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martedì 8 ottobre 2013

Cassazione: Diritto penale: delitti contro l’onore- Ingiuria- Commette reato il cittadino che, per protestare allo sportello, dice all'impiegato della pubblica amministrazione di guadagnarsi lo stipendio.






REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE
 

Udienza pubblica del 24/10/2007
SENTENZA n° 43087/07

Composta dagli Ill.mi Sigg.:
Dott. CALABRESE RENATO LUIGI - PRESIDENTE
Dott. ROTELLA MARIO - CONSIGLIERE
Dott. OLDI PAOLO - CONSIGLIERE
Dott. SCALERA VITO - CONSIGLIERE
Dott. DIDONE ANTONIO - CONSIGLIERE

ha pronunciato la seguente
 

SENTENZA
 

su ricorso proposto da (...) Mario nato il 07/03/1939

avverso la sentenza del 26/03/2007
Corte di Appello di Torino

Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere ROTELLA MARIO;
udite le conclusioni di (?) del (?);Uditp il difensore Avv. DI PAOLA

 
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 
Il difensore di (…) Mario propone ricorso contro sentenza della Corte di Torino, che ne conferma la condanna ad euro 300 di multa ed al risarcimento del danno alla P.C, inflittagli dal Tribunale di Verbania - Domodossola per ingiuria continuata nei confronti di (…) Dario, incaricato di pubblico servizio presso i Servizi Sociali del Comune di Domodossola, dicendogli l'11.9.00, in presenza di più persone che "avrebbe dovuto guadagnarsi lo stipendio da un punto di vista etico, ma che purtroppo non avveniva, e che i dipendenti pubblici erano una massa di lazzaroni e raccomandati e che se fosse stato un dipendente di un'azienda privata sarebbe stato licenziato, atteso il mancato rendimento sul lavoro e il 2.10.00, in tono sarcastico, non contento delle risposte, "siete delle aquile".La Corte ritiene incontroverso il fatto anche alla luce di parziali ammissioni dell'imputato.
Ricostruisce che l’11.09.00 Militello; informato dall'impiegata Bartolomei, che non gli era possibile iscriversi ad un corso di ginnastica programmato dall’Università della terza età, perché i posti erano stati assegnati e l’unica possibilità offerta era quella d'inserirsi in lista d'attesa per rinuncia di altri, chiedeva di parlare con (…) addetto -tra l'altro- alla segreteria dell'Università. Ottenutane la stessa risposta, dava in escandescenze, pronunciando le prime frasi incriminate. Ritornato altra volta, per rappresentare il tenore di manifesti affissi per le strade, che ripetevano l'invito ai cittadini per il corso, e ricevuta la risposta che essi illustravano meramente il programma, diceva l'altra frase.
Pur ferme talune anomalie della prassi seguita, nell'assegnare i posti prima che tutti gli iinteressati fossero messi in grado di formulare domande, la Corte rileva che (…) non ne aveva conoscenza.
Aveva inoltre esperienza di pubblico amministratore e quale segretario di associazione a tutela del consumatore, e se avesse sospettato le irregolarità avrebbe dovuto rivolgersi ai responsabili del servizio con esposti motivati, non svolgere un attacco personale ed innei confronti del singolo impiegato con mansioni esecutive. Ed esclude la possibilità di riconoscere esimente anche sul piano putativo.

II ricorso, dopo dettagliata premessa volta ad illustrare: 1) la non configurabilità delle espressioni ingiuriose, 2) insussistenza dell'elemento soggettiva, 3) applicabilità della scriminante ex art. 599 CO e/o della scriminante speciale di cui all'art. 4 D.lgs. 288/44 (condotta arbitraria ed ingiusta dei dipendenti dell'ufficio) denuncia: (1°) - violazione art. 599/2 e 4 D.lgs. cit. - vizio di motivazione (mancanza illogicità manifesta). Il senso della questione è nella conclusione che, ferme le anomalie nel comportamento dell'organismo, in ogni caso il fatto "non ha costituito attacco diretto verso l'impiegato, ma reazione ad un ulteriore esempio di disservizio della Pubblica amministrazione consistito nei pubblicizzare il corso di attività motoria, ad iscrizioni ormai compiute, e quindi nel creare confusione ed inutili aspettative negli utenti".
- Preliminarmente si rileva che le
frasi incriminate sono ritenute inconfutatamente offensive, ed in effetti la parte della premessa del ricorso che esclude gli estremi del fatto costitutivo di reato sul piano oggettivo e soggettivo è, oltre che non consentita (fatto), manifestamente infondata, vuoi per la confusione dell'offensivtà con la giustificazione, vuoi per l'esclusione del dolo in ragione dei motivi della condotta, ferma la sua volontà.'unica questione, peraltro la sola formalmente enunciata come motivo di ricorso, è dunque quella della riconoscibilità dell'esimente di cui all'art. 599/2 CP o altra.
La giurisprudenza di questa Corte è costante nell'affermare che
il fatto ingiusto che provoca lo stato d'ira non deve necessariamente provenire dalla persona fisica dell'offeso, che può essere legato al provocatore da rapporti tali da farlo apparire come un suo "nuncius" o, comunque, da giustificare, alla stregua de/le comuni regole di esperienza, lo stato d'ira e quindi la reazione offensiva dell'agente (cfr. Cass. 9208/86, Mercando - CED rv. 173111 e 13162/02, Pagliani- 221253).
Il punto è se un impiegato esecutivo, che sia preposto a ricevere il reclamo da parte del cittadino in relazione ad un atto o un fatto che dipende da un potere dispositivo altrui, possa rientrare nel concetto di nuncius, inteso mandatario di un rapporto con il provocatotale da consentire il riconoscimento dell'esimente.
Sul piano obiettivo
l'esimente di cui all'art. 599/2 per l'offesa arrecata al mandatario dell'autore di un fatto ingiusto che provochi stato d'ira è riconoscibile a due condizioni, a) che lo stesso offeso sia inteso volontario rappresentante del provocatore, b) che, consela reazione dell'autore dell'ingiuria non concerna la sua persona per sé stesL'esimente è dunque esclusa nel caso in cui l'offeso sia un mandatario doveroso, preposto per una mansione di ufficio cui non abbia possibilità di sottrarsi.
Tanto riconosce implicitamente il ricorso, che propone l'alternativa della scriminante di cui all'art. 4 D.lgs. 288/44. Ma non si avvede che essa appunto presume nella sua accezione l'abuso del pubblico ufficiale, ovvero un'azione che è oltre il confine di quella cui è autorizzato, e perciò non giustificata dal compito affidatogli.
Ne segue che
sul piano oggettivo non è possibile riconoscere alcuna scriminante, se l'offeso era tenuto ad un comportamento comunicativo per sé non offensivo di una decipure ingiusta altrui, al quale non poteva sottrarsi per obbligo di ufficio.
Sul piano putativo, poi, la questione è di puro fatto. E la sentenza ha emotivamente escluso un errore rappresentativo del ricorrente, anche alla luce della sua esperienza quale pubblico amministratore ed esponente di una associazione costituita a difesa del consumatore. La Corte ha per tal via spiegato perché ritiene che Militello non poteva travisare il ruolo del suo interlocutore, (…), quale mero preposto a fornirgli spiegazioni di decisioni di cui non era autore ed in minima parte responsabile, e ad accoglierne i reclami.

 
PQM

 
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Roma 24.10.2007
 

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