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lunedì 8 luglio 2013

TAR:..provvedimento del Comando Interregionale dell'Italia centrale della Guardia di Finanza in data 8 gennaio 2013, notificato al ricorrente in data 10 gennaio 2013, con cui si determina la perdita del grado per rimozione e l'iscrizione del (Lpd) d'ufficio nel ruolo dei militari di truppa dell'Esercito Italiano, senza alcun grado (ex art. 2141 del Codice dell'Ordinamento militare) a decorrere dall'8 gennaio 2013;..


T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 02-07-2013, n. 6535
Fatto - Diritto P.Q.M.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2047 del 2013, proposto da:
(Lpd), rappresentato e difeso dall'av(Lpd) -
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza, rappresentati e difesi ope legis dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domiciliano in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento:
- del provvedimento del Comando Interregionale dell'Italia centrale della Guardia di Finanza in data 8 gennaio 2013, notificato al ricorrente in data 10 gennaio 2013, con cui si determina la perdita del grado per rimozione e l'iscrizione del (Lpd) d'ufficio nel ruolo dei militari di truppa dell'Esercito Italiano, senza alcun grado (ex art. 2141 del Codice dell'Ordinamento militare) a decorrere dall'8 gennaio 2013;
- della Det. n. 98635 in data 26 marzo 2008, riguardante la vigente "delega di funzioni" del Comandante Generale, e successive modificazioni e integrazioni;
- del foglio n. 518772/12/1295 in data 30 ottobre 2012, con il quale il Comandante Regionale del Lazio della Guardia di Finanza ha ordinato la riassunzione dell'inchiesta formale disposta nei confronti del ricorrente;
- del rapporto finale n. 572689/12/12 in data 29 novembre 2012 del Nucleo di Polizia Tributaria di Viterbo, con il quale l'Ufficiale inquirente, a conclusione dell'istruttoria svolta, ha proposto che l'inquisito fosse assoggettato al giudizio di una Commissione di Disciplina, nonché della determinazione del Comando Regionale della Guardia di Finanza che, con atto 576117/12/1295, ha deferito il militare ad una Commissione di Disciplina;
- del verdetto di non meritevolezza a conservare il grado, formulato dalla citata Commissione, in data 3 gennaio 2013 e del relativo verbale di Commissione;
- e comunque di tutti gli atti presupposti e conseguenti all'impugnato provvedimento di rimozione del grado;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione intimata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del giorno 5 giugno 2013 il Cons. Silvia Martino;
Uditi gli av(Lpd)ti, di cui al verbale;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Parte ricorrente espone che, in data 18.6.2012, il Comandante Regionale del Lazio della Guardia di Finanza, ordinava l'apertura di una inchiesta formale nei suoi confronti, a seguito della conclusione del procedimento penale n. 5146/02 R.G., istruito dalla Procura della Repubblica di Velletri, in ordine ai reati di cui agli artt. 110, 81 e 317 c.p. (concussione) e 110, 56, e 317 c.p. (tentata concussione), commessi in (Lpd), (Lpd), tra l'ottobre 2000 e il settembre 2001.
In data 12.10.2010, il Tribunale ordinario di Velletri emetteva sentenza di condanna in primo grado, per i reati contestati, infliggendo al militare una pena di anni due e messi undici di reclusione, con applicazione della pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per la durata della pena principale.
La Corte d'Appello di Roma, in data 14.12.2011, pronunciava sentenza (divenuta irrevocabile in data 29.3.2012) di proscioglimento per intervenuta prescrizione, riqualificati i fatti all'esito del giudizio in "corruzione ex art. 319 c.p." ed "istigazione alla corruzione" ex art. 322 c.p..
Nel frattempo, sul piano amministrativo, il (Lpd) era stato sospeso obbligatoriamente dal servizio, ex L. n. 97 del 2001, a decorrere dal 12.1.2010, in ragione della sentenza di condanna di primo grado.
Tale sospensione veniva meno il 14.12.2011, data della pronuncia di proscioglimento.
Nel corso del procedimento disciplinare, successivamente avviato, accadeva che l'autorità militare competente disponesse la sospensione dell'inchiesta formale in ragione dell'esistenza di uno stato psichico anormale del militare inquisito. Tanto, sulla scorta del parere della Prima Commissione Medica del Dipartimento Militare di Medicina Legale del 17.8.2012, secondo cui il (Lpd) non era in grado di affrontare "pienamente e consapevolmente" il procedimento disciplinare cui era sottoposto.
In data 24.10.2012, la Prima Commissione medica ospedaliera giudicava nuovamente il (Lpd) non idoneo ai servizi di istituto per giorni 90, con rinvio a nuova visita per la data del 18.1.2013.
