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martedì 8 ottobre 2013

Cassazione: ''Avanzo di galera'' è diffamazione




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''Avanzo di galera'' è diffamazione


 

 

Il reato previsto dall'articolo 595 del codice penale

Cassazione: ''Avanzo di galera'' è diffamazione

 

Cass. pen. Sez. V, (ud. 06-12-2007) 04-01-2008, n. 159


REPUBBLICA
ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott.
NARDI Domenico - Presidente

Dott. CALABRESE Renato - Consigliere

Dott. FERRUA Giuliana - Consigliere

Dott. SCALERA Vito - Consigliere

Dott. DIDONE Antonio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

1) C.S., N. IL (OMISSIS);

avverso
SENTENZA del 04/02/2005 CORTE APPELLO di BOLOGNA;

visti gli atti, la
sentenza ed il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta
dal Consigliere Dott. DIDONE Antonio;

Udito il Procuratore Generale in
persona del Dott. VIGLIETTA Gianfranco, che ha concluso per
l'inammissibilità.


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Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della
decisione
C.S. ricorre per cassazione contro la sentenza della Corte di
appello di Bologna del 4 febbraio 2005 che ne ha confermato la
dichiarazione di responsabilità nonchè la condanna al risarcimento del
danno in favore delle parti civili per il reato di cui agli artt. 595 e
81 c.p., perchè, comunicando con C. A. e O.V. offendeva la reputazione
di R.C. e F.S. dichiarando che il primo era "un avanzo di galera", "un
poco di buono", che mangiava tutti i soldi alla moglie e che la seconda
non era affidabile (in (OMISSIS) nel (OMISSIS)).

Il ricorrente con il
primo motivo denuncia vizio di motivazione in ordine alla valutazione
delle prove perchè la Corte di appello avrebbe travisato le
dichiarazioni (di cui trascrive stralci) rese dai testi che sono
inattendibili e con il secondo motivo denuncia violazione degli artt.
51 e 595 c.p., perchè erroneamente è stato ritenuto che non sia
legittimo qualificare come "non affidabile" un proprio ex
collaboratore, ossia la sig.ra F., e affermare che il suo marito fosse
un poco di buono e un avanzo di galera. Si tratterebbe di esercizio del
diritto di critica. Erroneamente la Corte di merito avrebbe applicato i
principi giurisprudenziali in materia di diffamazione a mezzo stampa.

Osserva la Corte che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile
perchè proposto per motivi manifestamente infondati ovvero non
consentiti dall'art. 606 c.p.p..

Nella concreta fattispecie, invero,
le censure di cui al primo motivo esorbitano dai limiti della critica
al governo dei canoni di valutazione della prova, per tradursi nella
prospettazione del fatto storico alternativa a quella fatta
argomentatamele propria dal giudice del merito e nell'offerta di una
diversa (e per il ricorrente più favorevole) valutazione delle
emergenze processuali e del materiale probatorio (cfr. in argomento
Sez. 5^, 19 maggio 2005, Rossi).

Per contro, "l'indagine di
legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte
circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione
essere limitato, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare
l'esistenza di un logico apparato argomentativo, senza la possibilità
di verificarne la rispondenza alle acquisizioni processuali. E' da
aggiungere che l'illogicità della motivazione, come vizio denunciabile,
deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile
ictu oculi" (Sez. UN., 24 novembre 1999, Spina, in Cass. pen., 2000, p.
862; Sez. UN., 24 settembre 2003 n. 47289, RV 226074). Peraltro, pur
dopo la modifica dell'art. 606 c.p.p., lett. e) "al Giudice di
legittimità resta infatti preclusa - in sede di controllo sulla
motivazione - la pura e semplice rilettura degli clementi di fatto
posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e
diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (preferiti a
quelli adottati dal Giudice del merito perchè ritenuti maggiormente e
plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa)" (Sez. 6^, 15
marzo 2006, Casula; Sez. 5^, 22 marzo 2006, Cugliari).

Ciò posto,
nessun vizio è riscontrabile nella parte della sentenza impugnata che è
pervenuta all'accertamento degli elementi del reato in questione
attraverso la considerazione delle varie prove acquisite e la corretta
indicazione del significato dimostrativo loro attribuito dal Giudice,
in particolare fornendo adeguata giustificazione della ritenuta
attendibilità dei testi escussi e della compatibilità con diversa
dichiarazione resa dalla teste della difesa, la quale, secondo la
logica ricostruzione operata dalla Corte di merito, ha iniziato a
lavorare presso l'imputato dopo che si era verificato l'incontro con i
testi ai quali il ricorrente ha riferito le frasi diffamatorie.

Infine, è manifestamente infondato il secondo motivo di ricorso in
quanto la Corte territoriale ha esattamente evidenziato il superamento
del limite della continenza con l'affermazione "avanzo di galera",
riferito al R. ed estensivamente alla di lui consorte F. che aveva
avviato con lui un'attività. Inoltre, mentre il limite della continenza
è positivamente richiesto dall'art. 596 c.p., comma 4, anche in
relazione alla diffamazione non commessa con il mezzo della stampa, la
verità del fatto rileva solo nell'ipotesi di offesa specifica. Sì che
correttamente nella concreta fattispecie è stata esclusa la rilevanza
dell'"eventuale" "verità delle espressioni ingiuriose", trattandosi di
offese generiche.

L'inammissibilità del ricorso comporta la non
rilevabilità della prescrizione sopravenuta alla sentenza impugnata
(Sez. UN., Sent. n. 32 del 2000).

All'inammissibilità del ricorso
conseguono le statuizioni di cui all'art. 616 c.p.p..

P.Q.M.
dichiara
inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1000,00, in favore della Cassa
delle Ammende.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6
dicembre 2007.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2008


 

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