Corte d'Appello Roma Sez. III, Sent., 20/10/2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI ROMA
AREA LAVORO E PREVIDENZA
III SEZIONE
composta dai signori Magistrati:
1) dott. Vito Francesco Nettis - Presidente rel.
2) dott. Enrico Sigfrido Dedola - Consigliere
3) dott.ssa Maria Giulia Cosentino - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta sul ruolo generale lavoro sotto il numero d'ordine 2784 dell'anno 2021
TRA
assistito e difeso dall'avv. Andrea De Rosa
- appellante -
E
INPS
assistito e difeso dall'avv. Cinzia Eutizi
- appellato -
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Con ricorso al Tribunale del lavoro di Velletri, depositato in data 20 settembre 2017, D.G.R. esponeva:
che aveva lavorato alle dipendenze della C. (azienda di trasporto pubblico in concessione) sino al 31.7.1995, data in cui era stato collocato a riposo;
che la sua pensione era stata calcolata con il sistema "pro quota" (ex D.Lgs. n. 503 del 1992, ossia tenendo conto dell'anzianità contributiva maturata sino al 31.12.1992 (quota A), di quella maturata dall1.1.1993 al 31.12.1994 (quota B) e di quella maturata dall'1.1.1995 al 31.7.1995 (quota c);
che il coefficiente di rendimento pensionistico era pari al 2,5% per la quota a) e la quota b) e al 2% per la quota c);
che con sentenza n. 258/2005 il Tribunale aveva stabilito che la sua pensione di anzianità andava commisurata a 35 anni di anzianità contributiva complessiva;
che l'INPS non aveva mai dato attuazione alla predetta sentenza sicché egli riceveva un trattamento inferiore a quello a lui spettante, perché commisurato a 30 anni e 2 mesi anziché ai 35 anni stabiliti dalla ripetuta sentenza n. 258/2005;
che, in virtù di precedente contenzioso, aveva riscosso le differenze maturate fino al 2007;
che, per effetto di quanto stabilito dalla S.C. con sentenza n. 20496/2017 (all'esito del predetto contenzioso) l'INPS era tenuto a ricostituire la prestazione imputando i 4 anni e 10 mesi di incremento convenzionale alla quota di pensione corrispondente all'anzianità maturata dopo il 31.12.1994 (quota C) e che, per questo motivo, dovevano essere valorizzati economicamente utilizzando il coefficiente di rendimento annuo del 2%;
che il rateo della pensione dovutagli in base al predetto criterio andava da Euro.1.841,69 del 2008 sino a Euro,2.067,77 del 2016;
che, pertanto, le differenze dovutegli dal 2008 al 2016 ammontavano a complessivi Euro.25.380,06.
2. Tanto esposto, chiedeva la condanna dell'INPS al pagamento, in proprio favore, della predetta somma, oltre accessori.
Resisteva l'INPS.
3. Espletata CTU contabile, l'adito Tribunale, con sentenza n. 920/2021 pubblicata l'1/06/2021 dichiarava cessata la materia del contendere.
Rilevava il primo giudice:
che il CTU aveva accertato che "nulla è dovuto in favore del ricorrente, per effetto della ricostituzione di cui al modello TE08 del 18/12/2017";
che, pertanto, era cessata la materia del contendere.
4. Con ricorso del 10 settembre 2021 il D.G. interponeva appello.
Resisteva l'INPS.
5. Con un unico, articolato, motivo, l'appellante enumera una serie di inesattezze commesse dal CTU di primo grado (il cui elaborato il Tribunale ha posto a fondamento del decisum) e contesta che la somma di Euro.70.917,42 risultante dal modello TE08 sia mai stato corrisposto dall'INPS.
L'istituto, da parte sua, ha precisato che "all'esito della ricostituzione del 12/2017 (nella quale si è effettuato un ricalcolo globale di quanto spettante fin dalla data di decorrenza) - si evidenziava un credito residuo lordo complessivo pari ad Euro.70.917,42 rispetto a quanto fino ad allora erogato mensilmente a titolo di ratei di pensione - da tale credito lordo complessivo dovevano - però - essere correttamente detratte sia le ovvie trattenute di legge (Euro.17.189,30 quali Trattenute IRPEF sugli arretrati imponibili corrisposti anni precedenti) sia quanto (non più) dovuto (Euro.53.647,44) in quanto esattamente corrispondente a quanto già riscosso dal pensionato con i precedenti pignoramenti.
6. Rileva la Corte che con sentenza n. 3498/2005 (passata in giudicato) il Tribunale di Velletri aveva affermato, in un giudizio intercorso tra le medesime parti, quanto segue:
"nel caso di pensionamento anticipato del personale autoferrotranviario…la pensione da parte dell'INPS dovrà essere corrisposta in riferimento ad una anzianità contributiva di 35 anni e non a quella effettivamente raggiunta dal dipendente all'atto del collocamento a riposo".
