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sabato 11 novembre 2023

Corte d'Appello 2023-"Con ricorso al Tribunale di Roma in funzione di giudice del lavoro depositato in data 13.5.2010 i ricorrenti indicati in epigrafe (ovvero i loro danti causa) esponevano di essere titolari, oltre che della pensione a carico dell'INPS, anche del trattamento integrativo complementare erogato dall'apposito fondo U.. Rilevavano che la banca convenuta aveva illegittimamente applicato il blocco della perequazione automatica previsto per tre anni dall'art. 59, comma 13, L. n. 449 del 1997 al trattamento integrativo e che le conseguenze della mancata applicazione della scala mobile nel triennio in questione avevano determinato l'ingiusta decurtazione del rateo di pensione integrativa corrisposto dal Fondo. Concludevano chiedendo l'accertamento del diritto alla perequazione automatica della pensione integrativa dal 1.1.1998 e la condanna della banca convenuta al pagamento degli importi specificamente individuati per ciascun ricorrente, oltre accessori e spese processuali, da distrarsi in favore dell'avv. I.. "

 



Corte d'Appello Roma Sez. lavoro, Sent., 20/10/2023 

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

CORTE DI APPELLO di ROMA 

V Sezione Lavoro 

La Corte composta dai signori magistrati: 

dott. Maria Antonia Garzia - Presidente 

dott. Alessandra Trementozzi - Consigliere rel. 

dott. Sabrina Mostarda - Consigliere 

All'udienza del 13/10/2023 nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 3311/2021 del Ruolo Generale degli affari contenziosi e vertente 

tra 

 

ricorrenti in riassunzione 

 

resistente in riassunzione 

ha pronunziato la presente 

SENTENZA 

Oggetto: riassunzione a seguito della sentenza della Corte di Cassazione n. 22185/2021 del 03/08/2021 

Svolgimento del processo 

Con ricorso al Tribunale di Roma in funzione di giudice del lavoro depositato in data 13.5.2010 i ricorrenti indicati in epigrafe (ovvero i loro danti causa) esponevano di essere titolari, oltre che della pensione a carico dell'INPS, anche del trattamento integrativo complementare erogato dall'apposito fondo U.. Rilevavano che la banca convenuta aveva illegittimamente applicato il blocco della perequazione automatica previsto per tre anni dall'art. 59, comma 13, L. n. 449 del 1997 al trattamento integrativo e che le conseguenze della mancata applicazione della scala mobile nel triennio in questione avevano determinato l'ingiusta decurtazione del rateo di pensione integrativa corrisposto dal Fondo. Concludevano chiedendo l'accertamento del diritto alla perequazione automatica della pensione integrativa dal 1.1.1998 e la condanna della banca convenuta al pagamento degli importi specificamente individuati per ciascun ricorrente, oltre accessori e spese processuali, da distrarsi in favore dell'avv. I.. 

Si costituiva U., resistendo al ricorso e chiedendone il rigetto. In particolare, assumeva che il blocco di cui all'art. 59 della L. n. 449 del 1997 riguardava anche le forme di previdenza complementare, escludeva che i ricorrenti avessero subito alcuna decurtazione in relazione ai ratei maturati successivamente, contestava la durata triennale del blocco, eccepiva la prescrizione estintiva quinquennale e contestava gli avversi conteggi, evidenziando che non erano individuabili i termini inziali del calcolo e gli elementi posti alla base della individuazione delle somme rivendicate. 

Il Tribunale rigettava il ricorso ritenendo indimostrato che la Banca avesse applicato il blocco in questione e che i ricorrenti avessero subito danno alcuno. Inoltre, evidenziava che, secondo la più recente giurisprudenza della S.C. (Cass. n. 12344/2010), l'art. 59, comma 13, della L. n. 449 del 1997 trovava applicazione anche ai trattamenti erogati dal Fondo integrativo. 

Avverso tale sentenza proponevano tempestivo appello i soccombenti al quale resisteva la banca appellata. 

Questa Corte con sentenza n. 7961 del 11.2.2015 respingeva l'appello, ritenendo applicabile alla pensione integrativa il blocco della perequazione e ritenendo assorbite le ulteriori questioni sulla prescrizione e sulla quantificazione del credito azionato. 

