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mercoledì 27 luglio 2011

TAR "...Ordinamento dell'Ufficio del Giudice di Pace..."







REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7309 del 2008, proposto da:
-
contro
Consiglio Superiore della Magistratura, Ministero della Giustizia e Corte d’Appello di Catanzaro, rappresentati e difesi
dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12
per l'annullamento
del decreto del 14 maggio 2008 del Ministro della Giustizia, con il quale è stata irrogata la sanzione della revoca
dall’incarico di giudice di pace nella sede di-
di ogni altro atto prodromico, connesso e consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura Generale dello Stato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 giugno 2011 il dott. Roberto Caponigro e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Con decreto del 14 maggio 2008, il Ministro della Giustizia, vista la deliberazione del Consiglio Superiore della
Magistratura in pari data, ha irrogato al dott. --- la sanzione della revoca dall’incarico di giudice di pace nella sede di
--
Di talché, l’interessato ha proposto il presente ricorso, articolato nei seguenti motivi:
Violazione di legge, violazione dell’art. 17 d.P.R. 198/2000. Nullità del provvedimento impugnato. Estinzione del
procedimento disciplinare.
Non sarebbero stati rispettati i termini stabiliti dall’art. 17 d.P.R. 198/2000 per i procedimenti da seguirsi nei casi di
decadenza, dispensa e comminatoria di sanzioni disciplinari; in particolare, sarebbe stato disatteso il termine di quindici
giorni entro il quale il Presidente della Corte di Appello avrebbe dovuto dare comunicazione della notizia di cui è
venuto a conoscenza, atteso che l’invito a giustificarsi è stato rivolto al dott. F. il 24 maggio 2007 sulla base di una
notizia del 5 aprile 2007 e che il procedimento disciplinare è stato avviato, con l’iscrizione della notizia, in data 18
settembre 2007.
Il Consiglio Giudiziario, inoltre, avrebbe deliberato la proposta di sanzione nella seduta del 2 aprile 2007, a distanza di
sei mesi e mezzo dalla iscrizione della notizia.
Erronea valutazione delle circostanze di fatto. Travisamento dei fatti. Eccesso di potere. Illegittimità.
Il CSM avrebbe erroneamente valutato e semplicisticamente superato i concreti motivi di fatto che giustificano e
ridimensionano i ritardi maturati dal ricorrente nel deposito dei provvedimenti giurisdizionali e, in particolare, la
carenza di personale amministrativo nell’ufficio del giudice di pace di B. per un arco di tempo di particolare rilevanza,
lo svolgimento da solo delle funzioni di giudice di pace presso la sede di B. dal 28.11.2000 al 30.5.2003 e l’aumento del
carico di lavoro determinato dalla proposizione contestuale di un alto numero di ricorsi seriali.
Difetto di motivazione.
Il CSM non avrebbe ponderato il quadro di difficoltà in cui versa l’ufficio del Giudice di Pace di -mantenendo la
propria proposta di revoca avulsa dal contesto lavorativo in cui il ricorrente si sarebbe trovato costretto ad operare.
L’Avvocatura Generale dello Stato ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del
ricorso.
All’udienza pubblica del 22 giugno 2011, il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
2. Il ricorso è infondato e va di conseguenza respinto.
2.1 L’art. 17 d.P.R. 198/2000 - che disciplina i procedimenti in casi di decadenza, dispensa, sanzioni disciplinari –
prevede, al primo comma, che il presidente della corte di appello che abbia notizia non manifestamente infondata di
fatti costituenti causa di decadenza, di dispensa o di sanzioni disciplinari indicate ai primi tre commi dell’art. 9 l.
374/1991, come sostituito dall’art. 7 l. 468/1999, entro quindici giorni contesta, per iscritto, il fatto al giudice di pace
interessato ed, al secondo comma, che ogni notizia concernente i fatti predetti è iscritta immediatamente, a cura del
presidente della corte di appello, in apposito registro con indicazione degli estremi di essa e del giudice al quale si
riferisce; il presidente della corte di appello, ai sensi del quinto comma, anche all’esito degli accertamenti di cui al
comma precedente, se la notizia non si è rivelata infondata, entro quarantacinque giorni decorrenti dalla iscrizione della
notizia dell’apposito registro, trasmette, con le sue proposte, gli atti al consiglio giudiziario per le determinazioni di cui
all’art. 9, co. 4, l. 374/1991, vale a dire la dichiarazione di decadenza, la dispensa, l’ammonimento, la censura o la
revoca; il nono comma, infine, dispone che, decorso un anno dall’iscrizione nel registro senza che sia stato emesso il
decreto di cui all’art. 9, co. 5, della l. 394/1991 il procedimento, con il consenso dell’interessato, si estingue.
La giurisprudenza ha già avuto modo di chiarire che la normativa sopra sintetizzata configura come perentorio il solo
termine di conclusione del procedimento, fissandolo in un anno dall'iscrizione della notitia criminis nel registro all'uopo
