"Giuliano Amato e le pensioni,
le ha tagliate tutte tranne la sua"
Anticipazione di "Sanguisughe", il nuovo libro di Mario Giordano
foto Dal Web
"Sanguisughe" è anche un gruppo su Facebook
Di seguito un brano pubblicato da il Giornale.
E Giuliano Amato?
Ha tagliato le pensioni di tutti gli italiani. Ma per lui s’è riservato
una pensione d’oro. Alla fine di ogni mese, infatti, incassa la bella
cifra di 31411 euro. Proprio così: 31411 euro, esattamente 1047 euro per
giorno che il buon Dio manda sulla Terra. Non male per l’uomo per primo
ha impugnato le forbici per ridurre le aspirazioni nazionali di serena
vecchiaia. Ricordate? Era il 1992. “Così non si può andare avanti, serve
una riforma delle pensioni”, tuonò l’allora presidente del Consiglio. E
la riforma delle pensioni, in effetti, si fece Amato mandò di traverso
il caffellatte ai nonnetti di provincia, spaventò milioni di onesti
padri di famiglia. E diede il via all’era della previdenza
lacrime&sangue.
Da quel momento, com’è noto, non c’è stata più certezza sul futuro previdenziale. Retributivo? Contributivo? Finestre? Non finestre? Ulteriore innalzamento dell’età pensionabile? Domande che divennero assillanti. E il Dottor Sottile sempre lì, con la sua aria da professore ascetico, a spiegarci le storture del sistema del welfare, i segreti della gobba demografica, le esigenze di bilancio di Bruxelles…Un’intervista dopo l’altra, non ha smesso di illustrarci l’importanza dei sacrifici, tanto che per abituarci alla sofferenza una bella notte ha pensato bene di mettere le mani anche nei nostri conti correnti bancari. Si capisce: i sacrifici sono importanti.. Ma solo per gli altri, è ovvio. Mica per lui. Giuliano Amato, infatti, dal 1 gennaio 1998 incassa una pensione Inpdap da ex professore universitario di 12.518 euro netti al mese, cioè 22.048 euro lordi, che corrispondono esattamente a un totale annuo di 264.577 euro. Però non s’accontenta. E dunque, visto che i sacrifici sono necessari, ai 12.518 euro netti che gli entrano in tasca ogni mese aggiunge la pensioncina da parlamentare (9.363 euro). In totale appunto 31411 euro lordi al mese, circa 17mila euro netti. Una cifra che non gli impedisce, per altro, di continuare a prendere incarichi: due pubblici (presidente Treccani e presidente comitato dei garanti per il 150° dell’Unità d’Italia) e uno privato (senior advisor della Deutsche Bank).
Che ci volete fare? Il Dottor Sottile è così: sa difendere con altrettanta gagliardia il bene pubblico e i suoi interessi privati. E se, quando si occupa del benessere degli altri, è il paladino del massimo rigore, quando si tratta del benessere suo, beh, preferisce trasformarsi in generoso dispensatore. Non sfuggirà ai lettori il fatto che il nemico di tutti i baby pensionati è andato in pensione a 59 anni (e mica con due lire: 12.518 euro netti…); non sfuggirà che il nemico di tutti i cumuli cumula allegramente; e non sfuggirà soprattutto che, avendo passato gli ultimi anni a chiedere al Paese di tagliarsi le pensioni, non abbia mai pensato nemmeno lontanamente di tagliare la propria, fosse solo di cento euro, per un beau geste.
Quello che però forse sfugge è che la pensione Inpdap da 12.518 euro al mese, formalmente elargita per il lavoro svolto da Amato come professore universitario, nasce in realtà da un cavillo. Per fortuna delle casse previdenziali, infatti, non tutti i professori universitari, seppur illuminati da brillante carriera, arrivano a tali somme. E allora perché Giulianetto mani di forbice invece sì? Facile spiegarlo. Nel 1996, quando stava scadendo il suo mandato a presidente dell’Antitrust, il dottor Sottile pose agli altri membri della solenne authority, il problema della pensione. Il dilemma era il seguente: il ricco assegno che regolarmente prendiamo alla fine di ogni mese va considerato come semplice indennità o come un vero e proprio stipendio? La legge istitutiva dell’Antitrust non diceva nulla al riguardo, ma voi capirete che la differenza non era da poco: se le retribuzioni fossero state considerate come veri e propri stipendi lo Stato avrebbe dovuto versare i contributi previdenziali, facendo lievitare in modo considerevole i costi delle casse pubbliche ma anche le rendite dei soggetti interessati. Sarebbe bastato infatti ai commissari chiedere il ricongiungimento dei contributi, et voilà... Va notato che fino a quel momento nessuna altra autorithy si era posta il problema. La prima a sollevarlo fu proprio quella del Gengis Khan dell’Inps, Giulianetto nostro, appunto. E va da sé che il Consiglio di Stato diede il parere che egli sperava di avere.
