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sabato 11 novembre 2023

Corte d’Appello 2023- L'ente, anche a tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l'apertura di un procedimento di responsabilità' civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi all'espletamento del servizio e all'adempimento dei compiti d'ufficio, assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall'apertura del procedimento facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento.




REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

LA CORTE DI APPELLO DI ROMA 

4 Sezione Lavoro 

nella persona dei Magistrati: 

Alessandro Nunziata - Presidente rel. 

Gabriella Piantadosi - Consigliere 

Alessandra Lucarino - Consigliere 

all' udienza del 17-10-2023, ha pronunciato la seguente 

SENTENZA 

nella causa civile in 2 grado iscritta al n.1014-23 RGAC, vertente 

TRA 

 

parte appellante 

Comune di Omissis, in persona del Sindaco pt (avv. 

parte appellata 

dando lettura del seguente 

OGGETTO: ricorso in appello depositato il 5-5-2023 avverso la sentenza del Tribunale di Omissis pubblicata in data 10-11-2022. 

Svolgimento del processo - Motivi della decisione 

Così viene descritto nella sentenza impugnata lo svolgimento del processo. 

OMISSIS, premesso di essere dipendente del Comune di Omissis presso il Comando di Polizia Locale e di essere stata sottoposta, per ragioni di servizio, ad un procedimento penale per il reato di cui agli artt. 110 e 476 c.p. incardinato presso il Tribunale di Omissis (contraddistinto dal numero 5683/2011 RG e definito con sentenza n. 969/2019) dal quale è stata assolta perché il fatto non sussiste, ha agito in via monitoria per ottenere il rimborso, da parte del predetto Comune, delle spese legali da lei sostenute per la difesa in tale giudizio ai sensi dell'art.18 D.L. n. 67 del 1997 convertito con la L. n. 135 del 1997, per un importo pari ad Euro 9.485,00. 

Il Tribunale ha ingiunto al Comune di Omissis il pagamento, in favore della C., di detta somma, oltre le spese di procedura. 

Con ricorso depositato il 29.12.2020, il Comune di Omissis ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo, eccependo l'infondatezza della domanda e chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo emesso. Ha domandato, inoltre, la condanna della C. per lite temeraria ex art.96 c.p.c.. 

Più nel dettaglio, l'Ente opponente ha rilevato: l'inapplicabilità al caso in esame della normativa invocata dalla C. nel ricorso monitorio, essendo quest'ultima dipendente di un Ente locale al cui rapporto si applica la diversa disciplina di cui all'art. 67 D.P.R. n. 268 del 1987; la carenza dei presupposti applicativi per il riconoscimento del diritto al rimborso delle spese legali per mancata assoluzione del dipendente con formula piena e per omessa comunicazione e formalizzazione del gradimento del legale patrocinante il procedimento legale nominato in accordo con l'Ente. 

La C. si è costituita in giudizio, chiedendo il rigetto dell'opposizione. 

Con la sentenza impugnata il Tribunale ha così statuito: 

- accoglie l'opposizione e revoca il decreto ingiuntivo opposto n. 403/2020 (n. 3557/2020 R.G.); 

- condanna OMISSIS alla rifusione, in favore del COMUNE DI OMISSIS, delle spese processuali che liquida in Euro 2.109,00, oltre accessori di legge. 

Avverso questa sentenza ha proposto appello la C.. 

Lamenta la parte appellante che erroneamente il primo giudice ha ritenuto che l'efficacia del diritto al rimborso, pur in presenza dei presupposti di legge, fosse condizionata al gradimento da parte dell'ente sulla nomina del difensore di fiducia, laddove: 

-1. trattasi di atto di concerto volto a dare attuazione al diritto al rimborso, già insorto al momento in cui ha avuto inizio il giudizio nei confronti del dipendente (Cass.24461-20); 

-2. tale atto di concerto non era necessario nella specie, ed anzi avrebbe comportato un conflitto di interessi, atteso che, se l'esito del giudizio fosse stato di condanna, ci si sarebbe trovati, stando alla ricostruzione del giudice di prime cure, nella surreale situazione in cui la potenziale persona offesa del reato avrebbe posto un veto sulla nomina del difensore di fiducia di chi il reato lo avrebbe commesso. 

Si è costituita la parte appellata, resistendo al gravame. 

Preliminarmente, precisa la Corte che si tiene conto, ai fini della decisione, dei soli documenti ritualmente prodotti, per i quali siano state specificamente allegate nel grado le ragioni della produzione e della rilevanza. Il giudizio di rilevanza della prova documentale, necessario per consentire al giudice di pronunciarsi, presuppone infatti non soltanto la materiale produzione, ma anche che la parte alleghi specificamente le ragioni della produzione in relazione al contenuto dei documenti. 

In sintesi, la parte ha l'onere di evidenziare il contenuto e la rilevanza degli stessi, non essendo sufficiente la mera produzione, non accompagnata da allegazioni inerenti alla loro rilevanza (v. Cass.21032-08). 

