Cass. civ. Sez. lavoro, 02-09-2008, n. 22059
Svolgimento del processo
Con
sentenza del 22 maggio/10 luglio 2001 il Tribunale di Venezia rigettava
la domanda proposta da D.V.L. nei confronti dell'Azienda Consorzio
Trasporti Veneziano (ACTV) per ottenere la declaratoria di illegittimità
del provvedimento con cui era stato collocato in ferie per tre giorni,
dal 9 giugno 1998, e del successivo provvedimento in data 18 giugno
1998, con il quale era stato trasferito, o spostato, dal cantiere navale
di (OMISSIS) (nel quale era addetto alla manutenzione degli
accumulatori elettrici) al deposito (OMISSIS) (dove non si era mai
presentato, tanto da essere considerato assente ingiustificato e privato
della retribuzione).
L'appello del
lavoratore, cui resisteva l'ACTV, veniva rigettato dalla Corte di
Appello di Venezia con sentenza del 26 ottobre 2004/3 agosto 2005.
I
giudici di secondo grado osservavano che il lavoratore non aveva
provato la asserita natura disciplinare dei due provvedimenti.
Affermavano
che il collocamento in ferie per una durata limitata (tre giorni)
rientrava nei poteri del datore di lavoro ai sensi dell'art 48 del
contratto aziendale; e che lo spostamento dal cantiere di (OMISSIS) al
deposito (OMISSIS) costituiva legittimo esercizio dello ius variandi,
giustificato dalla necessità di rasserenare i rapporti fra l'appellante e
i colleghi di lavoro e non comportante alcuna dequalificazione.
Per la cassazione di tale decisione ricorre, formulando due motivi di censura, D.V.L..
L'A.C.T.V. s.p.a. resiste con controricorso.
Motivi della decisione
1.
Con il primo motivo, denunciando omessa e/o insufficiente e/o
contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, la
difesa del ricorrente critica la sentenza nella parte in cui viene
affermato che il trasferimento da (OMISSIS) al deposito (OMISSIS) era
giustificato dal fatto che lo stesso interessato avrebbe dichiarato di
non volere più lavorare a (OMISSIS); come dichiarato dall'ACTV e non
contestato dal lavoratore.
Deduce che tale
affermazione è errata in fatto ed in diritto; in diritto, perchè
l'Azienda si era costituita in primo grado tardivamente ed avrebbe
potuto proporre solo mere difese, sicchè il lavoratore non era tenuto a
contestare affermazioni (come quella che il ricorrente avrebbe
dichiarato di non volere lavorare a (OMISSIS)) che mere difese non sono;
in fatto, perchè il lavoratore, come evidenziato a pag. 13 del ricorso
in appello, non aveva mai inteso assentarsi ingiustificatamente dal
lavoro, come risultava dal fatto che il 9 giugno 1998 si era presentato
al cantiere ed aveva indossato la tuta da lavoro, ma era stato
allontanato perchè collocato in ferie di ufficio.
Contesta
il rigetto della censura avverso la mancata ammissione, in primo grado,
dei capitoli di prova per una ritenuta irrilevanza degli stessi; deduce
che le circostanze oggetto dei capitoli (aver appreso del collocamento
in ferie solo a seguito del mancato rinvenimento del suo cartellino di
presenza; l'aver dovuto insistere con il capo impianto per ottenere
copia del provvedimento che lo collocava in ferie; l'essere stato
testimone, pochi giorni prima, di un grave infortunio sul lavoro occorso
al compagno di squadra Silvio Stecca;
Tessersi
ripetutamente lamentato con i superiori gerarchici per le cattive
condizioni di sicurezza; l'avere informato del sinistro il capo cantiere
; l'essere stato trasferito dopo pochi giorni al deposito di (OMISSIS),
con mansioni diverse, ancorchè rientranti nell'ambito della sua
qualifica) avrebbero potuto condurre, attraverso un lineare ragionamento
presuntivo (art. 2729 c.c.), alla conclusione che il collocamento in ferie ed il successivo trasferimento avevano carattere punitivo.
Lamenta
ancora la mancata considerazione del fatto che il lavoratore non aveva
mai dedotto una dequalificazione, ma solo che, avendo da molto tempo
svolto solo mansioni di manutentore elettrico, redibizione a mansioni
diverse, anche se equivalenti dal punto di vista professionale, avrebbe
potuto esporto a pregiudizio per la sua incolumità. 2. Il motivo non è
fondato.
Si lamenta un errato apprezzamento
dei fatti e dei comportamenti processuali, ma non si evidenziano vizi
logici o errori giuridici nella valutatone operata dal giudici del
merito in ordine: a) al potere del datore di lavoro di collocare di
ufficio in ferie il personale dipendente, per brevi perìodi, in forza
dell'art. 48 del contratto aziendale; b) al legittimo esercizio dello
ius variandi, con lo spostamento del lavoratore ad altro cantiere ma con
mantenimento di mansioni proprie della qualifica rivestita, spostamento
"giustificato dalla necessità di rasserenare i rapporti tra l'odierno
appellante ed i suoi colleghi di lavoro" (pag. 8 della sentenza).
In
nessuna parte della sentenza qui impugnata si afferma che il lavoratore
non avrebbe contestato l'affermazione datoriale in ordine ad un dedotto
rifiuto del lavoratore a prestare la propria opera presso il cantiere
di (OMISSIS). I giudici di secondo grado hanno ritenuto giustificato il
trasferimento dalla necessità di rasserenare i rapporti; e solo come
argomentazione aggiuntiva (tanto più) hanno osservato che l'ACTV aveva
asserito che sarebbe stato lo stesso interessato a dichiarare di non
voler più lavorare a (OMISSIS).
L'oggetto
delle prove testimoniali, come indicato in ricorso (senza la
trascrizione dei relativi capitoli), non è tale da assumere carattere
decisivo in ordine alla prova di un atteggiamento persecutorio e
punitivo da parte del datore di lavoro.
3. Con
il secondo motivo, denunciando vizio di motivazione su punto decisivo,
la difesa D.V. lamenta che i giudici di appello non hanno tenuto conto
del fatto che l'Azienda non aveva provato, e nemmeno si era offerta di
provare, le comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive
poste alla base del trasferimento, limitandosi ad invocare,
infondatamente, l'asserito rifiuto del lavoratore di continuare a
prestare la propria opera a (OMISSIS).
4. Anche questo motivo non è fondato.
Come
sopra evidenziato i giudici di appello hanno ritenuto che l'Azienda
avesse provato che il trasferimento era giustificato dalla necessità di
rasserenare i rapporti fra l'appellante e i suoi colleghi di lavoro; si
tratta di una causale che rientra tra le ragioni organizzative, e che
non è stata puntualmente censurata dalla difesa del lavoratore.
Per
tutto quanto esposto il ricorso va rigettato, con la conseguente
condanna del soccombente al rimborso delle spese di giudizio in favore
della resistente.
P.Q.M.
La
Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in
favore della società resistente, delle spese di giudizio, in Euro 12,00
per spese ed Euro 2.000,00 per onorario di avvocato, oltre spese
generali, IVA e contributo previdenziale.
Così deciso in Roma, il 24 giugno 2008.
Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2008
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