In data 30.12.2012, il Comandante Regionale Lazio ordinava la riassunzione dell'inchiesta formale, motivando tale decisione con la necessità di rispettare i termini di conclusione del procedimento disciplinare di stato.
Seguiva il deferimento alla Commissione di disciplina.
In data 20.12.2012, il ricorrente rivolgeva al Presidente istanza di rinvio per legittimo impedimento, in ragione dello stato depressivo certificato dalla C.M.O., e, pertanto, in ragione della difficoltà di affrontare, lucidamente e consapevolmente, l'impegnativa attività difensiva.
La richiesta veniva rigettata.
In data 3.1.2013 la Commissione esprimeva giudizio di "non meritevolezza" alla conservazione del grado, cui faceva seguito il decreto di rimozione, oggetto dell'odierna impugnativa.
Vengono prospettate le seguenti doglianze:
1) INCOMPETENZA FUNZIONALE DEL COMANDANTE INTERREGIONALE AD ADOTTARE IL PROVVEDIMENTO SANZIONATORIO DI RIMOZIONE DAL GRADO; VIOLAZIONE DI LEGGE, VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 16 E 17 DEL D.LGS. N. 165 DEL 2001; NON DELEGABILITÀ DEI POTERI PROPRI DEL COMANDANTE DEL CORPO.
Gli artt. 61 e 75 della L. n. 599 del 1954 e l'art. 1 della L. n. 260 del 1957, dispongono nel senso che la sanzione della perdita di grado e della connessa rimozione dagli organici del Corpo, deve essere adottata mediante decreto ministeriale.
In via gradata, il ricorrente evidenzia poi che, anche ove la competenza in questione dovesse oggi ritenersi devoluta, per effetto del D.Lgs. n. 165 del 2001, al Comandante Generale della Guardia di Finanza, sarebbe illegittima la determinazione del 26 marzo 2008, con cui il medesimo Comandante Generale ha delegato tale funzione ai Comandanti interregionali.
Il rapporto tra il Comando Regionale e quelli interregionali, non sarebbe riconducibile a quello tra i dirigenti generali e i dirigenti di rango inferiore, disciplinato dagli artt. 16 e 17 del D.Lgs. n. 165 del 2001.
In assenza di una norma specifica, di tipo organizzativo, nel regolamento ordinativo del Corpo della Guardia di Finanza, i Comandanti interregionali non potrebbero esercitare i poteri propri del Comandante Generale del Corpo.
2) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA CIRCOLARE N. 1 DEL 2006 DEL COMANDO GENERALE DEL CORPO DELLA GUARDIA DI FINANZA. ECCESSO DI POTERE PER VIOLAZIONE DEL DIRITTO DI DIFESA, INGIUSTIZIA MANIFESTA E SVIAMENTO DI POTERE.
A seguito di un episodio sincopale avvenuto il 13.6.2012, il ricorrente veniva posto in licenza straordinaria di convalescenza per malattia in quanto affetto, tra l'altro, da patologia di natura nEurologica.
Dopo l'avvio del procedimento disciplinare, il 21.6.2012, il competente Comandante Regionale, sulla scorta del parere della Commissione medica, sospendeva il procedimento.
Tanto, in applicazione del titolo IV part. 1.7.1. della circolare n. 1/2006 che impone la sospensione in caso di accertata anormalità dello stato psichico da parte dell'autorità sanitaria militare.
Il successivo provvedimento di riassunzione sarebbe stato invece assunto in contrasto con il giudizio espresso dalla CMO il 24.10.2010.
In sostanza, l'amministrazione avrebbe proseguito nel procedimento, pur in assenza di una certificazione specialistica, uguale e contraria, che attestasse il venir meno delle ragioni dell'impedimento sanitario.
Tale modus procedendi avrebbe determinato un'ingiustificata compressione del diritto di difesa dell'incolpato.
Egli evidenzia, al riguardo, che al momento dell'adozione dell'atto di riassunzione il termine massimo di 270 giorni sancito dall'art. 1392, comma 3, dell'ordinamento militare, era ben lungi dallo spirare.
Anche la convocazione dell'Organo di disciplina, sarebbe viziata, per macroscopica violazione dell'art. 1387 comma 5, lett. b) Ord.Mil..
Illegittimamente la Commissione non avrebbe preso in considerazione l'istanza di legittimo impedimento dell'incolpato e la conseguente richiesta di differimento dell'adunanza ad una data successiva al 18 gennaio 2013.
Il Dirigente del Servizio Sanitario (così come invece prescritto dalla Circolare n. 1/2006), non veniva neppure interpellato.
