CARABINIERI - FORZE ARMATE
T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 29-01-2013, n. 105
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con il presente ricorso il sig. (Lpd), Appuntato scelto dell'Arma dei Carabinieri, domanda l'annullamento della determinazione 1.4.2010 s.n.p. del Ministero della Difesa - Direzione Generale per il Personale Militare, recante "irrogazione della sanzione della perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari".
Il ricorrente premette - richiamando fatti verificatisi la sera del 3 ottobre 2008 - che: a seguito di un controllo, il Personale della Polizia di Stato - Commissariato di Avezzano, rinveniva nell'auto dell'esponente gr. 0,6 di cocaina; veniva, dunque, segnalato alla Prefettura di L'Aquila ai sensi dell'art. 75 del D.P.R. n. 309 del 1990 per uso personale di sostanze stupefacenti.
Successivamente il Comando Legione Carabinieri Abruzzo con foglio n. 512/21-2008-D disponeva accertamenti disciplinari nei confronti del militare, nominando il responsabile dell'istruttoria, che con nota 19.1.2010 contestatava all'interessato i relativi addebiti.
Con l'atto impugnato, la Direzione generale per il personale militare gli irrogava la sanzione della perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari ai sensi dell'art. 34, della L. 18 ottobre 1961, n. 1168 e, per l'effetto, la cessazione dal servizio permanente.
Avverso tale atto l'istante ha proposto il presente ricorso deducendo i seguenti motivi: 1) decadenza del potere disciplinare per superamento dei termini per l'avvio del procedimento; 2) eccesso di potere e violazione di legge, omessa contestazione di un fatto successivamente addotto a motivazione della sanzione inflittagli; 3) violazione del principio di proporzionalità violazione dell'art.1 e 3 della L. n. 241 del 1990.
Con ordinanza n. 341 emessa nella camera di consiglio del 22.7.2010 il Collegio accoglieva la proposta domanda cautelare
Resiste al ricorso la difesa erariale.
Alla pubblica udienza del 6 dicembre 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione
Con il ricorso in esame l'istante, Agente Sc. dell'Arma dei Carabinieri, ha impugnato la determinazione con la quale è stata disposta nei suoi confronti "la perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari", ai sensi dell'art. 24, della L. 1 aprile 2010, n 1168 e per l'effetto la cessazione dal servizio, in ragione dei fatti accertati, consistenti nell' assunzione di sostanze stupefacenti.
Il ricorrente a sostegno del gravame lamenta la decadenza dell'azione disciplinare, per asserito superamento dei termini per l'avvio del procedimento disciplinare, oltre alla violazione del principio di proporzionalità e difetto di motivazione.
La questione di diritto che si pone nel presente giudizio riguarda quindi la legittimità della sanzione disciplinare di stato irrogata in relazione all'uso occasionale di sostanze stupefacenti.
Lamenta sostanzialmente il ricorrente la mancata valutazione circa la proporzionalità della sanzione inflitta, tenuto conto che l'unico riferimento concreto ad una incompatibilità con le funzioni esercitate sarebbe stata indicata nelle premesse dell'atto impugnato, là dove si fa riferimento alla circostanza - per altro non contestata - di aver favorito l'attività di spaccio di sostanze stupefacenti.
Il ricorso è infondato con riferimento a tutti i motivi di censura dedotti.
Osserva anzitutto il Collegio che la circostanza relativa all'uso, ancorché isolato di droghe, deve assumersi in questa sede come acclarata e non contestata e che la sanzione inflitta dipende, secondo la norma applicata, dall'esito del procedimento disciplinare; si osserva, inoltre, come i fatti accertati siano stati ritenuti particolarmente gravi, in quanto evidenzianti gravissime carenze morali e di carattere, avendo il militare posto in essere una condotta con la quale sono stati lesi profondamente i principi di moralità e rettitudine che devono sempre caratterizzare il comportamento di un militare, specie se appartenente all'Arma dei Carabinieri, che risulta quindi lesa nel suo prestigio.
La sanzione della perdita del grado è quindi conseguita collegando il fatto accertato con gli obblighi assunti dal militare con il giuramento, ovvero con le finalità del Corpo.
Come la giurisprudenza consolidata ha avuto modo di precisare: ..."non può ritenersi illegittima, in quanto affetta da difetto di ragionevolezza e di proporzionalità, la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione inflitta al carabiniere che abbia consumato, anche episodicamente, sostanze stupefacenti, essendo stato ricondotto tale comportamento alla violazione del giuramento e alla contrarietà con le finalità del Corpo" (cfr. Ad Pl. 16.6.2000, n. 15).
Non può invero condividersi la tesi sostenuta in senso contrario dal ricorrente secondo cui il consumo anche occasionale di droga non contrasterebbe con le finalità del Corpo a cui il militare appartiene se, come nella fattispecie, tra i compiti a cui questo attende vi è anche, come puntualmente evidenziato dalla difesa dell'amministrazione, il contrasto con il traffico di stupefacenti.
Nel caso di specie, risultando dal procedimento disciplinare che il fatto contestato all'incolpato è stato argomentatamente ricondotto alla violazione del giuramento ed alla contrarietà con le finalità del Corpo, non solo non sussiste alcuna illegittimità per difetto di ragionevolezza o di proporzionalità della sanzione applicata, ma neppure per difetto della motivazione.
Il giudizio dell'Amministrazione - in ordine alla correlazione tra uso delle sostanze stupefacenti e perdita dei requisiti di affidabilità richiesti ad un militare dell'Arma - non appare in definitiva viziato da illogicità né da carenza di motivazione: è del tutto evidente infatti che una volta accertato il venir meno delle doti morali necessarie per l'appartenenza all'Arma dei Carabinieri, la continuazione del rapporto di impiego ne risulta preclusa.
Sul punto la giurisprudenza ha recentemente ribadito che "La sanzione della perdita del grado per rimozione, comminata ad un Carabiniere per aver fatto uso di sostanze stupefacenti, cioè per comportamenti che proprio l'Arma dei Carabinieri è chiamata a reprimere, non richiede una particolare motivazione in ordine alla sanzione applicata atteso che la stessa, in relazione ai fatti accertati e contestati, non sarebbe comunque suscettibile di ridimensionamento" (Consiglio Stato , sez. IV, 09 marzo 2011 , n. 1516).
Analogamente deve respingersi la censura con cui il ricorrente deduce la decadenza del potere disciplinare per superamento dei termini per l'avvio del procedimento disciplinare, tenuto conto che il termine di cui all'art. 103 del D.P.R. n. 3 del 1957 riveste carattere propulsivo e sollecitatorio.
Ne consegue che alcun effetto estintivo del procedimento o di decadenza dell'esercizio del potere disciplinare può essergli ricollegato per la sua inosservanza (cfr. Cons. Stato sez. VI, 20.4.2000,n. 1993)
A conferma di detta conclusione può rilevarsi che costituisce principio generale del diritto, di cui le previsioni dell'art. 2, L. n. 241 del 1990 risultano essere una conferma a livello di normazione primaria, di principio, quello secondo cui i termini del procedimento amministrativo devono essere considerati ordinatori, qualora non siano dichiarati espressamente perentori dalla legge (cfr. .
Cons. Stato Sez. IV, 3 aprile 2009, n. 2110)
In conclusione il ricorso deve essere respinto.
Sussistono peraltro giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
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