Risultato? Lodo Giuliano approvato, ricongiungimento effettuato, ricca pensione garantita. Ma siccome le casse pubbliche rischiavano un tracollo, lo Stato fu costretto rapidamente a correre ai ripari: con la Finanziaria del 2000, infatti, il governo D’Alema, di cui Amato faceva parte, sterilizzò gli effetti della decisione del Consiglio di Stato. E così, da quel momento, i membri delle authority percepiscono una pensione commisurata non all’indennità super da commissari, ma allo stipendio che avevano prima di essere nominati. Dove sta il trucco? Come sempre, in un cavillo: non essendo infatti la misura retroattiva quelli che hanno smesso di fare i commissari all’Antitrust fra il ’96 (anno della decisione del Consiglio di Stato) e il 2000 (anno della Finanziaria riparatrice) hanno potuto avere ricongiungimento di contributi e conseguente superpensione. Solo loro, s’intende. I più fortunati. Fra questi, ma guarda un po’ il caso, anche il nostro Giulianetto, che così, pur avendo una carriera nel pubblico impiego da professore universitario ordinario (stipendio massimo 5-6mila euro al mese), dal primo gennaio 1998 incassa un vitalizio davvero straordinario, pari appunto a 12mila euro netti al mese.
Non male, no? Amato presidente dell’Antitrust ottiene un beneficio e Amato ministro lo sterilizza, ma la sterilizzazione vale per tutti gli altri e non per sé. Così lui può incassare la superpensione e, nel frattempo, tagliare le pensioni altrui. Meraviglioso. Il Dottor Sottile non ha nulla da dichiarare al proposito? Per carità: predicare tagli previdenziali è giusto e sacrosanto, ma non sarebbe meglio, di grazia, se d’ora in avanti lo facesse qualcun altro? Magari qualcuno che non prende 12mila euro netti al mese in virtù di un cavillo? E infine: la prossima volta che Amato interviene predicando contro l’egoismo, chi è che gli fa una pernacchia?
Da quel momento, com’è noto, non c’è stata più certezza sul futuro previdenziale. Retributivo? Contributivo? Finestre? Non finestre? Ulteriore innalzamento dell’età pensionabile? Domande che divennero assillanti. E il Dottor Sottile sempre lì, con la sua aria da professore ascetico, a spiegarci le storture del sistema del welfare, i segreti della gobba demografica, le esigenze di bilancio di Bruxelles…Un’intervista dopo l’altra, non ha smesso di illustrarci l’importanza dei sacrifici, tanto che per abituarci alla sofferenza una bella notte ha pensato bene di mettere le mani anche nei nostri conti correnti bancari. Si capisce: i sacrifici sono importanti.. Ma solo per gli altri, è ovvio. Mica per lui. Giuliano Amato, infatti, dal 1 gennaio 1998 incassa una pensione Inpdap da ex professore universitario di 12.518 euro netti al mese, cioè 22.048 euro lordi, che corrispondono esattamente a un totale annuo di 264.577 euro. Però non s’accontenta. E dunque, visto che i sacrifici sono necessari, ai 12.518 euro netti che gli entrano in tasca ogni mese aggiunge la pensioncina da parlamentare (9.363 euro). In totale appunto 31411 euro lordi al mese, circa 17mila euro netti. Una cifra che non gli impedisce, per altro, di continuare a prendere incarichi: due pubblici (presidente Treccani e presidente comitato dei garanti per il 150° dell’Unità d’Italia) e uno privato (senior advisor della Deutsche Bank).