Con sentenza n. 20496/2017 la S.C. in riforma della pronuncia della Corte di Appello, ha statuito (sempre in causa tra le medesime parti) che la contribuzione figurativa prevista dall'art. 4 D.L. 25 novembre 1995, n. 501, convertito nella L. 5 gennaio 1996, n. 11, al fine di consentire il prepensionamento deve essere collocata nella quota c), con coefficiente del 2%.
7. Pertanto, nella specie, deve stabilirsi quale sia l'importo del rateo pensionistico spettante all'appellante nel periodo oggetto del presente giudizio (gennaio 2008 - dicembre 2016) e l'ammontare delle eventuali differenze al medesimo spettante, tenuto conto:
dei principi affermati dalla sentenza n. 3498/2005 del Tribunale di Velletri e dalla sentenza n. 20496/2017 della S.C.;
delle somme che l'INPS ha già documentato di aver versato, anche a seguito di precedenti pignoramenti.
8. A tal fine è stato disposto un rinnovo della CTU contabile del seguente tenore:
premesso:
che con sentenza n. 3498/2005 il Tribunale di Velletri ha disposto, in un giudizio intercorso tra le parti, quanto segue:
"nel caso di pensionamento anticipato del personale autoferrotranviario…la pensione da parte dell'INPS dovrà essere corrisposta in riferimento ad una anzianità contributiva di 35 anni e non a quella effettivamente raggiunta dal dipendente all'atto del collocamento a riposo";
che con sentenza n. 20496/2017 la S.C. ha statuito - sempre in un giudizio tra le medesime parti - che la contribuzione figurativa prevista dall'art. 4 D.L. 25 novembre 1995, n. 501, convertito nella L. 5 gennaio 1996, n. 11, al fine di consentire il prepensionamento deve essere collocata nella quota c), con coefficiente del 2%;
ritenuto opportuno procedere a C.T.U. contabile onde accertare:
l'importo del rateo pensionistico spettante all'appellante nel periodo oggetto del presente giudizio (gennaio 2008 - dicembre 2016);
l'ammontare delle eventuali differenze di pensione al medesimo spettante, tenuto conto:
dei principi affermati dalla sentenza n. 3498/2005 del Tribunale di Velletri e dalla sentenza n. 20496/2017 della S.C.;
delle somme che l'INPS ha già versato per ratei pensionistici relativi al periodo gennaio 2008 - dicembre 2016, anche a seguito di precedenti pignoramenti.
9. Il CTU ha accertato che le differenze ancora spettanti all'appellante ammontano a Euro.8.591,50 considerando anche gli arretrati corrisposti dalla parte appellata per Euro 899,55.
Il consulente ha dato ampio conto delle osservazioni mosse alla prima bozza dal difensore dell'appellante, e ha spiegato - in maniera esaustiva - le ragioni delle conclusioni rassegnate, ancorate ad analitici calcoli matematici, che paiono alla Corte immuni da errori.
Pertanto, sulla base delle risultanze della CTU, l'INPS va condannato a pagare all'appellante la somma di Euro.8.591,50, oltre accessori come per legge.
Le spese del doppio grado del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano - in base al valore della controversia (rapportato al credito risultato esistente alla data del ricorso introduttivo) e al pregio dell'opera prestata - nella misura indicata in dispositivo, con distrazione in favore del difensore dell'appellante dichiaratosi anticipatario.
A carico del CTU vanno poste le spese di CTU di primo e secondo grado.
P.Q.M.
LA CORTE DI APPELLO DI ROMA
area lavoro e previdenza
terza sezione
accoglie per quanto di ragione l'appello proposto, con ricorso depositato in data 10 settembre 2021, da D.G.R. nei confronti dell'INPS avverso la sentenza del Tribunale del lavoro di Velletri in data 1 giugno 2021 e, per l'effetto, in riforma di detta sentenza, condanna l'INPS al pagamento, in favore dell'appellante, della somma di Euro.8.591,50, oltre accessori come per legge.
Condanna l'INPS al pagamento, in favore dell'appellante, delle spese del doppio grado del giudizio che liquida, quelle del primo grado, in complessivi Euro.7.000,00 e, quelle del presente grado, in complessivi Euro.7.500,00; il tutto, oltre rimborso forfettario spese generali del 15%, IVA e CAP come per legge e distrae in favore dell'avv. Andrea De Rosa.
Pone a carico dell'INPS le spese di CTU di entrambi i gradi del giudizio.
Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2023.
Depositata in Cancelleria il 20 ottobre 2023.
Nessun commento:
Posta un commento