Nuova pagina 1
LAVORO (RAPPORTO)
Cass. civ. Sez. lavoro, 28-08-2008, n. 21797
Cass. civ. Sez. lavoro, 28-08-2008, n. 21797
Svolgimento del processo
La
Corte di Appello di Palermo con sentenza n. 515/04, in accoglimento
delle impugnazione avanzate dall' Azienda Municipalizzata di Igiene
Ambientale S.p.a. ( A.M.I.A.), riformava le sentenze del Tribunale di
Palermo, rigettando le domande, avanzate dai lavoratori in epigrafe nei
confronti della Azienda appellante, relative alla ricomprensione
dell'indennità di lavoro notturno nella retribuzione feriale e in quella
per i giorni di riposo compensativo per le festività soppresse sulla
base del rilevo che dalle disposizioni contrattuali, in materia, si
ricavava che le parti contrattuali non avevano derogato, in ordine alla
maggiorazione corrisposta a titolo di lavoro notturno, al generale
principio di non cumulabilità dei vari trattamenti integrativi della
retribuzione.
Avverso tale sentenza i predetti
lavoratori proponevano ricorso per cassazione sostenuto da un unico
motivo di censura, illustrato da memoria.
Parte intimata resisteva al gravame.
Motivi della decisione
Con l'unico mezzo di gravame parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 c.c.,
in relazione agli artt. 12, 17, 18, 19, e art. 26 n. 4, e artt. 30, 31,
37, e art. 38 n. 7, del C.C.N.L. del settore nonchè omessa,
insufficiente, contraddittoria motivazione circa i punti decisivi della
controversia attinenti alle norme ed alle clausole contrattuali sopra
richiamate.
Allega in proposito che la tesi
del Giudice del merito "cozza" con il dato letterale dell'art. 26, comma
5, del c.c.n.l. perchè altrimenti le parti avrebbero dovuto dire che il
compenso per lavoro notturno non è dovuto, mentre hanno adoperato
l'espressione "compensa" e non avrebbero potuto affermare che
l'indennità domenicale è cumulabile.
Aggiunge
poi, che se l'interpretazione letterale non consente l'individuazione
della comune intenzione delle parti, come attestato anche dalle
oscillazioni della giurisprudenza, deve farsi riferimento al canone di
cui all'art. 1363 c.c., in base al quale si perviene alla
conclusione che l'espressione compensa significa che la maggiorazione
deve essere aggiunta al trattamento economico degli istituti indiretti
(ferie, mensilità aggiuntive, festività non domenicali, inabilità per
malattia e per infortunio, TFR) ossia l'esatto contrario di ciò che ha
affermato la Corte territoriale.
Il ricorso è manifestamente infondato.
Al
riguardo è opportuno rimarcare che, come ribadito anche di recente da
questa Suprema in fattispecie analoghe (Cass. 17675/05 e 4270/07), con
riferimento alla questione "generale" della determinazione della
retribuzione dovuta al lavoratore durante il periodo di ferie, non
esistono indicazioni legislative sulla concreta determinazione della
stessa ne nell'art. 2109 c.c., ne nell'art. 36 Cost., ne nell'art. 7 della Convenzione O.I.L. 24 giugno 1970, n. 312, ratificata e resa esecutiva con L. 10 aprile 1981, n. 157
norma di carattere non immediatamente precettivo, limitandosi essa a
indicare la nozione di retribuzione media o normale e, tuttavia,
demandando alle autorità nazionali la fissazione del metodo di calcolo
(Cass. n. 14537/1999). Essendo, ormai pacificamente escluso, alla
stregua della giurisprudenza di legittimità, che nel nostro ordinamento
viga un principio generale e inderogabile di onnicomprensività della
retribuzione ai fini della determinazione della retribuzione spettante
per i cosiddetti istituti indiretti (cfr. Cass. Sezioni Unite n.
3888/1993), deve ritenersi che i singoli elementi della retribuzione
intanto possono riflettersi, quale base di calcolo, sulla retribuzione
del periodo feriale, come per gli altri istituti indiretti, in quanto
ciò sia prescritto - in assenza, come si è constatato, di previsioni
legislative - dalla contrattazione collettiva: quando cioè questa faccia
riferimento per la determinazione di tali istituti alla retribuzione
"normale" o "ordinaria" o "di fatto" o "globale di fatto" (Cass.