3) ECCESSO DI POTERE PER CONTRADDITTORIETÀ DELL'AZIONE AMMINISTRATIVA; INSUFFICIENZA E/O CONTRADDITTORIETÀ DELLA MOTIVAZIONE; ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI AUTONOMA VALUTAZIONE.
Parte ricorrente evidenzia come l'intimata amministrazione, all'indomani della richiesta di rinvio a giudizio, ebbe a decidere di non sottoporlo alla sospensione precauzionale dal servizio.
La Commissione di disciplina avrebbe quindi dovuto spiegare perché un fatto in precedenza ritenuto non meritevole di sanzione espulsiva, abbia assunto successivamente connotati tali da comportare la perdita del grado.
Neppure sarebbe stato considerato il fatto che il giudice di secondo grado ha derubricato il fatto da concussione a corruzione.
L'amministrazione non avrebbe compiuto un'autonoma valutazione dei fatti, né avrebbe acquisito i fascicoli dibattimentali.
Si è costituita, per resistere, l'amministrazione intimata.
Con ordinanza n. 1283 del 21.3.2013, è stata respinta l'istanza cautelare, con contestuale fissazione dell'udienza di trattazione.
La parte pubblica ha depositato una memoria.
Il ricorso è stato trattenuto per la decisione alla pubblica udienza del 5 giugno 2013.
2. I fatti che hanno dato luogo alla presente controversia sono riassunti con dovizia di particolari nella memoria di costituzione della difesa erariale.
Tale ricostruzione è, peraltro, incontestata poiché, come appresso si dirà, il ricorso si incentra essenzialmente su doglianze di carattere procedimentale.
2.1. L'odierno ricorrente è rimasto coinvolto, in concorso con altro soggetto estraneo al Corpo, in una vicenda giudiziaria per i delitti di "concussione" e "tentata concussione", riqualificati poi, all'esito del giudizio di appello, in "corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio" e "istigazione alla corruzione" (rispettivamente, art. 319 e art. 322 c.p.), commessi in S.(Lpd) delle (Lpd), in provincia di Roma, tra l'ottobre 2000 e il settembre 2001.
In data 12.1.2010, il Tribunale di Velletri pronunciava sentenza di condanna, ritenendo configurati i reati di "concussione" e di "tentata concussione", avvinti tra loro dal vincolo della continuazione, ed infliggendo al ricorrente, e al correo, la pena di anni due e mesi undici di reclusione, nonché quella accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per la durata della pena principale.
La Corte d'Appello di Roma, in data 14.12.2011, emetteva sentenza (divenuta irrevocabile in data 29.3.2012) con la quale, nel riqualificare il reato di "concussione" in quello di "corruzione", ed il reato di "tentata concussione" in quello di "istigazione alla corruzione", dichiarava di non doversi procedere nei confronti dei due imputati, per essersi estinti i reati loro ascritti per "intervenuta prescrizione".
Dal punto di vista amministrativo - cautelare, in relazione alla vicenda di cui sopra, nei confronti del (Lpd):
- non veniva adottato alcun provvedimento di sospensione cautelare dall'impiego, a titolo discrezionale (cfr. le determinazioni del Comandante in seconda pro tempore della Guardia di Finanza, in data 2.1.2004 e 31.3.2005);
- veniva adottato il provvedimento di sospensione a titolo obbligatorio, a decorrere dal 12.1.2010, in ragione della condanna in primo grado (ex L. n. 97 del 2001) fino al 14.12.2011, data della sentenza di proscioglimento da parte della Corte d'Appello.
All'esito della vicenda giudiziaria, il Comandante Regionale Lazio disponeva l'avvio di un procedimento disciplinare di stato.
La contestazione degli addebiti avveniva mediante comunicazione del 21.6.2012 da parte dell'Ufficiale Inquirente, con contestuale invito dell'incolpato a prendere visione degli atti per il successivo 22.6.2012.
Il ricorrente, in esito a visita collegiale presso il Dipartimento Militare di Medicina Legale di Roma, faceva sapere che le sue condizioni psico - fisiche non gli avrebbero permesso di presenziare né di esaminare gli atti prima del 22.8.2012.
In ragione di tanto, l'Ufficiale inquirente chiedeva al Comandante Regionale Lazio di acquisire il parere del competente Dirigente Sanitario sulla capacità, o meno, dell'inquisito, di esercitare il diritto di difesa e, più in generale, di partecipare al procedimento in modo cosciente e consapevole.
Nel frattempo, il (Lpd) nominava un proprio difensore di fiducia nella persona del Brig. R.R., in servizio presso il Reparto Tecnico Logistico Amministrativo di Roma .