La S.C., adita dai soccombenti, con la sentenza indicata in epigrafe ha cassato la suddetta sentenza con rinvio a questa Corte sancendo il seguente principio di diritto: "la norma dell'art. 59, comma 13, della L. n. 449 del 1997, che prevede la sospensione della perequazione automatica al costo della vita, concerne solo i trattamenti previdenziali obbligatori e quelli specificamente contemplati da tale disposizione, e non si applica alla pensione integrativa a carico del fondo aziendale, che ha natura retributiva (e non previdenziale); ne consegue, con riferimento ai titolari di pensione costituita dal trattamento previdenziale obbligatorio e da pensione integrativa a carico di apposito Fondo aziendale, che l'adeguamento della pensione spettante non si applica sull'intero importo ma solo sulla quota parte relativa al trattamento integrativo, restando escluso invece l'adeguamento della quota di pensione relativa al trattamento obbligatorio". 

Con ricorso depositato in data 3.11.2021 i ricorrenti indicati in epigrafe hanno riassunto il giudizio formulando le seguenti conclusioni: "dichiarare che gli esponenti hanno diritto alle somme indicate nei conteggi allegati a titolo di perequazione automatica della pensione integrativa dal 1 gennaio 1998, per inapplicabilità del blocco della perequazione ex art. 59, comma 13, della L. n. 449 del 1997, nell' importo così determinato a tutto il 30 novembre 2021, oltre al successivo aumento mensile dal 1 gennaio 2022: 

Omissis 

- Dichiarare tenuta e conseguentemente condannare parte convenuta al pagamento a favore degli esponenti delle somme suddette, oltre rivalutazione monetaria ed interessi; 

- Con condanna di parte convenuta al rimborso delle spese, diritti ed onorari di causa dell'intero giudizio, compresi quelli relativi al giudizio di legittimità (oltre IVA e Cpa e Rimb. Forf. 15%), da distrarsi tutte in favore dell'avv. I.M., dandosi atto che il valore della controversia, agli effetti di cui all'art. 152 disp. att. c.p.c. è di Euro 1.713.030,69". 

Si è costituita U. S.p.A. eccependo la nullità del ricorso in riassunzione per difetto di procura in relazione ai ricorrenti D., D.B., D.V., G., I., R.D. e R.G., deceduti prima del deposito del ricorso in riassunzione. Ha inoltre eccepito l'insussistenza delle procure alle liti dei ricorrenti B., C., C., P. e R., deceduti dopo il giudizio di secondo grado. Sempre in via preliminare U. ha eccepito la cessazione della materia del contendere per intervenuta conciliazione in relazione ad 80 ricorrenti. Ha poi ribadito l'assenza di indicazione dei criteri di calcolo seguiti e dei dati posti a fondamento dei conteggi ed ha evidenziato che, contrariamente a quanto dedotto dai ricorrenti, il blocco della perequazione del trattamento pensionistico integrativo nel 1998 non è suscettibile di produrre alcun effetto sui successivi ratei non coperti da prescrizione. Ha formulato le seguenti conclusioni: "1) in via preliminare, dichiarare la nullità del ricorso in riassunzione avversario per assenza di valide procure alle liti, in riferimento al presente giudizio di riassunzione, in relazione a ciascuno dei ricorrenti in riassunzione (alcuni dei quali, come individuati in narrativa, deceduti prima della riassunzione, senza aver conferito apposita procura); 

2) sempre in via preliminare, respingere in ogni caso la domanda proposta dal Sig. D.M., in quanto lo stesso non è mai stato titolare di pensione integrativa del Fondo ex CRR, oggetto del presente giudizio, essendo, quindi, privo di legittimazione attiva rispetto al giudizio medesimo; 

3) dichiarare cessata la materia del contendere, per intervenuta valida conciliazione, in riferimento alle domande proposte dagli avversari con il ricorso in riassunzione, in riferimento ai n. 80 ricorrenti, specificati nel presente atto, come risultanti anche dalle conciliazioni che si depositano in allegato alla presente memoria di costituzione in riassunzione (doc. n. 3); 

4) in ogni caso, nel merito, respingere il ricorso avversario, in quanto esso espone pretese economiche illegittime, errate e comunque prive di ogni supporto probatorio, e quindi dichiarare che non sono dovuti, da parte di U., in riferimento a ciascuno dei ricorrenti in riassunzione, gli importi da essi indicati nella tabella apposta dopo pag. 12 del ricorso, né altro importo, minore e, tanto meno, maggiore, così come non è dovuto alcun importo a titolo di rivalutazione monetaria e di interessi; 

5) con vittoria di spese, competenze ed onorari del presente giudizio in riassunzione, nonché del primo grado e del grado di appello, ed altresì del giudizio di Cassazione del giudizio rescindente svoltisi". 

