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mercoledì 26 marzo 2014

Cassazione: Non va d'accordo con i colleghi? Può essere trasferito Per la Cassazione ''la misura rientra fra le ragioni organizzative di un'azienda che deve puntare a rasserenare i rapporti sul posto di lavoro''. Ma le mansioni devono rimanere identiche








Cass. civ. Sez. lavoro, 02-09-2008, n. 22059

Fatto Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo


Con sentenza del 22 maggio/10 luglio 2001 il Tribunale di Venezia rigettava la domanda proposta da D.V.L. nei confronti dell'Azienda Consorzio Trasporti Veneziano (ACTV) per ottenere la declaratoria di illegittimità del provvedimento con cui era stato collocato in ferie per tre giorni, dal 9 giugno 1998, e del successivo provvedimento in data 18 giugno 1998, con il quale era stato trasferito, o spostato, dal cantiere navale di (OMISSIS) (nel quale era addetto alla manutenzione degli accumulatori elettrici) al deposito (OMISSIS) (dove non si era mai presentato, tanto da essere considerato assente ingiustificato e privato della retribuzione).
L'appello del lavoratore, cui resisteva l'ACTV, veniva rigettato dalla Corte di Appello di Venezia con sentenza del 26 ottobre 2004/3 agosto 2005.
I giudici di secondo grado osservavano che il lavoratore non aveva provato la asserita natura disciplinare dei due provvedimenti.
Affermavano che il collocamento in ferie per una durata limitata (tre giorni) rientrava nei poteri del datore di lavoro ai sensi dell'art 48 del contratto aziendale; e che lo spostamento dal cantiere di (OMISSIS) al deposito (OMISSIS) costituiva legittimo esercizio dello ius variandi, giustificato dalla necessità di rasserenare i rapporti fra l'appellante e i colleghi di lavoro e non comportante alcuna dequalificazione.
Per la cassazione di tale decisione ricorre, formulando due motivi di censura, D.V.L..
L'A.C.T.V. s.p.a. resiste con controricorso.

Motivi della decisione


1. Con il primo motivo, denunciando omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, la difesa del ricorrente critica la sentenza nella parte in cui viene affermato che il trasferimento da (OMISSIS) al deposito (OMISSIS) era giustificato dal fatto che lo stesso interessato avrebbe dichiarato di non volere più lavorare a (OMISSIS); come dichiarato dall'ACTV e non contestato dal lavoratore.
Deduce che tale affermazione è errata in fatto ed in diritto; in diritto, perchè l'Azienda si era costituita in primo grado tardivamente ed avrebbe potuto proporre solo mere difese, sicchè il lavoratore non era tenuto a contestare affermazioni (come quella che il ricorrente avrebbe dichiarato di non volere lavorare a (OMISSIS)) che mere difese non sono; in fatto, perchè il lavoratore, come evidenziato a pag. 13 del ricorso in appello, non aveva mai inteso assentarsi ingiustificatamente dal lavoro, come risultava dal fatto che il 9 giugno 1998 si era presentato al cantiere ed aveva indossato la tuta da lavoro, ma era stato allontanato perchè collocato in ferie di ufficio.
Contesta il rigetto della censura avverso la mancata ammissione, in primo grado, dei capitoli di prova per una ritenuta irrilevanza degli stessi; deduce che le circostanze oggetto dei capitoli (aver appreso del collocamento in ferie solo a seguito del mancato rinvenimento del suo cartellino di presenza; l'aver dovuto insistere con il capo impianto per ottenere copia del provvedimento che lo collocava in ferie; l'essere stato testimone, pochi giorni prima, di un grave infortunio sul lavoro occorso al compagno di squadra Silvio Stecca;
Tessersi ripetutamente lamentato con i superiori gerarchici per le cattive condizioni di sicurezza; l'avere informato del sinistro il capo cantiere ; l'essere stato trasferito dopo pochi giorni al deposito di (OMISSIS), con mansioni diverse, ancorchè rientranti nell'ambito della sua qualifica) avrebbero potuto condurre, attraverso un lineare ragionamento presuntivo (art. 2729 c.c.), alla conclusione che il collocamento in ferie ed il successivo trasferimento avevano carattere punitivo.
Lamenta ancora la mancata considerazione del fatto che il lavoratore non aveva mai dedotto una dequalificazione, ma solo che, avendo da molto tempo svolto solo mansioni di manutentore elettrico, redibizione a mansioni diverse, anche se equivalenti dal punto di vista professionale, avrebbe potuto esporto a pregiudizio per la sua incolumità. 2. Il motivo non è fondato.
Si lamenta un errato apprezzamento dei fatti e dei comportamenti processuali, ma non si evidenziano vizi logici o errori giuridici nella valutatone operata dal giudici del merito in ordine: a) al potere del datore di lavoro di collocare di ufficio in ferie il personale dipendente, per brevi perìodi, in forza dell'art. 48 del contratto aziendale; b) al legittimo esercizio dello ius variandi, con lo spostamento del lavoratore ad altro cantiere ma con mantenimento di mansioni proprie della qualifica rivestita, spostamento "giustificato dalla necessità di rasserenare i rapporti tra l'odierno appellante ed i suoi colleghi di lavoro" (pag. 8 della sentenza).
In nessuna parte della sentenza qui impugnata si afferma che il lavoratore non avrebbe contestato l'affermazione datoriale in ordine ad un dedotto rifiuto del lavoratore a prestare la propria opera presso il cantiere di (OMISSIS). I giudici di secondo grado hanno ritenuto giustificato il trasferimento dalla necessità di rasserenare i rapporti; e solo come argomentazione aggiuntiva (tanto più) hanno osservato che l'ACTV aveva asserito che sarebbe stato lo stesso interessato a dichiarare di non voler più lavorare a (OMISSIS).
L'oggetto delle prove testimoniali, come indicato in ricorso (senza la trascrizione dei relativi capitoli), non è tale da assumere carattere decisivo in ordine alla prova di un atteggiamento persecutorio e punitivo da parte del datore di lavoro.
3. Con il secondo motivo, denunciando vizio di motivazione su punto decisivo, la difesa D.V. lamenta che i giudici di appello non hanno tenuto conto del fatto che l'Azienda non aveva provato, e nemmeno si era offerta di provare, le comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive poste alla base del trasferimento, limitandosi ad invocare, infondatamente, l'asserito rifiuto del lavoratore di continuare a prestare la propria opera a (OMISSIS).
4. Anche questo motivo non è fondato.
Come sopra evidenziato i giudici di appello hanno ritenuto che l'Azienda avesse provato che il trasferimento era giustificato dalla necessità di rasserenare i rapporti fra l'appellante e i suoi colleghi di lavoro; si tratta di una causale che rientra tra le ragioni organizzative, e che non è stata puntualmente censurata dalla difesa del lavoratore.
Per tutto quanto esposto il ricorso va rigettato, con la conseguente condanna del soccombente al rimborso delle spese di giudizio in favore della resistente.

P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della società resistente, delle spese di giudizio, in Euro 12,00 per spese ed Euro 2.000,00 per onorario di avvocato, oltre spese generali, IVA e contributo previdenziale.
Così deciso in Roma, il 24 giugno 2008.
Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2008

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