In particolare, il giudice d'appello ha il potere-dovere di esaminare un documento ritualmente prodotto in primo grado solo nel caso in cui la parte interessata ne faccia specifica istanza nei propri scritti difensivi (mediante richiamo di esso nella parte argomentativa dei motivi formulati o delle domande ed eccezioni riproposte) illustrando le ragioni, trascurate dal primo giudice, per le quali il contenuto del documento acquisito giustifichi le rispettive deduzioni (v. Cass. SS UU n.4835-23). 

Nel merito, l'art.67 (patrocinio legale) D.P.R. n. 268 del 1987, pacificamente da applicare nella specie nel testo vigente "ratione temporis", statuisce: 

"1. L'ente, anche a tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l'apertura di un procedimento di responsabilità' civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi all'espletamento del servizio e all'adempimento dei compiti d'ufficio, assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall'apertura del procedimento facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento. 

2. In caso di sentenza di condanna esecutiva per fatti commessi con dolo o con colpa grave, l'ente ripeterà dal dipendente tutti gli oneri sostenuti per la sua difesa in ogni grado di giudizio. 

Il primo giudice ha poi accertato che l' art. 28 del Ccnl del 14 settembre 2000 per i dipendenti del comparto delle regioni e delle autonomie locali, applicativa di detto DPR, ricalca sostanzialmente la disciplina appena illustrata, disponendo che "L'ente, anche a tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l'apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi all'espletamento del servizio e all'adempimento dei compiti d'ufficio, assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall'apertura del procedimento, facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento. In caso di sentenza di condanna esecutiva per fatti commessi con dolo o colpa grave, l'ente ripeterà dal dipendente tutti gli oneri sostenuti per la sua difesa in ogni stato e grado del giudizio". 

Come correttamente evidenziato dalla parte appellata, la "ratio" sottesa alla norma in esame è quella di tenere indenni i soggetti che hanno agito in nome e per conto - oltre che nell'interesse - dell' Amministrazione dalle spese legali sborsate o da sborsare per i procedimenti giudiziari strettamente connessi all'espletamento dei loro compiti istituzionali. Il che implica che il difensore deve tutelare non solo la posizione del dipendente, ma anche quella dell'Amministrazione. 

La giurisprudenza di legittimità ha affermato già da tempo che "manca … un principio generale che consenta di affermare, indipendentemente dalla fonte normativa settoriale e a prescindere dai limiti in cui il diritto viene da essa conformato, l'esistenza di un generalizzato diritto al rimborso delle spese legali sostenute dal dipendente (Cass. 13.3.2009 n. 6227). 

Quindi, con specifico riferimento al "comune gradimento" della nomina del legale, previsto dall'art. 67, comma 1, del D.P.R. n. 268 del 1987, la stessa giurisprudenza ha affermato che esso "viene … a rivestire natura di semplice "atto di concerto" volto a dare attuazione al diritto che - sussistendo le previste condizioni legali - è da ritenere già insorto al momento in cui ha inizio il giudizio nei confronti del dipendente (cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 12719 del 29/05/2009). Ne segue che all' "atto di gradimento" non può riconoscersi effetto costitutivo del diritto, e neppure esplica carattere vincolante - in ordine alla sussistenza delle altre condizioni legali - nei confronti dell'ente che, con il gradimento, viene ad assolvere alla diversa esigenza - avuta presente dalla legge - di contemperamento dell'interesse del dipendente coinvolto nel giudizio a non subire i gravosi impegni economici che dovrebbe sostenere in relazione a fatti connessi all'esercizio delle funzioni, con l'interesse della Amministrazione pubblica a contenere entro limiti di spesa congrui - in considerazione delle possibilità consentite dallo stanziamento di bilancio ed avuto riguardo alla rilevanza e complessità della controversia - l'onere economico per i compensi professionali posto a suo carico" (Cass.24461-20, invocata dalla parte appellante). 

L' orientamento della giurisprudenza di legittimità si è poi ulteriormente sviluppato, evidenziando, in modo inequivocabile e con diretto riferimento al nucleo centrale del presente gravame, quanto segue. 

L'interpretazione letterale della norma evidenzia "in primis" che la P.A. non è tenuta ad un rimborso delle spese legali, quanto piuttosto a tenere indenni da dette spese i funzionari che abbiano agito in nome e per conto dell'ente. Perché la norma possa applicarsi, occorre, quindi, che sussista una vera e propria convergenza di interessi tra il lavoratore e la parte datoriale pubblica. 

In sintesi, la disposizione è strutturata, nel senso che l'obbligo del datore ha ad oggetto non già il rimborso al dipendente dell'onorario corrisposto ad un difensore di sua fiducia, ma piuttosto l'assunzione diretta degli oneri di difesa fin dall'inizio del procedimento, con la nomina di un legale di comune gradimento (Cass.15425-23; cfr. anche Cass. n. 6227/2009, ma anche, sul comune gradimento, Cass. n. 31324/2018, e la più recente Cass. n. 40296/2021). 