Assegnato termine ex art. 182 c.p.c. per la regolarizzazione delle procure alle liti degli eredi dei ricorrenti B., C. e R., all'udienza del 13 ottobre 2023 la causa è stata discussa e decisa come da separato dispositivo. 

Motivi della decisione 

L'eccezione di inammissibilità del ricorso in riassunzione per difetto assoluto di procura in ordine ai ricorrenti D.M., D.B.B., D.V.A., G.A., I.C., R.D. e R.G. è fondata. Secondo i consolidati principi affermati dalla S.C., il decesso di uno dei ricorrenti durante il giudizio di cassazione non ne determina l'interruzione, anche ove comunicato dal suo difensore, essendo il giudizio di legittimità dominato dall'impulso d'ufficio (S.U., Sentenza n. 14385 del 21/06/2007). In relazione al giudizio di rinvio la S.C. ha costantemente ribadito che "poiché il giudizio di rinvio si configura quale prosecuzione non del giudizio di Cassazione, ma del giudizio di primo o di secondo grado culminato nella sentenza cassata, la parte che riassume la causa dinanzi al giudice di rinvio non è tenuta a conferire una nuova procura al difensore che lo ha già assistito nel giudizio di merito. Il conferimento di una nuova procura è, invece, necessario se la causa venga riassunta con il ministero di un difensore diverso; e ciò anche nel caso che questi abbia già difeso la parte nel giudizio di Cassazione, in quanto il mandato conferito per quest'ultimo giudizio, data la sua specialità, non può estendere i suoi effetti anche alla successiva fase di rinvio" (così Cass. n. 11430/19 e, in senso conforme, Cass. n. 7983/2010). 

Nel caso in esame però i ricorrenti sopra indicati sono deceduti prima del deposito del ricorso in riassunzione, talché, per effetto del decesso, è venuta meno la procura a suo tempo conferita con l'originario ricorso introduttivo. 

Sul punto i procuratori dei ricorrenti in riassunzione si sono limitati ad eccepire di non aver dichiarato l'evento interruttivo e che la banca resistente non ha provato l'intervenuto decesso dei pensionati. 

In realtà, nel caso di specie non si pone un problema di interruzione del giudizio, atteso che la morte del ricorrente prima del deposito in Cancelleria del ricorso in riassunzione ha determinato il venir meno della procura a suo tempo rilasciata al difensore, non potendo la delega apposta in calce all'originario ricorso introduttivo sopravvivere al decesso del delegante. Né può essere disposta la regolarizzazione di tali procure ai sensi dell'art. 182 c.p.c., atteso che, secondo quanto affermato dalle S.U. con la recente sentenza n. 37434 del 21/12/2022, "L'art. 182, comma 2, c.p.c., nella formulazione introdotta dall'art. 46, comma 2, della L. n. 69 del 2009, non consente di "sanare" l'inesistenza o la mancanza in atti della procura alla lite", non essendo applicabile alla fattispecie la nuova formulazione dell'art. 182 c.p.c. introdotta dall'art. 3, comma 13, lett. a) del D.Lgs. n. 149 del 2022, che trova applicazione solo per i procedimenti instaurati a decorrere dal 30.6.2023. 

Né rileva la generica contestazione dei difensori dei ricorrenti secondo cui la banca non avrebbe fornito la prova dell'avvenuto decesso. Infatti, la generica deduzione di assenza di prova senza negazione del fatto storico non è equiparabile alla specifica contestazione di cui all'art. 115 c.p.c., atteso che linea difensiva secondo la quale manca la prova di un certo fatto non costituisce contestazione del fatto medesimo (vd. Cass., Ordinanza n. 17889 del 27/08/2020). 

