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mercoledì 26 marzo 2014

Cassazione: L'indennità sostitutiva delle ferie aggiuntive va riconosciuta anche in caso di prepensionamento Ove il diritto sia sancito dal contratto, a prescindere dalla frazione di anno lavorata, e si estingue solo quando il mancato godimento è addebitabile al dipendente che rifiuta le soluzioni offerte dal datore






LAVORO (RAPPORTO)   -   TRASPORTO PUBBLICO E IN GENERE
Cass. civ. Sez. lavoro, 21-03-2008, n. 7654
Fatto Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo

La Corte d'appello di Napoli, respingendo l'appello, ha confermato la sentenza dei Tribunale del luogo che aveva rigettato la domanda proposta da D.L.A. per ottenere la condanna delle Ferrovie dello Stato, di cui era stato dipendente, al pagamento dell'indennità sostitutiva dell'intero periodo di ferie previsto per l'anno 1995, ai sensi dell'art. 52, comma 5, CCNL, sebbene egli fosse cessato dal servizio il 30 maggio di quello stesso anno.
La Corte ha osservato che l'art. 52, comma 5, CCNL 1990, nei testo modificato da punto 4.14 dell'accordo di rinnovo del 18.11.1994, stabilisce "che in caso di cessazione del rapporto spetta sempre al lavoratore l'indennità sostitutiva delle ferie maturate e non godute, tranne che la mancata fruizione sia dovuta a cause dipendenti dalla sua volontà", tra le quali non è da comprendere la domanda di prepensionamento. Pertanto, "deve ritenersi sussistente il diritto del lavoratore a percepire il compenso sostitutivo delle ferie maturate (ovviamente in relazione ai mesi di servizio prestati) e non godute fino al momento dei pensionamento".
Per quanto riguarda invece le ferie c.d. aggiuntive, ossia le (ulteriori) ferie rapportate al periodo dell'anno non lavorato (nella specie, giugno - dicembre), la Corte ha interpretato il comma 9 dell'art. 52 ("Il dipendente ha diritto, in caso di risoluzione dei rapporto di lavoro..., al periodo completo annuale di ferie, semprechè le stesse possano essere godute prima della data della risoluzione...") nel senso che la relativa indennità spetta a condizione che dette ferie "possano essere effettivamente godute prima della risoluzione del rapporto di lavoro"; condizione non prevista dall'art. 52 per le ferie ordinarie, per il cui mancato godimento detta norma prevede, a differenza delle ferie aggiuntive, il pagamento dell'indennità sostitutiva. Pertanto, "proprio dall'esatta interpretazione dei la volontà delle parti contrattuali nell'apposizione della clausola in oggetto si desume che il trattamento di miglior favore previsto dalla contrattazione collettiva possa trovare applicazione solo nel caso di effettivo godimento dell'intero periodo di ferie prima della cessazione del rapporto di lavoro non essendo prevista, cosi come per le ferie ordinarie, anche per le ferie aggiuntive la monetizzazione dei diritto in caso di mancata fruizione".
Avverso questa decisione D.L.A. ricorre per cassazione con un motivo.
Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. resiste con controricorso.
Disposta la trattazione del ricorso in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 375 c.p.c., comma 2, il Pubblico Ministero ne ha chiesto, con le conclusioni scritte, raccoglimento per manifesta fondatezza.