"Detto obbligo, inoltre, è subordinato all'esistenza di precise condizioni perché l'assunzione diretta della difesa del dipendente è imposta all'ente locale solo nei casi in cui: a) si tratti di fatti o atti direttamente connessi all'espletamento del servizio e all'adempimento dei compiti d'ufficio; b) non sussista conflitto di interessi; c) la difesa sia stata assicurata da un legale di 'comune gradimento'" (Cass.4539-22, Cass.4538-22). 

Ancorchè la norma contrattuale non preveda espressamente un obbligo a carico del lavoratore di immediata comunicazione della pendenza del procedimento e della volontà di volersi avvalere del patrocinio legale a carico dell'ente, tuttavia - in coerenza con l'interpretazione espressa in riferimento a disposizioni analoghe dettate per altri comparti (Cass. 4.3.2014 n. 4978; Cass. 27.9.2016 n. 18946) - la disciplina postula una necessaria valutazione ex ante da parte dell'Amministrazione, che deve essere messa in condizione di verificare la sussistenza o meno del conflitto di interessi con il dipendente (e di costi compatibili con le esigenze di bilancio) e, ove questo venga escluso, di indicare il difensore, sul cui nominativo dovrà essere espresso il gradimento da parte del dipendente. In mancanza della previa comunicazione non è configurabile in capo all'amministrazione l'obbligo di farsi carico delle spese di difesa sostenute dal proprio dipendente che abbia unilateralmente provveduto alla scelta ed alla nomina del legale di fiducia; parimenti detto obbligo non sussiste nei casi in cui il lavoratore, dopo avere provveduto alla nomina, si limiti a comunicarla all'ente. Ciò in considerazione del fatto che il difensore nel processo dovrà farsi carico della necessaria tutela non del solo dipendente ma anche degli interessi dell'ente (Cass.32258-21; v. anche Cass. sez. lav. 31 ottobre 2017 nr. 25976; 11 luglio 2018 nr. 18256). 

A tale più recente giurisprudenza, resa dalla Corte di Cassazione nella sua funzione monofilattica, questa Corte ritiene di aderire. 

Il motivo è, pertanto, infondato. 

Quanto al motivo sub.2), osserva la Corte che: a) l'ipotesi di condanna in sede penale, posta a fondamento della censura, non si è verificata in fatto, sicchè non assume alcuna rilevanza ai fini della decisione; b) in ogni caso, la "situazione in cui la potenziale persona offesa del reato avrebbe posto un veto sulla nomina del difensore di fiducia di chi il reato lo avrebbe commesso" non comporterebbe un conflitto di interessi, atteso che, come affermato dalla stessa giurisprudenza di legittimità richiamata dalla parte appellante, "il conflitto di interesse … deve ravvisarsi tutte le volte in cui l'Amministrazione pubblica si sia attivata in via amministrativa, disciplinare o giudiziale, contestando al dipendente la illiceità od irregolarità dell'attività svolta" (Cass.24461-20), il che, nel grado, non è stato neanche allegato dalla parte appellante. Ed anzi: il suo difensore ha evidenziato in primo grado che: "l'Ente non ha mai sanzionato disciplinarmente i vigili coinvolti nel procedimento penale" (v. udienza del 28-10-2021); dalla sentenza penale n.969-19 del Comune di Omissis non risulta la costituzione di parte civile del Comune. 

Il motivo è pertanto infondato. 

Alla luce delle assorbenti considerazioni esposte, l'appello deve essere rigettato. 

Il gravame viene deciso con applicazione il principio della c.d. ragione più liquida, che consente di sostituire il profilo di evidenza a quello dell' ordine delle questioni da trattare di cui all' art.276 c.p.c., in una prospettiva aderente alle esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio in linea con l' art.111 Cost., con la conseguenza che la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione - anche se logicamente subordinata - senza che sia necessario esaminare previamente le altre, quali quella dell' inammissibilità dell' appello (v. Cass.663-19, Cass.11548-18 Cass.12002-14). 

La Corte dà atto della sussistenza dei presupposti oggettivi per il versamento a carico della parte appellante di un ulteriore importo per contributo unificato pari a quello già dovuto per la presente impugnazione a norma dell'art.13 D.P.R. n. 115 del 2002. 

Le spese del grado, liquidate come in dispositivo, anche in considerazione del valore della causa (scaglione fino ad Euro 26.000), seguono la soccombenza. 

P.Q.M. 

decide come da dispositivo in atti. 

dispositivo 

rigettata ogni altra istanza ed eccezione, così provvede: 

rigetta l'appello; 

condanna la parte appellante a rimborsare alla parte appellata le spese del presente grado, che si liquidano in Euro 2.800, oltre spese forfettarie 15%, Iva e Cpa, da distrarre a favore del procuratore antistatario; 

dà atto della sussistenza dei presupposti oggettivi per il versamento a carico della parte appellante di un ulteriore importo per contributo unificato pari a quello già dovuto per la presente impugnazione a norma dell'art.13 D.P.R. n. 115 del 2002. 

Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2023. 

Depositata in Cancelleria il 20 ottobre 2023. 


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