Deve invece essere disattesa l'eccezione di difetto di procura con riferimento agli originari ricorrenti deceduti dopo la pronuncia di questa Corte cassata con rinvio. La procura rilasciata da R. e C.P., quali figli ed eredi di P.F., e quella rilasciata da B.C., quale vedova di C.S., risultano ritualmente rilasciate e prodotte all'allegato "procure" del ricorso in riassunzione. Quanto alle procure rilasciate dagli eredi di B.F., C.G. e R.A., effettivamente le stesse non indicano il soggetto che ha conferito la procura e la sottoscrizione autenticata dal difensore è illeggibile. A norma dell'art. 182 c.p.c. è stata pertanto disposta la regolarizzazione delle procure che è stata validamente effettuata nei termini fissati. 

Parimenti infondata è l'eccezione sollevata dai ricorrenti di nullità della procura rilasciata dalla Banca resistente, stante la perdurante validità della procura rilasciata per i precedenti gradi di giudizio (vd. Cass. 11430/19 e 7983/10). 

Non può trovare accoglimento l'eccezione relativa all'intervenuta cessazione della materia del contendere in relazione ai ricorrenti che hanno sottoscritto i verbali di conciliazione con la banca. Tali conciliazioni sono state tutte sottoscritte dai pensionati lavoratori nel corso dell'anno 2016, dunque dopo la sentenza di questa Corte e prima dell'udienza di discussione innanzi alla Corte di Cassazione. 

Secondo i principi affermati dalla S.C., cui questo Collegio si conforma, "In ragione della struttura "chiusa" propria del giudizio di rinvio, cioè della cristallizzazione della posizione delle parti nei termini in cui era rimasta definita nelle precedenti fasi processuali fino al giudizio di cassazione e più precisamente fino all'ultimo momento utile nel quale detta posizione poteva subire eventuali specificazioni (nei limiti e nelle forme previste per il giudizio di legittimità, specie quelle dell'art. 372 c.p.c.), il giudice di rinvio può prendere in considerazione fatti nuovi incidenti sulla posizione delle parti, senza violare il divieto di esame di punti non prospettati o prospettabili dalle parti fino a quel momento, soltanto a condizione che si tratti di fatti dei quali, per essere avvenuta la loro verificazione dopo quel momento, non era stata possibile l'allegazione, con l'eccezione che la nuova attivitàassertiva ed istruttoria non sia giustificata proprio dalle statuizioni della Corte di cassazione in sede di rinvio. Ne consegue che, allorquando il giudice del rinvio sia chiamato a prendere in considerazione un fatto che si assuma integrare da una parte una pretesa cessazione della materia del contendere, intanto può esaminarlo in quanto si sia verificato successivamente all'udienza di discussione in cassazione, posto che, ove esso si fosse verificato prima, l'udienza stessa sarebbe stata il momento ultimo entro il quale sarebbe dovuta avvenirne l'allegazione, restando, in questo caso, il fatto in questione non esaminabile, unitamente agli eventuali documenti con i quali si voglia farlo constare" (così Cass. n. 11411 del 11/05/2018, nonché, in senso conforme, Cass. n. 11962 del 08/06/2005, le cui argomentazioni debbono intendersi qui integralmente riportate anche ai sensi dell'art. 118, disp. att., c.p.c.). 

In applicazione dei principi sopra richiamati, l'eccezione di cessazione della materia del contendere non è esaminabile in questa fase, né può essere acquisita ed utilizzata la documentazione con la quale si voglia far constatare l'avvenuta conciliazione. 

In altri termini, l'asserita cessazione della materia del contendere per intervenuta conciliazione non può essere esaminata in questa sede in quanto non tempestivamente dedotta in sede di giudizio di legittimità, laddove la causa è stata trattata alla pubblica udienza del 3.3.2021, cioè dopo il perfezionamento delle conciliazioni. 

Neppure possono essere valutate le eccezioni della banca sulla insussistenza di prova del blocco della perequazione. Invero, sulla eccezione in questione, ritenuta fondata dal giudice di prime cure, si era pronunciata questa Corte con la sentenza cassata, statuendone la manifesta infondatezza derivante "… oltre che (…) dall'essere la prova dell'adempimento a carico del debitore contro cui si eccepisce l'inadempimento, anche da tutto l'impianto difensivo della convenuta/appellata stessa …" (così la quarta pagina della sentenza n. 7961/2014). Tale statuizione non è stata oggetto di censura alcuna innanzi alla Corte di Cassazione, per cui deve ritenersi ormai coperta da giudicato interno. 