Motivi della decisione

Con l'unico motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 36 Cost., degli artt. 1355, 1218, 2041, 2109 e 2697 c.c., dell'art. 1362 c.c. e segg., in riferimento all'art. 52 CCNL 18.7.1990, come modificato dal punto 4.14 del CCNL 18.11.1994, nonchè vizio di motivazione, il ricorrente critica l'impugnata sentenza per non avere la Corte d'appello colto l'esatto significato della norma contrattuale, la quale stabilisce che limite al diritto all'indennità sostitutiva dell'intero periodo di ferie annuali, che il CCNL riconosce indipendentemente dalla frazione di anno lavorata, è solo l'ipotesi che l'impossibilità di godimento sia addebitabile alla volontà del dipendente, che abbia irragionevolmente rifiutato le soluzioni offerte dall'azienda per l'esercizio del diritto alle ferie. Il riferimento alla possibilità di fruirne prima della cessazione del rapporto riguarda la sola ipotesi che questa sia intervenuta con tale anticipo da rendere impossibile il collocamento delle ferie nel periodo dell'anno che precede tale cessazione. Nè la domanda di prepensionamento, anche ove determinasse la successiva impossibilità di godimento delle ferie, vale ad estinguere il diritto ad esse e ad escludere la conseguente indennità sostitutiva.
Il motivo è fondato.
Va premesso che, in relazione alle contestazioni sull'interpretazione del contratto collettivo, la giurisprudenza della Corte ha già avuto modo di precisare che la funzione nomofilattica investe l'intera attività del giudice di legittimità, e, dunque, con riguardo a pretese fondate sopra fonti pattizie, non soltanto il rispetto delle disposizioni di cui all'art. 1362 c.c. e ss., ma anche il controlio della motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, con la conseguenza che la manifesta fondatezza o infondatezza de ricorso, ai sensi dell'art. 375 c.p.c., comma 2, può essere ritenuta anche in relazione a motivi che contestino l'interpretazione data dal giudice di merito ad un contratto collettivo, allorchè precedenti controversie siano già state scrutinate dalla Corte con riguardo a decisioni di merito fondate sugli stessi profili di fatto e argomentazioni sostanzialmente identiche (Cass. 13 maggio 2003 n. 7355).
Come la giurisprudenza di legittimità, dopo iniziali incertezze (Cass. n. 96 de 2001), ha ripetutamente e costantemente affermato (ciò ora costituendo jus receptum), l'art. 36 Cost., e art. 2109 c.c., fissano l'inderogabilità del diritto alle ferie, non la sua misura, nè, in particolare, la sua proporzionalità ad un parametro esterno. Ed a tal fine sono significativi il rinvio dell'art. 2109 c.c., comma 2, alla legge, agli usi e all'equità per la determinazione della durata del periodo di ferie, e, nell'ambito di questa determinazione, la contrattuale differenziazione della misura, in funzione di situazioni oggettive e soggettive.
L'anno, previsto da queste disposizioni, non è un parametro esterno cui sia indissolubilmente legata la misura delle ferie (che resterebbe, in tal modo, invariabile), bensì solo lo spazio temporale di lavoro cui le ferie si riferiscono, e nel cui ambito devono essere stabilite. La possibilità di godimento dell'intera misura annuale di ferie, attribuita dalla norma collettiva in relazione ad uno spazio lavorativo più breve dell'anno non deve essere letta come possibilità in relazione alle esigenze aziendali, bensì come mera capienza temporale del periodo di ferie nel periodo di lavoro prestato nell'anno di riferimento (Cass. 19 ottobre 2000 n. 13860).
In questa ipotesi, dal mancato godimento delle ferie - una volta divenuto impossibile per il datore di lavoro, anche senza sua colpa, adempiere l'obbligo di consentirne la fruizione - deriva il diritto del lavoratore al pagamento dell'indennità sostitutiva, che ha natura retributiva, in quanto rappresenta la corresponsione dei valore di prestazioni, non dovute e non restituibili in forma specifica, in misura pari alfa retribuzione. Le clausole dei contratto collettivo di diritto comune, che disciplinano esclusivamente il godimento delle ferie e non anche l'indennità sostitutiva, sono da interpretare - alla luce dell'irriducibilità del diritto ai le ferie, del divieto di monetizzazione di siffatto diritto, ed in applicazione del principio di conservazione del contratto - nel senso che, in caso di mancata fruizione delle ferie per causa non imputabile ai lavoratore, questi ha egualmente diritto all'indennità sostitutiva (Cass. 19 ottobre 2000 n. 13860, cit; Cass. 9 novembre 2002 n. 15776).
E pertanto, poichè solo l'irragionevole rifiuto de lavoratore di accettare ogni soluzione offerta dal datore vale ad estinguere il diritto alle ferie ed alla conseguente indennità sostitutiva, l'impossibilità di usufruire dell'intero periodo di ferie maturate in dipendenza della domanda di prepensionamento non esonera il datore dall'obbligo di corrispondere tale indennità (Cass. n. 15627 del 2001; n. 7451 e 15776 del 2002; n. 2360, 5515., 12635, 3469, 12554, 7835, 12032, 2326, 7714 dei 2003; n. 228, 8741, 11945 e 11991 del 2004; n. 18598 del 2006).
Non vi sono ragioni per rivedere siffatto orientamento.
Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio della causa alla stessa Corte d'appello di Napoli in diversa composizione che, nel procedere a nuovo esame, provvedere anche in ordine alle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Napoli in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2008.
Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2008

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