In data 13.7.2012, il Comandante Regionale Lazio, nella considerazione che il Dirigente sanitario aveva rappresentato di non potere esprimere alcun parere motivato, atteso che l'allora militare risultava a disposizione del Dipartimento Militare di Medicina Legale di Roma, chiedeva alla stessa C.M.O. di volere esprimere il proprio parere in merito all'eventuale esistenza di uno stato psicofisico del (Lpd) che potesse impedirne o diminuirne la capacità di esercitare il diritto di difesa, di relazionarsi con il difensore di fiducia, ovvero di partecipare al procedimento in modo cosciente e consapevole.
In data 20.8.2012 l'Organo sanitario esprimeva il parere che "in considerazione del fatto che l'ispettore è a disposizione di questa C.M.O. per ulteriore approfondimenti clinici e strumentali relativi al suo stato di salute", lo stesso, allo stato degli atti, non potesse essere considerato "idoneo ad affrontare pienamente e consapevolmente il procedimento disciplinare cui è attualmente sottoposto".
Il Comandante Regionale, a seguito di tale parere, decretava la sospensione dell'inchiesta formale.
In data 30.10.2012, sulla scorta del nuovo verbale in data 24.10.2012 del Dipartimento di Medicina Legale, che giudicava genericamente il (Lpd) "temporaneamente non idoneo al servizio di istituto per giorni 90", e considerata la necessità di rispettare, in ogni caso, i termini perentori previsti ex lege per la conclusione del procedimento disciplinare di stato, ordinava la riassunzione dell'inchiesta disciplinare.
L'Ufficiale inquirente provvedeva, pertanto, a riconvocare il ricorrente e il suo difensore di fiducia per il giorno 6.11.2012.
Il (Lpd) allegava però lo stesso parere della Commissione medica, di cui sopra, a giustificazione del suo, preteso, legittimo impedimento.
Anche il difensore di fiducia annunciava la propria assenza.
Stessa sorte aveva poi la successiva convocazione del 13.11.2012.
In data 21.11.2012, l'Ufficiale inquirente comunicava ad entrambi la chiusura dell'inchiesta formale, con invito a prendere visione di tutti gli atti e della relazione riepilogativa per il giorno 22.11.2012.
In ragione di quest'ultima comunicazione, il (Lpd), in data 22.11.2012, chiedeva che gli venissero concessi "almeno tre giorni di tempo per meglio esercitare il diritto di difesa".
L'Ufficiale inquirente gli rappresentava che la convocazione per il 22.11.2012 aveva il solo scopo di consentire la visione degli atti e della relazione riepilogativa.
Dopo di che, entro i successivi 10 giorni, egli avrebbe potuto chiedere per iscritto l'acquisizione di documenti, l'escussione di testi a discarico, l'espletamento di indagini, nonché produrre giustificazioni.
Nonostante si fosse resa inizialmente disponibile per il 24.11.2012, parte ricorrente, enunciando ragioni di carattere personale, comunicava di non poter presenziare neanche a tale convocazione.
In data 29.11.2012 l'Ufficiale inquirente concludeva l'inchiesta formale e proponeva il deferimento del (Lpd) al giudizio di una Commissione di disciplina.
In data 3.12.2012 il Comandante Regionale Lazio deferiva l'interessato all'Organo Collegiale, il quale fissava la propria riunione al giorno 3.1.2013.
In relazione all'invito a comparire, il (Lpd) indirizzava una nota al Presidente della Commissione di disciplina con la quale, facendo sempre riferimento al verbale della C.M.O. del 24.10.2012, chiedeva che l'adunanza fosse fissata ad una data successiva al termine dell'accertamento di idoneità.
Il Presidente dell'Organo Collegiale rigettava l'istanza, in considerazione del fatto che tale diagnosi era già in possesso dell'amministrazione e che, anche sulla scorta di essa, era stata comunque disposta la riassunzione del procedimento.
In data 3.1.2013, la Commissione di disciplina pronunciava il giudizio di non meritevolezza dell'Ispettore a conservare il grado.
2.2. Con un primo ordine di rilievi, parte ricorrente lamenta la violazione delle norme sulla competenza relative all'adozione dei provvedimenti di cui trattasi.
Si tratta di una censura palesemente infondata.
E' infatti giurisprudenza ampiamente consolidata (cfr., ex plurimis, Cons. St., sentenza 31 maggio 2007, n. 2844), quella secondo cui la competenza del Comandante Generale della Guardia di Finanza, anche in ordine all'irrogazione delle sanzioni disciplinari, è stata determinata dall'art. 16 del D.Lgs. n. 29 del 1993 (come modificato con il decreto n. 80 del 1998 e trasfuso del D.Lgs. n. 165 del 2001), in base al quale le attribuzioni del Ministro in materia di gestione del personale sono state conferite ai dirigenti degli uffici dirigenziali generali, comunque denominati (e dunque, nell'ordinamento di settore, al Comandante Generale della Guardia di Finanza).
