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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.3076/08Reg.Dec.
N. 1663 Reg.Ric.
ANNO 2007
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello proposto dal Comune di Azzano Decimo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall' ....
contro
Ministero dell’interno e Prefettura di Pordenone, non costituitisi in giudizio;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, n. 645/2006;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 15-4-2008 relatore il Consigliere ...
Nessuno è comparso per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O E D I R I T T O
1.
Con l’impugnata sentenza il Tar ha respinto il ricorso proposto dal
Comune di Azzano Decimo avverso il decreto del 9 settembre 2004, con cui
il Prefetto di Pordenone ha annullato l’ordinanza n. 24/2004 del
Sindaco del predetto comune.
Con
l’atto annullato dal Prefetto il Sindaco, in qualità di ufficiale del
governo, aveva ordinato di adeguarsi alle norme che fanno divieto di
comparire mascherati in pubblico, includendo tra i mezzi idonei a
rendere difficoltoso il riconoscimento della persona anche il velo che
copre il volto.
Il
Tar ha ritenuto che l’annullamento dell’atto rientrasse tra i poteri
del Prefetto e fosse giustificato dall’illegittimità di tale ordinanza.
Il Comune di Azzano decimo ha proposto ricorso in appello avverso tale sentenza per i motivi che saranno di seguito esaminati.
Il Ministero dell’interno e la Prefettura di Pordenone non si sono costituiti in giudizio.
All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.
2.
L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla contestazione da
parte del Comune appellante dell’esercizio del potere prefettizio di
annullamento di una ordinanza emessa dal sindaco nella qualità di
ufficiale di governo.
L’ordinanza
annullata era stata adottata in materia di pubblica sicurezza dal
Sindaco, che aveva precisato che il divieto di comparire mascherati in
luogo pubblico, di cui all’art. 85, comma 1, del R.D. n. 773/1931,
doveva intendersi derogato “durante il periodo carnascialesco, i
festeggiamenti di halloween e le altre occasioni esplicitamente
stabilite” e che il divieto di utilizzo di "mezzi atti a rendere
difficoltoso il riconoscimento della persona" va riferito anche al "il
velo che copra il volto".
Con
un primo motivo l’appellante contesta la sussistenza del potere di
annullamento delle ordinanze sindacali in capo al prefetto, rilevando
che non vi è alcuna dipendenza funzionale del sindaco dal prefetto.
Il motivo è infondato.
Si
osserva che il Sindaco non ha agito in quanto organo del Comune, ma ha
emesso un atto generale in materia di pubblica sicurezza in funzione di
Ufficiale di Governo e, quindi, nell'ambito di un rapporto di dipendenza
rispetto al Prefetto.
Ai
sensi dell’art. 15 della legge n. 121/1981, ove non siano istituiti
commissariati di polizia, le attribuzioni di autorità locale di pubblica
sicurezza sono esercitate dal sindaco quale ufficiale di Governo.
Tali competenze sono esercitate dal sindaco in modo coordinato e dipendente dalle superiori autorità di pubblica sicurezza.
Tra
queste un ruolo fondamentale è svolto dal Prefetto, che, ai sensi
dell’art. 13 della stessa legge, è autorità provinciale di pubblica
sicurezza, cui è attribuita la responsabilità generale dell'ordine e
della sicurezza pubblica nella provincia ed il compito di sovrintendere
all'attuazione delle direttive emanate in materia.
Con
riferimento alle funzioni esercitate dal sindaco in materia di pubblica
sicurezza vi è, quindi, un rapporto di dipendenza dal Prefetto.
In
tale rapporto il Prefetto non ha solo il compito di sovrintendere
all’attuazione delle direttive, ma conserva rilevanti poteri finalizzati
ad incidere in modo diretto sulla gestione della pubblica sicurezza.
Ad
esempio, il citato art. 15 prevede che quando eccezionali esigenze di
servizio lo richiedono, il prefetto, o il questore su autorizzazione del
prefetto, può inviare funzionari della Polizia di Stato, nei comuni
dove non sono istituito commissariati di polizia, per assumere
temporaneamente la direzione dei servizi di pubblica sicurezza. Resta in
tale caso sospesa la competenza dell'autorità locale di pubblica
sicurezza.