20364/04, 7705/03, 7142/03, 5441/2001, 14357/1999 e 4096/1997). Con la
conseguenza che l'inesistenza di un principio, anche sussidiario, di
onnicomprensività della retribuzione, comporta non solo che un certo
emolumento non possa, in mancanza di una previsione esplicita di legge o
di contratto collettivo, essere incluso nella base di calcolo di altri
istituti retributivi, a ciò non essendo sufficiente neppure il silenzio
della normativa collettiva, ma anche che questa possa legittimamente
escludere determinate voci retributive dalla computabilità ai fini dei
vari istituti indiretti, salvo che questi siano regolati da norma
imperativa (Cass. n. 10586/1993). Pertanto, in adesione a siffatte
consolidato indirizzo giurisprudenziale, si riafferma che, ai fini del
riconoscimento del diritto al computo nella base di calcolo della
retribuzione per il periodo feriale e degli altri istituti indiretti
della maggiorazione per lavoro notturno, non sia sufficiente la
constatazione della normalità della prestazione notturna in turni
periodici e della erogazione della relativa indennità (reintroducendosi
altrimenti, mediante siffatta non corretta operazione integrativa, il
criterio della onnicomprensività non riconosciuto in via generale dal
legislatore), in quanto occorre anche che la contrattazione collettiva
faccia riferimento, al fine considerato, alla retribuzione "normale" (o
altrimenti indicata con i sinonimi sopra esemplificati menzionati nella
citata "giurisprudenza").
Nella specie la
Corte di Appello di Palermo affermando di allinearsi a specifici
precedenti di questa Corte regolatrice ha correttamente interpretato le
clausole del contratto collettivo facendo prioritario riferimento al
senso letterale delle parole - che, a norma dell'art. 1362 c.c.,
costituisce il criterio ermeneutico fondamentale e preclude al Giudice
la ricerca di una ratio diversa sovrapponendo la propria soggettiva
opinione all'effettiva volontà dei contraenti (Cass. n. 6819/2001) -
senza trascurare l'esame complessivo delle clausole (nella specie, degli
articoli del contratto collettivo di lavoro da interpretare) secondo il
criterio dettato dall'art. 1363 c.c..
In
particolare la Corte d'appello di Palermo, oltre a dare rilievo alla
lettera della specifica previsione di cui al punto 5 dell'art. 26 dei
contratti collettivi del 1991 e del 1995 (secondo cui la maggiorazione
del 37% per il lavoro notturno è onnicomprensiva e compensa, pertanto,
ogni altro istituto contrattuale previsto dal contratto collettivo o da
accordi aziendali), ha effettuato una interpretazione logico -
sistematica delle diverse disposizioni pattizie, ed in specie di quelle
disciplinanti il lavoro festivo ed i restanti istituti indiretti.
In
sostanza, la Corte di Appello di Palermo - al fine di decidere
correttamente sulla configurabilità dell'incidenza del compenso della
maggiorazione per il lavoro notturno sulla retribuzione dovuta nel
periodo di ferie - ha esaminato complessivamente ogni singola
disposizione contrattuale volta a disciplinare la specifica materia,
tenendo presente effettivamente (e non quale mera "clausola di stile")
il summenzionato principio secondo cui la computabilità, o meno, di
determinati emolumenti ai fini di istituti retributivi indiretti deve
essere verificata in base al contenuto complessivo del contratto
collettivo applicabile al dedotto rapporto di lavoro e, ancora, che il
ed. criterio di onnicomprensività della retribuzione (valido soltanto
per determinati istituti di origine legale) non opera neppure come
criterio sussidiario, sicchè un particolare emolumento è computabile a
detto fine solo ed esclusivamente se ciò sia stato espressamente
previsto dalla disciplina contrattuale (cfr., ex plurimis, Cass. n.
9871/2002, Cass. n. 9764/2000).
La Corte di
Appello, infatti, ha rilevato che con riferimento alla regolamentazione
contrattuale - sindacale, la maggiorazione riconosciuta per il lavoro
prestato durante l'orario notturno esula dal concetto di retribuzione
globale ed è, quindi, irrilevante ai fini del computo della retribuzione
da erogare al dipendente durante la sospensione della prestazione per
le ferie e degli altri istituti indiretti e che, anzi, è espressamente
esclusa la rilevanza della maggiorazione per il lavoro notturno ai fini
del computo della retribuzione di detti istituti (specie art. 26, punto
5, del c.c.n.l. cit. che precisa testualmente come la detta
maggiorazione per il lavoro notturno compensasse anche il trattamento
retributivo durante le ferie, le mensilità aggiuntive, malattie,
infortuni, festività infrasettimanale, etc.).
Alla stregua delle esposte considerazioni il ricorso va, con sentenza pronunciata, ex art. 375 c.p.c., comma 2, in Camera di consiglio, rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La
Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in favore
di parte resistente delle spese del giudizio di legittimità liquidate
in Euro 30,00, oltre Euro 2.000,00, per onorario oltre spese generali
IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 9 maggio 2008.
Depositato in Cancelleria il 28 agosto 2008
Nessun commento:
Posta un commento