Nel caso di specie, risulta poi che il Comandante Generale abbia conferito, nella materia di cui trattasi (Det. n. 98635 del 26 marzo 2008), apposita delega ai Comandanti interregionali.
Tale potere di delega trova il suo fondamento negli artt. 16, comma 1, lettere b) e d), e 17, comma 1, lett. c), t.u. 30 marzo 2001 n. 165 (testo unico del pubblico impiego), dai quali si desume un potere generale dei dirigenti generali di delegare funzioni ai dirigenti sottordinati.
2.3. Un secondo ordine di rilievi riguarda la pretesa lesione del diritto di difesa, in considerazione del fatto che il procedimento sarebbe stato riassunto, e definito, nonostante il ricorrente avesse allegato e certificato l'esistenza di un legittimo impedimento, consistente nell'incapacità, sul piano psichico, di prendervi parte in maniera pienamente cosciente e consapevole.
2.3.1. Giova premettere il contenuto delle norme del Codice dell'Ordinamento Militare, D.Lgs. n. 66 del 2010, qui rilevanti.
Ai sensi dell'art. 1392, "1. Il procedimento disciplinare di stato a seguito di giudizio penale, deve essere instaurato con la contestazione degli addebiti all'incolpato, entro 90 giorni dalla data in cui l'amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale irrevocabili, che lo concludono, ovvero del provvedimento di archiviazione.
2. Il procedimento disciplinare di stato a seguito di infrazione disciplinare deve essere instaurato con la contestazione degli addebiti all'incolpato, entro 60 giorni dalla conclusione degli accertamenti preliminari, espletati dall'autorità competente, nei termini previsti dagli articoli 1040, comma 1, lettera d), numero 19 e 1041, comma 1, lettera s), numero 6 del regolamento.
3. Il procedimento disciplinare di stato, instaurato a seguito di giudizio penale, deve concludersi entro 270 giorni dalla data in cui l'amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale, divenuti irrevocabili, ovvero del provvedimento di archiviazione.
4. In ogni caso, il procedimento disciplinare si estingue se sono decorsi novanta giorni dall'ultimo atto di procedura senza che nessuna ulteriore attività è stata compiuta".
Con particolare riferimento all'esercizio del diritto di difesa, l'art. 1370 dispone che "Il militare inquisito può chiedere il differimento dello svolgimento del procedimento disciplinare solo se sussiste un effettivo legittimo impedimento. Se la richiesta di differimento è dovuta a ragioni di salute:
a) l'impedimento addotto deve consistere, sulla scorta di specifica certificazione sanitaria, in una infermità tale da rendere impossibile la partecipazione al procedimento disciplinare;
b) l'autorità disciplinare può recarsi presso l'inquisito per svolgere il procedimento disciplinare, se tale evenienza non è espressamente esclusa dalla commissione medica ospedaliera incaricata di tale accertamento." (comma 5).
A completamento di tale compendio normativo, la circolare n. 1/2006 del Comando Generale della Guardia di Finanza, relativa all'istruzione dei procedimenti disciplinari, soggiunge che "l'esistenza di uno stato patologico non legittima in ogni caso la sospensione, che interviene solo nelle seguenti ipotesi:
- stato psichico anormale che impedisca o diminuisca la cosciente e consapevole partecipazione dell'inquisito al procedimento, con particolare riferimento alla produzione difensiva in ordine agli addebiti mossi;
- patologia fisica che impedisca materialmente all'inquisito di prendere parte all'accertamento ...".
Relativamente all'idoneità della certificazione prodotta dall'interessato, la circolare precisa che l'Ufficiale inquirente deve avvalersi "del Dirigente del Servizio Sanitario, il quale esprimerà se, a suo avviso, la patologica psichica o fisica, temporanea o permanente, sia tale da indurlo, qualora trattasi di militare in servizio, ad inviare l'interessato alla competente Commissione medica ospedaliera per l'emanazione del relativo giudizi di idoneità al servizio nel Corpo da parte del medesimo.
Qualora sia stata accertata dai competenti organi medici la transitorietà dell'incapacità dell'incolpato, sarà cura della stessa C.M.O. sottoporre il medesimo a periodiche verifiche fino a che tale incapacità sarà venuta meno. Quanto agli effetti dell'accertamento dell'incapacità transitoria, ciò comporta la sospensione di ogni attività che preveda la partecipazione e/o la presenza dell'inquisito per tutto il periodo in cui tale capacità perdura, risultandone compromesso l'esercizio del diritto di difesa ...".
