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mercoledì 26 marzo 2014

Cassazione: Lavoro notturno: l'indennità entra nella retribuzione feriale solo se lo dice il contratto collettivo Ai fini del riconoscimento del diritto al computo del compenso nella base di calcolo non basta la verifica della normalità della prestazione in turni periodici e della erogazione della maggiorazione




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LAVORO (RAPPORTO)
Cass. civ. Sez. lavoro, 28-08-2008, n. 21797

Fatto Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo


La Corte di Appello di Palermo con sentenza n. 515/04, in accoglimento delle impugnazione avanzate dall' Azienda Municipalizzata di Igiene Ambientale S.p.a. ( A.M.I.A.), riformava le sentenze del Tribunale di Palermo, rigettando le domande, avanzate dai lavoratori in epigrafe nei confronti della Azienda appellante, relative alla ricomprensione dell'indennità di lavoro notturno nella retribuzione feriale e in quella per i giorni di riposo compensativo per le festività soppresse sulla base del rilevo che dalle disposizioni contrattuali, in materia, si ricavava che le parti contrattuali non avevano derogato, in ordine alla maggiorazione corrisposta a titolo di lavoro notturno, al generale principio di non cumulabilità dei vari trattamenti integrativi della retribuzione.
Avverso tale sentenza i predetti lavoratori proponevano ricorso per cassazione sostenuto da un unico motivo di censura, illustrato da memoria.
Parte intimata resisteva al gravame.

