Riceviamo da Ficiesse e pubblichiamo
PER FARE UN FOSSO CI VOGLIONO DUE RIVE. OVVERO: SIAMO POI SICURI CHE Ã^ SOLO COLPA DEGLI UFFICIALI ? – di Giovanni Barrale
Di seguito, una libera manifestazione di pensiero di Giovanni Barrale. Il titolo è della redazione del sito.
Amiche ed amici, quanti tra voi hanno avuto la bontà di leggermi in passato sanno che sono tra coloro che ritengono improcrastinabile la smilitarizzazione della Guardia di Finanza. Io penso che la smilitarizzazione sia, in ogni caso, un primario interesse della collettività e non solo degli attori coinvolti.
Un’organizzazione militare, essendo per definizione un’organizzazione gerarchico-piramidale, deve molto della sua efficienza alla capacità della classe apicale. E questo credo sia un assioma riconosciuto da tutti. Nel tempo, inoltre, chi riteneva migliore e più moderna un altro tipo di organizzazione si è identificato con quanti addossavano agli ufficiali le colpe dell’inefficienza del Corpo e, pertanto, ne chiedevano la smilitarizzazione.
Ma che dalla capacità e validità della categoria apicale dipenda molto dell’efficienza di un’organizzazione gerarchico-piramidale vale sempre e comunque? Questo è il dilemma a cui bisognerebbe cercare di dare una risposta. La legione romana era solo Cesare o era anche l’efficienza e la coesione dei suoi componenti? Cosa sarebbe stata la falange di Alessandro senza gli alessandrini? La guerra di Troia fu vinta da Achille o dai greci?
Troppo spesso assistiamo, un po’ per i limiti del modello “strutturalista” di weberiana memoria, un po’ per l’atteggiamento che permea i membri di molte organizzazioni militari, ad uno scollamento totale tra chi emette gli ordini e chi li deve eseguire. Non credo che sia tutta colpa degli ufficiali. In molti discorsi sento parlare di “ufficiali illuminati” che vengono, di fatto, contrapposti a quelli non illuminati. E gli ispettori? I brigadieri? I finanzieri? Si dividono anche loro in illuminati e “spenti”?
Un’organizzazione complessa può mostrare i propri limiti ed essere riformata o cambiata radicalmente, ma la lealtà ed il rispetto delle regole deve sempre esserci a prescindere dal possibile cambiamento. Se questa è, ovviamente, la volontà generale.
Noto sempre più spesso, invece, che i peggiori nemici dei soldati sono loro stessi. Il compagno di branda. Troppi perseguono i propri interessi particolari infischiandosene del collega e dell’obiettivo dell’organizzazione.
L’ufficiale “illuminato”che chiede informazioni al soldato e da questi viene informato male lo consideriamo esente da colpe. Su questo credo che siamo tutti d’accordo. Cambia il nostro giudizio se è ufficiale “non illuminato” ad essere informato male, per colpa o dolo, dal militare al quale si era correttamente rivolto per avere informazioni di prima mano?
Cari amici credo che questo sia la vera essenza del problema. Aldilà che la nostra organizzazione possa cambiare o meno, noi continueremo a vivere al suo interno. Ã^ necessario, pertanto, che si cominci a fare anche della sana autocritica. Non credo che il sistema possa migliorare se una parte dei suoi componenti persegue finalità particolaristiche, spesso nemmeno di casta ma beceri interessi personali.
Io sono, come ho detto in molte altre occasioni, per la smilitarizzazione e/o la sindacalizzazione ed anche se ritengo possano esserci altre soluzioni per migliorare l’efficienza del Corpo, nessuna prescinde dal rispetto reciproco.
Troppo spesso il problema del finanziere non è la qualità dell’ufficiale, come siamo portati forse ad ipotizzare, bensì il collega che rapporta alla gerarchia situazioni non vere o riferite artatamente in modo che si prestino ad interpretazioni non autentiche.
Se, come si era usi dire un tempo, siamo noi la spina dorsale della Guardia di Finanza e se vogliamo che questa spina dorsale ci sorregga e ci faccia stare dritti e fieri, credo che sia venuto il momento, prima di criticare chi ci sta davanti, di guardare noi stessi e chi ci sta al fianco. Credo che il deficit di democrazia, che a volte mi sembra di respirare all’interno delle nostre caserme, sia figlio anche di questo atteggiamento.
Ã^ con l’esempio e con lo spirito di emulazione che possiamo crescere! Non con la delazione o con una collaborazione passiva o peggio ostruzionistica. Non voglio certo dire che il “lupo” sia improvvisamente diventato agnello, ma che dovremmo cominciare a chiederci se la reazione del cacciatore è stata eccessiva e/o persino sbagliata.
La difficoltà dei tempi ci impone di non comportarci come i capponi di Renzo ma al contrario di aumentare la coesione al nostro interno per dimostrare che siamo un Corpo efficiente e capace di raggiungere gli obiettivi prefissati e pensare al proprio futuro con rinnovato ottimismo.
Per essere chiari: noi chiediamo da tempo e a voce alta dei “Rommel” (intendendo con questo termine degli ottimi comandanti), credo sia venuto il momento di dimostrare che ne siamo degni. Non credo che il nostro atteggiamento sia a volte tanto diverso da quello che forse con troppa facilità critichiamo. Se vogliamo più ufficiali illuminati iniziamo con “accendere la luce" anche a casa nostra!!!
Oggi più che mai il Corpo ha bisogno dell’impegno di tutti. Troppi suicidi rimangono senza risposte. Non riusciamo a trovare la cura per questo male. Il disagio, credo senza timore di smentite, è evidente e dobbiamo affrontarlo insieme senza preconcetti e, soprattutto, senza indicare facili colpevoli. Come si dice a Reggio Emilia, che mi ha adottato con tanta generosità :” per fare un fosso ci vogliono due rive”.La mia riva non mi sembra così solida come un tempo.
Reggio nell’Emilia, 16/04/2013
GIOVANNI BARRALE
Segretario nazionale Ficiesseg.barrale@ficiesse.it
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