Nuova pagina 1
Cane che abbaia e pace condominiale, il proprietario è responsabile della buona educazione del quattrozampe |
Se è impossibile "coartare" la natura dell'animale (che a volte ha le sue buone ragioni per abbaiare), il rispetto per la quiete altrui impone tuttavia di limitare ogni manifestazione sonora immotivata da parte del cane |
COMUNIONE E CONDOMINIO
Cass. civ. Sez. II, 26-03-2008, n. 7856
Cass. civ. Sez. II, 26-03-2008, n. 7856
Svolgimento del processo
Con
atto notificato il 23 novembre 1999 P.S. conveniva i coniugi P.G. e
U.M. davanti al Giudice di pace di Monsummano Terme, dolendosi del fatto
che gli stessi tenessero nel loro appartamento un cane che abbaiava di
continuo e che da tale appartamento provenissero rumori molesti.
I convenuti contestavano il fondamento della domanda.
Il
Giudice di pace, con sentenza in data 10 gennaio 2001, ingiungeva ai
convenuti di osservare scrupolosamente il regolamento condominiale,
evitando l'abbaiare del loro cane e li diffidava dal tenere all'interno
della propria abitazione riunioni che potessero arrecare disturbo per il
numero dei partecipanti; rigettava, però, la domanda di risarcimento
dei danni.
Contro tale decisione P.G. e U.M.
proponevano appello principale; P.S. proponeva appello incidentale,
dolendosi della compensazione delle spese giudiziali.
Con
sentenza in data 25 ottobre 2002 il Tribunale di Pistoia, sezione
distaccata di Monsummano Terme, rigettava entrambe le impugnazioni.
Per
quello che interessa in questa sede il Giudice di secondo grado
riteneva che dall'istruttoria testimoniale era emerso con certezza che
il cane di proprietà dei convenuti aveva la tendenza ad abbaiare
ogniqualvolta sentiva suonare il campanello o quando avvertiva la
presenza di persone all'interno dello stabile, e spesso anche nelle ore
notturne. Era evidente che la natura dell'animale non poteva essere
coartata al punto da impedirgli del tutto di abbaiare e che episodi
saltuari di disturbo da parte del cane potevano e dovevano essere
tollerati dai vicini, in nome dei principi del vivere civile.
Questo
non toglieva però l'obbligo degli appellanti in via principale di
conformarsi al regolamento condominiale e di fare in modo che la
presenza del cane non fosse lesiva dei diritti degli altri condomini,
riducendo al minimo le occasioni di disturbo e prevenendo le possibili
cause di agitazione ed eccitazione dell'animale, soprattutto nelle ore
notturne.
Quanto agli altri rumori molesti, i
testimoni avevano confermato di averli uditi anche a tarda ora, e del
resto l'esistenza di contestazioni da parte del condominio nei confronti
dei coniugi P.G. e U.M. era documentata da una lettera inviata agli
stessi dall'amministratore.
Contro tale decisione P.G. e U.M. hanno proposto ricorso per cassazione, con quattro motivi.
Motivi della decisione
Con
il primo motivo i ricorrenti sostanzialmente deducono che i giudici di
merito hanno trascurato di considerare che il regolamento di condominio
non fissava parametri più rigorosi di quelli previsti dall'art. 844 c.c.,
per cui la occasionale esistenza di rumori non comperava
automaticamente la violazione della disposizione codicistica, la quale
avrebbe potuto considerarsi realizzata solo ove fosse stato provato il
superamento della normale tollerabilità.
Il
motivo è infondato, in quanto la sentenza impugnata, quanto meno con
riferimento all'abbaiare del cane, ha ritenuto non occasionale lo
stesso, con il superamento della normale tollerabilità di immissioni di
rumore e la esattezza di tale considerazione non viene censurata.
Con
il secondo motivo si deduce che la sentenza impugnata sarebbe incorsa
in contraddizione, in quanto dopo avere dato atto che la natura del cane
non poteva essere coartata al punto da impedirgli del tutto di abbaiare
e che episodi saltuari di disturbo da parte del cane potevano e
dovevano essere tollerati dai vicini, in nome dei principi del vivere
civile, ha, poi, contraddittoriamente affermato che gli attuali
ricorrenti dovevano conformarsi al regolamento condominiale e fare in
modo che la presenza del cane non fosse lesiva dei diritti degli altri
condomini, riducendo al minimo le occasioni di disturbo e prevenendo le
possibili cause di agitazione ed eccitazione dell'animale, soprattutto
nelle ore notturne.
Anche tale motivo è
infondato, in quanto la sentenza impugnata ha ritenuto che nella specie
sussistesse la violazione del regolamento del condominio per il continuo
ed ingiustificato abbaiare del cane, anche volendo tenere conto della
natura dell'animale che non poteva essere coartata; fino ad impedirgli
di abbaiare del tutto.
Con il terzo motivo i
ricorrenti deducono testualmente: Con l'atto di appello gli odierni
ricorrenti hanno rilevato come il Giudice di pace abbia travalicato i
limiti imposti dall'art. 112 c.p.c., nel diffidarli dal tenere
riunioni che per il numero dei partecipanti possano recare disturbo alla
quiete degli altri condomini, in quanto domanda non formulata dagli
attori.
Il Tribunale, esaminando il punto di
gravame, ha ritenuto infondata la censura, sul presupposto che il
divieto imposto rientri nelle disposizioni regolamentari e, quindi, sia
diretta conseguenza dell'ordine di attenersi all'osservanza delle regole
dallo stesso imposte.
A tale proposito va
rilevato che il citato regolamento di condominio fa divieto di tenere
riunioni chiassose, la cui intensità rechi fastidio ai condomini, specie
in determinati orari: a ben vedere, il divieto di tenere riunioni
"popolose" non è affatto identico al divieto di tenere riunioni
"chiassose", ragione per cui la pronuncia del Giudice di pace,
confermata dal Tribunale mediante il rigetto del motivo di gravame, è
affetta da vizio di ultrapetizione.
Il motivo è infondato.
Come
risulta dalla sentenza impugnata, il regolamento di condominio contiene
il divieto di tenere riunioni chiassose che il divieto di provocare
rumori molesti. La violazione del regolamento di condominio è stata
affermata da parte dei giudici di merito con riferimento al secondo e
non al primo di tali divieti, la cui violazione, secondo quanto ritenuto
dai Giudici di merito, nella specie ricorreva per effetto di riunioni
"popolose", anche se non "chiassose".
Con il
quarto motivo i ricorrenti si dolgono della condanna al pagamento delle
spese del giudizio di secondo grado, pur non essendo essi risultati
totalmente soccombenti, in primo luogo perchè vi è stato rigetto
dell'appello incidentale proposto da P.S. ed in secondo luogo perchè il
Tribunale ha riconosciuto i vizi della motivazione della sentenza di
primo grado sostituendola con una nuova motivazione.
La doglianza è infondata.
Gli
attuali ricorrenti avrebbero potuto dolersi della condanna alle spese
solo ove fossero risultati totalmente vittoriosi, mentre, invece, essi
sono stati risultati vittoriosi soltanto in relazione ad un aspetto
secondario del giudizio di appello (regolamento delle spese del giudizio
di primo grado).
Il ricorso va, pertanto,
rigettato. Non avendo l'intimato svolto attività difensiva in questa
sede, nessun provvedimento va emesso in ordine alle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2008.
Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2008
Nessun commento:
Posta un commento