La circolare si premura poi di precisare la necessità di "procedere con rigore al contemperamento dell'esigenza di garantire il diritto di difesa dell'incolpato con quella di garantire la conclusione nei termini di legge degli accertamenti disciplinari avviati. A tal fine andrà comunque riassunto il procedimento qualora il protrarsi dell'inerzia possa di fatto compromettere il rispetto dei termini perentori di legge per la sua conclusione".
E' fatto ovviamente salvo il caso in cui debba procedersi all'archiviazione del procedimento, per essere intervenuto un impedimento di natura permanente.
2.3.2. Nel caso di specie, occorre in primo luogo chiarire che, così come evidenziato dalla difesa erariale, il termine per la definizione del procedimento disciplinare decorre non già dal 18 giugno 2012 (data di contestazione degli addebiti), bensì dal 18 aprile precedente, data in cui l'amministrazione ha avuto notizia della sentenza penale di proscioglimento per intervenuta prescrizione.
Diversamente da quanto opina il ricorrente, pertanto, ove la sua richiesta di differire la seduta della Commissione di disciplina almeno al 18 gennaio 2013 fosse stata accolta, il procedimento si sarebbe irrimediabilmente perento essendo, a quella data, ormai scaduto il termine complessivo di 270 giorni previsto dal cit. art. 1392, comma 3, del cit. Codice dell'ordinamento militare.
E poi evidente che, ai fini della sospensione o del differimento del procedimento disciplinare rileva non già qualunque infermità bensì soltanto quella che comporti una impossibilità oggettiva di intervenire attivamente nel procedimento e all'audizione innanzi alla Commissione di disciplina (cfr., ex plurimis, Cons. St., sez. IV, 9 marzo 2011, n. 1520; id. 27 novembre 2010, n. 8289).
Secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza, e successivamente recepito dal legislatore, l'inquisito deve produrre una certificazione medica che precisi in modo chiaro ed espresso, qualora ciò non risulti evidente secondo comuni regole di esperienza, che l'infermità stessa comporta l'impossibilità di partecipare alla seduta.
Nel caso di specie, a differenza della primigenia valutazione operata dalla C.M.O., in cui espressamente si dava atto del fatto che il (Lpd) non potesse essere considerato "idoneo ad affrontare pienamente e consapevolmente il procedimento disciplinare cui attualmente è sottoposto", in quella del 24 ottobre 2012, si afferma soltanto che egli è "temporaneamente non idoneo al servizio per giorni 90 a decorrere dalla data odierna", in quanto affetto da "1) ipertensione arteriosa non controllata dalla terapia; 2) allegato episodio sincopale di n.d.d. in paziente con riferito stato ansioso - depressivo; 3) elementi disadattativi misti ansiosi e depressivi confermati al test da ricontrollare".
Al riguardo, non può convenirsi con il ricorrente là dove afferma che l'Ufficiale inquirente avrebbe comunque dovuto richiedere un ulteriore parere del Dirigente del Servizio Sanitario.
Il ricorrente, infatti, era ormai a disposizione della Commissione medica ospedaliera, e cioè dello stesso Organo cui, a norma della circolare n. 1/2006, il Dirigente deve inviare l'incolpato per la diagnosi definitiva.
Per quanto occorrer possa, si rileva che il (Lpd), per tutto l'arco della vicenda disciplinare, ha comunque dimostrato di essere sempre lucido e consapevole, continuamente interloquendo con l'Ufficiale inquirente, sia pure al precipuo fine di ottenere il differimento richiesto.
Neppure può sottovalutarsi la circostanza, sottolineata dall'Avvocatura dello Stato, che egli avesse nominato un difensore di fiducia, al quale ben avrebbe potuto affidarsi per assolvere le proprie esigenze di difesa.
In definitiva, non vi è prova alcuna che il (Lpd) versasse in uno stato mentale tale da escluderne, ovvero da alterarne, la capacità di intendere e di volere e, comunque la possibilità di approntare la necessaria strategia, eventualmente con l'aiuto del difensore appositamente designato.
2.4. Secondo il ricorrente, la Commissione di disciplina non avrebbe poi adeguatamente valorizzato il fatto che, pendente il procedimento penale, l'amministrazione non avesse adottato, pur avendone facoltà, il provvedimento di sospensione precauzionale dall'impiego, a titolo discrezionale.
Di talché, ai fini dell'adozione della sanzione espulsiva, avrebbe dovuto essere adeguatamente spiegato dalla Commissione medesima (pena la contraddittorietà dell'azione amministrativa), quali ulteriori ragioni fossero intervenute a sorreggere tale grave decisione.
Orbene, non occorre spendere molto parole per ricordare che la valutazione che viene operata ai fini della sospensione discrezionale, ha natura prettamente cautelare.
