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mercoledì 26 marzo 2014

TAR: Porto d'armi: si al diniego e alla revoca se il cittadino "potenzialmente" potrebbe abusarne Il potere del Prefetto di negare la licenza non presuppone il preventivo e concreto utilizzo improprio. Devono essere garantiti dunque l'ordine pubblico e la tranquilla convivenza della collettività




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REPUBBLICA  ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER  L'EMILIA-ROMAGNA
BOLOGNA
 
SEZIONE II
 
Registro Sentenze:/ 1935/2008
            Registro Generale: 1778/1992


nelle persone dei Signori:
 


ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 
nell'Udienza Pubblica del 03 Aprile 2008

Visto il ricorso 1778/1992 proposto da:

rappresentato e difeso da:
con domicilio eletto in BOLOGNA
presso

contro
 
PREFETTO DI BOLOGNA 
rappresentato e difeso da:
AVVOCATURA DELLO STATO 
con domicilio eletto in BOLOGNA
VIA RENI 4
presso la sua sede;
 
per l'annullamento
 
del decreto 17 aprile 1992 prot. 712/P.A., notificato in data 1 giugno 1992, con cui il Prefetto della Provincia di Bologna ha fatto divieto, fino all’esito del procedimento penale cui il ricorrente è sottoposto, di detenere una pistola automatica “Beretta” matricola ... regolarmente denunciata, nonché ogni altra eventuale arma di cui il medesimo fosse in possesso.
Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di:
PREFETTO DI BOLOGNA
Udito il relatore Cons. ..
Uditi, alla Pubblica udienza  del 3 aprile 2008  gli avvocati presenti come risulta dal verbale d’udienza;
Ritenuto in Fatto e in Diritto quanto segue:

FATTO E DIRITTO

  1. A seguito del coinvolgimento del ricorrente in un’inchiesta penale in ordine ad alcune sofisticazioni alimentari al ricorrente è stato notificato il divieto  di detenere una pistola automatica in precedenza autorizzata per ragioni di sicurezza personale.
Avverso detto provvedimento l’interessato ha presentato ricorso al T.A.R., deducendone l’illegittimità.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata che ha chiesto il rigetto del ricorso.
L’istanza cautelare è stata respinta con ordinanza n.576/92 e la causa è stata trattenuta in decisione all’odierna udienza.
  1. Il ricorso è infondato.
Va anzitutto premesso che il porto d’armi non costituisce un diritto assoluto ma rappresenta, invece, un’eccezione al normale divieto di portare le armi (sancito ex multis dall’articolo 699 del codice penale e dall’articolo 4 primo comma, della legge n.110 del 1975) e che detta eccezione può divenire operante soltanto nei confronti di persone riguardo alle quali esista la completa e perfetta sicurezza circa “il buon uso” delle armi stesse e ciò al fine di evitare qualsiasi dubbio o perplessità sotto il profilo dell’ordine pubblico e della tranquilla convivenza della collettività. Infatti, deve essere garantita previamente l’intera massa dei consociati che si è adeguata alla regola generale, che è, quindi, priva di armi, sull’assenza di pregiudizi in merito alla propria incolumità. Dalla eccezionalità del porto d’armi e dai rigidi criteri restrittivi regolatori della materia deriva che il controllo dell’autorità amministrativa deve essere più penetrante rispetto al controllo che la stessa autorità è tenuta ad effettuare con riguardo a provvedimento permissivi di tipo diverso, talora rivolti a rimuovere ostacoli a situazioni giuridiche soggettive di cui sono titolari i richiedenti. Univoca conferma di tale prospettazione scaturisce anche dalle progressive restrizioni che, sul piano normativo, hanno introdotto innovazioni di grande rigore nella disciplina non solo del porto illegale d’armi ma anche dei requisiti soggettivi per il rilascio di licenze in detta materia.
Orbene, ciò precisato, non vi è dubbio che gli articoli 11 e 43 del Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza attribuiscono al Prefetto il rilevato penetrante potere di negare e di revocare l’autorizzazione al porto d’armi ogni qual volta si possa ragionevolmente temere che l’interessato sia potenzialmente capace di abusarne, non essendo a tale fine necessario il preventivo e concreto abuso. La presunzione di pericolo che il soggetto possa abusare delle armi può essere desunta e prudentemente valutata dall’Amministrazione in relazione ad ogni manifestazione comportamentale del soggetto stesso, da cui desumere il venir meno della buona condotta, senza peralto che sia necessario che le manifestazioni stesse integrino fattispecie penalmente rilevanti e, comunque, acclarate dalla competente autorità giudiziaria.
  1. Nel caso concreto l’amministrazione, con una valutazione discrezionale di merito, non sindacabile in questa sede di legittimità non sussistendo alcuna incongruenza o illogicità della stessa, ha disposto il divieto di portare le armi sulla base del coinvolgimento dell’interessato in un procedimento penale, che ha portato all’emanazione di un provvedimento di custodia cautelare, ancorché revocato per il venir meno del pericolo di reiterazione dei reati contestati che, come risulta dalla relazione d’ufficio, prodotta in atti, concernono la frode alimentare, l’associazione a delinquere e reati contro l’economia. Sulla base di detti elementi l’Amministrazione ha ritenuto che fosse venuta meno la buona condotta e, quindi, le condizioni soggettive di sicurezza cui è subordinata ogni licenza di polizia in materia di armi.
Del resto il provvedimento impugnato ha imposto il divieto di detenere le armi soltanto fino all’esito del procedimento penale riservandosi, pertanto, di valutarne la rilevanza una volta pervenuti alla sua conclusione e sulla base della stessa.
  1. Il provvedimento che fa riferimento all’intervenuta emanazione di un provvedimento cautelare da parte dell’Autorità giudiziaria penale, alla circostanza del venir meno della buona condotta, e, per relationem, agli atti d’ufficio, appare pertanto adeguatamente motivato contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa del ricorrente.
  2. Per tali ragioni il ricorso va respinto.
Le spese segono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
    Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-romagna, Bologna, Sezione II, definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe indicato, lo Respinge.
    Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di causa in favore dell’Amministrazione intimata, che si liquidano in complessivi Euro 2.000 (duemila).
    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
    Così deciso in Bologna, il giorno 3 aprile 2008.
         
Depositata in Segreteria ai sensi dell’art. 55 L.18/4/82, n.186.
Bologna, lì 22.05.08
      Il Segretario
 
Cm/
 
N.R.G.  1778/1992


N.R.G.  «RegGen»


 

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