioni del D.Lgs. 12 maggio 1995, n. 198 con riferimento al differenziato trattamento dei sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri rispetto al corrispondente personale della Polizia di Stato).
3.) In conclusione, l'appello in epigrafe deve essere rigettato, confermandosi, con le precisazioni integrative che precedono, la sentenza impugnata.
4.) Il regolamento delle spese processuali del giudizio d'appello, liquidate come da dispositivo, segue la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione IV) così provvede sull'appello in epigrafe di cui al ricorso n.r. 9291/2006:
1) Rigetta l'appello, e per l'effetto conferma la sentenza in forma semplificata del T.A.R. per il Piemonte, Sezione I, n. 3319 del 31 ottobre 2005;
2) Condanna gli appellanti, in solido tra loro, alla rifusione, in favore dell'Avvocatura generale dello Stato, distratta ria ex lege, delle spese e onorari del giudizio d'appello, liquidati in complessivi Euro 3.000,00 (tremila/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
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