Motivi della decisione


Con l'unico mezzo di gravame parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 c.c., in relazione agli artt. 12, 17, 18, 19, e art. 26 n. 4, e artt. 30, 31, 37, e art. 38 n. 7, del C.C.N.L. del settore nonchè omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa i punti decisivi della controversia attinenti alle norme ed alle clausole contrattuali sopra richiamate.
Allega in proposito che la tesi del Giudice del merito "cozza" con il dato letterale dell'art. 26, comma 5, del c.c.n.l. perchè altrimenti le parti avrebbero dovuto dire che il compenso per lavoro notturno non è dovuto, mentre hanno adoperato l'espressione "compensa" e non avrebbero potuto affermare che l'indennità domenicale è cumulabile.
Aggiunge poi, che se l'interpretazione letterale non consente l'individuazione della comune intenzione delle parti, come attestato anche dalle oscillazioni della giurisprudenza, deve farsi riferimento al canone di cui all'art. 1363 c.c., in base al quale si perviene alla conclusione che l'espressione compensa significa che la maggiorazione deve essere aggiunta al trattamento economico degli istituti indiretti (ferie, mensilità aggiuntive, festività non domenicali, inabilità per malattia e per infortunio, TFR) ossia l'esatto contrario di ciò che ha affermato la Corte territoriale.
Il ricorso è manifestamente infondato.
Al riguardo è opportuno rimarcare che, come ribadito anche di recente da questa Suprema in fattispecie analoghe (Cass. 17675/05 e 4270/07), con riferimento alla questione "generale" della determinazione della retribuzione dovuta al lavoratore durante il periodo di ferie, non esistono indicazioni legislative sulla concreta determinazione della stessa ne nell'art. 2109 c.c., ne nell'art. 36 Cost., ne nell'art. 7 della Convenzione O.I.L. 24 giugno 1970, n. 312, ratificata e resa esecutiva con L. 10 aprile 1981, n. 157 norma di carattere non immediatamente precettivo, limitandosi essa a indicare la nozione di retribuzione media o normale e, tuttavia, demandando alle autorità nazionali la fissazione del metodo di calcolo (Cass. n. 14537/1999). Essendo, ormai pacificamente escluso, alla stregua della giurisprudenza di legittimità, che nel nostro ordinamento viga un principio generale e inderogabile di onnicomprensività della retribuzione ai fini della determinazione della retribuzione spettante per i cosiddetti istituti indiretti (cfr. Cass. Sezioni Unite n. 3888/1993), deve ritenersi che i singoli elementi della retribuzione intanto possono riflettersi, quale base di calcolo, sulla retribuzione del periodo feriale, come per gli altri istituti indiretti, in quanto ciò sia prescritto - in assenza, come si è constatato, di previsioni legislative - dalla contrattazione collettiva: quando cioè questa faccia riferimento per la determinazione di tali istituti alla retribuzione "normale" o "ordinaria" o "di fatto" o "globale di fatto" (Cass. 20364/04, 7705/03, 7142/03, 5441/2001, 14357/1999 e 4096/1997). Con la conseguenza che l'inesistenza di un principio, anche sussidiario, di onnicomprensività della retribuzione, comporta non solo che un certo emolumento non possa, in mancanza di una previsione esplicita di legge o di contratto collettivo, essere incluso nella base di calcolo di altri istituti retributivi, a ciò non essendo sufficiente neppure il silenzio della normativa collettiva, ma anche che questa possa legittimamente escludere determinate voci retributive dalla computabilità ai fini dei vari istituti indiretti, salvo che questi siano regolati da norma imperativa (Cass. n. 10586/1993). Pertanto, in adesione a siffatte consolidato indirizzo giurisprudenziale, si riafferma che, ai fini del riconoscimento del diritto al computo nella base di calcolo della retribuzione per il periodo feriale e degli altri istituti indiretti della maggiorazione per lavoro notturno, non sia sufficiente la constatazione della normalità della prestazione notturna in turni periodici e della erogazione della relativa indennità (reintroducendosi altrimenti, mediante siffatta non corretta operazione integrativa, il criterio della onnicomprensività non riconosciuto in via generale dal legislatore), in quanto occorre anche che la contrattazione collettiva faccia riferimento, al fine considerato, alla retribuzione "normale" (o altrimenti indicata con i sinonimi sopra esemplificati menzionati nella citata "giurisprudenza").
Nella specie la Corte di Appello di Palermo affermando di allinearsi a specifici precedenti di questa Corte regolatrice ha correttamente interpretato le clausole del contratto collettivo facendo prioritario riferimento al senso letterale delle parole - che, a norma dell'art. 1362 c.c., costituisce il criterio ermeneutico fondamentale e preclude al Giudice la ricerca di una ratio diversa sovrapponendo la propria soggettiva opinione all'effettiva volontà dei contraenti (Cass. n. 6819/2001) - senza trascurare l'esame complessivo delle clausole (nella specie, degli articoli del contratto collettivo di lavoro da interpretare) secondo il criterio dettato dall'art. 1363 c.c..
In particolare la Corte d'appello di Palermo, oltre a dare rilievo alla lettera della specifica previsione di cui al punto 5 dell'art. 26 dei contratti collettivi del 1991 e del 1995 (secondo cui la maggiorazione del 37% per il lavoro notturno è onnicomprensiva e compensa, pertanto, ogni altro istituto contrattuale previsto dal contratto collettivo o da accordi aziendali), ha effettuato una interpretazione logico - sistematica delle diverse disposizioni pattizie, ed in specie di quelle disciplinanti il lavoro festivo ed i restanti istituti indiretti.
In sostanza, la Corte di Appello di Palermo - al fine di decidere correttamente sulla configurabilità dell'incidenza del compenso della maggiorazione per il lavoro notturno sulla retribuzione dovuta nel periodo di ferie - ha esaminato complessivamente ogni singola disposizione contrattuale volta a disciplinare la specifica materia, tenendo presente effettivamente (e non quale mera "clausola di stile") il summenzionato principio secondo cui la computabilità, o meno, di determinati emolumenti ai fini di istituti retributivi indiretti deve essere verificata in base al contenuto complessivo del contratto collettivo applicabile al dedotto rapporto di lavoro e, ancora, che il ed. criterio di onnicomprensività della retribuzione (valido soltanto per determinati istituti di origine legale) non opera neppure come criterio sussidiario, sicchè un particolare emolumento è computabile a detto fine solo ed esclusivamente se ciò sia stato espressamente previsto dalla disciplina contrattuale (cfr., ex plurimis, Cass. n. 9871/2002, Cass. n. 9764/2000).
La Corte di Appello, infatti, ha rilevato che con riferimento alla regolamentazione contrattuale - sindacale, la maggiorazione riconosciuta per il lavoro prestato durante l'orario notturno esula dal concetto di retribuzione globale ed è, quindi, irrilevante ai fini del computo della retribuzione da erogare al dipendente durante la sospensione della prestazione per le ferie e degli altri istituti indiretti e che, anzi, è espressamente esclusa la rilevanza della maggiorazione per il lavoro notturno ai fini del computo della retribuzione di detti istituti (specie art. 26, punto 5, del c.c.n.l. cit. che precisa testualmente come la detta maggiorazione per il lavoro notturno compensasse anche il trattamento retributivo durante le ferie, le mensilità aggiuntive, malattie, infortuni, festività infrasettimanale, etc.).
Alla stregua delle esposte considerazioni il ricorso va, con sentenza pronunciata, ex art. 375 c.p.c., comma 2, in Camera di consiglio, rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in favore di parte resistente delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 30,00, oltre Euro 2.000,00, per onorario oltre spese generali IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 9 maggio 2008.
Depositato in Cancelleria il 28 agosto 2008

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