Il provvedimento di sospensione, in tale fase, è cioè intrinsecamente privo di carattere sanzionatorio, "possedendo ratio e presupposti ben diversi da quelli che caratterizzano l'eventualmente successivo provvedimento disciplinare".
Esso, è sorretto da una valutazione, necessariamente som(Lpd) quanto all'accertamento della responsabilità dell'incolpato, ancora in fieri, e "condizionata da criteri di urgenza e celerità, tali da consentire la preminente esigenza di tutelare gli interessi di rilievo pubblico coinvolti e il prestigio dell'amministrazione che può essere compromesso dalla prosecuzione dell'attività del dipendente" (Cons. St., sez. IV, 18 settembre 2012, n. 4952; id., 19 maggio 2010 n. 3164).
Nel caso di specie, risulta anzi che la determinazione di non procedere alla sospensione discrezionale (cfr. le determinazioni in data 2 gennaio 2004 e 31 marzo 2005 del Comandante in seconda), sia stata adottata sulla scorta, dapprima dell'esigenza di "attendere un ulteriore vaglio della posizione del (Lpd) ad opera dell'A.G. in sede processuale", indi, al fine di bilanciare "gli interessi che l'amministrazione è tenuta a tutelare con quelli personali dell'interessato".
Non vi è stata, insomma, alcuna anticipazione del giudizio da parte della gerarchia militare sul disvalore della condotta il quale, del resto, compete esclusivamente agli Organi specificamente deputati, all'esito dell'apposito procedimento disciplinare.
3. Nel merito, parte ricorrente si è limitata ad affermare che l'amministrazione non ha tratto le dovute conseguenze dall'avvenuta derubricazione del reato in sede penale (da "concussione" a "corruzione"), e che, comunque, non sarebbero stati debitamente acquisiti i fascicoli dei procedimenti penali.
3.1. In primo luogo, relativamente alla peculiare efficacia che la sentenza penale può esplicare nel giudizio disciplinare, è noto che, per effetto dell'art. 653 c.p.p., comma 1- bis (aggiunto dall'art. 1, L. 27 marzo 2001, n. 97) "La sentenza penale irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso."
Pertanto, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. ad esempio, TAR Lombardia, Brescia, sez. I^, 29 agosto 2012, n. 1482), i fatti compiutamente accertati nella sede penale vanno assunti nel procedimento disciplinare senza che sugli stessi l'amministrazione possa procedere a nuovi e separati accertamenti, trattandosi di dati irremovibili, in relazione ai quali la p.a. può procedere soltanto all'autonoma e discrezionale valutazione della loro rilevanza sotto il profilo disciplinare.
Viceversa, la sentenza irrevocabile di assoluzione "ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale ovvero che l'imputato non lo ha commesso" (art. 653, c.p., comma 1, pure modificato dalla cit.L. n. 97 del 2001).
Da tale assetto, scaturisce che, se la ricostruzione dei fatti contenuta nella sentenza consegna all'amministrazione elementi rilevanti sotto il profilo disciplinare anche il proscioglimento penale ovvero l'archiviazione in epoca processuale antecedente al rinvio a giudizio non impediscono l'avvio del procedimento disciplinare e non pongono vincoli sull'esito dello stesso.
In altri termini, le uniche sentenze assolutorie con efficacia vincolante nel giudizio disciplinare sono quelle di assoluzione con formula piena divenute irrevocabili, quelle pronunce, cioè, che escludono la sussistenza del fatto o la commissione del medesimo da parte dell'imputato (TAR Lazio, sez. II^, 7 settembre 2010, n. 32123).
Al riguardo, più volte, in passato, il Consiglio di Stato ha avuto modo di sottolineare, argomentando ex art. 97 t.u. n. 3 del 1957, che in presenza di una sentenza di assoluzione l'amministrazione conserva il suo potere di autonoma valutazione dei fatti disciplinarmente rilevanti, in quanto l'illiceità penale e quella disciplinare orbitano su piani assolutamente differenti (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 07 luglio 2009, n. 4359; idem 3 maggio 2011 n. 2643).
Ciò perché, non essendovi un accertamento penale definitivo, l'amministrazione al fine di valutare comportamenti rilevanti ai fini disciplinari, può, e deve, effettuare autonomi accertamenti e specifiche valutazioni dei fatti e delle relative implicazioni (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 25 gennaio 2002 , n. 413; Consiglio Stato, sez. V, 25 gennaio 2002, n. 413).
Resta naturalmente fermo il limite dell'immutabilità dell'accertamento dei fatti nella loro materialità operato in sede penale.
In sostanza è inibito alla p.a. ricostruire storicamente l'episodio posto a fondamento dell' incolpazione in modo diverso da quello risultante dalla sentenza penale di proscioglimento, essendole invece consentito di valutare i medesimi accadimenti nell'ambito del procedimento disciplinare.