istituito, pena l'estinzione del procedimento stesso, sicché tutti gli altri termini indicati nel citato art. 17 hanno natura
ordinatoria, tanto che la loro inosservanza non è sanzionata in alcuna maniera (ex multis: T.A.R. Lazio, Roma, I, 4
febbraio 2008, n. 939).
Ne consegue che le censure relative alla violazione dei termini endoprocedimentali sono infondate in quanto l’iscrizione
della notizia nel registro è verosimilmente avvenuta in data 18 settembre 2007, data dell’atto di contestazione, mentre il
decreto di revoca dall’incarico è stato adottato il 14 maggio 2008, per cui il termine perentorio di un anno è stato
nettamente rispettato.
2.2 In ordine alle censure di carattere sostanziale, il Collegio fa innanzitutto presente che il provvedimento del Ministro
della Giustizia è esaustivamente motivato, per relationem, attraverso il richiamo alla deliberazione assunta in pari data
dal Consiglio Superiore della Magistratura.
Tale delibera, infatti, dà pienamente conto delle ragioni che hanno indotto l’organo di autogoverno ad irrogare al dott.
F., ai sensi dell’art. 9, co. 3, l. 374/1991 e successive modificazioni, la sanzione della revoca dall’incarico di giudice di
pace nella sede di Borgia (circondario di Catanzaro).
In particolare, il CSM ha evidenziato come, da esiti di ispezione ministeriale, risulti che l’interessato, giudice di pace di
Borgia e coordinatore dell’ufficio, nello svolgimento delle sue funzioni, abbia accumulato una serie di ritardi nel
deposito di sentenze in un arco temporale che va dal 1995 al 2006; infatti, alla data del 21 novembre 2006, aveva
depositato 286 sentenze civili oltre i 60 giorni (con ritardi fino a 1.109 giorni), 6 ordinanze oltre i 30 giorni (con ritardi
fino a 481 giorni) e, alla data dell’ispezione, doveva ancora depositare 255 sentenze (con ritardi fino a 1.475 giorni) e
213 ordinanze riservate da più di 30 giorni (con ritardi fino a 1.315 giorni).
L’organo di autogoverno ha altresì specificato che le giustificazioni contenute nelle memorie difensive del dott. F. non
fanno venire meno la rilevanza disciplinare dell’addebito ed ha peraltro fatto presente che la produttività dell’interessato
negli anni oggetto dell’accertamento è stata a dir poco modesta (appena 449 sentenze civili, per una media di 38,8
all’anno, e 66 sentenze penali, con una media di 13,5 all’anno) e l’entità dei ritardi è stata notevole (in 19 casi superiore
ai 1.000 giorni).
Ha poi messo in rilievo che la sistematica inosservanza dei termini non trova giustificazioni nelle carenze strutturali
dell’ufficio, considerato il flusso d’affari contenuto, sicché, anche in ragione della percentuale significativa delle
sentenze depositate in ritardo sul totale di quelle estese (286 su 449, pari al 63%) ed il numero di quelle ancora da
depositare (255), la condotta contestata risulta particolarmente grave ed, inoltre, che alla data del 1° ottobre 2007, a
distanza di oltre dieci mesi dall’accertamento, il magistrato onorario doveva ancora depositare 98 sentenze delle 255
indicate, a riprova di una diligenza e di una laboriosità assolutamente inadeguata al ruolo chiamato a svolgere.
Sulla base di tale itinerario argomentativo, la scelta adottata da CSM e recepita nel decreto del Ministro della Giustizia
di revocare al ricorrente l’incarico di giudice di pace in quanto non in grado di svolgere lo stesso diligentemente e
proficuamente si rivela scevra dalle censure dedotte in quanto ragionevole, logica e non basata su alcun travisamento
dei fatti.
In proposito, è sufficiente porre l’attenzione sull’elevatissimo numero delle sentenze depositate in ritardo o ancora da
depositare, sull’entità dei ritardi, sulla percentuale delle sentenze depositate in ritardo sul totale di quelle estese e sulla
modesta produttività dell’interessato per dissipare ogni dubbio sulla legittimità del provvedimento impugnato.
Né può incidere quanto indicato dal ricorrente circa le cause giustificative dei ritardi, atteso che queste, anche a
prescindere dalla considerazione che la presenza di cause seriali avrebbe dovuto piuttosto costituire un vantaggio in
termini di sentenze depositate, avrebbero potuto assumere rilievo, ove del caso, ai fini di una minore intensità della
gravità della condotta nell’ipotesi di elevata produttività, mentre, nel caso di specie, la produttività del ricorrente è stata
senz’altro modesta, in considerazione della media di circa 39 sentenze civili e della media di 13,5 sentenze penali
l’anno.
3. Le spese seguono la soccombenza e, liquidate complessivamente in € 2.000,00 (duemila,00), sono poste a carico del
ricorrente ed a favore, in parti uguali, del Ministero della Giustizia e del Consiglio Superiore della Magistratura.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)
respinge il ricorso in epigrafe.
Condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio, liquidate complessivamente in € 2.000,00 (duemila,00), in
favore, in parti uguali, del Ministero della Giustizia e del Consiglio Superiore della Magistratura.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.



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