Il
potere del Prefetto si spinge, dunque, fino a sospendere le competenze
in materia del sindaco e, più in generale, è diretto ad assicurare unità
di indirizzo e coordinamento dei compiti e delle attività degli
ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza nella provincia, promuovendo
le misure occorrenti (art. 13, comma 3).
Spetta
al Prefetto promuovere ogni misura idonea a garantire tale unità di
indirizzo, svolgendo una fondamentale funzione di garante dell’unità
dell’ordinamento in materia.
L’adozione
di ogni misura non può che includere anche il potere di annullamento
d’ufficio degli atti adottati dal sindaco quale ufficiale di governo,
che risultano essere illegittimi o che comunque minano la menzionata
unità di indirizzo.
L’ampiezza
di tale potere è confermata anche dall’art. 2 del R.D. n. 773/1931, che
gli attribuisce, nel caso di urgenza o per grave necessità pubblica, la
facoltà di adottare i provvedimenti indispensabili per la tutela
dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica.
Nel caso di specie, il Prefetto di Pordenone ha fatto uso di tali poteri nell’ambito delle proprie competenze.
3.
E’ infondata anche la censura con cui il Comune ha dedotto la
violazione dell’art. 7 della legge n. 241/90, in quanto il Prefetto ha
richiamato i propri poteri di agire in via d'urgenza e in materia di
pubblica sicurezza le esigenze di garantire l’unità di indirizzo
presuppongono molto spesso ragioni di urgenza, che non consentono, come
nel caso di specie, l’ordinario svolgimento delle garanzie
partecipative,
4.
Come rilevato dal Tar, inoltre, nessuna illegittimità deriva dal fatto
che l'atto prefettizio si sia adeguato al parere ministeriale, in quanto
la rilevanza della questione aveva correttamente indotto il Prefetto a
richiedere il parere del Ministero, che si era espresso in senso
contrario al primo avviso del Prefetto.
Del
resto, anche il Prefetto è inserito nelle strutture statali che fanno
capo al Ministero dell’interno e può garantire la più volte menzionata
unità di indirizzo, se si raccorda sistematicamente con gli organi
centrali.
5.
Con ulteriore censura il Comune sostiene l’assenza di carattere
provvedimentale ed innovativo da parte dell'ordinanza sindacale.
Al
riguardo, oltre a rilevare che l’utilizzo dello strumento
dell’ordinanza si pone in contrasto con la tesi dell’appellante, va
tenuto in considerazione, che, come illustrato meglio in seguito, il
Sindaco non si è limitato a richiamare l’attenzione sulla necessità di
rispettare la legge, ma ha fornito una (errata) interpretazione della
stessa, che ha determinato con carattere innovativo l’estensione dei
menzionati divieti all’utilizzo del “velo che copre il volto”.
L’annullata ordinanza ha, quindi, carattere provvedimentale.
6.
Tale argomento conduce al punto centrale della controversia, che
attiene proprio all’interpretazione delle norme che vietano di comparire
mascherati in luogo pubblico.
Nello
stesso atto di appello, il Comune non ha celato l’unica e principale
finalità del provvedimento adottato dal Sindaco, sottolineando anzi che
l’iniziativa aveva un forte rilievo politico e culturale in quanto il
velo che copre il volto, oggetto dell’ordinanza, altro non è che il burqa indossato da molte donne musulmane, il cui utilizzo in luogo pubblico il Sindaco ha inteso vietare.
Si
rileva, in primo luogo, che del tutto errato è il riferimento al
divieto di comparire mascherato in luogo pubblico, di cui all’art. 85
del R.D. n. 773/1931, in quanto è evidente che il burqa non
costituisce una maschera, ma un tradizionale capo di abbigliamento di
alcune popolazioni, tuttora utilizzato anche con aspetti di pratica
religiosa.