Fondata e meritevole di accoglimento è invece l'eccezione di prescrizione quinquennale, decorrente dal compimento del primo atto interruttivo così come risultante dalle date di ricezione delle lettere raccomandate di cui all'allegato 7 della produzione di parte ricorrente. 

Fondate e meritevoli di accoglimento sono altresì le eccezioni della banca, in questa sede riproposte, sulla impossibilità di addivenire alla quantificazione, nei limiti della prescrizione estintiva, dell'ammontare delle differenze dei ratei di pensione integrativa. Invero, i ricorrenti non hanno mai indicato a quanto ammontava il rateo di pensione integrativa a seguito della decurtazione e a quanto sarebbe ammontato ove fosse stato perequato, limitandosi ad indicare l'aumento mensile a cui avrebbero avuto diritto (peraltro senza in alcun modo tener conto del tetto previsto dall'art. 17 del Regolamento del Fondo CRR) e, soprattutto, senza individuare le mensilità a cui si riferiscono gli arretrati indicati come dovuti. Per di più, in sede di riassunzione i ricorrenti hanno esteso la domanda di condanna anche ai ratei maturati successivamente al deposito dell'originario ricorso introduttivo ed ivi richiesti, in evidente violazione dei sopra richiamati principi secondo cui "Nel giudizio di rinvio, il quale è un procedimento chiuso, preordinato a una nuova pronuncia in sostituzione di quella cassata, non solo è inibito alle parti di ampliare il thema decidendum, mediante la formulazione di domande ed eccezioni nuove, ma operano anche le preclusioni derivanti dal giudicato implicito formatosi con la sentenza rescindente, onde neppure le questioni rilevabili d'ufficio che non siano state considerate dalla Corte Suprema possono essere dedotte o comunque esaminate, giacché, diversamente, si finirebbe per porre nel nulla o limitare gli effetti della stessa sentenza di cassazione, in contrasto con il principio della sua intangibilità" (così, da ultimo, Cass. n. 24357 del 10/08/2023). 

Né può essere disposto in questa sede un ordine di esibizione alla banca della documentazione che avrebbe natura meramente esplorativa e sarebbe comunque volto a sanare le omesse allegazioni di dati ed elementi che avrebbero dovuto essere specificamente dedotti nell'originario ricorso introduttivo. Parimenti, per le medesime ragioni, non può essere ammessa la richiesta CTU contabile, difettando ab origine l'allegazione dei dati contabili sui quali effettuare i conteggi. 

Ne consegue che, pronunciandosi nei limiti del devoluto, questa Corte deve limitarsi ad una statuizione di mero accertamento del diritto dei ricorrenti (nei limiti della prescrizione quinquennale decorrente dalle lettere interruttive della prescrizione di cui al doc. 7 di parte ricorrente) alle differenze dei ratei di pensione integrativa derivanti dall'inapplicabilità del blocco della perequazione previsto dall'art. 59, comma 13, L. n. 449 del 1997, mentre deve essere dichiarata inammissibile la domanda di condanna al pagamento degli importi indicati per ciascuno nel ricorso in riassunzione. 

L'esito complessivo del giudizio ed il mutamento dell'orientamento della S.C. intervenuto in corso di causa (vd. il contrasto fra Cass. 12344/2010, richiamata dal giudice di prime cure, e le successive Cass. n. 25685/2019, n. 24777/2020 e n. 25052/2020 richiamate dalla sentenza rescindente) consentono di ravvisare eccezionali ragioni per disporre l'integrale compensazione fra le parti delle spese di tutti i gradi di giudizio. 

P.Q.M. 

La Corte, pronunciando nei limiti del devoluto, così provvede: 

dichiara inammissibile il ricorso in riassunzione proposto da D.M., D.B.B., D.V.A., G.A., I.C., R.D. e R.G.; 

dichiara il diritto degli altri ricorrenti alle differenze dei ratei di pensione integrativa derivanti dall'inapplicabilità del blocco della perequazione previsto dall'art. 59, comma 13, L. n. 449 del 1997 nei limiti della prescrizione estintiva quinquennale; 

compensa integralmente fra le parti le spese di tutti i gradi di giudizio. 

Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2023. 

Depositata in Cancelleria il 20 ottobre 2023. 


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