Nel caso di specie, reputa il Collegio che, correttamente, l'amministrazione procedente abbia rilevato che la condotta del ricorrente "è provata ...nel giudizio penale", all'uopo valorizzando la circostanza che, diversamente, ai sensi dell'art. 129 del codice di procedura penale "l'A.G. avrebbe dovuto decretare, d'ufficio, il pieno proscioglimento del militare".
La norma codicistica è chiara nel precludere la pronuncia di estinzione del reato laddove ricorrano i presupposti per il proscioglimento nel merito.
Posto che, quindi, la prevalenza della causa estintiva del reato cede dinanzi alla prova positiva dell'innocenza dell'imputato, è evidente che l'avere il giudice penale, nel caso di specie, dichiarato l'estinzione dei reati ascritti al ricorrente implica necessariamente la verifica negativa in ordine alla sussistenza dei presupposti per poter pronunciare una sentenza di assoluzione.
Ed invero, nella sentenza della Corte d'Appello, la "derubricazione" del reato risulta preceduta dall'affermazione del carattere "incontestabile" dei fatti ascritti, tanto che sono state espressamente disattese, sul punto, le richieste di rinnovazione del dibattimento formulate dai difensori (cfr. in particolare la pag. 10 della sentenza).
Pertanto, ove si tenga conto di quanto sopra evidenziato circa i differenti piani su cui operano l'illecito penale e quello disciplinare, alcuna rilevanza poteva avere la diversa qualificazione giuridica di tali fatti, operata dalla Corte d'Appello.
Vi è poi da dire che la lettura degli atti del procedimento disciplinare (ed in particolare, la relazione dell'Ufficiale inquirente), evidenzia come l'amministrazione abbia svolto una compiuta ed articolata istruttoria, previa acquisizione della maggior parte degli atti sui quali si sono basati i pronunciamenti giudiziali (cfr. la Relazione istruttoria, pag. 9 e ss.), procedendo ad un'autonoma valutazione della loro valenza probatoria in ordine agli addebiti contestati ed alla responsabilità del ricorrente, e dando puntualmente conto, con un diffuso e congruo apparato motivazionale, delle ragioni su cui poggia la gravata determinazione.
In ordine a tale articolata motivazione, nel ricorso, invero, non viene svolta critica né analisi alcuna.
Preme infine evidenziare, quanto alla motivazione della sanzione espulsiva, che la Commissione si è preoccupata di analizzare anche i precedenti di servizio e disciplinari, non rilevando, però, nello stato di servizio del ricorrente, alcuna circostanza atta a ridimensionare "il disvalore morale connesso al suo comportamento".
Va anche tenuto presente che il (Lpd) non ha ritenuto di partecipare alla seduta della Commissione di disciplina e non ha mai allegato, in tutto il procedimento, alcun argomento a sua discolpa, sebbene, come già evidenziato, egli non potesse ritenersi assolutamente a ciò "impedito" dalla patologia depressiva riscontrata dalla C.M.O.
Anche nella presente sede ricorsuale, non ha saputo indicare (a fronte delle articolate considerazioni svolte in sede disciplinare) fatti, episodi e/o elementi atti a revocare in dubbio le valutazioni dell'amministrazione.
Infine, con specifico riguardo alla scelta della sanzione espulsiva, ricorda il Collegio che per pacifica giurisprudenza, la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all'applicazione di una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l'evidente sproporzionalità e il travisamento (così, in termini, Consiglio Stato, sez. IV, 31 maggio 2007, n. 2830).
Spetta quindi all'amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l'infrazione e il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità; l'amministrazione dispone, infatti, di un ampio potere discrezionale nell'apprezzare autonomamente le varie ipotesi disciplinari, con una valutazione insindacabile nel merito da parte del giudice amministrativo (così, ancora il Consiglio Stato, sez. VI, 22 marzo 2007, n. 1350).
Nella fattispecie, deve convenirsi con la difesa erariale che il fatto contestato è stato ricondotto alla violazione del giuramento ed alla manifesta contrarietà della condotta con le finalità istituzionali perseguite dalla Guardia di Finanza, di talché la sanzione disciplinare deliberata non si appalesa manifestamente iniqua né, comunque, manifestamente sproporzionata rispetto alla condotta.
4. Per quanto appena argomentato, il ricorso deve essere respinto.
La natura della controversia, induce peraltro il Collegio a compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio e gli onorari di difesa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. II^, definitivamente pronunciando sul ricorso, di cui in premessa, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Tosti, Presidente
Elena Stanizzi, Consigliere
Silvia Martino, Consigliere, Estensore

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