Non
pertinente è anche il richiamo all’art. 5 della legge n. 152/1975, che
vieta l'uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a
rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o
aperto al pubblico, senza giustificato motivo.
La ratio
della norma, diretta alla tutela dell’ordine pubblico, è quella di
evitare che l’utilizzo di caschi o di altri mezzi possa avvenire con la
finalità di evitare il riconoscimento.
Tuttavia,
un divieto assoluto vi è solo in occasione di manifestazioni che si
svolgano in luogo pubblico o aperto al pubblico, tranne quelle di
carattere sportivo che tale uso comportino.
Negli
altri casi, l’utilizzo di mezzi potenzialmente idonei a rendere
difficoltoso il riconoscimento è vietato solo se avviene “senza
giustificato motivo”.
Con riferimento al “velo che copre il volto”, o in particolare al burqa,
si tratta di un utilizzo che generalmente non è diretto ad evitare il
riconoscimento, ma costituisce attuazione di una tradizione di
determinate popolazioni e culture.
In
questa sede al giudice non spetta dare giudizi di merito sull’utilizzo
del velo, né verificare se si tratti di un simbolo culturale, religioso,
o di altra natura, né compete estendere la verifica alla spontaneità, o
meno, di tale utilizzo.
Ciò
che rileva sotto il profilo giuridico è che non si è in presenza di un
mezzo finalizzato a impedire senza giustificato motivo il
riconoscimento.
Il
citato art. 5 consente nel nostro ordinamento che una persona indossi
il velo per motivi religiosi o culturali; le esigenze di pubblica
sicurezza sono soddisfatte dal divieto di utilizzo in occasione di
manifestazioni e dall’obbligo per tali persone di sottoporsi
all'identificazione e alla rimozione del velo, ove necessario a tal
fine. Resta fermo che tale interpretazione non esclude che in
determinati luoghi o da parte di specifici ordinamenti possano essere
previste, anche in via amministrativa, regole comportamentali diverse
incompatibili con il suddetto utilizzo, purché ovviamente trovino una
ragionevole e legittima giustificazione sulla base di specifiche e
settoriali esigenze.
Tale
ultima questione non costituisce comunque oggetto del presente
giudizio, in cui ci si deve limitare e rilevare che il Prefetto ha fatto
applicazione dei sopra menzionati principi e, conseguentemente, ha
annullato la citata ordinanza sindacale.
7.
Sulla base di tali considerazioni è agevole rilevare l’infondatezza
delle ulteriori censure proposte dall’appellante, in quanto:
-
è chiaro che il sindaco non si è limitato alla cura dell’osservanza
delle leggi (art. 1 R.D. n. 773/1931), ma ha adottato una ordinanza dal
contenuto interpretativo – innovativo, come sottolineato in precedenza;
-
il rilievo del Prefetto circa la mancata comunicazione dell’ordinanza e
l’omessa indicazione dell’autorità e il termine entro cui ricorrere ha
assunto un rilievo marginale di rilevazione di una ulteriore
irregolarità dell’atto del sindaco, che è stato poi annullato per ben
altri motivi;
-
l’interesse pubblico all’annullamento dell’atto è stato correttamente
ricondotto dal Prefetto alla necessità di evitare disorientamento e
confusione, nell’ambito del già descritto compito di assicurare l’unità
di indirizzo nel campo della pubblica sicurezza;
-
l’impugnato provvedimento del Prefetto contiene una sufficiente
motivazione dell’atto sia con riguardo al contenuto provvedimentale
dell’atto annullato, che con riferimento ai vizi di incompetenza e
violazione di legge.
8. In conclusione, l’appello deve essere respinto.
Nulla deve essere disposto per le spese in assenza di costituzione delle amministrazioni statali appellate.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma, il 15-4-2008 dal Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con
l'intervento dei Signori:
...
Presidente
.
Consigliere Segretario
.
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/06/2008
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
.
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)
Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa
al Ministero..............................................................................................
a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642
Il Direttore della Segreteria
N.R.G. 1663/2007
FF
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