Che ci volete fare? Il Dottor Sottile è così: sa difendere con altrettanta gagliardia il bene pubblico e i suoi interessi privati. E se, quando si occupa del benessere degli altri, è il paladino del massimo rigore, quando si tratta del benessere suo, beh, preferisce trasformarsi in generoso dispensatore. Non sfuggirà ai lettori il fatto che il nemico di tutti i baby pensionati è andato in pensione a 59 anni (e mica con due lire: 12.518 euro netti…); non sfuggirà che il nemico di tutti i cumuli cumula allegramente; e non sfuggirà soprattutto che, avendo passato gli ultimi anni a chiedere al Paese di tagliarsi le pensioni, non abbia mai pensato nemmeno lontanamente di tagliare la propria, fosse solo di cento euro, per un beau geste.
Quello che però forse sfugge è che la pensione Inpdap da 12.518 euro al mese, formalmente elargita per il lavoro svolto da Amato come professore universitario, nasce in realtà da un cavillo. Per fortuna delle casse previdenziali, infatti, non tutti i professori universitari, seppur illuminati da brillante carriera, arrivano a tali somme. E allora perché Giulianetto mani di forbice invece sì? Facile spiegarlo. Nel 1996, quando stava scadendo il suo mandato a presidente dell’Antitrust, il dottor Sottile pose agli altri membri della solenne authority, il problema della pensione. Il dilemma era il seguente: il ricco assegno che regolarmente prendiamo alla fine di ogni mese va considerato come semplice indennità o come un vero e proprio stipendio? La legge istitutiva dell’Antitrust non diceva nulla al riguardo, ma voi capirete che la differenza non era da poco: se le retribuzioni fossero state considerate come veri e propri stipendi lo Stato avrebbe dovuto versare i contributi previdenziali, facendo lievitare in modo considerevole i costi delle casse pubbliche ma anche le rendite dei soggetti interessati. Sarebbe bastato infatti ai commissari chiedere il ricongiungimento dei contributi, et voilà... Va notato che fino a quel momento nessuna altra autorithy si era posta il problema. La prima a sollevarlo fu proprio quella del Gengis Khan dell’Inps, Giulianetto nostro, appunto. E va da sé che il Consiglio di Stato diede il parere che egli sperava di avere.
Risultato? Lodo Giuliano approvato, ricongiungimento effettuato, ricca pensione garantita. Ma siccome le casse pubbliche rischiavano un tracollo, lo Stato fu costretto rapidamente a correre ai ripari: con la Finanziaria del 2000, infatti, il governo D’Alema, di cui Amato faceva parte, sterilizzò gli effetti della decisione del Consiglio di Stato. E così, da quel momento, i membri delle authority percepiscono una pensione commisurata non all’indennità super da commissari, ma allo stipendio che avevano prima di essere nominati. Dove sta il trucco? Come sempre, in un cavillo: non essendo infatti la misura retroattiva quelli che hanno smesso di fare i commissari all’Antitrust fra il ’96 (anno della decisione del Consiglio di Stato) e il 2000 (anno della Finanziaria riparatrice) hanno potuto avere ricongiungimento di contributi e conseguente superpensione. Solo loro, s’intende. I più fortunati. Fra questi, ma guarda un po’ il caso, anche il nostro Giulianetto, che così, pur avendo una carriera nel pubblico impiego da professore universitario ordinario (stipendio massimo 5-6mila euro al mese), dal primo gennaio 1998 incassa un vitalizio davvero straordinario, pari appunto a 12mila euro netti al mese.
Non male, no? Amato presidente dell’Antitrust ottiene un beneficio e Amato ministro lo sterilizza, ma la sterilizzazione vale per tutti gli altri e non per sé. Così lui può incassare la superpensione e, nel frattempo, tagliare le pensioni altrui. Meraviglioso. Il Dottor Sottile non ha nulla da dichiarare al proposito? Per carità: predicare tagli previdenziali è giusto e sacrosanto, ma non sarebbe meglio, di grazia, se d’ora in avanti lo facesse qualcun altro? Magari qualcuno che non prende 12mila euro netti al mese in virtù di un cavillo? E infine: la prossima volta che Amato interviene predicando contro l’egoismo, chi è che gli fa una pernacchia?
Mario Giordano
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